NUOVA DISOBBEDIENZA
La guerra di Bose, l'ex priore Bianchi non se ne va
Avrebbe dovuto trasferirsi a Cellole, come da decreto del delegato pontificio, entro il 16 febbraio. Ma Enzo Bianchi, con un nuovo colpo di scena, non ha voluto lasciare Bose. Nella Comunità da lui fondata il clima rimane teso. “Una sofferenza infruttuosa”, scrivono i nuovi vertici. E l’ex membro Riccardo Larini (pro Bianchi) dà una versione dei motivi della frattura.
“Una sofferenza infruttuosa”. Questo è il titolo scelto dai vertici della Comunità di Bose per il comunicato che ha annunciato il rifiuto di Enzo Bianchi di trasferirsi alla Pieve di Cellole, a San Gimignano (Siena), come intimatogli dal decreto del delegato pontificio concordato con la Segreteria di Stato. L’ex priore, infatti, ha lasciato cadere l’ultimatum di padre Amedeo Cencini che gli aveva imposto di stabilirsi in Toscana entro e non oltre martedì 16 febbraio.
Per poter accogliere Bianchi, in ottemperanza alla separazione disposta dalla Santa Sede con decreto del 13 maggio 2020, la sede di Cellole aveva anche perso lo status di Fraternità della Comunità, costringendo due dei membri presenti a fare le valigie per trasferirsi nel biellese e gli altri due a preparare l’arrivo del fondatore. Nei giorni scorsi, però, il colpo di scena con Bianchi e i tre fedelissimi espulsi con lui che hanno deciso di disobbedire nuovamente alle direttive del delegato pontificio approvate dal cardinale Parolin.
Ventiquattro ore dopo la scadenza dell’ultimatum di padre Cencini, preso atto del rifiuto, i vertici attuali della Comunità hanno reagito con un comunicato stampa che non nasconde tutta l’irritazione per il rifiuto di un fondatore sempre più indigesto: “Purtroppo - hanno scritto nella nota - la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fr. Enzo alla Pieve”.
Nel sopraccitato comunicato, inoltre, quasi a sottolineare l’inaffidabilità di Bianchi, si fa riferimento all’“assenso ribadito per iscritto” dal diretto interessato. L’ex priore aveva accettato l’allontanamento soltanto l’1 giugno 2020, diverse settimane dopo la firma del decreto e “in spirito di sofferta obbedienza”. Un ‘obbedisco’ mai del tutto mandato giù che deve averlo spinto a ripensarci nonostante l’accordo trovato con il suo successore e il delegato pontificio a cui si fa accenno nel comunicato della Comunità.
L’insofferenza di Bianchi per le disposizioni del Vaticano prese in accordo con l’attuale priore è evidente nei fatti ma è trapelata anche a parole in questi mesi, come si può capire rileggendo alcuni dei numerosi scritti dell’editorialista di Repubblica che lo scorso dicembre, proprio sul giornale diretto da Maurizio Molinari, aveva tenuto a specificare di non essere “un laudator di Francesco” e di rimanere a volte “perplesso su alcuni esiti del suo discernimento”, sottolineando come “il discernimento non è infallibile e anche al successore di Pietro a volte può mancare”.
L’allontanamento dalla Comunità da lui fondata è stato l’esito della visita apostolica fatta a Bose, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, per sincerarsi del clima nella fase di transizione tra il governo di Bianchi e quello del successore Luciano Manicardi. Non è stata fornita una spiegazione completa dei motivi che hanno portato al duro provvedimento contro l’ex priore, sebbene sia chiaro che a quest’esito abbiano portato i dissidi sorti all’interno della Comunità tra vecchio e nuovo corso.
Un’interessante ricostruzione della frattura intestina a Bose è stata fatta dal teologo Riccardo Larini che in un lungo messaggio ha parlato di un’escalation di problemi negli ultimi quattro anni, quindi a partire dal pensionamento di Bianchi. L’ex bosino ha attribuito al nuovo priore le responsabilità maggiori della difficile transizione, accusandolo di aver “presto incominciato un valzer di sostituzioni nei ruoli chiave”, provocando la reazione del suo predecessore a difesa dei fedelissimi. A quel punto, secondo Larini, sarebbe stato lo stesso Manicardi a chiedere al Vaticano una visita apostolica poi guidata dal delegato pontificio, padre Amedeo Cencini. Ha scritto Larini: “A chiunque si offrisse di mediare, compreso il sottoscritto, lo stesso Cencini ha risposto ostentando tutto il suo autoritarismo, ribadendo di essere il plenipotenziario del papa e di non avere bisogno di ascoltare nessun consiglio, per una sorta di carisma divino conferitogli”. Una situazione che si sarebbe riflessa anche sui membri della Comunità, secondo il racconto del teologo: «Chiunque si trovasse in difficoltà è stato costretto a esprimersi non di fronte al capitolo della comunità o, nel caso di questioni più delicate, al priore, bensì al “discretorio”, un gruppo ristretto di consiglieri fedelissimi del priore, totalmente schierati per una delle parti in conflitto».
Bisogna ricordare che il punto di vista dell’autore di questa testimonianza è quello di chi ha ammesso di dovere molto a Enzo Bianchi, ma sicuramente dà l’idea del clima teso instauratosi a Bose e che ha portato all’intervento della Santa Sede.
Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/la-guerra-di-bose-lex-priore-bianchi-non-se-ne-va
Tensione in Vaticano: il “prete rosso” disobbedisce a Papa Francesco e i catto-dem lo difendono
Continua ad essere una spina nel fianco della Chiesa di Papa Francesco il “guru” Enzo Bianchi, monaco laico fondatore in una cascina a Bose, frazione di Magnano (Biella), di una comunità monastica ecumenica. In Vaticano c’è tensione. Il ragioniere 77enne (non è sacerdote che nel 1965 terminava gli studi per dedicarsi alla sua comunità torna al centro delle cronache. È di ieri la nota della comunità che «con profonda amarezza» ha «dovuto prendere atto che fratel Enzo» ha disubbidito ancora al decreto del Vaticano, emanato con placet di papa Francesco, che gli intimava di lasciare la comunità da lui fondata e lo faceva decadere da ogni incarico”. Ci informa la Verità dell’accaduto. Il decreto, firmato dal Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, gli era stato notificato il 21 maggio 2020, lasciandogli dieci giorni di tempo per andarsene. Fratel Bianchi non ha obbedito, è rimasto al suo posto.
Vaticano, Enzo Bianchi disobbedisce a Bergoglio
Accadde lo stesso il 4 gennaio scorso. Nuovo decreto con cui gli si chiedeva di trasferirsi in località Cellole di San Gimignano, nel Senese, comunità appartenente alla galassia di Bose. Ma il “prete rosso” è rimasto al suo posto, nonostante – si legge – «si trattasse di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fratel. Enzo». Enzo Bianchi è il nuovo “idolo della chiesa catto-dem italiana” e francamente non si capisce questa disobbedienza reiterata: ” “frequentatore assiduo di parrocchie e predicatore di prima scelta per taluni vescovi”, come si spiega questo “ostracismo”?
Dal Papa “decisione sofferta”
Sul quotidiano di Belpietro si legge: “Si dice che la decisione per Francesco sia stata sofferta, vista la stima che ha più volte il Papa dimostrato nei confronti del Bianchi”. Il problema è nato quando Bianchi ha toccato alcuni punti nevralgici: “Probabilmente sono in ballo il tanto odiato clericalismo, che Francesco condanna senza posa, e il conseguente abuso di potere. Enzo Bianchi in questi mesi, soprattutto con i suoi cinguettii social, ha fatto intendere chiaramente che rimanda al mittente tutte le accuse e illazioni” . Enzo Bianchi ha spesso espresso il suo pensiero dalle pagine di Repubblica e La Stampa. Quotidiani -segnala Lorenzo Bertocchi su la Verità – “sempre attenti alla questione abusi di potere, e a selezionare i nemici di papa Francesco”. Come mai stavolta hanno fatto quadrato intorno a Bianchi? “Sono saliti con rapidità inusuale sul carro del garantismo (…). Con alcune capriole intellettuali, lo storico Alberto Melloni, che a Bianchi è legato da amicizia e collaborazioni, ha scaricato tutto sul delegato papale Cencini.
I media progressisti: il Papa è stato raggirato
Questo il ragionamento per “giustificare” il “prete rosso” particolarmente inviso ai cattolici conservatori. “Qualora appunto Bianchi accettasse di andarsene, allora, dice Melloni, «la dottrina Cencini avrà vinto, a spese del Papa». Un altro intellettuale, Massimo Recalcati su La Stampa, ha parlato addirittura di «scure mediovale» fatta calare sull’ex priore. Parla di «complicità invidiosa di padre Cencini. In Vaticano Papa Francesco è il solo ad avere l’autorità e il giusto sguardo per salvare Enzo Bianchi da una umiliazione che non merita». Se ne deduce che Papa Francesco che ha approvato il decreto di siluramento e allontanamento di Bianchi da Bose, “sarebbe stato male informato e soprattutto manipolato da questo padre Cencini”. Il che ci fa delineare una nuova contrapposizione: “Una volta c’erano i conservatori che nella Chiesa remavano contro Francesco”. E l’intellighenzia di sinistra sosteneva il Pontefice senza se e senza ma. Adesso la vicenda di Fratel Bianchi ispira alle “migliori intelligenze catto-dem” un altro copione.
“ … c’è un modo assai semplice per capire se il dialogo coi protestanti è possibile. Sono essi disposti a chiedere scusa per tali misfatti, come tante volte ha fatto (anche troppe) la Chiesa cattolica negli ultimi anni; e a riconoscere non solo la liceità, ma la santità del culto della Beata Vergine Maria?”
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