BDV. Dal “Golpe” di San Gallo l’Estremo Attacco, alla Messa di Sempre.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Benedetta De Vito è in Sardegna, ma anche dalle terre della sua infanzia segue quanto accade a Roma, e in particolare fra le Mura. E ci dà l’impressione che le cose viste da lontano appaiano più chiare. Ecco la sua riflessione sullo stato della Chiesa… Buona lettura.
§§§
Guardando diritto per diritto all’orizzonte, seduta sulla rena bianca che brucia, conto le isole mie nella corrente: elegante velata d’azzurro Tavolara nel suo picco di punta Cannone, l’isola rossa, color corallo, sembra un dragone cinese, pietrificato, mentre l’isola Cana, dove andavamo a caccia di patelle, è una balenottera grigia che respira nel risucchio delle maree.
Guardo e, nell’armonia delle mie isole nella corrente, un bel sorso di salso e torno al libro che ho pescato dalla libreria di mio padre che, quando veniva qui in Sardegna, non partiva mai senza la sua valigetta di volumi da leggere. Poi li lasciava qui in mezzo abbandono, non senza averne commentato il contenuto letto sull’ultima pagina. In questo, poche parole: “Ma quali secoli bui!”.
Il libro, infatti, è la storia d’Italia di Indro Montanelli, nel volume che racconta le scorrerie barbariche nella Penisola dopo la caduta dell’impero d’Occidente: goti, unni, ostrogoti, longobardi, franchi, in un gioco di morte e di vita.
E sono tanti i bagliori di luce, come il regno di Carlo Magno, che amava il pecorino, aveva per pet un elefante e per libro preferito “La città di Dio” di Sant’Agostino. A parte gli scontati commenti anti-clericali del giornalista toscano (o dei suoi collaboratori, commenti che ci fan solo sorridere tanto sono banali) e le trame di raggiri e sconfitte, qualcosa mi parla, mi chiama e non so che cosa è.
Torno alle mie isole, quiete all’orizzonte e poi di nuovo con gli occhi tra le righe. E d’un tratto capisco: c’è, in quasi tutte le storie di questo scorcio di decadenza, una costante e cioè che l’imperatore di turno, per resistere sul trono, doveva appoggiarsi a un generale. E non importa il nome, poteva esser Stilicone o Ezio, non cambia il sugo del menu. Da sé solo, l’imperatore non poteva salvarsi e quindi si affidava alle armi di un militare. Embè, e allora? Allora, seguitemi, presa la scaletta a chiocciola, qui giù e andiamo avanti.
Mumble, mumble, penso e un occhio mio lucente vola di nuovo alle isole serene della mia infanzia che non cambian mai d’aspetto né di posizione. Di nuovo, io, col naso nelle pagine. E allora? Allora, anche i Pontefici, fin dall’inizio, essendo senza spada ed eserciti, dovevano chiedere aiuto ad altri che le spade le avevano e anche gli eserciti, per resistere sulla cattedra di San Pietro. Chiaro, carina mia, (sento già i commenti acidi e i sibili di chi la sa di certo più lunga di me), si sa, spesso, come si sa ancora una volta, chiamavano i francesi come nel caso di Carlo Magno.
Sì, certo, finché non arrivò un certo Ignazio di Loyola, soldato e poi santo che si inventò un ordine tutto suo, composto da soldati, l’esercito di Cristo e del Papato. Insomma i gesuiti, che più che con la spada combattevano con le tele di ragno del parlar ambiguo e con la lingua raffinata e a volte intinta di veleno. Un ordine tutto suo particolare che un Papa francescano arrivò a sopprimere. Un ordine che, per volontà del fondatore, non doveva mai dare un Papa a Santa Roman Chiesa. Un ordine che doveva, nel secolo scorso, portar subbuglio nella chiesa con le sue strane alchemiche filosofie, base poi di tanta sciagura. Dunque, nel tardo Cinquecento, ecco entrar in scena i gesuiti che sono a modo loro soldati e comandati da un Generale, che è anche chiamato il Papa nero. Compito dei gesuiti è difendere il Papa, essere il suo braccio armato, l’Ezio e lo Stilicone di turno. Appunto…
Il tempo corre al trotto, passano gli anni e i gesuiti paiono sempre al posto giusto quando si tratta di potere. Il Vaticano II rompe gli argini della Tradizione e, nella modernità che divora il latino e insieme la santa devozione, i gesuiti si trovano benissimo.
Arriviamo, in rapida corsa, ai tempi di Benedetto XVI, che, pur essendo stato un teologo del Vaticano II, amava la messa Tridentina e cercava di mettere insieme – cosa ardua se non impossibile – questo e quella per rimettere la Chiesa tutta, universale, cattolica, diciamo così nell’armonia delle isole sarde che vivono nella corrente pulita dell’Eterno.
Invano. Papa Benedetto, al centro di un grande intrigo, con tanto di “mafia” (del San Gallo), blasfemie e paganesimi. Il Pontefice, credo – per averlo conosciuto in visione – ricattato, lascia il suo posto ed ecco giungere l’arrivano i nostri, nelle persone dei militari, cioè dei gesuiti, che compiono un vero e proprio golpe in Vaticano. In stile argentino, portegno. Infatti il loro capo, l’attuale Papa regnane, è sudamericano, argentino e abituatissimo ai colpi di mano dei militari.
Il dado è tratto. Benedetto prigioniero volontario in un convento (anche gli imperatori dei secoli bui – cosiddetti – spedivano i fratelli e gli aspiranti imperatori nei conventi a meditare), e in Vaticano regna un “colonnello” della modernità. A lui, a Bergoglio, carico di Orgoglio, non interessa la Santa Chiesa di sempre, cioè la Parola che salva, perché è lì “manu militari” per trasformarla in qualcosa d’altro, una religione del “volemose bene tutti” (scordandoci che senza il Signore non possiamo nulla, nenche amare il nostro prossimo), che non ha a cuore i principi non negoziabili, che si pone supino dalla parte del mondo (è gran banditore dei vaccini costruiti su materiale fetale da aborto), che ride della devozione. Ricordate quando chiese a un chierichetto che teneva, in tenera, infantile devozione, le mani appaiate sotto in naso, se gli si erano incollate?
Ed eccoci qui oramai precipitati nel golpe della mafia del San Gallo, che prosegue spedita nella sua agenda per far poltiglia della Santa Chiesa Cattolica, trasformandola in una delle tante ong umanitarie, un fritto misto di religioni prese al chilo, chiamando la Santa Vergine “meticcia” e sminuendo il ruolo di Gesù che è e sempre sarà il Re dei Re. Al golpista vaticano (gesuita e sudamericano) dà manforte, a Palazzo Chigi, un altro allievo dei gesuiti, Mario Draghi, con il suo buon Figliuolo, alpino, per colonnello… Il passo di questi e di quelli adesso, dopo aver chiuso le chiese, sudato le mani nelle poltiglie disinfettanti che profanano il Corpo di Gesù, proibito le messe dei sacerdoti in visita a San Pietro, è attaccare la messa tridentina, alla quale si abbevera la devozione di tanti che ancora oggi, nonostante tutto, vogliono rimanere fedeli a Nostro Signore. E io con loro, ben ferma come le mie isole sarde, nonostante il gioco delle correnti…
Marco Tosatti
Germania: pala d’altare raffigurante la Vergine Maria in jeans e dolcevita suscita polemiche
Una notizia che giunge dalla Germania, riportata dall’agenzia internazionale d’informazione Sputnik: senza parole. L.V.
Germania: pala d’altare raffigurante la Vergine Maria in jeans e dolcevita suscita polemiche
Una moderna pala d’altare con l’immagine della Vergine Maria che indossa jeans e dolcevita realizzata dall’artista tedesco Thomas Jessen nella chiesa di St Clemens a Drolshagen ha catturato l’attenzione del pubblico e ha causato grande scalpore tra i fedeli
«Non mi sarei aspettato la reazione che abbiamo ricevuto a proposito della pala d’altare. Una grande eco nella comunità, una grande eco nei media, nei giornali, anche in televisione, non ce lo aspettavamo per niente», ha detto mercoledì il pastore Markus Leber.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.