(la falsa Chiesa ed i suoi antagonisti)
Il sito Chiesa e post Concilio ha riproposto, il 23 giugno scorso, un passo del libro di Jean Madiran “L’eresia del XX secolo” ed. Volpe 1972 da pag. 148 a pag. 150.
La lettura di questo passo ci ha indotto a ricordare che ci sono stati dei valenti cattolici che si sono opposti al dilagare dell’eresia modernista in seno alla Chiesa Cattolica, dapprima formando una barriera contro l’assalto dei ribelli presenti nel clero sin dalla prima metà dell’ottocento, poi, una volta conquistato il potere da parte dei rivoluzionari, attuando una resistenza attiva al potere degli esponenti della dittatura anticattolica ed anticristica, abilmente mascherata da semplice aggiornamento pastorale, liturgico e dottrinale della Chiesa Cattolica ai tempi moderni.
Jean Madiran (pseudonimo di Jean Arfel) (1920 – 2013), è stato un apprezzato scrittore francese noto in tutto il mondo cattolico.
Nel libro citato egli scrive una lettera ai vescovi francesi dell’epoca, in particolare al Vescovo di Metz, località del famigerato accordo tra Vaticano e Kremlino (un vescovo, quindi, che non poteva che essere filocomunista) :
“La preesistente religione cattolica, squalificata dal messaggio di Saint-Avoid come inattuale (proposizione I) e non abbastanza evangelica (proposizione II), sarà anche la religione che sopravviverà. Qualunque cosa accada, a sopravvivere sarà la Chiesa santa, una e cattolica. Questa è la nostra fede. Questa Chiesa e questa religione, dette antiche, tradizionaliste e superate, sono quelle di cui viviamo. Esse sono formate da uomini liberi. Lo testimoniano, con una testimonianza che confermeremo con i nostri atti. I dottori della nuova religione non sanno più che cosa siano degli uomini liberi, sebbene parlino continuamente di libertà…...vi sbagliate assai se pensate che noi andremo dovunque si vuole e accetteremo una qualsiasi religione per «séidismo», solo che le nuove « direttive » abbiano una sanzione «episcopale ». Noi abbiamo rispettato l’autorità che voi non rispettavate, la rispetteremo sempre mentre voi non la rispettate più, pensate però di poter fare di noi, d'autorità, degli apostati e dei traditori, e di aver aggregato alla vostra nuova religione delle autorità che vi fanno sperare che così, per obbedienza, noi entreremo ordinatamente in essa….. non obbediamo alle commedie. Perché prendiamo molto sul serio l’obbedienza e l’autorità, noi sappiamo da sempre che nessuna obbedienza agli uomini può farci andare contro l’obbedienza dovuta a Dio e alle sue leggi, che sono la legge naturale del Decalogo e la legge di Cristo, cioè il Vangelo: l’una e l’altra ricevute, apprese e seguite nella e dalla tradizione apostolica della Santa Chiesa, da duemila anni….voi ora avrete da fare con la profondità, l’estensione e l’altezza del rifiuto di un uomo libero. La libertà che voi non avete visto nell’inginocchiamento e nell’adorazione, dovrete conoscerla nell’opposizione radicale contro cui ormai urterete. Avrete da conoscere che cosa sia la libertà del cristiano: non l’avete riconosciuta nella sua devozione, nella sua disciplina, nella sua pazienza; ora la subirete nel suo legittimo rifiutare le idolatrie del mondo….. È una stessa libertà quella che adora in ginocchio la presenza reale del Dio vivente e quella che spezza gli idoli quando è necessario. E una stessa libertà: una libertà di fronte alla quale voi, non appena dichiarate di scostarvi dalla tradizione apostolica, non avete più nessuna autorità morale, voi non siete più niente, simulacri sonori, dottori del nulla. Potete anche sopprimere il catechismo, che vi condanna; noi lo sappiamo però a memoria e faremo in modo che, con la grazia di Dio, esso venga sempre imparato…. L’autodifesa spirituale sta organizzandosi dappertutto, nella santa libertà dei figli di Dio. E le vie senza uscita nelle quali credete di poterci bloccare, Dio stesso, venuta l’ora, le aprirà per coloro che, qualunque cosa accada, saranno stati irremovibilmente fedeli.
Questo passo non necessita di alcun commento, esso è tanto attuale che sembra scritto ieri.
Dopo anni di studio e riflessioni sulla parabola modernista all’interno della Chiesa Cattolica, prossima ormai al suo apice, siamo giunti a ritenere che in essa possano individuarsi tre distinti periodi:
a) la ribellione iniziale di parte del clero, orientato verso il protestantesimo (idealmente ispirato dalla ribellione al trono ed all’altare che caratterizzarono la rivolta luterana e anglicana) e collocabile in un orizzonte temporale che va da Pio IX a S. Pio X;
b) la conquista del potere, dopo la seconda guerra mondiale, con l’imposizione di Roncalli al soglio pontificio (da parte della massoneria vaticana e dei suoi mandanti) al posto del legittimo papa, già eletto, con accettazione della carica e scelta del nome (papa Gregorio XVII, costretto alla rinuncia con minacce di morte a lui, alla sua famiglia, ai clero in URSS, ecc.);
c) il consolidamento del potere e l’annientamento dei dissidenti, sia laici che ecclesiastici, tipico dei nostri giorni, ma che possiamo ragionevolmente far risalire alla morte (per cause tutt’ora poco chiare) di papa Luciani, nell’ottica della realizzazione di una moderna fonte di cesaropapismo (il cd Nuovo Ordine Mondiale, NWO), di origine e ispirazione luciferina, premessa indispensabile all’instaurazione del Regno dell’Anticristo sull’intero pianeta, illusoria rivincita di Lucifero sul Regno di Cristo. L’eterno nemico, menzognero e omicida fin dal principio, non tiene conto però che il vero regista della storia umana è Cristo, mentre lui è solamente il cospiratore che cerca di distruggere invano l’opera del Creatore, ragion per cui i suoi piani andranno in fumo anche stavolta, e sarà l’ultima occasione concessagli.
b) la conquista del potere, dopo la seconda guerra mondiale, con l’imposizione di Roncalli al soglio pontificio (da parte della massoneria vaticana e dei suoi mandanti) al posto del legittimo papa, già eletto, con accettazione della carica e scelta del nome (papa Gregorio XVII, costretto alla rinuncia con minacce di morte a lui, alla sua famiglia, ai clero in URSS, ecc.);
c) il consolidamento del potere e l’annientamento dei dissidenti, sia laici che ecclesiastici, tipico dei nostri giorni, ma che possiamo ragionevolmente far risalire alla morte (per cause tutt’ora poco chiare) di papa Luciani, nell’ottica della realizzazione di una moderna fonte di cesaropapismo (il cd Nuovo Ordine Mondiale, NWO), di origine e ispirazione luciferina, premessa indispensabile all’instaurazione del Regno dell’Anticristo sull’intero pianeta, illusoria rivincita di Lucifero sul Regno di Cristo. L’eterno nemico, menzognero e omicida fin dal principio, non tiene conto però che il vero regista della storia umana è Cristo, mentre lui è solamente il cospiratore che cerca di distruggere invano l’opera del Creatore, ragion per cui i suoi piani andranno in fumo anche stavolta, e sarà l’ultima occasione concessagli.
In ognuna di queste fasi della parabola modernista vi sono stati (e tuttora vi sono) coraggiosi esponenti che si sono opposti alla deriva anticristica della Chiesa Cattolica, e che brillano come fari di luce nelle tenebre sempre più fitte che si sono addensate sulla Città di Dio, sulla barca di Pietro, sull’Ovile Santo, come la Madonna ha definito la Chiesa del suo divino Figlio, esortando Bruno Cornacchiola (il veggente delle Tre Fontane) a farvi ritorno, all’epoca in cui si era affiliato ad una setta protestante.
a) Nel primo periodo emerge la figura del Papa Mastai-Ferretti, il beato Pio IX che, visto il caos ingestibile ed incontrollabile del 1848 (rimasto nella saggezza popolare con l’adagio “è successo un ’48!), decise di pubblicare l’enciclica Quanta Cura ed il Sillabo, aperta condanna della deriva liberal-massonica della società civile e religiosa.
Dopo di lui abbiamo San Pio X, papa Giuseppe Sarto, che definì il modernismo “la summa di tutte le eresie” e lo combatté strenuamente, coadiuvato da un drappello di coraggiosi collaboratori, il Segretario di Stato Rafael Merry del Val, il cardinale Gaetano De Lai, monsignor Umberto Benigni, organizzatore del Sodalitium Pianum, mons. Giovanni Volpi, vescovo di Arezzo, e padre Guido Mattiussi, denominato “il martello dei modernisti”, poiché ingaggiò una battaglia serrata contro il modernismo dalle colonne delle riviste “La Scuola cattolica” e “Armonia della fede”.
b) Nel secondo periodo, in cui assistiamo alla presa di potere del clero modernista nella Chiesa visibile, con Roncalli, Montini ed il concilio Vaticano II, tra i protagonisti della resistenza alla rivoluzione modernista si staglia la figura di Jean Madiran, pseudonimo di Jean Arfel (oblato benedettino dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux con il nome di fr. Jean-Baptiste) autore di opere fondamentali del pensiero antimodernista, quali “L’eresia del XX secolo”, “L’accordo di Metz tra Cremlino e Vaticano”, “La rivoluzione copernicana nella Chiesa”, “Storia della messa interdetta”, e fondatore, nel 1956, della rivista “Itinéraires”, destinata ad essere per quasi quarant’anni punto di riferimento del mondo della Tradizione in Francia. Una lunga vita, la sua, vissuta all’insegna della fedeltà alla Chiesa Cattolica e alla sua dottrina, liturgia e pastorale, in ferma e decisa contrapposizione alla crescente marea modernista che stava sommergendo la traballante barca di San Pietro.
Questo secondo periodo annovera la presenza e l’opera di un altro cattolico francese,
Marcel de Corte (1905- 1994), che ha condotto per decenni una strenua lotta contro le malattie dell’intelligenza da cui l’uomo è infetto fin dall’inizio dell’epoca moderna, malattie che per lui conducono alla “grande eresia modernista” da cui è afflitta da decenni la Chiesa Cattolica, a causa della sua apertura al mondo moderno.
Il suo pensiero si riassume nel suo libro “La grande eresia”, recentemente ristampato da EffediEffe, , nonché nel “Fenomenologia dell’autodistruttore”, distribuito gratuitamente dal sito Totus Tuus.
L’antropocentrismo del Vaticano II è lo specchio del ‘Nuovo Ordine Mondiale’, il “Regno sociale di Satana”, che sta per essere instaurato come moderno cesaropapismo luciferino. Secondo De Corte l’essenziale è che il sacerdote sia l’uomo della preghiera, del santo Sacrificio della Messa, dei Sacramenti. Le anime affidategli allora lo seguiranno docilmente sulla via ascendente del sovrannaturale e dell’eterno; …ma purtroppo non è questo il panorama della Chiesa odierna, dove dilagano innovazioni, nuove teologie, nuovi catechismi, nuove messe, nuove istituzioni ecclesiastiche, che si diffondono senza curarsi dell’ortodossia; dove la gerarchia avalla e propaga essa stessa l’inosservanza delle sue istruzioni; dove i dogmi sono travisati e rinnegati a tal punto che preti e laici seri si domandano con angoscia se la religione da loro professata non sia scossa fino alle fondamenta, dove l’apertura verso il mondo costringe il clero di basso e di alto livello a sposare le mode e le insanie della nostra epoca, col pretesto di andare incontro alle sue aspirazioni; dove gli stessi preti, in preda al delirio dell’apostasia, «si sclericano» a gara e non cessano di strappare dalle anime loro affidate l’amore delle realtà sovrannaturali, per precipitarle in un mondo totalmente laicizzato, dal quale deve sparire il nome stesso di cristiano. Secondo lui la Chiesa d’oggi è talmente imbevuta e marcia di relativismo, da insegnare nel 1969 ciò che era proscritto come eretico, con estremo rigore, da san Pio X nel 1907.
A questo stesso periodo appartiene l’azione e l’opera di Mons. Marcèl Léfèbvre e della Fraternità Sacerdotale S. Pio X da lui fondata. Troppo lungo sarebbe analizzare in dettaglio la figura del fondatore e le sue opere, per cui rimandiamo il lettore alle opere pubblicate dall’editrice della FSSPX (Edizioni piane - https://edizionipiane.it/) e in particolare alla biografia di Mons. Lefebvre, scritta da Mons. Tissier de Mallerais (https://edizionipiane.it/prodotto/mons-marcel-lefebvre-una-vita/), limitandoci a richiamare l’eccezionale coraggio e tenacia di questo difensore della Chiesa Cattolica preconciliare.
c) Nel terzo ed ultimo periodo della parabola modernista in casa cattolica diverse sono le voci che si sono levate in difesa della santa Tradizione Cattolica, seppur in condizioni di persecuzione mediatica, professionale e morale. Il solito vecchio trucco di ogni regime dittatoriale “parlatene male, in continuazione, ossessivamente, qualcosa rimarrà” (sistema adottato con efficacia con don Luigi Villa, incaricato da Padre Pio di appurare il livello di infiltrazione massonica in Vaticano, ed in ciò aiutato da Papa Pacelli, ma poi duramente ostacolato da Roncalli e Montini).
Tra i lavori che meritano di essere conosciuti, sicuramente non noti al grande pubblico, sono da segnalare a nostro avviso quello di Quirino Maestrello “L’autodemolizione della Chiesa Cattolica - ciò che un Cattolico ha diritto di sapere” e quello di Antonio Coroniti: “Modernismo e progressismo nella Chiesa Cattolica - la verità sulla gravissima crisi in atto nella Chiesa”. Altro autore degno della massima attenzione è Agostino Nobile, con il suo ottimo lavoro “Quello che i cattolici devono sapere – almeno per evitare una fine ridicola”.
Molto interessanti anche gli articoli del professor Luciano Pranzetti, pubblicati in questi ultimi anni su questo sito.
Ma il personaggio che vorremmo accostare a Jean Madiran, per la comunanza di coraggio, tenacia e determinazione nell’opporsi alla deriva satanica che stava infestando, ed ha continuato ad infestare, la Chiesa di Cristo è senza dubbio il professor Francesco Lamendola. La sua produzione di saggi antimodernisti è un fiume in piena, in continuo crescendo. I suoi articoli vengono pubblicati sul portale dell’Accademia Adriatica di Filosofia Nuova Italia, della quale è Presidente (nella sezione Quaderni Filosofici delle Venezie) e ripresi da varie testate cattoliche: oltre a Una Vox, Acta Apostaticae Sedes, Gloria TV, Il tuo volto Signore io cerco, ecc.
Veramente singolare e significativa l’affinità di linguaggio, di analisi e di combattività dei due autori in questione, anche se li divide più di mezzo secolo di storia della Chiesa e della civiltà europea, periodo però che non ha conosciuto alcuna inversione di tendenza nel processo di autodemolizione della Chiesa Cattolica da parte del clero ribelle rivoluzionario modernista, come pure nel processo di instaurazione di una’unica cabina di regia occulta massonico-satanista dell’Occidente, un tempo libero e cristiano, premessa indispensabile alla creazione di un Nuovo Ordine Mondiale da cui dovrebbe procedere il Regno dell’Anticristo.
Per comprenderne l’affinità di pensiero ed azione dei due autori, basterà citare queste parole di Madiran:
“pensate però di poter fare di noi, d'autorità, degli apostati e dei traditori, e di aver aggregato alla vostra nuova religione delle autorità che vi fanno sperare che così, per obbedienza, noi entreremo ordinatamente in essa….. non obbediamo alle commedie… non appena dichiarate di scostarvi dalla tradizione apostolica, non avete più nessuna autorità morale, voi non siete più niente, simulacri sonori, dottori del nulla”
e confrontarle con quelle di Lamendola, estratte da un suo recente articolo:
“La chiesa non è sua, e neppure nostra. È stata voluta da Gesù Cristo, è stata difesa con il sangue da decine di generazioni di fedeli; i martiri della fede si contano a milioni nel corso della storia. Non possiamo consentire a questo signore argentino, ignorante, narcisista, squilibrato, cinico e insolente, di distruggere un’opera che è stata realizzata a così caro prezzo… una generazione di preti da nulla, infarciti di politica di basso profilo, gonfi di pregiudizi ideologici, senza nulla di spirituale, senza nulla di cristiano… i vanno cacciati a pedate nel sedere. Le chiese non sono loro, la santa Messa non è loro… hanno usurpato la Sposa di Cristo… Ebbene, non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire. Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante. A noi basta Gesù, Figlio di Dio: ci basta la fede dei nostri padri… delle nostre nonne. I Rahner e i Kasper li lasciamo ad altri...”
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2740_Lamendola_Tradimento_inaudito.htmlJean Madiran e Francesco Lamendola: due campioni della Resistenza Cattolica Antimodernista, scesi in campo aperto senza esitazioni né compromessi di alcun genere, rigorosamente fedeli all’evangelico “SI SI, NO NO”.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3644_Catholicus_Protagonisti_resistenza_cattolica.html
18 luglio 1936. Perché ricordare
Cari amici di Duc in altum, ricevo da Giovanni Formicola questo contributo che vi propongo.
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Anche quest’anno è venuto il 18 luglio, data cui convenzionalmente – in realtà il movimento iniziò il giorno prima, nelle Canarie e nell’Africa spagnola – si ascrive l’Alzamiento Nacional, l’insorgenza nazionale spagnola che diventa Cruzada in difesa della fede e della patria, contro l’anarco-comunismo, più cristofobico e antireligioso che “sociale”.
Questo 18 luglio viene dopo che i resti mortali di Francisco Franco Bahamonde (1892-1975), more comunista, sono stati strappati, contro la volontà dei familiari, all’avello della Basilica della Santa Croce del Valle de los caìdos in cui riposavano, e trasferiti di forza altrove. Tale sacrilega profanazione d’una tomba in terra sacra è stata voluta dal governo rosso-viola madrileno. E purtroppo pare sia stata eseguita grazie al fatto che la Santa Sede, interpellata dalle autorità spagnole, abbia ingiunto ai benedettini cui è affidata la basilica, guidati dall’eroico abate, dom Santiago Cantera Montenegro, di cessare la loro giusta resistenza (cfr. Corriere della Sera, intervista di Pedro Sánchez Pérez-Castejòn – capo del governo iberico – ad Aldo Cazzullo, 8-7-2020).
Esumare con la forza pubblica resti mortali è sempre cosa particolarmente odiosa. Ma addirittura è abominevole se, come in questo caso, avviene con il consenso dei successori ecclesiali di coloro che furono salvati dal Generalissimo. Questi, insorgendo contro la tirannica repubblica, permise la sopravvivenza della Chiesa in Spagna, che il Fronte Popolare aveva votato all’estinzione mediante sterminio. Ciò che provano l’enorme numero di martiri – tali perché uccisi in odium fidei, o Ecclesiae – già accertati, oltre duemila, in uno spazio e in un tempo (1931-1939) assai limitati, e la dichiarazione di cessazione del culto nella zona controllata dal Fronte Popolare, da parte del ministro del governo rosso Manuel Irujo Ollo (1891-1981).
È perciò oggi particolarmente sentito questo mio annuale scritto di riconoscente difesa della memoria, prima negata, poi vilipesa e calunniata, di quei martiri e di quegli eroi che difesero la fede e fermarono il comunismo, ai quali pochi ormai intendono pagare il debito di gratitudine.
*
È cosa ovvia e nota che quando, in una controversia, da una parte provengono argomenti a favore dell’avversario, questi hanno particolare forza probatoria delle di lui ragioni.
Gregorio Marañón Posadillo (1887-1960) probabilmente è un nome che dice poco o niente ai nostri contemporanei, se non come denominazione d’un ospedale a Madrid. Tuttavia si tratta di uno dei protagonisti della comunità scientifica e della vicenda politico-culturale della Spagna tra le due guerre. Fu non solo clinico internista e endocrinologo di fama internazionale, docente universitario, accademico di Spagna, ma anche politico e saggista. Nella sua abitazione, il 14 aprile 1931, avvenne la riunione che decise l’esilio del re Alfonso XIII (1886-1941) e la proclamazione della seconda repubblica spagnola. Ciò che non gl’impedì di criticare gl’incendi di chiese e conventi con cui questa fu “festeggiata”.
Fu poi eletto deputato repubblicano alle Cortes Constituyentes. L’11 febbraio 1933 fu tra i co-fondatori dell’Associazione “Amici dell’Unione Sovietica”.
Quando il 18 luglio 1936 seppe dell’Alzamiento, mentr’era in Portogallo, rientrò subito a Madrid “per sostenere la repubblica”.
Ma presto dovette ricredersi, e soprattutto pentirsi, perché le sue trascorse critiche alle violenze rosse e il suo appello a che la repubblica assumesse un carattere liberale e nazionale fecero sì che subito fosse inserito negli elenchi dei “nemici del popolo”, del che non gli sfuggiva la seria minaccia. Perciò, alla fine del 1936, di fatto, non ebbe altra scelta che rifugiarsi in Francia, a Parigi, e non per sfuggire ai nacionales di Franco. Fu lì che pubblicò alla fine del 1937 un importante articolo, con il quale, non con l’autorità del politico – disse –, ma con quella del testimone dei fatti, raccontava e valutava gli accadimenti che stavano sconvolgendo la sua patria.
È in questa pubblicazione la preziosa testimonianza, che provenendo da un avversario aiuta a comprendere l’assoluta legittimità e giustizia dell’Alzamiento Nacional.
In quest’articolo, Marañón riconobbe l’esistenza di un liberalismo daltonico, che non vedeva il rosso, e se ne faceva subalterno, pur essendo il comunismo la totale negazione d’ogni principio di libertà. Dichiarava, perciò, che l’alternativa vera in Spagna era “comunismo sì, comunismo no”, e lui si schierava senza esitazione per il “no”. Però troppi liberali – noi diremmo oggi troppi “moderati” – pativano l’egemonia cultural-psicologica dei comunisti (“il nemico è solo a destra, è solo il reazionario”), e per il timore d’essere esclusi dal ceto intellettuale, d’essere giudicati “nemici del popolo” e di non essere ritenuti “uomini moderni” (oggi diremmo “politicamente corretti”), si erano spostati dal lato dei rojos. I quali, secondo Marañón, s’erano impegnati sin da subito per avere la “copertura” di tali liberali, senza la quale non avrebbero mai avuto la possibilità d’essere protagonisti della lotta politica in Spagna. Egli accusava il liberalismo, non solo spagnolo, di una cecità che l’aveva indotto a “vendere l’anima al diavolo comunista”, come nel passato aveva favorito il terrore giacobino. Concludeva il suo articolo con queste parole, “[…] in politica l’unica dinamica psicologica del cambiamento è la conversione, mai il convincimento. E si deve sempre sospettare di chi cambia perché dice d’essersi convinto”. E lui s’era “convertito” alla parte nacional, tanto che nel 1942 tornò in patria e vi rimase, libero di pubblicare i suoi scritti e rispettato, fino alla morte nel 1960.
E’ utile trascrivere anche come viene presentato Marañón dalla redazione della rivista, prima di leggerne la detta testimonianza.
“L’autore del rimarchevole studio che noi presentiamo ai nostri lettori è m. G. Marañón, dell’Accademia di Spagna. Medico, saggista, […] è stato fondatore d’una grande associazione repubblicana, la cui attività ha cominciato a diffondersi in Spagna un anno prima della caduta della monarchia. La prova del repubblicanesimo del dr. Marañón non è dunque necessaria, il che consente di ritenere particolarmente significativo quest’articolo”.
E vengo alla parte che più pesa per il mio scopo.
“[…] i partiti e la stampa di destra annunciavano una serie di catastrofi se il movimento repubblicano avesse trionfato […]. Sarebbe ora arbitrario discutere su che cosa sarebbe accaduto se non fosse stata proclamata la repubblica – fatto a mio avviso inevitabile nelle circostanze date. Nella narrazione della storia va assolutamente interdetto l’esercizio di provare a sapere che cosa sarebbe potuto accadere se non fosse accaduto quello che in realtà è accaduto. Tuttavia è fuor di dubbio che le profezie delle destre estreme e dei monarchici, che si opponevano alla repubblica, si avverarono interamente: disordini continui, scioperi immotivati, incendi di chiese e conventi, persecuzione religiosa, esclusione dal potere dei liberali che avevano sostenuto il movimento ma si opponevano alla lotta di classe, rifiuto di trattare in modo tollerante anche quella gente di destra che in buona fede accettava il regime repubblicano pur senza acclamarlo, com’è naturale, nella sua versione estremista. I liberali ascoltarono queste profezie con disprezzo suicida. […] Tuttavia, quale che sia l’avvenire politico della Spagna, non può esserci alcun dubbio che in questa fase della sua storia è il reazionario e non il liberale che ha visto giusto” (G. Marañón Posadillo, A margine della guerra civile spagnola. Liberalismo e comunismo, in Revue de Paris, anno 44, n. 24, 15 dicembre 1937, pp. 799-817).
C’è un’altra testimonianza che può ben integrare questo sforzo di restituire verità alla memoria di Franco e della sua opera, in un giorno anniversario dell’insorgenza nazionale che vede la Spagna di nuovo preda dei nemici di Dio, della Chiesa, e della stessa natura umana, a cominciare dall’identità sessuata della persona.
Essa proviene da Churchill (1874-1965), che sebbene non sia stato un avversario diretto dell’Alzamiento, certo non può essere detto “franchista”,
«[…] l’assassinio di Calvo Sotelo [1893-1936] fu la scintilla che causò l’esplosione», che Franco «e gli altri capi militari, i quali tutti avevano fedelmente servito la repubblica», avrebbero voluto evitare, e perciò avevano messo in guardia il «Governo contro i pericoli a cui esso andava incontro» (cfr. Winston Leonard Spencer Churchill, La Spagna ci offre una lezione pratica [2 ottobre 1936], in Idem, Passo a passo, trad. it. Mondadori, Milano 1947, p. 61).
Le armate di Franco «non possono venire accusate di essere scese al grado di bestialità e di atrocità […] del lavoro quotidiano effettuato dai comunisti, dagli anarchici e dalla […] nuova organizzazione trotzkista, estremista al massimo. Sarebbe un errore, dal punto di vista della verità, […] mettere sul medesimo piano entrambe le parti in lotta» (W. Churchill, ibidem, p. 63).
Giovanni Formicola
Per un primo sintetico approfondimento, mi permetto di suggerire: Giovanni Formicola, Difesero la fede, fermarono il comunismo. La Cristiada, Messico 1926-1929. La Cruzada 1936-1939, Cantagalli, Siena 2019.
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