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giovedì 6 agosto 2020

Il grassone e il piccolo

L’ANNIVERSARIO

Quelle bombe sul Giappone, tra disastri e grazie

Ricorre il 75° anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto). La prima città più “laica”, la seconda, storicamente, cristiana. In ognuno dei disastri si verificarono degli episodi particolari, che interrogano credenti e scettici. E due libri - "I figli di Nagasaki" e "Il rosario di Nagasaki" (Fede&Cultura) - del medico superstite Takashi Nagai, convertito al cattolicesimo, aiutano a leggere quei fatti.

Per ricordare, da cattolici, il 75° anniversario delle bombe atomiche sul Giappone nulla di meglio che leggere due libri di Takashi Nagai (1908-1951), I figli di Nagasaki (pp. 240, € 17) e Il rosario di Nagasaki (pp. 96, € 14), editi entrambi da Fede&Cultura. Nagai era un medico militare che aveva partecipato alla campagna in Manciuria e poi, esercitando la sua professione a Nagasaki, si era visto piombare addosso il regalo finale degli americani.

Enola Gay non era un omosex, come il nome sembrerebbe suggerire, ma solo il nome della madre del pilota del bombardiere partito da una base nelle Filippine. Le bombe, Fat Boy e Little Boy (il grassone e il piccolo, i piloti militari hanno sempre voglia di scherzare), erano state portate dall’incrociatore Indianapolis in segreto. Così segreto che, quando un sommergibile nipponico lo silurò sulla via del ritorno, nessuno soccorse i naufraghi in preda agli squali. Alla fine, il comandante venne processato e, dato in pasto alla stampa (come si era permesso di salvarsi?), si suicidò per la vergogna.

Takashi, prima shintoista, poi positivista e infine convertito al cattolicesimo, nell’esplosione perse la moglie e restò con due bambini piccoli. Poi toccò a lui: leucemia da radiazioni che si diagnosticò da solo. I libri sono una sorta di testamento spirituale lasciato ai figli e al mondo, sempre tentato, questo, dalle armi da «soluzione finale» e da quelle che dovrebbero «mettere fine alle guerre». Il Giappone ha il triste primato di essere l’unico Paese che si sia visto arrivare sulla testa una bomba atomica, anzi due, una a Hiroshima il 6 agosto e l’altra a Nagasaki il 9. In fondo, morirono meno persone che a Tokio, dove un bombardamento «convenzionale» al fosforo incenerì nelle loro case di legno e carta 300.000 civili.

Ma dopo settantacinque anni resta la domanda: perché due obiettivi civili e perché due? A noi cattolici interessa anche il fatto che qualcuno doveva pur sapere che a Nagasaki stavano quasi tutti i cristiani giapponesi. Ah, quasi dimenticavo: erano papisti. E fu la seconda volta, nella storia, che la cristianità giapponese venne azzerata completamente. La prima, nel 1638, quando una grande ribellione di samurai cristiani venne spazzata via dal più poderoso esercito che il Giappone shogunale avesse mai schierato. Chiedevano solo la stessa libertà religiosa accordata ai buddisti e ai pagani. Ci vollero due navi per portare via le teste mozzate (per il conteggio e i relativi premi).

Il Giappone vietò il cristianesimo, e solo quello, per due secoli, quando gli americani, sempre loro, lo convinsero con le cattive a riaprirsi ai commerci. Ancora esiste, nella cattedrale di Nagasaki, il bassorilievo che commemora l’episodio con cui, di nascosto (pena la morte), alcune donne kakure kirishitan («cristiani nascosti») si rivelarono al missionario francese Bernard Petitjean. Con una fedeltà commovente, i cattolici giapponesi avevano conservato e tramandato la fede per duecento anni, senza preti e senza niente, essendo vietate anche le immagini. Non solo: sapevano che il cristianesimo era spaccato in due e fecero l’esame di cattolicità al missionario: sei celibe? ami la Madonna? obbedisci al papa?

E il cattolicesimo nipponico - un cattolicesimo, ahimè, di martiri - cominciò a rifiorire dalla fine dell’Ottocento. Fino alla Bomba. All’ora delle commemorazioni annuali un proverbio locale dice che se Hiroshima protesta, Nagasaki prega. Hiroshima, infatti, è più laica, mentre Nagasaki è, storicamente, la città dei cristiani.

A noi cattolici interessano due episodi: a Hiroshima la bomba esplose (a mezz’aria, per fare più «effetto») a cinquecento metri dalla casa dei gesuiti. Erano in sei, di ogni nazionalità, e stavano dicendo il Rosario. Illesi. Non solo, morirono tutti di serena vecchiaia molti anni dopo, stupendo i medici che periodicamente li visitavano. La stessa cosa accadde a Nagasaki nel convento dei frati di san Massimiliano Maria Kolbe. Un professore universitario giapponese era in biblioteca quando l’occhio gli cadde su un libro che recava l’immagine della Madonna di Fatima. Tutto si incendiò (era una biblioteca), lui si risvegliò con in mano quell’immagine. Illesi tutti e due. Si convertì.

Rino Cammilleri

https://lanuovabq.it/it/quelle-bombe-sul-giappone-tra-disastri-e-grazie

Hiroshima, i 75 anni dal bombardamento nucleare

La città giapponese fu il bersaglio del primo attacco nucleare della storia. Commemorazione in tono minore per l’emergenza coronavirus. Arcivescovo Takami: Il cammino verso la vera pace richiede che il mondo abolisca le armi nucleari. Per papa Francesco l’uso degli armamenti atomici è “immorale”.

Hiroshima (AsiaNews) – Il Giappone commemora oggi il 75° anniversario del lancio della bomba atomica su Hiroshima. La città giapponese fu il bersaglio del primo attacco nucleare della storia, avvenuto per mano del bombardiere Usa Enola Gay alle ore 8.15 del 6 agosto, 1945. Tre giorni dopo, l’aviazione degli Stati Uniti lanciò una seconda bomba su Nagasaki. Il duplice raid spinse l’impero nipponico a dichiarare la resa, che portò alla fine della Seconda guerra mondiale.

Quest’anno la commemorazione si svolge in tono minore per l’emergenza coronavirus. Oltre alle autorità governative e a quelle locali, alla cerimonia pubblica partecipano solo i sopravvissuti al bombardamento (Hibakusha), i loro familiari e alcuni dignitari esteri.

Per Kazumi Matsui, sindaco della città, la catastrofe deve servire da monito all’umanità, e da simbolo per lavorare tutti insieme alla costruzione di un mondo pacifico. Dopo lo sgancio dell’ordigno nucleare, almeno 140mila persone morirono all’istante. In migliaia perirono in seguito, per effetto delle bruciature e delle radiazioni.

Le vittime per l’esplosione a Nagasaki furono invece 74mila.“Dei 12mila fedeli che vivevano a Nagasaki, 8.500 morirono per il bombardamento”, ha ricordato mons. Joseph Mitsuaki Takami, arcivescovo della città. Egli è un Hibakusha: all’epoca si trovava infatti nel grembo materno.

Nel commemorare l’attacco a Hiroshima, e nel solco di quanto dichiarato da papa Francesco lo scorso anno durante la sua visita in Giappone, mons. Mitsuaki ha affermato che il cammino verso la vera pace richiede che il mondo abolisca le armi nucleari.

Durante la sua visita in Giappone lo scorso anno, il pontefice si è scagliato contro l’uso delle armi atomiche, da lui considerato “immorale”. Il papa ha lanciato inoltre un’iniziativa a sostegno del Trattato sulla proibizione della armi nucleari, approvato dall’Assemblea delle Nazioni Uniti nel 2017, ma non ancora ratificato da molti Stati, in particolare dalle potenze nucleari.

http://www.asianews.it/notizie-it/Hiroshima%2C-i-75-anni-dal-bombardamento-nucleare-50733.html

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