Rapporto McCarrick, tanti dettagli ma il mistero resta
Il rapporto pubblicato ieri dalla Segreteria di Stato vaticana ricostruisce la straordinaria carriera ecclesiastica dell'ex cardinale McCarrick, ridotto nel 2019 allo stato laicale dopo una vita da predatore sessuale. La svolta nel 2000 con la promozione ad arcivescovo di Washington, decisa da Giovanni Paolo II malgrado il parere contrario di nunziatura e Congregazione per i Vescovi: il Papa fu forse ingannato ma il mistero su quella decisione resta. Accuse all'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti monsignor Carlo Maria Viganò, dal cui dossier dell'agosto 2018 originò il caso McCarrick, con le accuse a papa Francesco di averlo coperto. E Viganò risponde sdegnato per «il tentativo di gettare discredito sulla mia persona».
Bill Clinton premia l'allora vescovo McCarrick per la sua difesa dei diritti umani
Un testo di 447 pagine che arriva come un pugno nello stomaco al lettore cattolico. Il rapporto su McCarrick, inizialmente atteso per la fine del 2019, è stato pubblicato ieri dalla Segreteria di Stato. In una dichiarazione di presentazione, il cardinale Pietro Parolin ha spiegato che "l'investigazione (...) ha richiesto due anni di lavoro e ora che il testo è reso di pubblico dominio si comprenderà il perché di questo tempo non breve", invitando "chiunque cerchi risposte" a "leggere interamente il documento e non illudersi di trovare la verità in una parte piuttosto che un’altra".
Il dossier, raccogliendo documenti e testimonianze, tratteggia una storia sbagliata lunga troppi anni, disseminata di sottovalutazioni, omertà e complicità che hanno contribuito a gettare discredito sulla Chiesa. L'indagine ripercorre l'ascesa e la caduta dell'ex potentissimo cardinale americano finito spretato nel febbraio del 2019 con l'accusa più infamante, quella di pedofilia, sebbene - come conferma il report - questa non fosse l'unica macchia sulla sua persona.
Le prime segnalazioni preoccupanti sul conto di McCarrick reperite nella documentazione conservata negli archivi risalgono agli anni 1992 e 1993. Una serie di lettere senza firma inviate alla Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici e all'arcivescovo di New York O'Connor accusavano l'allora arcivescovo di Newark di condotte improprie con quelli che chiamava "nipoti", in realtà seminaristi o giovani conoscenti invitati a condividere "il letto in canoniche e motel". L'anonimo mittente, quasi profeticamente alla luce dei successivi sviluppi, lanciava l'allarme sul rischio che "la divulgazione pubblica di questo abominio così come la continua inattività e apatia della Chiesa nel trattare con il sacerdote pedofilo faranno infuriare un laicato già arrabbiato e distruggeranno completamente il morale dei nostri sacerdoti già sotto assedio".
In quei primi anni Novanta, dunque, le autorità ecclesiastiche del Paese vennero per la prima volta a conoscenza delle "voci" riguardanti la condotta di McCarrick e che da allora non avrebbero più smesso di circolare sugli inviti nella casa al mare di Sea Girt di proprietà della diocesi. Qui, come largamente riportato nei documenti e nelle testimonianze finite nel rapporto, McCarrick sarebbe stato solito invitare gruppi di cinque seminaristi a volta pur disponendo soltanto di cinque letti; l'ospite senza letto veniva esortato a dormire insieme all'allora vescovo. Un comportamento ammesso e giustificato dall'autore come semplicemente "imprudente" ma che successivamente si sarebbe arricchito di ulteriori accuse, comprese quelle di abusi sessuali, finché nel giugno del 2017 dall'Independent Reconciliation and Compensation Program sarebbe emersa anche quella di molestie su un minorenne identificato.
La condotta impropria di McCarrick finì per la prima volta sotto la lente di un'alta autorità ecclesiastica tra la fine del 1993 e l'inizio del 1994, in occasione della pianificazione di una visita apostolica di Giovanni Paolo II negli States. McCarrick, già all'epoca formidabile a costruirsi una rete di relazioni politiche, militari ed ecclesiali, premette per avere una tappa del pontefice nella 'sua' Newark. Per valutarne l'opportunità, il cardinale O'Connor iniziò una verifica sull'allora arcivescovo di Newark. Nonostante il via libera alla sosta papale che si sarebbe poi realizzata l'anno successivo, quella dell'allora arcivescovo di New York è una delle figure che esce meglio dal rapporto della Segreteria di Stato.
Pur avendo dato il placet per la sua nomina a Newark negli anni Ottanta in qualità di membro della Congregazione per i Vescovi, dopo le lettere anonime e la confessione resa a due psicologi da un sacerdote - a sua volta colpevole di un abuso su due adolescenti - che accusava McCarrick di averlo aggredito sessualmente a New York City, O' Connor cominciò a maturare più di una perplessità e bocciò un candidato all'episcopato in quanto troppo vicino all'allora arcivescovo di Newark.
Sempre ad O'Connor si deve uno dei documenti più importanti del report pubblicato ieri e che contribuiscono a rendere più inquietante la carriera ecclesiastica dell'ex porporato. Nel 1999, infatti, il nuovo nunzio apostolico negli Usa, monsignor Montalvo, chiese un parere all'allora arcivescovo di New York, ormai molto malato, in merito all'eventualità di una successione targata McCarrick, sponsorizzata da altri vescovi. O'Connor, reduce da un'operazione chirurgica, non si tirò indietro e mise per iscritto, all'interno di una lunga lettera, sei eventi riferitigli da "autorità assolutamente impeccabili" che rimarcavano i comportamenti inappropriati del candidato e che gli rendevano un "grave obbligo raccomandare alle autorità superiori, incluso il nostro Santo Padre personalmente, di non procedere ad una simile nomina".
Due anni prima il parere negativo di O'Connor era stato decisivo per sbarrare a McCarrick la strada di Chicago con la Congregazione per i vescovi già consapevole nel 1997 che "nei suoi riguardi è affiorata una voce meno rassicurante". La lettera di O'Connor, così circostanziata e con i riferimenti di alcune fonti disponibili a parlare come i due psicologi consultati dal sacerdote accusatore, venne presa in seria considerazione dal nunzio apostolico che ne parlò alla Congregazione per i vescovi, condividendone il giudizio finale. Dal report, però, si apprende che l'allora l'allora Sostituto "su istruzione di Papa Giovanni Paolo II, richiese che l’Arcivescovo Cacciavillan fornisse il suo parere". Cacciavillan, che era stato fino a poco tempo prima nunzio apostolico negli States e stimava McCarrick, 'smontò' le argomentazioni della lettera dell'allora arcivescovo di New York, contraddicendo il parere del suo successore.
Montalvo, una volta nominato il successore di O'Connor e 'scampato il pericolo', proseguì la sua indagine che concluse sostenendo che sarebbe stato "imprudente considerare McCarrick per responsabilità più importanti nella Chiesa". Persa New York, infatti, il suo nome tornò in gioco per Washington, nonostante l'opposizione del nunzio apostolico e del Prefetto della Congregazione per i Vescovi, l'allora monsignor Re, convinto che quella promozione potesse risollevare accuse che all'epoca riteneva "dimenticate e ormai appartenenti al passato".
La nomina ad arcivescovo di Washington è uno degli aspetti più misteriosi della vicenda ricostruita dal rapporto perché nonostante l'ostilità della nunziatura e del dicastero, McCarrick riuscì a spuntarla, evitandosi persino l'onere della richiesta del nulla osta alla Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dal cardinal Ratzinger e che forse sarebbe stata poco propensa a concederla se messa a conoscenza delle "voci" sul suo conto. Secondo un officiale consultato nel report, “era la prima volta" che avveniva una simile eccezione.
La chiave del mistero, sembrerebbe di capire dal rapporto, risiederebbe nella lettera personale che l'allora arcivescovo di Newark scrisse a monsignor Stanisław Dziwisz, segretario particolare di Papa Giovanni Paolo II. Una lettera in cui McCarrick ammise di aver "commesso errori" ma si difese, sostenendo che in "settanta anni della mia vita" non aveva mai avuto "rapporti sessuali con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico".
Nella lettera, McCarrick fece anche accenno al parere negativo espresso sulla sua eventuale nomina a New York dal cardinal O'Connor prima di morire. Un altro mistero: trattandosi di una missiva riservata inviata al nunzio Montalvo e che poi quest'ultimo inviò soltanto alla Congregazione per i vescovi, come faceva ad essere nota all'allora arcivescovo di Newark, diretto interessato dell'indagine? Dopo la lettera a Dziwisz, sebbene McCarrick non entri nel merito delle accuse e si limiti a dare la sua parola sulla condotta, sembra che in Curia caddero le perplessità, tant'è che l'allora monsignor Re, pur precedentemente contrario, scrisse - a proposito dell'inserimento del nome dell'americano nella terna di candidati da sottoporre al Papa - di avere "ora la certezza che le accuse sono false".
Nel 2008 lo stesso Re inviò al nunzio apostolico negli States, monsignor Sambi, la lettera di McCarrick a Dziwisz per "illuminare" quello che il diplomatico - all'oscuro di quanto avvenuto otto anni prima e perplesso sulla nomina - aveva appunto definito "mistero" in una precedente missiva. Il pontificato di Benedetto XVI segnò una battuta d'arresto nella carriera di McCarrick, costretto alle dimissioni nel 2006 dopo che, nell'ambito di un'istanza, alla Congregazione per la Dottrina della Fede pervennero le testimonianze e le relazioni psicologiche del sacerdote suo accusatore.
Dal report emerge come il pensionamento dell'ex porporato non fu affatto facile al punto, poi, da portare - mentre affioravano nuovi particolari sulle accuse - a quelle che nel documento vengono definite "indicazioni verbali" e che in un estenuante scambio epistolare con il prefetto Re e con il nunzio Sambi cercò in ogni modo di sabotare, rifiutandosi di condurre "una vita riservata e di preghiera" - secondo la linea approvata da Benedetto XVI - e ritardando il trasferimento dal Seminario neo-catecumenale in cui si era stabilito e in cui il responsabile aveva definito il suo comportamento verso i seminaristi "appiccicoso".
Forte della sua rete di relazioni internazionali creata negli anni precedenti e del credito conquistato in determinati ambienti politici (a proposito di un invito rivoltogli nel 2008 dall'allora team di transizione del presidente eletto Obama, l'ex porporato rivela di aver parlato al telefono con Joe Biden che definisce "amico"), McCarrick, pur promettendo obbedienza, continuò a fare viaggi all'estero nonostante la contrarietà manifestatagli in più lettere e anche incontri privati dal prefetto della Congregazione dei Vescovi, il cardinale Re. Nel 2008, lo stesso Benedetto XVI ebbe modo di lamentarsi per quest'atteggiamento - nei modi cordiali che gli sono consoni - rivolgendogli al termine di un'udienza generale un inequivocabile: "Stai ancora viaggiando molto!".
Nella parte finale, quella relativa agli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI e a quelli iniziali di Francesco, il rapporto sembra concentrarsi molto a smentire la ricostruzione fatta nel suo memoriale da monsignor Carlo Maria Viganò, nunzio apostolico negli Usa dal 2011 al 2016. Relativamente al periodo antecedente la sua nomina a nunzio, gli autori sottolineano nel report che "non risulta che l’Arcivescovo Viganò abbia ricevuto corrispondenza o sia stato coinvolto nel processo decisionale relativo a McCarrick".
Il 13 agosto 2012, Viganò scrisse al cardinale Ouellet, nuovo Prefetto della Congregazione per i Vescovi, allegando una lettera arrivatagli da un altro sacerdote che denunciava di essere stato aggredito sessualmente da McCarrick e chiedendo istruzioni sul da farsi dal momento che l'ammonizione inflittagli in precedenza e ripetutamente da Re sulle apparizioni pubbliche era rimasta "lettera morta". Il porporato canadese rispose esortandolo ad organizzare un colloquio con l'arcivescovo emerito di Washington "presentandogli questa nuova accusa contro di lui, ribadendo al Cardinale McCarrick, per il suo bene e per il bene della Chiesa, le precedenti indicazioni di questo Dicastero: condurre una vita più riservata di preghiera e non accettare impegni pubblici, né negli Stati Uniti, né all’estero, senza il previo ed esplicito permesso della Santa Sede".
Nel rapporto si sostiene che "nonostante le istruzioni", Viganò non contattò mai il prete accusatore né reiterò le "indicazioni" a McCarrick. Di fronte a questi rilievi non è tardata ad arrivare la risposta dell'ex nunzio apostolico negli States che in un comunicato diffuso ieri sera ha espresso il suo "sdegno nel vedere rivolte contro di me le medesime accuse di insabbiamento, quando ho più e più volte denunciato l’inazione della Santa Sede", sostenendo che "un commentatore scevro da pregiudizi potrebbe notare i tempi più che sospetti della pubblicazione, così come il tentativo di gettare discredito sulla mia persona, accusata di disobbedienza e di negligenza da coloro che hanno tutto l’interesse di delegittimare chi ha portato alla luce una rete di corruzione e immoralità senza pari".
Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/rapporto-mccarrick-tanti-dettagli-ma-il-mistero-resta
MCCARRICK, VIGANÒ, IL DOSSIER: SURREALE OPERA DI MISTIFICAZIONE
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, dopo oltre due anni il Vaticano ha pubblicato un dossier sul caso McCarrick. Ben volentieri ospitiamo queste poche righe di commento dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ha aperto il caso nell’agosto del 2018 con un memoriale sulle malefatte del porporato USA. Buona lettura.
§§§
È stato oggi reso noto il Rapporto ufficiale della Santa Sede relativo al caso McCarrick: prima di esprimermi in merito, mi riservo di analizzarne il contenuto.
Non posso tuttavia non rilevare la surreale operazione di mistificazione nei riguardi delle responsabilità nell’insabbiare gli scandali del deposto Cardinale americano, e allo stesso tempo non posso esimermi dall’esprimere il mio sdegno nel vedere rivolte contro di me le medesime accuse di insabbiamento, quando ho più e più volte denunciato l’inazione della Santa Sede dinanzi alla gravità delle accuse concernenti la condotta di McCarrick.
Un commentatore scevro da pregiudizi potrebbe notare i tempi più che sospetti della pubblicazione, così come il tentativo di gettare discredito sulla mia persona, accusata di disobbedienza e di negligenza da coloro che hanno tutto l’interesse di delegittimare chi ha portato alla luce una rete di corruzione e immoralità senza pari. La sfrontatezza e l’indole fraudolenta dimostrate in questa occasione avrebbero chiesto, a questo punto, di chiamare questa suggestiva ricostruzione dei fatti «Rapporto Viganò», risparmiando al lettore la spiacevole sorpresa di veder ancora una volta adulterata la realtà. Ma questo avrebbe richiesto onestà intellettuale, prima ancora che amore per la giustizia e per la verità.
A differenza di molti personaggi coinvolti in questa vicenda, non ho alcun motivo di temere che la verità possa contraddire le mie denunce, né sono in alcun modo ricattabile. Chi lancia accuse prive di fondamento con il solo scopo di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica avrà l’amara sorpresa di constatare che l’operazione condotta contro di me non sortirà alcun effetto, se non dar prova ulteriore della corruzione e della malafede di chi per troppo tempo ha taciuto, ha negato, ha volto lo sguardo altrove e oggi deve renderne conto. La fiction vaticana continua.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
10 Novembre 2020
11 Novembre 2020 9 Commenti
Cari amici di Duc in altum, dopo che il Vaticano ha diffuso ieri il “Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionale della Santa Sede riguardante l’ec cardinale Theodore Edgar McCarrick”, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto un primo commento a caldo, che per ora non entra nel merito dei contenuti del documento, ma denuncia una “operazione di mistificazione” circa le responsabilità degli insabbiamenti ed esprime “sdegno” per le accuse rivolte nei suoi confronti.
Ricordo che della vicenda McCarrick l’arcivescovo Viganò si occupa ampiamente nel suo libro Nell’ora della prova (Chorabooks) uscito pochi giorni fa e del quale ho parlato in questa presentazione, con la partecipazione di Ettore Gotti Tedeschi, Massimo Viglione e Aurelio Porfiri.
A.M.V.
estratto da:
https://www.aldomariavalli.it/2020/11/11/caso-mccarrick-dopo-luscita-del-rapporto-vaticano-vigano-commenta-mistificazioni-e-falsita-la-fiction-continua/
IL RAPPORTO
McCarrick, la lobby gay segna un altro punto a favore
Il rapporto McCarrick rivela una sostanziale tolleranza nei confronti della pratica omosessuale del clero, che viene copito solo se gli abusati sono minorenni. E ignora che la vicenda McCarrick è solo la punta dell'iceberg di un sistema di potere controllato dalla lobby gay.
Che si tratti di una operazione-verità, come è stata annunciata, oppure «una surreale operazione di mistificazione», come l’ha subito definita l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, non c’è dubbio che il Rapporto McCarrick presentato ieri in Vaticano sia destinato a sollevare più domande di quante siano le risposte che offre.
In attesa di ulteriori, specifici approfondimenti sulla vicenda dell’ex cardinale arcivescovo di Washington Theodore McCarrick, ci sono due questioni che saltano agli occhi, entrambe legate all’omosessualità: la prima è la tolleranza della pratica omosessuale, anche nel clero; la seconda è nell’occultamento dell’esistenza di una lobby gay e di un sistema che favorisce la “carriera” di ecclesiastici di tendenza.
Per quanto riguarda il primo punto, malgrado dal Rapporto emerga la figura di un McCarrick predatore seriale, la grande reazione scatta soltanto quando nel 2017 arriva la prima denuncia di abusi su un minorenne. E questo viene ben sottolineato in più punti del rapporto, ma è anche il dato su cui insiste il direttore della comunicazione vaticana Andrea Tornielli nel suo editoriale di presentazione del rapporto, pubblicato sul portale Vatican News. Dopo anni di voci, lettere anonime e accuse «non circostanziate» ma riferite a «comportamenti immorali con adulti» - ci spiega Tornielli – «tutto cambia con l’emergere della prima accusa di abuso su un minore. La risposta è immediata. Il provvedimento gravissimo e senza precedenti della dimissione dallo stato clericale arriva a conclusione di un rapido processo canonico».
In pratica ci si dice che i «comportamenti immorali con adulti» non sono certamente cosa buona però alla fin fine si tollerano; l’allarme vero, quello che prevede sanzioni anche pesanti scatta solo con la minore età dell’abusato. Come se le decine e decine di futuri preti che hanno condiviso il letto con McCarrick, e perciò in gran parte condannati a una vita sacerdotale come minimo squilibrata, non contassero granché. Come se la devastazione morale e di fede provocata da un vescovo predatore – vocazioni perdute, sacerdoti che a loro volta ripeteranno gli abusi, nomine episcopali falsate da legami morbosi – fossero un problema minore. Certo, le voci insistenti sconsigliavano la promozione di McCarrick a sedi prestigiose, ma la tagliola scatta solo quando fra gli accusatori compare un minorenne.
È un approccio gravissimo che ignora peraltro che il secondo crimine – abusi sui minori – è figlio del primo.
Quanto al secondo aspetto, la ricostruzione della vicenda McCarrick accredita l’idea che si tratti di una pagina nera per la Chiesa sì, ma comunque un episodio che grazie a tutte le misure prese soprattutto da papa Francesco più difficilmente potrà ricapitare. «Una vicenda triste dalla quale la Chiesa tutta ha imparato», dice Tornielli.
C’è da dubitarne, soprattutto perché si è volutamente ignorato che ciò che ha permesso l’irresistibile ascesa di McCarrick è un sistema di potere altrimenti denominato lobby gay, che favorisce la nomina e la carriera di vescovi con determinate caratteristiche. Dalla lettura del Rapporto pubblicato ieri si potrebbe pensare che il caso McCarrick sia il frutto di una sfortunata combinazione di fattori diversi: la personalità esuberante (per usare un eufemismo) del personaggio, la mancanza di regole chiare, la genericità delle accuse, l’errore in buona fede di un Papa, la debolezza di governo di un altro. Certo, anche questi sono elementi che hanno avuto il loro peso, ma il vero problema è che senza l’esistenza di una rete di rapporti e complicità a diversi livelli certe carriere sarebbero pressoché impossibili.
E questa rete non ha funzionato solo per McCarrick, anzi ci sono elementi che fanno ritenere che negli ultimi anni si sia addirittura rafforzata. Ricordiamo il caso del Cile nel 2018, con papa Francesco che ha dovuto arrendersi all’evidenza non prima di aver squalificato le vittime che accusavano vescovi e preti abusatori. Ricordiamo anche la misteriosa copertura in Vaticano offerta al vescovo argentino Zanchetta. Ricordiamo le denunce che inseguono il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del gruppo di lavoro dei cardinali che affiancano papa Francesco per la riforma della Curia («tutte calunnie», ha detto l’anno scorso il Papa), e il cui vescovo ausiliare Juan José Pineda ha dovuto dimettersi nel luglio 2018 per molestie sessuali nel seminario. E ricordiamo anche le “voci” che dalla natìa Puglia accompagnano la rapida ascesa dell’appena nominato cardinale Marcello Semeraro, che della sua attuale diocesi Albano ha fatto la capitale italiana dei cristiani Lgbt. E tornando a McCarrick non dimentichiamo che ci sono diversi vescovi americani nominati proprio grazie alla sponsorizzazione dell’ex cardinale.
E si potrebbe continuare. No, non c’è davvero un segnale che dalla vicenda McCarrick la Chiesa abbia imparato, c’è piuttosto la sensazione che si faccia pagare uno per poter continuare tranquillamente con gli altri. E nel frattempo fare avanzare l’idea che per un prete avere tendenze omosessuali non sia un problema.
Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/mccarrick-la-lobby-gay-segna-un-altro-punto-a-favore
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