Devozione al S. Rosario
ISTRUZIONE
L'amore alla recita del S. Rosario è il termometro spirituale della nostra pietà. Il Rosario è una corda tesa fra la terra e il cielo, che non lascia si perda colui che vi è aggrappato.
Il Rosario è il catechismo degli analfabeti, è il libro dei ciechi e dei malati, è il custode della virtù dei giovani, è il consolatore dei vecchi, è il riposo del lavoratore, è il compagno di chi viaggia, è lo scudo di chi combatte, è il parafulmine dell'anima e della famiglia.
Il Rosario ci sosterrà in vita, ci conforterà in morte, onorerà la nostra bara, ci seguirà nel sepolcro per trasformarsi poi in una gioiosa corona che cingerà il nostro capo risorto per tutta l'eternità.
Recita il Rosario ogni giorno. Recitalo con raccoglimento, devozione e amore; per te, per i tuoi; per i vivi e per i morti; di giorno e di notte; in casa e fuori; da solo e meglio ancora in comune.
Recita il Rosario, vivine i misteri, fattene apostolo.
Incorona ogni giorno la tua Regina con questa corona di mistiche rose; ti assicurerai così una corona di gloria con cui Maria ti coronerà in cielo.
Ama anche la tua corona e portala sempre con te.
LE 15 PROMESSE DELLA MADONNA DEL ROSARIO
I devoti del mio Rosario:
1. Riceveranno grazie speciali
2. Avranno la mia specialissima protezione
3. Il Rosario sarà armatura potentissima contro l'inferno, il peccato e abbatterà le eresie
4. Farà rifiorire le virtù, farà conseguire le più copiose misericordie di Dio. Trarrà i cuori dall'amor vano del mondo all'amor di Dio e al desiderio delle cose eterne. Oh, quante anime si santificheranno con questa devozione!
5. L'anima che a me si raccomanda col Rosario non perirà
6. Chi lo reciterà devotamente meditando i Misteri, non sarà oppresso da disgrazia, non sarà punito dalla giustizia di Dio, non perirà di morte improvvisa: ma se peccatore si convertirà, se giusto persevererà e sarà fatto degno della vita eterna
7. I veri devoti del Rosario non morranno senza Sacramenti
8. In vita e in morte avranno il lume e la sicurezza della grazia, e saranno ammessi a partecipare ai meriti dei beati del Paradiso
9. Ogni giorno libero dal Purgatorio i devoti del mio Rosario
10. I veri figli del mio Rosario avranno grande gloria in cielo
11. Otterranno tutto ciò che domanderanno con esso
12. Coloro che propagano il mio Rosario saranno da me soccorsi in ogni loro necessità
13. Ho impetrato che tutti gli iscritti alla Confraternita del S. Rosario abbiano per confratelli tutta la corte celeste in vita e in morte
14. I devoti del mio Rosario sono miei figli e fratelli di Gesù, mio Unigenito
15. La devozione al mio Rosario è un gran segno di predestinazione.
INDULGENZE DEL ROSARIO
1. Indulgenze parziali per tutti annesse alla preghiera anche senza corona: 5 anni toties quoties – 7 anni in ottobre – 10 anni detto in famiglia o in comune.
A queste si possono accumulare le indulgenze:
a) dei Crocigeri: 500 giorni ogni Pater e Ave.
b)dei Domenicani: 100 giorni per ogni Pater e Ave durante il Rosario e meditando i misteri. Quindi per ogni Pater e Ave: 600 giorni per il solo uso della corona benedetta.
N.B: è stata sospesa l'Indulgenza di 100 anni per che portava indosso la corona e quella di 5 anni per la pronuncia del nome di Gesù nell'Ave Maria.
2. Indulgenze Plenarie:
a) per il Rosario in famiglia recitato ogni giorno della settimana. Indulgenza plenaria ogni sabato, in tutte le feste universali della Madonna e due volte per settimana (condizioni: Comunione e Confessione). - A chi lo recita per un mese: altre due indulgenze plenarie. Si richiede per queste la visita alla Chiesa.
b) per la recita individuale. Indulgenza plenaria mensile. Inoltre Indulgenza plenaria nella festa del Rosario e durante l'Ottava (ci vuole la visita) e nei 15 sabati o domeniche di Pompei.
c) per la recita in comune. Indulgenza plenaria all'ultima domenica del mese per che lo recita almeno tre volte per settimana.
d) per la recita davanti al SS. esposto o chiuso nel Tabernacolo. Plenaria toties quoties alle condizioni di aver fatto Confessione e Comunione e meditazione dei misteri. Non è necessario uscir di chiesa, né pregare per il S.Padre, né usare la corona.
AGEVOLAZIONI E PRECISAZIONI
1. Le decine si possono separare purché siano dette tutte e 5 entro il giorno. Non si perdono quindi le indulgenze intercalando dopo il Gloria, giaculatorie, canti o altre preghiere o occupazioni anche profane.
2. Le indulgenze annesse alla corona per la benedizione dei Crocigeri e dei Domenicani si acquistano ugualmente quando non si può comodamente tenere in mano la corona. Basta averla indosso.
3. Per il Rosario in comune basta che uno solo abbia la corona benedetta e, se ha le mani impegnate, basta che la tenga indosso.
4. Per contare le Ave Maria sul lavoro o in viaggio si può usare il Rosario o Anello basco o degli Scout, a cui però non sono annesse le indulgenze della corona. Si acquistano se si ha la corona indosso.
5. Si può recitare in latino, in italiano e in dialetto.
6. Le indulgenze del Crocigeri e dei Domenicani sono cumulabili, cioè si acquistano con un'unica recita. Per le indulgenze dei Domenicani è necessario la meditazione dei misteri, per quella dei Crocigeri no, anzi si acquistano recitando separatamente il Pater e l'Ave.
7. L'assegnazione dei misteri ai diversi giorni è solo di consiglio, quindi si può per esempio nel periodo natalizio arrestarsi più sovente sui misteri gaudiosi, nel tempo di Passione sui dolorosi, e in quello Pasquale sui gloriosi. Nella recita in comune si devono meditare i misteri enunciati.
8. Non è necessaria l'esposizione dei misteri, ma è sufficiente la meditazione anche breve di essi. Nella recita in comune è necessaria l'enunciazione dei misteri.
9. Non appartengono all'essenza del Rosario e quindi si possono omettere senza detrimento dalle indulgenze: le Litanie, il Gloria (a cui si può sostituire o aggiungere il Requiem), la giaculatoria “Lodato sempre sia...”, le Tre Ave finali, la Salve Regina. Non è necessario il Pater secondo le intenzioni del Papa.
10. L'uso della Corona è solo necessario per l'acquisto delle indulgenze annesse alla benedizione propria di alcuni ordini.
11. Non acquistano le indulgenze le corone troppo fragili (per esempio quelle di vetro vuoto o legate con filo troppo debole) onde evitare profanazione di oggetto benedetto. Quelle di pietra, di plastica o anche di vetro solido e ben legate si possono benedire.
12. Perdono le indulgenze solo quando le corone sono vendute o spezzate in modo da perdere la primitiva forma. Si possono sostituire alcuni grani rotti e successivamente anche tutti.
13. La benedizione si dà con un semplice segno di croce. Per la benedizione dei Domenicani ci vuole la formula apposta. Per la formula breve però non è necessaria la cotta e la stola.
14. Il Rosario recitato alla Radio è valido per le indulgenze quando è trasmesso direttamente, non per registrazione. L'aggiunta all'Ave Maria di “Madre nostra” dopo “Madre di Dio” è stata lanciata da varie riviste nel 1952. sembra che usata privatamente non faccia perdere le indulgenze. In alcune diocesi della Germania è stata concessa all'Ave Maria dopo “Gesù” l'aggiunta di una o più parole riferentesi al mistero meditato.
15. Nella recita in comune è bene non aggiungere troppe code, neppure il Pater per il Papa, che non è richiesto.
Tratto dal libro Un segreto di felicità
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=2571
Lepanto, quando i cristiani si unirono per sconfiggere la flotta turca
La vittoria della Lega Santa contro l'Impero ottomano il 7 ottobre 1571 non ebbe particolari conseguenze politiche. Ma rimarrà per sempre scolpita nella Storia come momento di unità della civiltà cristiana contro l'Impero ottomano
La vittoria della Lega Santa contro l'Impero ottomano il 7 ottobre 1571 non ebbe particolari conseguenze politiche. Ma rimarrà per sempre scolpita nella Storia come momento di unità della civiltà cristiana contro l'Impero ottomano
Lepanto, alba del 7 ottobre del 1571, ingresso del Golfo di Patrasso. 208 galere, sei galeazze e 30 legni ausiliari della Lega Santa si trovano di fronte alle 280 navi della flotta ottomana alla fondo davanti Patrasso. 84mila cristiani (con i loro 1815 cannoni) e 88mila uomini dell'esercito ottomano si sfidano per quella che sta per diventare la più famosa battaglia tra le forze turche e quelle dell'Europa.
Il vento soffia alle spalle della flotta ottomana che inizia il suo rumore di morte. I musulmani guidati da Alì Pascià iniziano a suonare tamburi e flauti, provocando un caos assordante. La flotta cristiana, guidata da Don Giovanni d'Austria, attende in silenzio disposta sulla linea di fronte con le navi distante meno di 150 metri l'una dall'altra.
La flotta della Lega Santa forma quasi una croce: al centro il comandante con la nave ammiraglia, la Real. Al suo fianco la nave del veneziano Sebastiano Venier. Poi le ammiraglie dei vari comandanti degli Stati europei richiamati dal Papa a fermare le scorrerie turche. Marcantonio Colonna guida la flotta pontificia, Ettore Spinola sulla nave ammiraglia di Genova, Provana di Leynì alla testa della flotta dei Savoia. Poi un altro gruppo di navi guidato dal genovese Gian Andrea Doria composto dai volontari di tutta Europa. La flotta turca si dispone a mezzaluna, a simboleggiare lo scontro con la cristianità europea. Al centro Ali Pascià con la sua "Sultana" sui cui svetta il vessillo enorme con inciso in caratteri d'oro il nome di Allah per 28.900 volte. Alla sua sinistra, 65 galere guidate da un rinnegato cristiano, Ulugh Alì, passato alla storia come "Occhiali". A destra le 53 galere di Maometto Scirocco.
La battaglia inizia con una prima mossa fatta da Giovanni d'Austria. Il comandante della Lega Santa invia verso i turchi sei galeazze veneziane. Le navi mandate in avanscoperta sono impossibili da abbordare ma riescono nell'intento di provocare Alì Pascià, che scaglia tutta la sua flotta contro quella della Lega Santa. Appena i legni ottomani arrivano a distanza del tiro dei cannoni cristiani, la flotta guidata da Giovanni d'Austria riceve un ordine: ammainare tutte le bandiere. Le navi ora sono tutte uguali, senza differenza di origine. Dalla Real si alza solo il grande stendardo con il Crocifisso offerto da Pio V. Le altre navi issano le croci mentre i cappellani a bordo delle navi confessano gli uomini pronti a una battaglia all'ultimo sangue con i nemici turchi.
Dopo la trappola ordita da don Giovanni, parte la manovra di Doria. Una mossa che molti ritengono ancora frutto di un paura, per altri invece simbolo di genio militare. L'ammiraglio genovese si allarga come per far finita di defilarsi dal luogo dello scontro. Il comandante ottomano lancia un colpo di cannone, ma gli risponde don Giovanni d'Austria. Lo spagnolo ingaggia così lo scontro con il suo omologo turco mentre Uluc Alì, il rinnegato, si dirige verso Doria che ha aperto un varco tra il centro della flotta cristiana e il suo corno destro. Dall'altra parte dello schieramento, Mehmet Shoraq prova a spezzare la flotta cristiana incuneandosi tra la costa greca e le navi di Antonio Barbarigo. Il veneziano risponde con una contromanovra da manuale che gli costa la vita, ma che riesce a distruggere l'intera flotta di Scirocco che viene poi catturato. Alcuni narrano che saranno i rematori cristiani a ribellarsi contro i loro aguzzini turchi per poi regalare la vittoria ai veneziani.
L'ala destra degli ottomani cede di fronte all'avanzata di Barbarigo. A sinistra Occhiali avanza verso le galere dell'Ordine di Malta mentre al centro infuria la battaglia tra l'ammiraglia di Pascià e quella di don Giovanni che si speronano in una conflitto leggendario. Tutte le navi che circondano i due comandanti si scagliano per difendere o la Real o la Sultana. I giannizzeri provano ad abbordare l'ammiraglia spagnola ma senza riuscirci. Venier e Colonna sono alle prese con altre galere turche ma lasciano lo scontro per andare a soccorrere don Giovanni d'Austria protetto ora solo dalla riserva guidata dal Marchese di Santa Cruz. Nel frattempo la nave di Ali Pascià viene presa d'assalto e infine abbordata. Sono due galee toscane a riuscire nell'agguato contro l'ammiraglio turco, la Capitana e la Grifona. Gli uomini avvistano il corpo dell'ammiraglio turco e espongono la sua testa sull'albero maestro della Real. Alle quattro del pomeriggio, gli ottomani nelle acque di Lepanto alzano gli occhi e vedono il loro comandante decapitato. E il terrore di finire come lui ha la meglio sul coraggio. Il blocco centrale della flotta ottomana è spezzato. Senza più Alì e senza Shoraq, resta Uluch Alì, che sceglie di ripiegare con le navi superstiti per evitare la fine totale dell'intera squadra navale turca a Lepanto.
Cosa ha significato Lepanto per la marina
La battaglia di Lepanto ha avuto un significato enorme per la storia dell'Europa e del mondo intero. Da un punto di vista tecnico, la vittoria della flotta cristiana sancisce l'ultima grande battaglia dal profilo ancora medioevale, combattute con le navi spinte dai rematori. Da quel momento furono preferite navi tondeggianti a propulsione velica. I cannoni, determinanti a Lepanto, divennero la componente essenziale delle navi da battaglie, tanto da cambiare anche la stessa ingegneria navale. I marinai, che fino a quel momento erano liberi salariati, debitori, prigionieri e schiavi condannati a vogare per il resto della loro vita, divennero esperti sia nell’uso delle armi da fuoco sia nelle manovre, dei veri e propri professionisti del settore.
Come è cambiata la Storia
Le conseguenze politiche, almeno nel breve termine, non furono comprese. La vittoria di Lepanto avrebbe potuto portare frutti ben maggiori alla Lega Santa, visto che i turchi non erano in grado di difendere Cipro se solo le potenze cristiane avessero voluto colpire il già ferito sultano. Ma come spesso accaduto nella storia dell'Europa, a prevalere furono le invidie e le ostilità in seno alle potenze. La Lega Santa non ebbe più la forza né la spinta propulsiva per sconfiggere gli ottomani né aveva più quel furore che portò alla vittoria di Lepanto, e l'alleanza si sciolse. I turchi siglarono pochi anni dopo una pace con i veneziani che permise la riconquista di Tunisi e di imporre la presenza turca nei Balcani e un secolo dopo Creta cadde definitivamente sotto Costantinopoli.
La vittoria di Lepanto, insomma, fu un momento epocale per l'Europa non tanto dal punto di vista strategico, quanto per ciò che rappresentò negli anni a venire. L'espansione turca non si arrestò del tutto ma subì un primo grande colpo. Per la prima volta dopo secoli le potenze cristiane conobbero un'alleanza in grado di difendere tutto il continente da un nemico comune. E nell'immagiunario colletivo la battaglia davanti alle coste greche rimase per sempre il simbolo del sollievo contro la minaccia del terrore.
Si narra che il Papa, saputo della vittoria, si sciolse in lacrime di gioia. Altri ancora dicono che il pontefice ebbe una visione proprio a mezzogiorno del 7 ottobre dicendo di far suonare le campane delle chiese di Roma. In tutte le capitali europee si intonarono canti e preghiere. Gli eroi veneziani divennero simboli della grande potenza navale della Serenissima. E gli italiani, per la prima volta, videro una parvenza di unità sul campo di battaglia. Lo stendardo issato sulla Real venne poi portato a Gaeta da Marcantonio Colonna per sciogliere definitivamente il voto con cui volle ottenere la protezione dell'impresa.
È all’inizio del secondo millennio che nasce il Salterio mariano che poi diventerà il rosario, si trattava di una pratica suggerita inizialmente ai monaci illetterati per sostituire i 150 salmi con altrettanti Pater e Ave. La diffusione di questa pratica devozionale avviene poi soprattutto grazie all’ordine di frati fondato da san Domenico di Guzman (1170-1221), i domenicani, che svilupperanno la pia pratica sempre nel contesto di «auxilium» o «arma della fede».
Via via nel tempo si aggiungerà la seconda parte dell’Ave (quella che inizia con «Santa Maria…»), la recita del Gloria al termine della decina e poi i cosiddetti misteri da meditare che rievocano episodi evangelici fondamentali. Fu il Papa della battaglia di Lepanto, san Pio V, a stabilire una prima forma stabile del rosario nel 1569, due anni dopo lo stesso Papa chiese al popolo cristiano di pregare con il rosario per chiedere la liberazione dalla minaccia turco-ottomana. La flotta cristiana vinse il 7 ottobre 1579: tale vittoria, scrisse due mesi dopo san Pio V, «a noi procurata da Dio» mai deve «cadere in dimenticanza». Nonostante tutte le incrostazioni di modernità fuori e dentro la chiesa resta quel dato storico di come il popolo di Dio ottenne salvezza “fisica” attraverso la Vergine invocata con il Rosario, un fatto che la chiesa stessa ha in qualche modo ratificato proprio istituendo la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre.
Nel dossier la storia di padre Donald Calloway che racconta al Timone come è stato liberato da dipendenze, crimine e peccato attraverso l’incontro con delle signore anziane che pregavano il rosario. Quindi Elisabetta Sala scava tra storia e attualità, da san Domenico ai rosari su instagram, e scopre che questa preghiera entra nella vita di tutti e della nazioni. Federico Catani ci porta a Fatima, per ricordare l’apparizione mariana che ci ha richiamato alla penitenza e alla preghiera, ma anche allo scongiurare che gli «errori della Russia» fossero sparsi per il mondo. Infine il direttore Lorenzo Bertocchi intervista il priore del Santuario di Fontanellato (Pr): «Tutta la preghiera, Rosario compreso, è anche e sempre una richiesta a Dio di raddrizzare le curve storte della storia», dice padre Riccardo Barile.
https://www.iltimone.org/articoli-riviste/sgranando-la-corona-si-la-storia/
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