Non c’è la libertà di uccidere. La stupefacente campagna “Libera di abortire”.
È partita la campagna – stupefacente – “Libera di abortire”, su iniziativa dei Radicali Italiani e di altre associazioni consimili. Stupefacente per il titolo, non per i contenuti, ripetuti alla noia: con l’ipocrisia farisaica che da sempre li caratterizza, stavolta i Radicali non parlano più di «interruzione volontaria della gravidanza» (IVG), così come hanno sempre fatto, ma di «aborto». Rinunciano così alla finzione, alla maschera teatrale tenuta sinora, per cui essi sono convinti di cambiare le cose cambiando il nome alle cose.
Per accennare ai contenuti, la campagna “Libera di abortire” ripete la sciocchezza secondo cui, in Italia, le donne avrebbero difficoltà ad abortire per via della diffusa obiezione di coscienza, da parte di medici e infermieri. Una tesi, questa, smentita dai fatti: ottantamila morti all’anno per aborto attestano che la donna è liberissima di abortire, nonostante l’obiezione di coscienza. Ogni giorno, cioè, le donne trovano duecentoventi strutture italiane pro-aborto che le accolgono, pagate dal contribuente.
Ma veniamo alla sostanza. Aborto (abortus) è – da quando esiste il latino e la ragione – il participio passato di aborior, che significa «perire, venir meno nel nascere» (Dizionario etimologico Pianigiani). Orior, infatti, è il nascere, da cui anche «oriente», il luogo in cui nasce il sole. Ab-orior, quindi, è il perire, il morire. Stesso significato si ritrova in Treccani, Olivetti e altri dizionari.
Abortire significa, alla lettera, «uccidere». E poiché non si uccide una cosa, abortire significa uccidere qualcuno, non qualcosa. Non si può avere un’idea della difficoltà di scrivere sull’ovvio, su ciò che appartiene alla logica elementare. È un’operazione che mortifica, perché bisogna fingere di parlare ai bambini.
Se i Radicali non fossero convinti dell’equivalenza abortire-uccidere, non si comprenderebbe la scelta storica e sistematica di sostituire «ivg» ad «aborto». In “Libera di abortire”, al contrario, «IVG» è sporadico e si parla espressamente di sostegno al «libero accesso all’aborto», in quanto «diritto». Si parla, quasi sempre, di aborto e di abortire. Qualcosa non torna.
E continuerà a non tornare, perché questo tipo d’ideologia non si esprime per argomenti (pochi e stereotipati), ma per slogan: «lotta a corpo libero»; «fate i bravi, disobbedite»; «ho abortito e sto benissimo»; «mi hanno respinto in tre ospedali»; «in Italia una donna non è libera di abortire» e cose analoghe.
Consultando “Libera di abortire” s’incorre in un altro lemma, abbastanza centrale in questa come in ogni altra campagna ideologica e totalitaria: la parola «obbligo». I Radicali & Compagni vogliono chiedere al ministro della salute Roberto Speranza di rendere «obbligatori percorsi di preparazione, aggiornamento e informazione del personale sanitario coinvolto nelle pratiche di IVG» e garantita un’«adeguata formazione nelle scuole di specializzazione di ginecologia ed ostetricia».
Si chiede inoltre a Speranza di provvedere d’autorità (e quindi obbligatoriamente) affinché: le Regioni assumano medici non obiettori, nelle scuole siano inseriti progetti continuativi d’informazione sessuale, sia completamente accessibile ogni informazione attorno all’aborto (elenco strutture, indicatori, telemedicina, tracciamento dell’aborto clandestino, ecc…).
Si vuole, insomma, pretendere la libertà abolendo la libertà medesima dell’obiettore, che rifiuta di partecipare al «delitto abominevole» dell’aborto, secondo l’espressione del Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, 51).
I Radicali hanno fretta e fanno pressione sul governo e sul ministro «perché si attivino urgentemente» nel merito delle loro proposte. Devono togliere il prima possibile la libertà agli obiettori di agire secondo coscienza, dopo decenni di battaglie radicali a favore della libertà di coscienza. È questa una modalità schizofrenica di procedere, un rovesciamento del diritto.
Si richiedono obblighi, doveri, vincoli e costrizioni affinché «ogni persona in Italia sia davvero libera di accedere pienamente al suo diritto di scelta». Agli abortisti dev’essere garantita libertà di scelta, sul male della morte, mentre agli obiettori dev’essere negata, sul bene della vita. È una pretesa risibile e inaccettabile, innanzi tutto per una questione di logica elementare.
Molta della patristica insegna l’equivalenza concettuale di «aborto» e «uccisione». C’è un principio comune, ad esempio, in Tertulliano, Didaché, Diogneto, Barnaba: «Non uccidere il bimbo con l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita».
L’aborto, poi, non è solo un «delitto», ovvero l’infrazione della legge, ma è pure «abominevole», nel senso di un’azione da respingere con forza e detestare. L’abominio, nella Rivelazione, esprime tutta la lontananza tra il santo e l’empio, tra la salvezza e la dannazione. Rende conto della distanza infinita tra naturale e soprannaturale: distanza che è percepita dall’uomo come “innaturale”, soprattutto quando è colpevolmente voluta.
L’abominio è il toevah ebraico, l’impurità come distanza totale, la profanazione idolatrica del sacro, la volontà empia di superare la natura mediante la contro-natura. Il toevah è precisamente l’immersione nella contro-natura al posto della sopra-natura.
Silvio Brachetta
Associazione Meter scopre e denuncia un manuale con istruzioni per “praticare e godersi” il sesso con bambini
Il Manuale apre così la prima pagina: “Lo scopo di questa guida è insegnare agli adulti come fare sesso con i bambini in modo sicuro e innocuo senza ferire il bambino, utilizzando la psicologia e la pedagogia infantile avanzate e profondamente studiate. Se non vuoi sapere nulla di questo libro o di parte di esso, è tempo che tu lo abbandoni e cancelli tutto i tuoi contenuti in modo sicuro”. Meter Onlus non solo non ha cancellato, ma ha denunciato immediatamente questa istigazione pratica al crimine di pedofilia e agli abusi sui bambini. Si apprende ciò da una Nota diffusa oggi dall’associazione di Avola (SR) fondata e presieduta da Don Fortunato Di Noto.
Sono 170 pagine (accompagnato da una grafica accattivante, pedosoft con fotografie di bambini anche se non in atteggiamenti sessuali). Non si conoscono i redattori del manuale pedofilo, ma dichiarano che è stato redatto da professionisti (psicologi, pedagogisti, studiosi del settore e da supervisori). È in lingua spagnola, ma gli stessi estensori del manuale invitano chi condivide queste istruzioni, di tradurre il testo con le “istruzioni per praticare sesso con i bambini” in altre lingue e diffonderlo in tutto il mondo. È diffuso in una piattaforma online dedicate ai contatti di pedofili di tutto il mondo (e lo scambia di materiale pedopornografico è attivo). “Gli autori basano loro libro sull’idea che, in fondo, farebbe del bene ai bambini, che i bambini possono starci”, ha spiegato Don Fortunato Di Noto. Nel libro si parla di “tecniche non invasive” e di “appoggiare la causa della normalizzazione della pedofilia perché si tratterebbe di un orientamento. Siamo tutti liberi pensatori ma se facciamo passare che la pedofilia non è un atto offensivo nei confronti dei bambini e arriviamo a istigarla, come succede su fin troppi portali, il problema è evidente”, ha spiegato Don Fortunato Di Noto.
Appello ai server provider a collaborare con la polizia
Meter nel suo costante monitoraggio della rete ha individuato questo “Manuale”, che delinea i passi da fare “per evitare traumi ai bambini, dato che il sesso piace e non è affatto traumatico”. Per ovvie ragioni l’associazione di Don Fortunato Di Noto non diffonde il link di riferimento, che è stato segnalato immediatamente alle autorità di competenza: alla Polizia Neozelandese (la piattaforma della chat è allocata in un server provider con estensione di dominio “nz”) e per conoscenza anche alla Polizia Postale italiana. “Negli ultimi diciotto anni abbiamo depositato presso la Polizia Postale Italiana 65 mila segnalazioni documentate”, osserva il Presidente di Meter. Però, “segnalare e rimuovere è tempo perso se i server provider non forniscono dati. Se alle autorità non vengono forniti i file per completare le indagini e impedire a chi carica questo tipo di materiale di rifarlo due ore dopo non andiamo da nessuna parte. Si tratta di combattere contro i mulini a vento. Noi, con le nostre segnalazioni, abbiamo contribuito a ventiquattro operazioni nazionali e internazionali con migliaia di indagati, arrestati, bambini individuati. Questo dimostra che qualcosa si può fare”.
Quindi, Meter spera che il server provider non si appelli alla “scelta volontaria”, che rispetta la privacy dei propri clienti e fornisca gli elementi utili per la individuazione dei soggetti coinvolti. Infatti, “ci sono server internazionali, che non forniscono i dati per l’individuazione di soggetti perché è una ‘scelta volontaria’, non obbligatorio. Ma perché non deve essere obbligatorio se ci sono dei crimini? Non esiste una norma a livello mondiale, ogni Stato ha le proprie leggi per la pedofilia e questo è un problema”, dice Don Fortunato Di Noto.
Vigilare sulla normalizzazione della pedofilia
“Non è la prima volta, e non sarà l’ultima – ha dichiarato Don Fortunato Di Noto -, la denuncia pubblica che viene esposta per denunciare il costante e perdurante tentativo di normalizzare la pedofilia e praticare e godersi il sesso con i bambini (che prefigura l’istigazione a compiere un reato, ma aggiungiamo che il fatto di pensare alla pedofilia è già un atto offensivo nei riguardi dei bambini). Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia. La pedofilia è una piaga sotto gli occhi di tutti e se ancora li chiudiamo o facciamo gli indifferenti pensando che la pedofilia è tollerabile e non fa male ai bambini, diventa già una sconfitta”.
“La normalizzazione della pedofilia è un problema che sta sotto gli occhi di tutti – sottolinea Don Fortunato Di Noto -. Denunciamo sempre, tutti lo sanno e tutti lo leggono, però – alla fine – non si dice nulla. I contenuti rimangono lì nonostante tutto. Non c’è qualcuno che interviene. Noi non vogliamo fare la guerra a nessuno ma vogliamo proteggere i bambini. La domanda è: questo manuale pedofili, che comunque istiga a pratiche sessuali sui bambini, come si legge, non è un reato? Parliamo di decine di milioni di contenuti, oltre a questo libro. Chi si volta dall’altra parte non vede, di contenuti di questo tipo ce ne sono un’infinità e di diverse tipologie. Possibile che non possiamo reagire in maniera degna?”.
Ognuno può e deve fare qualcosa per combattere la pedopornografia online, sottolinea Don Fortunato Di Noto: “Il cittadino deve, innanzitutto, informarsi. Poi se trova materiale, qualunque tipo di materiale che ritenga offensivo nei confronti dei bambini e dell’infanzia, deve denunciarlo alla polizia. Ci sono moltissimi canali per farlo anche in rete, dai commissariati alle sezioni appositamente dedicate delle polizie postali dei vari Paesi. Viene data la possibilità di compilare degli appositi form. Noi procediamo in questo modo, segnalando agli uffici di tutti i Paesi preposti a contrastare il fenomeno. La gente deve segnalare: anche una sola segnalazione può salvare moltissimi bambini. La rete è positiva ma ci sono persone malintenzionate, proprio come nella vita reale”.
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