ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 8 luglio 2020

Cremona,Cina.

La repressione cinese dei diritti umani e la disinformazione della stampa cattolica


(Luca Della Torre) La drammatica condizione politica di “libertà sorvegliata” in cui versa Hong Kong è ad un passo dal tramutarsi in tragedia. 

Come purtroppo anticipato sulle pagine di Corrispondenza Romana, la Repubblica Popolare Cinese è passata all’attacco sul fronte dei diritti umani a Hong Kong: senza alcuna attenzione nei confronti delle molteplici proteste della comunità politica internazionale, il brutale regime totalitario comunista di Pechino ha esteso anche alla Regione autonoma di Hong Kong la Legge sulla Sicurezza Nazionale approvata dal Congresso del Partito Comunista cinese all’inizio di giugno. Subito dopo l’entrata in vigore della famigerata Legge sulla Sicurezza Nazionale, decine di migliaia di cittadini di Hong Kong si sono riversati per le strade per contestare la criminale legge in oggetto, che de facto elimina ogni garanzia giudiziaria ai diritti civili e politici dei cittadini, attribuendo alla autorità di polizia il potere unilaterale di arrestare e condannare all’ergastolo chiunque incorra in reati d’opinione, ovverosia di critica al feroce antidemocratico regime comunista di Pechino. La reazione delle forze di polizia cinesi è stata durissima e selvaggia: l’autorità di polizia ha represso con violenza le manifestazioni procedendo all’arresto di centinaia di giovani studenti, intellettuali, giornalisti ed avvocati – persino di una ragazzina di 15 anni – con capi d’accusa pesantissimi, che prevedono la pena dell’ergastolo.
La Legge sulla Sicurezza Nazionale è il perno giuridico su cui si basa e legittima il regime di terrore poliziesco repressivo che il Partito Comunista esercita sulla popolazione da 70 anni. Terrorismo, sovversione, secessione, sedizione, collusione con lo straniero, questi sono esattamente i capi di reato di natura “politica” – o reati d’opinione – che sono previsti nella Legge sulla Sicurezza Nazionale cinese. Un pacchetto legislativo di reati collaudato nella storia dei criminali regimi totalitari del XX secolo, dall’Unione Sovietica al Terzo Reich, per imprigionare, perseguitare, sopprimere i cittadini che manifestassero il loro legittimo dissenso a governi che violano i diritti dell’uomo. Secondo la Legge sulla Sicurezza Nazionale della Repubblica popolare cinese l’autorità di polizia ha il pieno, assoluto potere discrezionale di reprimere ogni iniziativa politica, culturale, religiosa in forma pubblica che non sia organizzata dalle autorità del Partito Comunista cinese: in buona sostanza, nessuna fede religiosa, nessun giornale, organo di stampa, movimento culturale, organizzazione politica può manifestare le proprie idee se non sotto l’autorizzazione del “Grande fratello comunista”.
Solo i Paesi anglosassoni hanno assunto una posizione forte e chiara contro questo attentato allo stato di diritto ed al rispetto delle libertà democratiche: il Foreign Office britannico ha espressamente condannato l’adozione della Legge sulla Sicurezza Nazionale cinese e, forte del suo ruolo di garante dei diritti dei cittadini di Hong Kong, fino al 1997 colonia inglese, ha invocato il rispetto della Basic Law, l’accordo internazionale sottoscritto tra Cina e Gran Bretagna all’atto della cessione della colonia, in virtù del quale lo statuto speciale a favore di Hong Kong prevede il mantenimento delle garanzie giuridiche dei diritti fondamentali del cittadino secondo il modello occidentale della Rule of Law liberale.
Nel criminale regime comunista cinese è risaputo infatti che i diritti civili, politici, di libertà, non sono riconosciuti per il solo fatto che l’individuo sia una persona umana, ma sono “graziosamente” concessi dal Partito-Stato in virtù della sottomissione del cittadino al primato del potere del regime comunista.

Il Premier inglese Boris Johnson ha dichiarato espressamente che è un dovere morale, per il proprio Paese, offrire il riconoscimento della cittadinanza britannica ai cittadini di Hong Kong che abbiano titolo per ottenere il cosidetto BNO (British National Overseas, il passaporto britannico degli ex territori d’oltremare): rarissima prova di forza d’animo e polso politico che la leadership inglese ha sempre mostrato di fronte all’arroganza prepotente di regimi criminali nella storia.
Il Financial Times riporta che è in atto un vero e proprio “tsunami” ad Hong Kong, dove il numero dei richiedenti le pratiche di espatrio è in aumento vertiginoso. Australia, Giappone, USA si sono detti pronti ad accogliere i cittadini di Hong Kong che richiedessero asilo: un evento che – metaforicamente – rammenta l’esodo drammatico dei Boat-people, masse di milioni di derelitti cittadini del Vietnam del Sud in fuga dal terrore del regime comunista nordvietnamita nel 1975.
In questo quadro sempre più preoccupante per la tenuta dei valori e principi dei diritti civili e della democrazia a causa della sempre più arrogante geopolitica planetaria del regime poliziesco e della Cina comunista, desta sconcerto, amarezza, forti perplessità un articolo di Avvenire, il quotidiano cattolico della Conferenza Episcopale italiana proprio sul tema di Hong Kong: un concentrato di cinico, indifferente “neutralismo” ermeneutico di fronte al grido di angoscia che sale dai cittadini di Hong Kong.

L’estensore dell’articolo del 3 luglio su Avvenire, lo storico Agostino Giovagnoli, cita la Basic Law, il trattato internazionale tra Repubblica Popolare cinese e Regno Unito che disciplina il regime giuridico di tutela dello stato di diritto secondo i canoni internazionalistici ad Hong Kong, affermando che la Cina avrebbe il diritto di legiferare su materie come terrorismo, sovversione, secessione, sedizione, collusione con lo straniero, organizzazione di movimenti politici; ma l’estensore omette di precisare ai lettori che la Basic Law fu espressamente voluta proprio dal Regno Unito come una sorta di “Costituzione ad hoc” per la Regione speciale amministrativa di Hong Kong, per garantire quel sistema di diritti fondamentali internazionali, civili e politici, del cittadino, proprio in quanto nel territorio continentale della Cina vige un rabbioso regime giuridico di polizia, di impronta totalitaria comunista, che ignora e calpesta le libertà fondamentali dell’uomo garantite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1949, Dichiarazione che il criminale regime di Mao Zedong non ha mai sottoscritto; l’estensore dell’articolo su Avvenire non informa i lettori che la Basic Law stabilisce che fino al 2047 lo statuto speciale a favore di Hong Kong preveda il mantenimento delle garanzie giuridiche dei diritti fondamentali del cittadino secondo il modello liberale della Rule of Law britannica; l’estensore dell’articolo omette di informare i lettori del quotidiano cattolico che il pericoloso strumento di cui intende avvalersi il regime di Pechino contro le libertà dei cittadini di Hong Kong è l’introduzione della Legge sull’estradizione, che permette l’estradizione verso la Cina continentale per sottoporre a processo secondo l’ordinamento giuridico comunista tutti i cittadini di Hong Kong a cui sia contestato uno dei reati oggetto della Legge sulla Sicurezza Nazionale. Sul territorio continentale i magistrati cinesi, a differenza dei loro colleghi di Hong Kong, sono dei funzionari politici incaricati per legge di difendere in giudizio l’interesse supremo del Partito Comunista cinese, secondo un modello politico totalitario di matrice ideologica marxista leninista.
In sostanza, Agostino Giovagnoli, sul quotidiano dei Vescovi cattolici italiani, pare rappresentare la questione della Basic Law ad Hong Kong come una mera, semplice, semplicissima questione di affermazione legittima giuridica della sovranità politica della Repubblica Popolare cinese: pare invece ignorare del tutto il sistema giuridico-istituzionale di terrore e violazione dei diritti umani che Pechino da decenni utilizza come perno del suo criminale regime comunista, e di cui ora rischiano di divenire vittime milioni di esseri umani, milioni di persone, milioni di coscienze.
Paradossalmente si potrebbe citare un famoso aforisma di Mao Zedong: «grande è la confusione sotto il cielo». Grande, ma molto preoccupante, è la confusione sotto il cielo dell’impegno politico e pastorale della Chiesa cattolica, aggiungiamo.
https://www.corrispondenzaromana.it/la-repressione-cinese-dei-diritti-umani-e-la-disinformazione-della-stampa-cattolica/
Di nuovo abolita la Messa tridentina a Cremona


(Mauro Faverzani) L’annuncio è stato dato via chat e social dal Coetus fidelium di Cremona ai numerosi fedeli della S. Messa tridentina locale: «AVVISO IMPORTANTE: Comunichiamo con grande sorpresa e rammarico che la S. Messa tridentina prevista per domenica 21 giugno è stata sospesa per ordine del Vescovo. A fronte di una nostra richiesta di incontro al celebrante, don Daniele Piazzi, per trovare delle modalità condivise di ricezione della S. Comunione secondo le regole tridentine e con la salvaguardia totale delle precauzioni igienico-sanitarie, il sacerdote ha risposto per iscritto, non accettando l’incontro e sospendendo – a nome del Vescovo – le celebrazioni, apparentemente sine die». Pur avendo «prospettato alcune soluzioni operative già in uso in altre parti d’Italia», il niet è stato insomma totale, immediato, unilaterale ed inappellabile.

Una decisione sconcertante, ma non imprevedibile. Già il Vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, “concesse” solo pochi mesi fa e solo ad experimentum la S. Messa tridentina, ma obtorto collo e solo dopo l’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, come a suo tempo comunicammo, intervento motivato dall’incredibile veto posto per circa un decennio da lui e dal suo predecessore, mons. Dante Lafranconi, alla legittima richiesta di un nutrito gruppo di fedeli di avere in Diocesi la celebrazione usus antiquior, come raccomandato dal Motu Proprio Summorum Pontificum.
Già questa “concessione” avvenne, sin dagli inizi, in modo alquanto singolare (e discutibile), per la verità: con frequenza mensile, anziché settimanale; di sabato e non di domenica; all’interno di un monastero femminile, quindi “in casa altrui”, e non in una normalissima chiesa ad accesso pubblico; soprattutto la celebrazione fu negata ai Padri Barnabiti, che avevano per mesi garantito questo servizio liturgico, ed affidata piuttosto al liturgista della Diocesi, don Daniele Piazzi, benché – come sensibilità propria – lontano anni luce dalla S. Messa tridentina, come comprovato in più occasioni da significativi scambi di battute intercorsi con alcuni componenti del Coetus fidelium ed anche da un suo recente scritto dal titolo «Presenza reale, guanti e frammenti», in cui ironizza: «Anche fuori dal periodo dell’emergenza e della prescrizione di guanti per amministrare la comunione, identificabili e minoritari ambienti cattolici accusano la gran parte del clero di non credere più alla presenza reale di Cristo nell’eucaristia proprio per la scarsa o nulla attenzione che si avrebbe per i frammenti del pane eucaristico. Quanto, invece, sarebbe rispettoso della presenza reale il “rito antico”, che fa tenere al presbitero pollici e indici incollati fino alla purificazione finale e fa strusciare la patena sul corporale per non perdere la minima briciola eucaristica!». Ed ancora: «Se l’ossessione contro la comunione sulla mano e la paranoia dei frammenti sono frutto di un’estensione rituale di una teologia, è legittimo ritenere possibili altre forme rituali, che, non venendo meno alla fede nella presenza reale, non si appoggiano a Tommaso e quindi direttamente all’ontologia di un filosofo non cristiano come Aristotele. (…) Perché solo Tommaso sarebbe l’unico testimone della fede? E attraverso di lui non si rischia di canonizzare una filosofia/ontologia aristotelica? Non dimentichiamo che la Scolastica (…) ci ha consegnato una lettura del sacramento che fa a meno del rito che lo celebra, bastandogli la materia e la formula essenziale. Però catechesi, omiletica, rubricismo e teologia manualistica da Trento in poi hanno confuso la fede nella presenza reale con una casistica (asfissiante?), che ha generato il fissismo del rito e l’ossessione per la venerazione dei frammenti dell’ostia. Non è che ci si è dimenticati che primariamente l’eucaristia è un’azione e non una cosa (gli elementi pane e vino) e che come azione tende non a guardare il pane, ma a nutrirsi del pane e del vino?».
Considerazioni, che fanno il paio con quelle addotte nella risposta di don Piazzi alla richiesta di un incontro (negato), inviatagli dal Coetus Fidelium di Cremona: «Considerando che la modalità di ricevere la comunione è per la vostra sensibilità eucaristica più vincolante del comunicarsi in sé stesso, tanto da portarvi a non obbedire al comando del Signore: “Prendete… mangiate”, il Vescovo mi autorizza a informarvi che la Messa nella forma straordinaria è sospesa fino al momento in cui i Vescovi italiani e le disposizioni governative consentiranno di tornare alla “normalità” celebrativa, senza mettere a rischio la salute dei fedeli», auspicando che ciò possa avvenire «con il prossimo autunno», ben sapendo tuttavia come ciò sia altamente improbabile.

Insomma, niente Comunione sulla bocca, nemmeno seguendo quelle modalità “prudenziali” altrove assunte ed accettate. Ed ecco così cancellati con un unico colpo di spugna e da un singolo sacerdote, abituato a scrivere «eucaristia» con la minuscola, secoli di riflessioni liturgiche e teologiche, nonché migliaia di accesi dibattiti, che hanno coinvolto pontefici, santi e teologi con tanto di benservito (o quasi) allo stesso san Tommaso d’Aquino, così inviso ai fans del Novus Ordo “spinto”. Lo scritto di don Piazzi meriterebbe ulteriori riflessioni, ma non è questa la sede.
Qui mette conto prender piuttosto atto di come l’emergenza Coronavirus si sia rivelata anche in questo caso il piede di porco, con cui cancellare di nuovo, dopo due o tre sole celebrazioni “ufficiali”, la S. Messa tridentina a Cremona. Sino a data da destinarsi e col “nobile”, ma assolutamente infondato intento della tutela della salute pubblica, come confermato ormai da una schiera di medici, infettivologi ed epidemiologi. Da qui lo sconcerto dei fedeli, espresso nella risposta a don Piazzi: «Ci ha stupito che alla nostra richiesta di incontro, rivoltaLe per trovare una possibile soluzione condivisa, Lei ci abbia risposto negandocelo e comunicandoci inappellabilmente la decisione del Vescovo». Ed ancora: «Ci consenta anche di chiederci se questa decisione sia in linea con le indicazioni formulate opportunamente qualche mese fa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede», indicazioni che «ci riconoscono l’esercizio del diritto ad avere la celebrazione in rito antico», celebrazione cui, si fa notare, i fedeli giunsero «numerosi, in stragrande maggioranza giovani e famiglie con bambini».
Questo nuovo, triste capitolo dei divieti opposti da due Vescovi di Cremona alle legittime aspettative del locale Coetus Fidelium, costringerà da una parte i fedeli a rivolgersi di nuovo a Roma, nella speranza che vengano finalmente e pienamente ripristinati i loro diritti, e dall’altra, nell’immediato, a riprendere la via dell’esilio verso Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, dove la S. Messa tridentina viene regolarmente celebrata da anni, con buona pace e soddisfazione di tutti. 

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