ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 febbraio 2021

Deus non irridetur

Il degrado liturgico mette a repentaglio la fede stessa

    Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza, in Radio Roma Libera.

In questi giorni sono rimasto colpito da una lettera scritta da un religioso. L’autore, un domenicano, occupandosi del degrado liturgico imperante, scrive fra l’altro: “Non sono più gli atei, gli anticlericali, i liberi pensatori, i senza Dio quelli che vogliono a tutti i costi spogliare i fedeli di ciò che hanno di più prezioso; sono i vescovi che si dedicano a questo compito”.

La denuncia è molto forte. Nella lettera il religioso parla di “iniziative liturgiche anarchiche e profane” che “brulicano ovunque nelle nostre chiese e anche nelle nostre più venerabili cattedrali, con il consenso e talvolta la partecipazione di alcuni vescovi”. Eppure, sembra che per questi stessi vescovi il pericolo sia la Messa tridentina secondo il rito di san Pio V.

Scrive ancora l’autore della lettera: “Per chi ci prendono i nostri vescovi? Conosciamo i testi. Sappiamo che il nuovo messale di Paolo VI è semplicemente autorizzato, non imposto. Sappiamo che Paolo VI non ha mai vietato la celebrazione della Messa secondo il rito di San Pio V. Sappiamo che il Concilio, a sua volta, e lo stesso papa, hanno considerato il latino come lingua ufficiale della Chiesa”. Eppure, “al giorno d’oggi un sacerdote può prestare la sua chiesa a musulmani, buddisti, tibetani, patagoni, hippy, papuasici, ragazzi, ragazze, ambigui, ambivalenti, ambidestri, anfibi, ambulanti; ma, ahimè, se un prete infelice vuole celebrare lì la Messa per la quale quella stessa chiesa è stata costruita (dal popolo, non dai preti), e se il popolo vuole assistere alla stessa Messa che lì è stata celebrati per secoli, ecco che gli anatemi episcopali non mancheranno. E arriveranno dagli stessi vescovi che ci parlano di ecumenismo, pluralismo, tolleranza. Vescovi che nei confronti di tutti sono miele puro, ma solo contro di noi, fratelli nella fede e nel sacerdozio, tirano fuori gli artigli e diventano spietati”.

L’autore della lettera, come si vede, non manca di verve polemica, che diventa particolarmente graffiante quando sostiene che i vescovi e i sacerdoti noti per essere “tutto miele” verso chiunque chiudono le porte in faccia a un’unica categoria di persone: quei cattolici che vogliono restare fedeli all’antica liturgia.

Alla fine, il religioso scrive: “San Tommaso d’Aquino ci dice che l’Eucaristia è il bene comune della Chiesa cattolica. Quando questo bene comune viene distrutto, è tutta la Chiesa che si disintegra”.

Mi chiederete: perché sei rimasto tanto colpito da questa lettera? Perché, scritta dal domenicano francese Raymond-Leopold Bruckberger, apparve su Le Figaro il 24 gennaio 1975. Sì, avete capito bene: 1975. Pensate: quarantasei anni fa tutti i problemi che oggi viviamo, e che tanto spesso ci procurano amarezza, erano ben delineati ed evidenti agli occhi di chi era in grado di vedere.

Proprio mentre leggevo la lettera del padre Bruckberger, ne ho ricevuta una da una lettrice del mio blog Duc in altum. Una lettera dolente, intrisa di sconforto, che incomincia così: “Vorrei manifestare un disagio che mi prende ogni volta che vado alla Messa. Un disagio crescente, contro il quale cerco di combattere, ma con scarsi risultati. Fin da quando entro in chiesa non riesco a essere serena. Mi accorgo di troppe cose che non vanno. Mi dico che non dovrei giudicare, ma è più forte di me. Guardo Nostro Signore appeso in croce e gli chiedo: come puoi sopportare tanta trascuratezza, tanti abusi? Non è bastato voler aggiornare il Padre nostro. Ora i vescovi, sempre prontissimi a trascurare l’essenziale a favore del superfluo, si sono pure inventati il grottesco scambio di uno sguardo di pace. Qualcuno fa l’occhiolino, qualcuno si inchina (a Dio non ci si inchina mai, al vicino di panca sì). Tutta la scena ha un che di tragicomico. La Comunione distribuita rigorosamente sulla mano, e con il fedele in piedi, è il culmine dello sfacelo. Dopo la Messa me ne torno a casa incupita e con un senso di colpa a causa delle mie critiche, ma come si fa a non vedere?”.

Il padre Bruckberger, alla fine della sua riflessione, facendo riferimento al pensiero di Henri Bergson, il filosofo che il compianto Vittorio Mathieu definì “il grande rimosso della filosofia contemporanea”, osserva che riti e cerimonie senza dubbio emanano dalla fede, ma hanno anche un effetto su di essa. Riti e cerimonie possono consolidare la fede, ma se vengono sconvolti e pervertiti la fede rischia di essere distrutta.

Tuttavia, tranne rare eccezioni, i nostri pastori non vedono e non sentono. E, sempre misericordiosi e accoglienti con tutti, diventano improvvisamente duri e inflessibili verso chi si permette di ricordare che Deus non irridetur.

Aldo Maria Valli

https://www.aldomariavalli.it/2021/02/16/il-degrado-liturgico-mette-a-repentaglio-la-fede-stessa/

L’attacco a Dio – Danilo Quinto

Possiamo essere certi che la desolazione e l’empietà di questi nostri tempi – che preludono a tribolazioni ancora più grandi di quelle ora viviamo – saranno vinti dalla carità, perché, come dice san Paolo, «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».

Se c’immergessimo nella carità, che “si compiace della verità” e che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”, comprenderemmo bene quello che sta avvenendo. Realizzeremmo, in modo definitivo, che stiamo vivendo un castigo di Dio, perché anche noi, come gli abitanti di Sodoma e Gomorra, abbiamo “abbandonato il patto dell’Eterno” (Deuteronomio 29,25). Quel patto così descritto in Esodo 24: «Poi Dio disse a Mosè: “Sali verso il SIGNORE tu e Aaronne, Nadab e Abiu, e settanta degli anziani d’Israele e adorate da lontano; poi Mosè solo avanzerà verso il SIGNORE; ma gli altri non si avvicineranno e neppure il popolo salirà con lui”. Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del SIGNORE e tutte le leggi; e tutto il popolo rispose a una voce e disse: “Noi faremo tutte le cose che il SIGNORE ha dette”.

Mosè scrisse tutte le parole del SIGNORE. Poi si alzò la mattina presto e costruì ai piedi del monte un altare e dodici pietre per le dodici tribù d’Israele. Mandò dei giovani israeliti a offrire olocausti e a immolare tori come sacrifici di riconoscenza al SIGNORE. Mosè prese metà del sangue e la mise in catini; l’altra metà la sparse sull’altare. Poi prese il libro del patto e lo lesse in presenza del popolo, il quale disse: “Noi faremo tutto quello che il SIGNORE ha detto e ubbidiremo”. Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: “Ecco il sangue del patto che il SIGNORE ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole”».

L’ha abbandonato innanzitutto la Nuova Chiesa, nell’epilogo drammatico di questi ultimi otto anni, conseguenziale ad un’opera di distruzione del Cristianesimo che la Massoneria ha perseguito per secoli. L’ha abbandonato lo Stato, che si sta ora organizzando – con il Governo presieduto da Mario Draghi – a rendere conto dei suoi piani di isolamento, di distanziamento sociale delle persone e di stravolgimento di tutti gli assetti che conoscevamo della vita sociale ed economica, in risposta a quanto chiede l’elite globalista e tenendo presente la riunione di questa primavera di Davos, che avrà per titolo il “Grande Reset” e l'”agenda” che dovrà essere implementata entro il 2030.

C’è una convergenza agghiacciante tra Chiesa e Stato, in questa rottura del “patto con l’eterno”. Domenica 14 febbraio sono accaduti due fatti che, apparentemente divergenti, vanno entrambi in questa direzione.

Il primo fatto riguarda la Chiesa. Durante l’Angelus, commentando il passo del Vangelo che racconta l’incontro di Gesù con il lebbroso (Mc 1,40-45), Bergoglio ha affermato: «Dinanzi a tutto questo, Gesù ci annuncia che Dio non è un’idea o una dottrina astratta, ma Dio è Colui che si ‘contamina’ con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe. ‘Ma padre, cosa sta dicendo? Che Dio si contamina?’. Non lo dico io, lo ha detto San Paolo: si è fatto peccato (cfr 2 Cor 5,21). Lui che non è peccatore, che non può peccare, si è fatto peccato. Guarda come si è contaminato Dio per avvicinarsi a noi, per avere compassione e per far capire la sua tenerezza[PQ1] ».

L’attacco portato da Bergoglio è un attacco a Dio e non è la prima volta che lo fa. Fu ancora più chiaro il 15 giugno 2013, durante un’omelia a Santa Marta, quando disse: «E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta. E a lui piace, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberarci. Cristo si è fatto peccato per me e i peccati sono là, nel suo corpo, nel suo animo. Questo è da pazzi, ma è bello: è la verità. Questo lo scandalo della croce».

Sono sufficienti due riferimenti della Sacra Scrittura per confutare le affermazioni eretiche dell’inquilino di Santa Marta. Scrive l’Apostolo Giovanni (1Gv 3,5): «Voi sapete che egli (Gesù Cristo) è apparso per togliere i peccati e che in lui non v’è peccato». Scrive San Pietro: «A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime» (1Pt 2,21-25).

Il secondo fatto ha per protagonista lo Stato. Un consulente del confermato Ministro alla Salute, Walter Ricciardi, recentemente nominato membro della Pontificia Accademia per la vita (guarda un po’…) afferma la necessità di un lockdown totale, che preveda la chiusura di tutte le attività (comprese le scuole) e l’apertura dei soli servizi essenziali. Il giorno dopo, il CTS rilancia questa posizione. Da un anno, chi dovrebbe consigliare come salvare vite umane, indicando alla popolazione le cure da dare ai primi sintomi del virus (non la tachipirina, come consiglia il Ministero della Salute, ma anti-infiammatori, zitromicina, idrossiclorochina e, eventualmente, cortisone e eparina) o come potenziare i reparti di terapia intensiva (“collo di bottiglia” della situazione sanitaria) o come impedire che vengano cancellati centinaia di migliaia di screening e interventi urgenti per altre patologie o come attuare un piano vaccinale (quando ci sarà, tra qualche anno, un vaccino sicuro), propone il lockdown.

Non ci sono ragioni sanitarie per i lockdown. Mai è stato usato il lockdown per ragioni sanitarie. Neanche per il colera, la peste o la lebbra o la spagnola, che fece, all’inizio del secolo scorso, 100 milioni di morti nel mondo e durò 4 anni. La ragione del lockdown è solo politica. E’ l’arma “suprema” per operare il “Grande Reset”. Ed è un’arma che viene usata, in Italia e in tutto il mondo, contro l’uomo, contro tutte le sue libertà.

Quando la Chiesa falsifica la Parola di Dio, lo fa perché vuole eliminare Dio. Quando lo Stato toglie all’uomo la sua libertà, lo fa per la medesima ragione, perchè la libertà dell’uomo – anche quella di rimanere schiavo del “dispotismo di Stato” – è un dono di Dio.

Questa è la “convergenza” che stiamo vivendo. Una convergenza che ha un precedente. Quella del Golgota, quando potere civile e potere religioso si saldarono per crocifiggere il Figlio di Dio. Dio sta permettendo che il Male sviluppi tutta la sua terrificante potenza e il Male si sta preparando per il prossimo tempo pasquale, che inizia con il Mercoledì delle Ceneri, come fece per la Pasqua dell’anno scorso.

Il periodo di Quaresima prevede la preghiera, il digiuno e l’offerta di elemosina. Preghiamo, digiuniamo e usiamo la carità di cui siamo capaci perchè Dio fermi al più presto il Male che ci circonda, perché – come dice San Paolo – «La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà».

Cari amici, se volete acquistare il mio ultimo libro, “Il disegno del diavolo – Il virus e l’uomo che vuole fare a meno di Dio”, inviate una email a pasqualedanilo.quinto@gmail.com o un messaggio al 340.0727761.
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