Quando pensi di essere chissà chi, sappi che l’Immacolata conservò l’estrema umiltà anche al momento dell’Annunciazione
L’umiltà non è la più grande delle virtù, ma è certamente quella più importante, perché senza di essa le altre virtù non possono esserci.
C’è un bell’esempio che fa capire: se si ha una collana e la si vuole rivendere, un conto è rivendere le singole perle, altro è voler rivendere il filo. Per le perle l’acquirente può dare anche un bel gruzzoletto, ma per il filo non dà nulla. Eppure senza il filo non è possibile avere una collana. Ebbene, le singole perle sono le virtù più grandi, il filo è l’umiltà, che vale meno, ma è necessario perché le perle possano rimanere unite formano una collana.
A proposito dell’umiltà, la Vergine disse a santa Veronica Giuliani:
Figlia mia, sappi che, quando venne l’angelo Gabriele a darmi questo annunzio da parte di Dio onnipotente, io stavo nella cognizione della mia bassezza e viltà; ed è questo l’esercizio che consegno a te. Sta sempre avvilita e annichilita sotto tutti, come vile fango e polvere.
da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 876-887
Gloria di questo giorno
È grande questo giorno negli annali dell’umanità ed anche davanti a Dio, essendo l’anniversario del più solenne avvenimento di tutti i tempi. Il Verbo divino, per il quale il Padre creò il mondo, s’è fatto carne nel seno d’una Vergine ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14). Adoriamo le grandezze del Figlio di Dio che si umilia, rendiamo grazie al Padre che ha amato il mondo sino a dargli il suo Figlio Unigenito (ivi 3,16), ed allo Spirito Santo che con la sua onnipotente virtù opera un sì profondo mistero. Ecco che sin da questo tempo di penitenza noi preludiamo alle gioie del Natale; ancora nove mesi, e l’Emmanuele oggi concepito nascerà in Betlemme, ed i cori angelici c’inviteranno a salutare questo nuovo mistero.
La promessa del Redentore
Nella settimana di Settuagesima meditammo la caduta dei nostri progenitori e udimmo la voce di Dio tuonare la triplice sentenza, contro il serpente, la donna e l’uomo. Però, una speranza fece luce nella nostra anima e, nel mezzo degli anatemi, una divina promessa brillò come un faro di salvezza: il Signore sdegnato disse all’infernale serpente che un giorno la sua superba testa sarebbe schiacciata, e che sarebbe stato il piede d’una donna a colpirlo terribilmente.
Il suo adempimento
Ed ecco giunto il momento in cui il Signore realizzerà l’antica promessa. Per millenni il mondo aveva atteso; e nonostante le fitte tenebre e le iniquità, tale speranza non svanì. Col succedersi dei secoli, la misericordia divina moltiplicò i miracoli, le profezie, le figure, per rinnovare il patto che si degnò stringere con l’umanità. Si vide scorrere il sangue del Messia da Adamo a Noè, da Sem ad Abramo, Isacco e Giacobbe, da David e Salomone a Gioacchino; ed ora, nelle vene della figlia di Gioacchino, Maria.
Maria è la donna per la quale sarà tolta la maledizione che pesava sulla nostra stirpe. Il Signore, facendola immacolata, decretò un’inconciliabile inimicizia fra lei e il serpente; ed è proprio oggi, che questa figlia di Eva riparerà la caduta della madre sua, rialzerà il suo sesso dall’abbassamento in cui era piombato, e coopererà direttamente ed efficacemente alla vittoria che il Figlio di Dio in persona riporterà sul nemico della sua gloria e del genere umano.
L’Annunciazione
La tradizione ha segnalato alla santa Chiesa la data del 25 Marzo, come il giorno che vide il compimento di questo mistero (sant’Agostino, La Trinità,l. 4, c. 5).
Maria se ne stava sola nel raccoglimento della preghiera, quando vide apparirle l’Arcangelo disceso dal cielo per chiederne il consenso nel nome della SS. Trinità. Ascoltiamo il dialogo fra l’Angelo e la Vergine, e nello stesso tempo riportiamoci col pensiero ai primordi del mondo. Un Vescovo martire del II secolo, sant’Ireneo, eco fedele dell’insegnamento degli Apostoli, ci fa paragonare questa grande scena a quella che avvenne nel paradiso terrestre (Contro le eresie, l. 5, c. 19).
Nel Paradiso terrestre
Nel giardino di delizie si trova una vergine alla presenza d’un angelo, col quale ella discorre. Pure a Nazareth una vergine è interpellata da un angelo, col quale pure ritesse un dialogo; ma l’angelo del paradiso terrestre è uno spirito tenebroso, mentre quello di Nazareth è uno spirito di luce. Nei due incontri è sempre l’angelo a iniziare il discorso. “Perché -dice lo spirito maledetto alla prima donna- perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso?” Vedi come già si nota, nell’impazienza di questa domanda, la provocazione al male, il disprezzo, l’odio verso la debole creatura nella quale Satana perseguita l’immagine di Dio!
A Nazareth
Guardate invece l’angelo di luce, con quale dolcezza e con quale pace s’avvicina alla nuova Eva! Con quale rispetto riverisce questa umana creatura! “Ave, o piena di grazia ! Il Signore è con te, tu sei benedetta fra tutte le donne”. Chi non sente nell’accento celeste di tali parole respirare pace e dignità! Ma continuiamo a seguire l’accostamento.
Eva
La donna dell’Eden, imprudente, ascolta la voce del seduttore ed è sollecita nel rispondergli. La curiosità la spinge a prolungare la conversazione con lui, che l’istiga a scrutare i segreti di Dio, senza affatto diffidare del serpente che le parla; fra poco, però, si vergognerà al cospetto di Dio.
Maria
Maria ascolta le parole di Gabriele; ma questa Vergine, prudentissima, come l’elogia la Chiesa, rimane silenziosa, chiedendo a se stessa donde possano provenire le lodi di cui è fatta oggetto. La più pura, la più umile delle vergini teme le lusinghe; e il celeste messaggero non sentirà da lei una parola, che non riguardi la sua missione durante il colloquio. “Non temere, o Maria -egli risponde alla nuova Eva- perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine”.
Quali magnifiche promesse venute dal cielo da parte di Dio! Quale oggetto più degno d’una nobile ambizione d’una figlia di Giuda, che sa di quale gloria sarà circondata la madre del Messia! Però Maria non è per niente tentata da sì grande onore. Ella ha per sempre consacrata la sua verginità al Signore, per essere più strettamente unita a lui nell’amore; la più gloriosa mèta ch’ella potrebbe raggiungere violando questo sacro voto, non riesce a smuovere la sua anima: “Come avverrà questo, ella risponde all’Angelo, se io non conosco uomo?”.
Eva
La prima Eva non mostra uguale calma e disinteressamento. Non appena l’angelo perverso la rassicura che può benissimo violare, senza timore di morire, il precetto del divino benefattore, e che il premio della disobbedienza consisterà nell’entrare a far parte, con la scienza, alla stessa divinità, ecco che ne rimane soggiogata. L’amore di se stessa le ha fatto in un istante dimenticare il dovere e la riconoscenza; e sarà felice di liberarsi al più presto dal duplice vincolo che le pesa.
Maria
Così si mostra la donna che ci mandò alla rovina. Ma quanto differente ci appare l’altra che ci doveva salvare! La prima, crudele verso la posterità, si preoccupa unicamente di se stessa; la seconda, dimentica se stessa, riflettendo ai diritti che Dio ha su di lei. Rapito l’Angelo da tale fedeltà, finisce di svelare il disegno divino: “Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch’era detta sterile; ché niente è impossibile presso Dio”. A questo punto l’Angelo ha terminato il suo discorso ed attende in silenzio la decisione della Vergine di Nazaret.
La disobbedienza di Eva
Portiamo ora lo sguardo sulla vergine dell’Eden. Appena lo spirito infernale ha finito di parlare, essa guarda con concupiscenza il frutto proibito, perché aspira all’indipendenza cui la metterà in possesso quel frutto sì piacevole. Con mano disobbediente s’avvicina a coglierlo; lo prende e lo porta avidamente alla bocca; e nel medesimo istante la morte s’impossessa di lei: morte dell’anima, per il peccato che estingue il lume della vita; morte del corpo che, separato dal principio dell’immortalità, diventa così oggetto di vergogna e di confusione, sino a che si dissolverà in polvere.
L’obbedienza di Maria
Ma distogliamo lo sguardo dal triste spettacolo, e ritorniamo a Nazareth. Maria, nelle ultime parole dell’Angelo, vede manifesto il volere divino. Infatti la rassicura che, mentre le è riservata la gioia di essere la Madre di un Dio, serberà la sua verginità. Allora Maria s’inchina in una perfetta obbedienza, e al celeste inviato risponde: “Ecco l’ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola”.
Così, l’obbedienza della seconda donna ripara la disobbedienza della prima, avendo la Vergine di Nazareth detto nient’altro che questo: avvenga dunque, FIAT che il Figlio eterno di Dio, che secondo il decreto divino aspettava la mia parola, si faccia presente, per opera dello Spirito Santo, nel mio seno, e cominci la sua vita umana. Una Vergine diventa Madre, e Madre d’un Dio; ed è l’abbandono di questa Vergine alla somma volontà che la rende feconda, per la virtù dello Spirito Santo. Mistero sublime che stabilisce relazioni di figlio e di madre tra il Verbo eterno ed una creatura, e mette in possesso dell’Onnipotente uno strumento degno di assicurargli il trionfo contro lo spirito maligno, che con la sua audacia e perfidia sembrava aver prevalso fino allora contro il piano divino!
La sconfitta di Satana
Non vi fu mai sconfitta più umiliante e completa di quella di Satana in questo giorno. Il piede della donna, che gli offrì una sì facile vittoria, grava con tutto il suo peso sulla superba testa che gli schiaccia. Ed Eva in questa figlia si risolleva a schiacciare il serpente. Dio non ha preferito l’uomo per tale vendetta, perché in tal caso l’umiliazione di Satana non sarebbe stata così profonda; contro un tal nemico il Signore dirige la prima preda dell’inferno, la vittima più debole e più indifesa.
In premio di sì glorioso trionfo, una donna d’ora innanzi regnerà, non solo sugli angeli ribelli, ma su tutto il genere umano, anzi su tutti i cori degli Spiriti celesti. Dall’eccelso suo trono, Maria Madre di Dio domina sopra l’intera creazione; negli abissi infernali, invano Satana ruggirà nella sua eterna disperazione, pensando al danno che si fece nell’attaccare per primo un essere fragile e credulo, che Dio ha bellamente vendicato; e nelle altissime sfere, i Cherubini e i Serafini alzeranno lo sguardo a Maria, in attesa d’un sorriso e per gloriarsi d’eseguire i minimi desideri della Madre di Dio e degli uomini.
La salvezza dell’ umanità
Pertanto, strappati al morso del maledetto serpente per l’obbedienza di Maria, noi figli di questa umanità salutiamo oggi l’aurora della nostra liberazione; e, usando le stesse parole del cantico di Debora, tipo di Maria vincitrice, che canta il proprio trionfo sui nemici del popolo santo, diciamo: “Vennero meno i forti d’Israele e stettero inermi, finché non sorse Debora, finché non sorse una madre in Israele. Il Signore ha inaugurato nuove guerre ed ha rovesciato le porte dei nemici” (Gdt 5,7-8). Prestiamo l’orecchio ad ascoltare nei passati secoli, la voce d’un’altra vittoriosa donna, Giuditta, che canta a sua volta: “Lodate il Signore Dio nostro, il quale non ha abbandonato coloro che hanno sperato in lui, e per mezzo di me sua serva ha compiuta la sua misericordia, da lui promessa alla casa di Israele, e in questa notte con la mia mano ha ucciso il nemico del suo popolo. È il Signore onnipotente che l’ha colpito dandolo in mano d’una donna che l’ha trafitto” (Gdt 13,17-18; 16,7).
MESSA
I canti del Sacrificio sono presi in gran parte dalla Chiesa dal Salmo 44, che celebra l’unione dello Sposo e della Sposa.
EPISTOLA (Is 7,10-15)
In quei giorni: il Signore parlò ad Acaz, e disse: Domanda un segno al Signore Dio tuo, nel profondo dell’inferno o nell’altezza dei cieli. Ma Acaz disse: Non chiederò e non tenterò il Signore. Allora (Isaia) disse: Udite adunque, o casa di David: È forse poco per voi essere molesti agli uomini, voi che siete molesti anche al mio Dio? Per questo il Signore stesso vi darà il segno: ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele. Egli si ciberà di burro e di miele, affinché sappia rigettare il male e scegliere il bene.
La pienezza dei tempi è arrivata, e l’antica tradizione radicata in tutti i popoli, che una vergine sarebbe divenuta madre, oggi, con questo mistero, ha il suo compimento. Riveriamo la potenza del Signore e la fedeltà alle sue promesse. L’autore della natura sospende e sue leggi ed agisce con suo diretto intervento:, in questa stessa creatura si uniscono la verginità e la maternità. Ma se una Vergine partorisce, non può partorire che un Dio: ed il figlio di Maria si chiamerà l’Emmanuele, cioè Dio con noi.
Dio con noi
Adoriamo nel carcere della volontaria infermità l’invisibile Creatore del mondo fatto visibile, il quale vuole che d’ora innanzi ogni creatura confessi non solo la sua infinita grandezza, ma anche la vera natura umana che si degna assumere per salvarci. Cominciando da questo momento, egli ben si può dire il Figlio dell’Uomo. Per nove mesi abiterà nel seno materno, alla stregua degli altri bambini; come loro, dopo la nascita, succhierà il latte ed il miele, santificando così tutte le età dell’uomo. Egli è l’uomo nuovo venuto dal cielo per redimere l’antico. Senza nulla perdere della propria divinità, subisce tutte le condizioni del nostro essere infermo e limitato, per farci poi partecipi della sua natura divina (2Pt 1,4).
VANGELO (Lc 1,26-38)
In quel tempo: L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l’Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! Ed essa turbata a queste parole pensava che specie di saluto fosse quello. E l’Angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio: ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, sarà chiamato figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine. Allora Maria disse all’Angelo: Come avverrà questo, se io non conosco uomo? E l’Angelo rispose: Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà: per questo il santo che da te nascerà sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch’era detta sterile; perché nulla è impossibile davanti a Dio. E Maria disse: Ecco l’ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.
Azione di grazie
Con queste ultime parole, o Maria, fu decretata la nostra sorte. Voi accondiscendete al desiderio del Cielo: ed ecco che il vostro assenso garantisce la nostra salvezza. O Vergine! O Madre! O benedetta fra le donne, accogliete, insieme agli omaggi degli Angeli, le azioni di grazie, di tutto il genere umano. Per mezzo vostro siamo salvi dalla rovina, in voi è redenta la nostra natura, perché siete il trofeo della vittoria dell’uomo sul suo nemico.
Rallegrati, o Adamo, nostro padre, ma sopra tutto trionfa tu, o Eva, madre nostra! voi che, genitori di tutti noi, foste anche per tutti noi autori di morte, omicidi della vostra progenie prima di diventarne padri.
Ora consolatevi di questa nobile figlia che vi è stata data; tu specialmente, o Eva! Cessa i tuoi lamenti: da te, all’inizio, uscì il male, e da te, d’allora sino ad oggi, fu contagiato tutto il tuo sesso; ma ecco giunto il momento che l’obbrobrio scomparirà e l’uomo non avrà più ragione di piangere a causa della donna.
Un giorno, cercando di giustificare la propria colpa, l’uomo prontamente fece cadere su di lei un’accusa crudele: La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. O Eva, va’ dunque a Maria; rifugiati nella tua figlia, o madre. La figlia risponderà per la madre, è lei che ne cancellerà la vergogna, lei che per la madre offrirà soddisfazione al padre; poiché, se per la donna l’uomo cadde, solo per la donna potrà rialzarsi.
Che dicevi allora, o Adamo? La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. Malvage parole, che accrescono il tuo peccato e non lo cancellano. Ma la Sapienza divina ha vinto la tua malizia, attingendo nel tesoro della sua inesauribile bontà il mezzo per procurarti il perdono che aveva cercato di meritarti nel darti l’occasione di rispondere convenientemente alla domanda che ti faceva.
Tu avrai una donna in cambio d’una donna: una donna prudente per una donna stolta, una donna umile per una donna superba, una donna che invece di un frutto di morte ti darà l’alimento di vita, che invece di un cibo avvelenato produrrà per te il frutto dell’eterne delizie. Cambia dunque in parole riconoscenti la tua ingiusta accusa, dicendo ora: Signore, la donna che m’hai data per compagna mi ha dato il frutto dell’albero della vita, ed io ne ho mangiato; e un frutto soave alla mia bocca, perché con esso m’avete ridata la vita (san Bernardo, 2a Omelia sul Missus est).
L’Angelus
Non chiuderemo questa giornata senza ricordare e raccomandare la pia e salutare istituzione che la cristianità solennizza giornalmente in ogni paese cattolico, in onore del mistero dell’Incarnazione e della divina maternità di Maria. Tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si ode la campana e i fedeli, all’invito di quel suono si uniscono all’Angelo Gabriele per salutare la Vergine Maria e glorificare il momento in cui lo stesso Figlio di Dio si compiacque assumere umana carne in lei.
Dall’Incarnazione del Verbo il nome suo è echeggiato nel mondo intero. Dall’Oriente all’Occidente è grande il nome del Signore; ma è pur grande il nome di Maria sua Madre. Da qui il bisogno del ringraziamento quotidiano per il mistero dell’Annunciazione, in cui agli uomini fu dato il Figlio di Dio. Troviamo traccia di questa pratica nel XIV secolo, quando Giovanni XXII apre il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che reciteranno l’Ave Maria, la sera, al suono della campana che ricorda loro la Madre di Dio.
Nel XV secolo sant’Antonino c’informa nella sua Somma che il suono delle campane si faceva, allora, mattina e sera nella Toscana. Solo nel XVI secolo troviamo in un documento francese citato da Mabillon il suono delle campane a mezzogiorno, che si aggiunge a quello dell’aurora e del tramonto. Fu così che Leone X approvò tale devozione, nel 1513, per l’abbazia di Saint-Germain des Près, a Parigi.
D’allora in poi l’intera cristianità la tenne in onore con tutte le sue modifiche; i Papi moltiplicarono le indulgenze; dopo quelle di Giovanni XXII e di Leone X, nel XVIII secolo furono emanate quelle di Benedetto XIII; ed ebbe tale importanza la pratica, che a Roma, durante l’anno giubilare, in cui tutte le indulgenze eccetto quelle del pellegrinaggio a Roma, rimangono sospese, stabilì che le tre salutazioni che si suonano in onore di Maria, avrebbero dovuto continuare ad invitare i fedeli a glorificare insieme il Verbo fatto carne.
Quanto a Maria, lo Spirito Santo aveva già preannunciati i tre termini della pia pratica, esortandoci a celebrarla soave “come l’aurora” al suo sorgere, splendente “come il sole” nel suo meriggio e bella “come la luna” nel suo riflesso argenteo.
Preghiera all’Emmanuele
O Emmanuele, Dio con noi, “voi voleste redimere l’uomo, e per questo veniste dal cielo ad incarnarvi nel seno d’una Vergine”; ebbene, oggi il genere umano saluta il vostro avvento. Verbo eterno del Padre, dunque a voi non bastò trarre l’uomo dal nulla con la vostra potenza; nella vostra inesauribile bontà voi volete anche raggiungerlo nell’abisso di degradazione in cui è piombato. A causa del peccato l’uomo era caduto al di sotto di se stesso; e voi, per farlo risalire ai divini destini per i quali l’avevate creato, veniste in persona a rivestire la sua sostanza per elevarlo fino a voi.
Nella vostra persona, oggi ed in eterno, Dio si fece uomo, e l’uomo divenne Dio. Per adempiere le promesse della Cantica, voi vi uniste all’umana natura, e celebraste le vostre nozze nel seno verginale della figlia di David. O annichilamento incomprensibile! o gloria inenarrabile! Il Figlio di Dio s’è annientato, e il figlio dell’uomo glorificato. A tal punto ci avete amato, o Verbo divino, ed il vostro amore ha trionfato della nostra miseria.
Lasciaste gli angeli ribelli nell’abisso scavato dalla loro superbia, e nella vostra pietà vi fermaste in mezzo a noi. E non con un solo sguardo misericordioso voi ci salvaste, ma venendo su questa terra di peccato a prendere la forma di schiavo (Fil 2,7), e cominciando una vita di umiliazioni e di dolori. O Verbo incarnato, che venite per salvarci e non per giudicarci (Gv 12,47), noi vi adoriamo, vi ingraziamo, vi amiamo: fateci degni di tutto ciò che il vostro amore vi mosse a fare per noi.
A Maria
Vi salutiamo, o Maria, piena di grazia, in questo giorno in cui vi allietate dell’onore che vi fu attribuito. L’incomparabile vostra purezza, attirò gli sguardi del sommo Creatore di tutte le cose, e la vostra umiltà lo fece venire nel vostro seno; la sua presenza accresce la santità della vostra anima e la purità del vostro corpo. Con quali delizie sentite il Figlio di Dio vivere della vostra vita e prendere dalla vostra sostanza il nuovo essere cui si unisce per nostro amore! Ecco, è già stretto fra voi e lui il legame noto soltanto a voi: è il vostro Creatore, e voi ne siete la madre; è il vostro Figlio, e voi siete una sua creatura.
Davanti a lui si piega ogni ginocchio, o Maria! perché è Dio del cielo e della terra; ma pure ogni creatura s’inchina davanti a voi, perché lo portaste nel vostro seno e lo allattaste; sola fra tutti gli esseri, voi potete chiamarlo, come il Padre celeste: “Mio figlio!”. O donna incomparabile, voi siete lo sforzo supremo della potenza divina: accogliete dunque l’umile sottomissione del genere umano, che si gloria di voi più che gli stessi Angeli, perché avete il suo stesso sangue e la medesima natura.
O novella Eva, figlia dell’antica, senza peccato! per la vostra obbedienza ai divini decreti salvaste la vostra madre e tutta la sua figliolanza, ridando l’innocenza perduta al padre vostro ed all’intera sua famiglia. Il Signore che portate ci assicura tutti questi beni, ed è per voi che noi lo possiamo avere; senza di lui noi rimarremmo nella morte, e senza di voi egli non potrebbe riscattarci, perché in voi attinge il sangue prezioso che ne sarà il pegno. La sua potenza protesse la vostra purezza nell’istante dell’Immacolata concezione, nella quale si formò il sangue di un Dio per la perfetta unione fra la natura divina con quella umana.
Oggi, o Maria, si compie la divina profezia dopo l’errore: “Porrò inimicizia fra la donna e il serpente”. Finora gli uomini temevano il demonio e, nel loro traviamento, erigevano ovunque altari in suo onore. Ma oggi il vostro terribile braccio abbatte il suo nemico. Voi l’avete battuto per sempre con l’umiltà, la castità e l’obbedienza; e non potrà più sedurre le nazioni. Per voi, o nostra liberatrice, siamo stati strappati al suo potere, in preda al quale potremmo ancora essere gettati solo dalla nostra perversità e ingratitudine. Non lo permettete, o Maria! aiutateci! E se, in questi giorni di emendazione, proni ai vostri piedi, riconosciamo che purtroppo abusammo della grazia celeste, di cui voi diveniste il canale nella festa della vostra Annunciazione, fateci rivivere, o Madre dei viventi, per la vostra potente intercessione al trono di colui che oggi diventa vostro figlio in eterno.
O Figlia degli uomini, o nostra cara sorella, per la salutazione dell’Arcangelo, per il vostro verginale turbamento, per la fedeltà al Signore, per la prudente umiltà, per il vostro consenso liberatore, vi supplichiamo, convertite i nostri cuori, fateci sinceramente penitenti preparateci ai grandi misteri che stiamo per celebrare. Oh, quanto saranno dolorosi per voi, o Maria! come sarà breve il passaggio dalle gioie dell’Annunciazione alle tristezze della Passione! Ma voi volete far rallegrare l’anima nostra pensando alla felicità del vostro cuore, quando, lo Spirito divino vi coprì con le sue ali ed il Figlio di Dio fu anche vostro figlio. Perciò, restiamo tutto il giorno vicino a voi, nell’umile casa di Nazaret. Fra nove mesi Betlemme ci vedrà prostrati, coi pastori ed i Magi, ai piedi di Gesù Bambino che nascerà per gioia vostra e per la nostra salvezza; allora, noi ripeteremo insieme agli Angeli: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà!”.
Domenica delle Palme, Diocesi di Napoli. Storie di (Stra)Ordinaria Follia.
24 Marzo 2021 7 Commenti
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, da un sacerdote dell’arcidiocesi di Napoli riceviamo questa lettera, che volentieri offriamo alla vostra attenzione. Buona lettura.
§§§
Storie di ordinaria follia.
Carissimo Sig. Marco Tosatti. Sono un giovane prete di una diocesi di questo mondo (Napoli) e in questi giorni, allibito sto assistendo ad una querelle degna dei “migliori” salotti della Tv trash italiana. Roba che Barbara D’Urso ci fa un baffo: la questione che tiene banco in una diocesi intera è: palme si, palme no!
Roba da non crederci. Chiedo scusa se sarò lungo, ma è bene mettere in evidenza cosa ci ha portato a tale intrigo.
Mercoledì 17 febbraio c.a. la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti con il protocollo 96/21 ha pubblicato una nota al fine “di offrire alcune semplici linee guida per aiutare i Vescovi nel loro compito di valutare le situazioni concrete e di provvedere al bene spirituale di pastori e fedeli nel vivere questa grande Settimana dell’anno liturgico”. La nota rimanda alle disposizioni dello scorso anno, prot. 154/20 (preciso che eravamo in pieno lockdown nel 2020), invitando “a rileggerle in vista delle decisioni che i Vescovi dovranno prendere circa le prossime celebrazioni pasquali nella particolare situazione del loro paese”. Facendo eco alle disposizioni arrivate da Roma, la CEI suggerisce che “per la Domenica delle Palme, la Commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme sia celebrata con la seconda forma prevista dal Messale Romano. Si evitino assembramenti dei fedeli; i ministri e i fedeli tengano nelle mani il ramo d’ulivo o di palma portato con sé; in nessun modo ci sia consegna o scambio di rami (da mano a mano, n.d.r.). Dove si ritiene opportuno si utilizzi la terza forma del Messale Romano, che commemora in forma semplice l’ingresso del Signore in Gerusalemme”.
A queste indicazioni date dal governo centrale, il giorno 11 marzo si sommano quelle diocesane (che allego in seguito) secondo cui si fa presente ai sacerdoti e agli operatori pastorali di aver cura nel ricercare il modo più adatto di consegnare ai fedeli i rami di ulivo, suggerendo di farli trovare, imbustati, sui banchi prima dell’inizio della celebrazione. Fin qui tutto normale…ma è bastato qualche sedicente consigliere curiale che, ignaro della vita ordinaria delle comunità, ha ribaltato completamente la situazione, nel timore che le bustine di palme, si sarebbero potute rivelare un’arma pericolosissima e favorire un micidiale contagio.
Per cui…contrordine! Il giorno 18 marzo fioccano le rettifiche e i divieti in diocesi: ai parroci è imposto solo di benedire i rami di ulivo che i fedeli porteranno con se da casa (con la buona pace di chi abita in città), vietando di conseguenza di preparare le palme come indicato nella precedente nota diocesana. La cosa, come era ovvio, non è stata accolta di buon grado nelle comunità che si sono “sollevate”…e qui viene il bello! Ai custodi del sacro palazzo è parso giusto convocare (di questi tempi, alla faccia dei bambini a cui è chiesto di non venire alla catechesi in presenza) il collegio dei decani per discutere della questione (manco stessimo a parlare delle sorti dell’umanità): conclusione?!? Per la Domenica delle palme e di Pasqua hanno oggi (22 marzo, senza opportunità di avvisare le comunità) deciso che:
1) non si svolgerà la processione delle Palme;
2) non ci sarà la distribuzione (o consegna) dei rami di ulivo né di altri tipi di rami, né il giorno stesso né nei giorni precedenti, né imbustati né liberi;
3) i fedeli non potranno portare con sé i rami e non si potranno benedire i rami durante o fuori delle celebrazioni, così come si dovrà omettere la benedizione delle bottigliette di acqua nel giorno di Pasqua;
4) infine, ciliegina sulla torta, si suggeriscano ai fedeli dei segni che possano valorizzare all’interno delle famiglie il senso dello scambio di pace e la preghiera di benedizione del capofamiglia.
Ora, mi chiedo, giusto per tenere la mente allenata, anche se dinanzi a tanto teatrino mi assale la tentazione di mettere il cervello in modalità off:
1) Ammettendo che nelle prossime settimane ci sarà un eventuale aumento contagi, come si fa a palesare un nesso causa/effetto (cosa che dubito fortemente) con la distribuzione delle palme in bustina sigillata e sanificata, ritenute queste ultime portatrici di un micidiale contagio?
2) Si è tenuto conto, almeno fino al divieto sine glossa di oggi, che si sarebbero messi i fedeli nella condizione di procurarsi personalmente le palme o presso fiorai o presso conoscenti o abusivamente presso terre vicine e la cosa li avrebbe esposti (?) al contagio molto più di una bustina, accuratamente preparata e santificata, trovata sul banco?
3) Si è tenuto conto che a Napoli e dintorni c’è la consuetudine della vendita abusiva nei pressi delle chiese parrocchiali e che in assenza di controlli, la cosa potrebbe degenerare?
4) Si è badato che nel mentre una nonnina potrebbe venire con un semplice ramoscello, i più golosi potrebbero arrivare in chiesa con un “albero” sradicato da distribuire a mo’ di talismano ad amici e parenti? A questo aggiungo, a questi sedicenti tecnici, non per essere polemico, che conviene allora attivare per il futuro prossimo, una postazione con il POS in chiesa, onde evitare toccare le banconote che anche riceviamo per le intenzioni di messa. Anche esse potrebbero veicolare il micidiale contagio.
Così, giusto per…ma per questa cosa, ne prevedo abbondantemente l’esito, visto che la moneta fa gola a tutti, covid o non covid. Personalmente credo che talvolta non si faccia riferimento al concreto vissuto dei Parroci e delle comunità sebbene si dica di averne sentito il parere.
A conti fatti, senza accortezza e prudenza, una confessione sacramentale, una direzione spirituale e la stessa ricezione dei sacramenti da parte dei fedeli, mi/ci espone al contagio molto più di un ramoscello di ulivo.
Ma questo è il rischio della missione alla quale siamo chiamati, dando tutto di noi stessi, con prudenza si, ma anche con intelligenza pratica e senso critico delle cose. Grazie per l’attenzione.
(Lettera firmata)
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