Rivolta contro il mondo moderno
Lo ha appena deciso l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, che decide vita, morte e miracoli delle medicine in Italia. Per certo anche la morte dei bambini italiani ancora prima che nascano.
Si aggira infatti per l’Italia il demone chiamato «ellaOne», vezzeggiato come «pillola dei cinque giorni dopo». Ma non è una caramellina innocua e magari persino simpatica. È Ulipristal acetato, e ammazza: se assunto entro 120 ore da un rapporto sessuale, l’«ellaOne» uccide la creatura che si sta formando nel ventre della madre.
Gli spacciatori di morte e di bugie, ben pettinati e con l’abito grigio, raccontano alle donne che lo assumono normalmente l’enorme bugia che indora la pillola. Lo chiamano «contraccettivo di emergenza», lo evidenziano in colore pure sulla scatola, ma non lo è affatto. È un abortivo. Non impedisce l’inizio di una vita, la stronca. Si dice che entro cinque giorni dal coito blocchi l’ovulazione, ma non è vero. Impedisce l’annidamento dell’embrione nella parete uterina, dunque la gravidanza, se l’embrione è già tale: la vita umana è iniziata, se lo spermatozoo ha fecondato l’ovulo. Tecnicamente è un contragestatorio: l’«ellaOne», cioè, distrugge. L’«ellaOne» ha talvolta un’azione antiovulatoria, sempre sopprime la vita.
L’«ellaOne» è cugina del RU486, il pesticida umano che il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha liberalizzato con un tweet, signo dato, la trombetta, come lo sconcio segnale di Barbariccia, mentre l’Italia era in ferie. Appartengono entrambi al gruppo degli antiprogestinici ed entrambi impediscono l’annidamento dell’embrione. Viene la morte, e ha molti nomi.
In Italia per comperare l’«ellaOne» basta avere in tasca i 30 denari che vale la vita di un bambino da scarto. E così dal marzo 2016. Da venerdì l’«ellaOne» la possono però comperare disinvoltamente anche le minorenni (o i minorenni maschi con “senso di colpa”). Basta sempre che abbiano in tasca i 30 denari. E certamente li hanno, visti i mutui settimanali che accendono in alcolici serali, make up e abiti il cui costo è inversamente proporzionale al tessuto usato per confezionarli. Oppure i 30 denari li infilano condiscendenti nella pochette papà o mammà. Anche un’acqua cheta degli ultimi anni del liceo che si sia concessa il sabato sera al primo ganzo della movida può, entro il giovedì, sfangarla evacuando il bimbo che porta in pancia nello sciacquone. Alla farmacia sotto il portico la morte la vendono come le pastiglie per la gola o il collutorio, scrive il collega Francesco Ognibene su Avvenire, come le Zigulì scrive la bioeticista Assuntina Morresi su Facebook.
È quindi questo il mondo moderno delle magnifiche sorti e progressive in cui abbiamo creduto e sperato? Sono questi gli italiani che abbiamo fatto dopo che abbiamo fatto l’Italia? È questo il futuro che abbiamo preparato ai nostri figli, quei piccoletti che tenevamo teneramente in braccio e che abbiamo trasformato in potenziali serial killer dell’apericena? È questo il bene che vogliamo loro, che auguriamo loro? È questo ciò per cui ci spacchiamo la schiena ogni giorno per portare a casa di che vivere, evitando le trappole tese ovunque, sopravvivendo allo Stato oppressivo come possiamo, scegliendo la scuola che sembri meglio rispondere alla loro sete di vita e di bene, di senso e di ragione, pagando con stille del nostro sangue? È questa la dote, l’eredità, il regalo con cui li mandiamo per le vie del mondo? È questo il senso del progresso, della scienza, della tecnica, del miglioramento, dell’Homo faber e dell’Homo sapiens? È questo il modo con cui vogliamo essere ricordati, da loro e dalla storia? Io no, e mi rivolto.
di Marco Respinti
https://www.ifamnews.com/it/rivolta-contro-il-mondo-moderno/
di Giorgia Brambilla
Nel 2009 l’HRA Pharma mette a punto la molecola dell’Ulipristal acetato che, nello stesso anno, entra in commercio in Europa con il nome di EllaOne®, che verso la fine del 2011 viene messo in vendita anche in Italia. Nel 2014 la casa farmaceutica produttrice francese chiede e ottiene la riclassificazione della pillola come “farmaco da banco”, eliminando così l’obbligo di ricetta. In Italia, invece, il Consiglio Superiore di Sanità rifiuta questo passaggio, temendo che la vendita senza l’obbligo di ricetta possa condurre ad un’assunzione ripetuta e incontrollata da parte delle donne. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), però, il 25 marzo 2015 prende le distanze da questa indicazione ed elimina tale obbligo, conservandolo solo per le minorenni. Fino alla Determina n. 998 dell’8 Ottobre, che elimina la prescrizione anche se a richiedere l’Ulipristal acetato sono delle minorenni.
Stando alle dichiarazioni del direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, EllaOne sarebbe uno «strumento etico» (qui), utile addirittura per la riduzione degli aborti clandestini (qui). Ma basta capire il suo meccanismo d’azione e tali affermazioni si rivelano in tutta la loro inconsistenza e illogicità.
Stando al foglietto illustrativo (qui), infatti, la pillola avrebbe lo scopo di inibire o ritardare l’ovulazione e, dunque, si può pensare che sia un contraccettivo. Peccato che se EllaOne viene assunta dopo il raggiungimento del picco di LH, in corrispondenza cioè dell’ovulazione, essa ha un’efficacia antiovulatoria pari a quella di un placebo. E come fa, allora, a raggiungere l’obiettivo per cui viene assunta, ovvero evitare la nascita di un figlio? Attraverso una modificazione mirata dell’endometrio che ostacola l’annidamento dell’embrione (R.Puccetti, La “pillola dei 5 giorni dopo” solo su ricetta del medico), un meccanismo abortivo che si stima avvenga tra il 50 e il 70% dei casi (J.Aznar, Ulipristal acetate). Quindi, a seconda del giorno dell’assunzione, il suo meccanismo sarà anticoncezionale o antinidatorio.
Rendere la “pillola dei cinque giorni dopo” accessibile senza ricetta, e per di più alle minorenni, significa dare uno “schiaffo morale” a una serie di dimensioni che sono coinvolte buttandole nel cestino dell’indifferenza.
Il primo schiaffo è dato alla relazione genitori-figli, in quanto è molto probabile che la ragazza in questione – o forse bisognerebbe dire bambina, visto che l’età dei primo rapporto sessuale è 13-14 anni – nasconda ai genitori il fatto di avere rapporti intimi e, di conseguenza, di trovarsi in difficoltà per questo. È paradossale che in un tempo in cui ci si vanta di non avere più “tabù” sessuali si abbia così tanta difficoltà a dialogare con i figli di sessualità. Si preferisce addirittura delegare alla scuola l’educazione sessuale, che poi si tramuta di fatto in una mera presentazione dell’“atlante dei contraccettivi”. Sarà perché dopo anni di libertinismo la sessualità è divenuta così “liquida” da sfuggirci di mano tanto da non aver più nulla da dire su questa dimensione così importante per la persona umana? La Chiesa ha sempre affermato che i genitori hanno il dovere e il diritto di essere i primi e i principali educatori dei loto figli quanto alla dignità dell’amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni e che le provocazioni, provenienti oggi dalla mentalità e dall’ambiente culturale attuale, che però non devono scoraggiarli in questo loro compito. Chi meglio del genitore conosce la sensibilità del ragazzo, sa capire quando è il momento, quali parole usare, può ricreare un ambiente prudente e delicato che permette di spiegargli l’amore facendolo sentire amato?
Il secondo schiaffo, visto che di prescrizione si parla, è evidentemente quello dato al rapporto medico-paziente. In un panorama in cui è assolutizzata la libertà del paziente come autodeterminazione, il medico diventa un mero esecutore della sua volontà “sovrana”. Questo modo di concepire la Medicina, anche se apparentemente sembra non avere nulla a che fare con la nostra quotidianità, è molto pericoloso perché presuppone una revisione dell’alleanza terapeutica che si ripercuote necessariamente sulla dimensione dell’umanizzazione della salute, a breve termine, e della cura e della difesa della vita umana a lungo termine. Oltre a questa riflessione teorica, il problema principale è che EllaOne non è una comune pillola per il mal di testa, per il cui utilizzo in genere non serve consultare il medico; la supervisione del medico serve, eccome! Infatti, l’utilizzo dell’Ulipristal acetato, oltre agli effetti correlati ai dosaggi ormonali, può causare seri danni a livello epatico (T. Scandroglio, I rischi della pillola dei 5 giorni dopo che non ci dicono).
Il terzo riguarda la funzione educativa dello Stato. Sappiamo bene infatti che qualsiasi liberalizzazione del male morale (pensiamo, ad esempio, a quella delle droghe “leggere”, di cui abbiamo già parlato qui) porta di fatto ad incentivare il male stesso, in questo caso una sessualità priva di responsabilità, le quindi l’assunzione conseguente della pillola come “salvagente”. Questo non solo non risulta affatto efficace in termini di contrasto, ma fa sì che lo Stato incarni chi diffonde il male per poi porvi rimedio. È una società malata quella che si distacca dalla piena verità sull’uomo, dalla verità su ciò che l’uomo e la donna sono come persone. «Di conseguenza, essa non sa comprendere in maniera adeguata che cosa veramente siano il dono delle persone nel matrimonio, l’amore responsabile al servizio della paternità e della maternità, l’autentica grandezza della generazione e dell’educazione» (Pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato, n. 6). La nostra è una società ipersessualizzata, che tende a ridurre l’amore all’eros, piuttosto che includere e valorizzare tutte le altre componenti che possano contraddistinguerlo, da quelle affettive a quelle generative e donative. Tanto che l’unica proposta “educativa”, stando alle dichiarazioni di questi giorni, consisterebbe, al momento della vendita di EllaOne, nel fornire un depliant con varie informazioni sui contraccettivi a cui sarà dedicato anche un sito ad hoc.
Il quarto schiaffo riguarda la relazione affettiva tra i ragazzi coinvolti, che con la loro promiscuità si mettono nella dimensione dell’usare anziché dell’amare, come scriveva Karol Wojtyla nel celebre testo “Amore e responsabilità”: l’altro diventa un oggetto che deve soddisfare i miei appetiti. Ma questo non è degno per la persona umana. Facciamo piuttosto sapere ai giovani che la persona è capace di un amore più grande, generoso, che sa aspettare, che sa rispettare. In altre parole, facciamo conoscere ai giovani la bellezza della castità! Basta con questa idea che la castità sia improponibile e impraticabile: «per alcuni, che si trovano in ambienti dove si offende e si scredita la castità, vivere in modo casto può esigere una lotta dura, talora eroica. Ad ogni modo, con la grazia di Cristo, che sgorga dal suo amore sponsale per la Chiesa, tutti possono vivere castamente anche se si trovano in circostanze poco favorevoli» (Pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato, n. 19).
Il quinto è forse lo schiaffo più forte: quello alla vita. Se, infatti, abbiamo capito che “la pillola dei cinque giorni dopo” può avere effetti antinidatori, il peso morale, già grave per il solo aspetto contraccettivo, assume proporzioni immense e rappresenta a sua volta un altro schiaffo, quello della donna a se stessa, che mentre pensa di essersela “cavata” è sconfitta nella sua stessa natura. Il suo grembo, pensato per accogliere e nutrire, diventa inospitale per il concepito che, di conseguenza, smette di vivere e viene espulso ed è stata proprio lei a favorire questo processo.
Anche volendoci limitare, poi, al meccanismo anti-concezionale, ricordiamoci che “responsabilità” davanti alla sessualità non è affatto sinonimo di “contraccezione”, ma semmai è conoscenza della propria corporeità fertile e consapevolezza della sua bellezza: un tesoro da proteggere, da rispettare e da far rispettare, in vista della donazione totale di sé allo sposo o al Signore. Le nostre giovani, figlie, pazienti, fidanzate meritano qualcosa di più di una visione della sessualità come mera genitalità che conduce a considerare la maternità un’emergenza da risolvere con una “pillola”.
È arrivato il momento di rieducare noi stessi all’amore autentico a partire da quello incondizionato di Dio per noi: l’unica roccia su cui è possibile fondare una corretta antropologia della sessualità. Il Magistero ha sempre dato un alto valore alla corporeità, ritenendo che il corpo umano possiede un attributo “sponsale”, cioè la capacità di esprimere l’amore: quell’amore, appunto, nel quale l’uomo-persona diventa dono e — mediante questo dono — attua il senso stesso del suo essere ed esistere. Secondo la Chiesa, è proprio nella somaticità che l’uomo scopre i segni anticipatori, l’espressione e la promessa del dono di sé, in conformità con il sapiente disegno del Creatore: quello che rende possibile all’uomo di dare la vita e nel quale è racchiuso il segreto della felicità.
Pillola dei “5 giorni dopo”. Forum: scelta superficiale
Debora Donnini – Città del Vaticano
Anche il Forum delle Famiglie, oltre a diverse associazione e persone, si dice preoccupato dalla decisione dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, che ha tolto l’obbligo di ricetta medica, anche per le minorenni, per acquistare la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”, la EllaOne. Dall’Aifa si sottolinea che “al momento dell’acquisto in farmacia, il farmaco sarà accompagnato da un foglio informativo che ha lo scopo di promuovere una contraccezione informata ed efficace ed evitare un uso inappropriato della contraccezione di emergenza. In questa ottica, Aifa svilupperà presto un sito ad hoc, con informazioni e indicazioni approfondite sulla contraccezione”.
Si lascia ancora la donna sola
“Quest'autorizzazione è un'umiliazione per le donne: solo chi non ha mai vissuto sulla propria pelle la pesantezza di una scelta tanto delicata, fatta in preda al panico e alla paura delle conseguenze, può consentire una tale azione'', ha detto la vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Emma Ciccarelli. “Come Forum - spiega nell'intervista - la riteniamo una scelta superficiale e irresponsabile quella di lasciare libertà ad una ragazza di 13-14 anni di acquistare un farmaco che diventa da banco e non prendere in considerazione tutti gli effetti e le motivazioni per cui una ragazza arriva ad acquistare questo farmaco”. “Questo è una soluzione - prosegue - che umilia ancora di più il ruolo della donna perché la lascia ancora una volta sola di fronte a delle scelte”. Forti perplessità anche sul fronte della comprensione del gesto che si compie.
Il direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini, ha sottolineato che “si tratta di contraccezione di emergenza e che non è un farmaco da utilizzare regolarmente”. Da quando nel 2016 è stato tolto l’obbligo di ricetta per le maggiorenni, si è avuto in realtà un aumento dell’uso di EllaOne passando dalla vendita di 145.101 confezioni nel 2015 alle 260.139 nel 2018. “Sappiamo - afferma la Ciccarelli - che se interviene e viene preso dopo l'ovulazione non consente di annidarsi proprio all’embrione che si è già formato. Quindi con tutte le conseguenze che questo comporta. Secondo, si chiede che vengano seguite bene le istruzioni e si affida, quindi, la lettura delle istruzioni a delle minorenni".
La questione consapevolezza
"L'uso di questo farmaco in genere non è fatto sempre nella piena consapevolezza. Ma viene richiesto per motivi di paura, di timore. Quindi con un livello emotivo da parte dell'adolescente fortemente alterato, dominati da sentimenti di paura delle conseguenze, mentre prima la ricetta serviva perlomeno a consentire al medico di valutare lo stato di salute generale della ragazza e di vedere se vi erano conseguenze, problemi che la ragazza avrebbe potuto avere nell’assumere il farmaco dovuta al suo stato di salute. Oggi questo è completamente lasciato alla responsabilità di una minorenne. Questo non è ammissibile”.
Matrimonio: amore e ribellione contro il mondo moderno
In ogni tempo della storia e in ogni luogo del mondo Dio chiede agli uomini di compiere la sua volontà. Leggiamo straordinarie vite di santi che nel medioevo si mettevano in cammino con una bisaccia e un libro di preghiere e fondavano eremi sperduti sulle montagne, immaginiamo le morti eroiche dei crociati senza nome in difesa del Santo Sepolcro. Abbiamo studiato la storia di grandi uomini che si sono opposti con tenacia a qualunque rivoluzione minacciasse ciò che avevano di più caro, la loro Fede, e il richiamo di nomi come Vandea o Cristeros ci immergono in una dimensione senza confini, ci fanno sentire l’atavica nostalgia di una battaglia di cui proviamo orgoglio, senza aver imbracciato la spada. Persino i racconti di mio padre, che negli Anni 70 stava nel Fronte della Gioventù e faceva (quando andava bene) a sassate contro le bande comuniste della città, mi fanno brillare gli occhi. Tutti i cristiani hanno affrontato tempi bui, mondi spigolosi, si sono trovati a dover scegliere, a un certo punto della loro vita, da che parte stare, su quale linea combattere, e scelto lo schieramento, la lotta iniziava.
Non menzioniamo tutto ciò per cadere nel piagnisteo passatista in cui, ahimè, il mondo cattolico spesso incappa. Nulla è mai stato nero o bianco, non è sempre vero che si stava meglio quando si stava peggio. Le sfumature di grigio nel quale ci muoviamo oggi, spesso, esistevano in passato perché l’anima dell’uomo non è nera o bianca e i buoni non sono sempre su un fronte e i cattivi non sono sempre sull’altro. L’essere umano è una creatura complessa e, grazie a Dio, può essere salvato nonostante le sue infinite sfumature di colore. Se in passato fossimo stati così candidi come ce la raccontiamo oggi, la Provvidenza sarebbe andata in vacanza e lasciato il pio popolo di Dio a fabbricarsi un destino già scritto. Ma, grazie a Dio, non abbiamo niente da spartire Calvino e le sue teorie sulla predestinazione.
Cosa contraddistingue allora la nostra società liquida, da una società passata, che per quanto brutta, poteva considerarsi solida? Molti lo hanno spiegato, ci hanno illustrato con chiarezza cosa sia un mondo come quello attuale in cui non si può combattere su nessuna linea, perché l’abbiamo ormai superata. Ma cosa vuol dire?
Me lo sono chiesta spesso, senza capirlo, fino al giorno in cui ho deciso che mi sarei sposata, più o meno sei mesi fa. Vorrei poter raccontare un episodio idilliaco in cui io e il mio fidanzato, Luca, ci siamo messi a saltellare mano nella mano spensierati, ma non è la verità. La verità è che la sera in cui ho deciso di sposarmi piangevo come una disperata perché a Luca avevano rinnovato il contratto di lavoro solo per sei mesi ed essendo l’unico lavoratore della futura famiglia, pensare al matrimonio sarebbe stata una follia.
Eppure, quella sera, tra i singhiozzi, mi sono ricordata di una frase di Domenico Giuliotti “il poeta che è in te capirà, il borghese che è in te mi odierà e io aspetterò con pazienza che il primo dia lo sfratto al secondo”. Era quello il momento della scelta, era quello l’attimo in cui potevo decidere se sarei diventata una piccola borghese come migliaia di altri attorno a me, oppure mi sarei ribellata. Ho deciso di ribellarmi.
Ho vissuto una scelta così fisiologica, come il matrimonio a coronamento di un lungo fidanzamento, come un’investitura e mi sono sentita, per la prima volta nella mia vita, di aver iniziato anche io una battaglia.
Una battaglia, sì, pare assurdo. E nello stesso momento in cui ho capito questo, mi si è fatta chiarezza su molte cose. É proprio questo ciò in cui differisce la nostra società da quelle precedenti, per quanto decisamente non perfette e ideali: oggi ci vuole un gran coraggio per le scelte ordinarie e Dio ci chiama a essere i suoi beati folli ogni qualvolta compiamo un atto ordinario contro le logiche di un mondo che lo fa apparire insensato.
E come un tempo erano chiamati fanatici i Vandeani che difendevano la loro terra e la loro fede, oggi siamo chiamati fanatici, o quanto meno strani, io e mio marito che ci siamo sposati a venticinque anni con un lavoro precario, una casa arrivata dalle mani della Provvidenza, senza un’auto nostra e senza migliaia di euro sul conto corrente.
È sconcertante quanto appaia straordinario quel che una volta era ordinario, è sconcertante il fatto che mia nonna mi abbia detto “sai, una volta facevamo tutti così, era normale, ma oggi è tutto cambiato”. La fede dei cristiani viene messa alla prova in atti che non hanno nulla di eroico, e quel che a noi sembrano prove di fedeltà assoluta, fino a poche decine di anni fa, erano atti di fiducia scontata.
Per quanto possiamo sentirci speciali, eroici, nelle nostre scelte controcorrente, per quanto possiamo godere nel segreto di essere additati come fanatici, per quanto desideriamo vanitosamente abbracciare la croce con falsa modestia, se guardiamo con occhio attento, ci accorgiamo che non ci ha sfiorato nemmeno una scheggia di quella croce e che di eroico non abbiamo proprio nulla. E chiunque sappia cogliere tutto ciò, lodi Dio e la consideri una grazia.
I cristiani oggi, direi, hanno il compito di ribellarsi senza parlare, senza schierarsi, senza inalberare bandiere, senza inorgoglirsi. Si tratta di una finissima forma di ascesi, quasi monacale, che nel silenzio dei nostri mondi piccoli, ci accompagna giorno dopo giorno, ora dopo ora e che ripara alla nostra fede, così piccola, con atti di amore gratuito e fiducia in Dio.
La retorica della riparazione dei peccati altrui, mi pare, nel nostro mondo non ha senso. Giorno dopo giorno devo riparare le pecche della mia poca fede, che mi ha fatto disperare dell’aiuto di Dio. Ogni mattina in cui scendo dal letto devo baciare le icone e chiedere perdono per l’orgoglio di tutto ciò che mi pare eroico, ma non lo è. Dobbiamo ricostruirci da capo, scacciando il borghese che bussa alla nostra porta, che ci vorrebbe portare dove tutto è calcolato, tutto è quantificabile, tutto è sicuro, tutto è visibile. Non sventoliamo troppo bandiere di cui non siamo degni. La lotta non è fuori dalla porta di casa: è dentro di noi.
Chiara Gnocchi Ottobre 12, 2020
https://www.ricognizioni.it/matrimonio-amore-e-ribellione-contro-il-mondo-moderno/
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