“La parola nutre ancora?” di Nicola V.
[Ho ricevuto nella mia casella mail un interessantissimo pezzo di Nicola V., nostro lettore. Nonostante le sue richieste di correzione, ho ritenuto opportuno pubblicarlo originale. (Non me ne volere, Nicola). Questo è un esempio forte, cari lettori. Di una Chiesa che sopravvive. E il buon Nicola è un testimone che non perde la speranza, che non si fa ingannare e il cui cuore pulsa di passione per il Testo Sacro. Egli, senza saperlo, ha portato nel mio cuore quest’oggi una grande consolazione, in mezzo alla tempesta che vivo. In un momento specifico in cui avevo un sincero bisogno di sostegno. Grazie, Nicola, della condivisione. Lascio a te l’onore di rispondere ai commenti ed alle domande che ne verranno su questo interessantissimo articolo, comprensivo anche di tabelle numeriche. Investigatore BIblico]
La PAROLA nutre ancora?
E’ ormai conclamato che la crisi della Chiesa è da ricercarsi in tempi passati. Il seme gettato in modo non sospetto, e una opposizione, uno sradicamento, non esplicito e mai del tutto operativo hanno permesso il germinare, radicarsi e cresce di quel seme. Divenuto ormai pianta sotto la quale trovano riparo e conforto i piccoli passeri e gli atri esseri del Creato. La mortificazione, morte e scomparsa del METAFISICO, l’ABOLIZIONE delle tradizioni, e le capestri traduzioni dei Testi, e il complesso di fonti alternative, hanno creato e permesso che si giungesse alla reale Apostasia in corso. Non sono un dotto, e non sono adeguato a motivare le prime due cause in maniera scientifica, ma sono SICURO che è così. Per le traduzioni dei Testi sappiamo tutti che ci sono state traduzioni assurde e incomprensibili. Come fedele leggendo e ascoltando la Parola, nel corso del tempo non ritrovavo più PAROLE intime, alle quali erano collegati sentimenti, ricordi “divini”. Il cattolicesimo modernista è tangibile, visibile nelle comunità. Il mio stato di confusione oltre ad essere conforme ai danni causati dalla morte del METAFISICO, e l’abolizione delle TRADIZIONI, nasce da uno studio personale fatto sulle traduzioni della Sacra Bibbia CEI 1974, CEI 2008 e la TILC. Partendo dalla consapevolezza che, se non si sta molto attenti, i testi tradotti perdono parte della loro ESSENZA e questo sappiamo bene è successo anche per i Testi Sacri. Ma COME e cosa è stato tradotto? Il risultato del mio studio certifica la RIMOZIONE o la riduzione di termini SACRI, la DILUIZIONE o confusione di altri, come si è fatta sintesi logica ma anche alogica. In questa sintesi pare evidente, per me, una sottile volontà di confusione e appiattimento della PROFONDITA’ e lo SVUOTAMENTO del riverbero del Testo in questione, una diluizione dei contenuti, un aumento di estensione e non di comprensione, della Sacra Scrittura. Dalla analisi delle traduzioni dei TERMINI, e delle espressioni dei concetti vengono fuori dei TESTI abbastanza conformi e propedeutici ai tempi di riferimento proprio, e di quelli in corso. Lungimiranti, direi. Pregiudizievoli però per la sana crescita.
In sintesi le tre Bibbie prese in esame sono : TILC, CEI 1974, CEI 2008;
TILC: .” La Bibbia TILC (“traduzione in lingua corrente”) è approvata dalla Chiesa italiana e unisce le Chiese cristiane. Non è un caso che alla sua realizzazione abbiano partecipato biblisti cattolici e protestanti, e sia nata con l’accordo tra Alleanza Biblica Universale e Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.:.” Cit. Quindi, studiosi diversi ma uniti nel bene comune Io l’ho scoperta nel 2017.
CEI 1974: Che dire è la Bibbia autorizzata dalla Comunità Episcopale Italiana, pubblicata nel 1974. Probabile copia di cui io mi sono interessato in età scolastica preadolescenziale, in sintesi ho imparato a leggere e leggevo la Bibbia, fino all’arrivo di Postalmarket. ( porno soft domestico primordiale)
CEI 2008: Idem. Traduzione e pubblicazione a cura della Comunità Episcopale Italiana. Nota anche come la Bibbia di Gerusalemme. Personalmente poco frequentata, tranne nel’ascolto in Chiesa. Continuo ad avere la mia C74 del 94. Con Lei ho viaggiato, pregato e pianto, capito e promesso, convertitomi e mai pentito di CREDERE, sempre negligente verso colui che ONNIMEPRESENTE.
La Bibbia è un bel mattone fisico. In termini di pagine se la CEI74 ha 100 pagine, la CEI 2008 ne avrebbe 115/120, la TILC sarebbe un mattone doppio rispetto alla CEI74 con le sue 200 pagine.
Un numero immenso e diverso di pagine e di parole per esprimere gli stessi concetti.
Eppure nella forma oggettivamente prolissa delle traduzioni, la Tilc, la SACRALITA’ del termine è legata al NUMERO delle citazioni del TERMINE stesso. E’ legato bene al significato ORIGINALE del termine. Quindi TERMINE adeguato, completo e CONDIVISO dalla comunità di diversi studiosi riuniti per il bene comune.
Nelle forme sintetiche CEI, le stesse PAROLE hanno uno strano andamento storico. Alcune nascono e muoiono, atre si spostano nel tempo, da SOLO NUOVO T. al VECCHIO T., per poi sparire. Stesso numero di citazioni, ma in posti DIVERSI, con significati diversi.
ORACOLO: – PAROLA che viene citata 1 sola volta nella TILC, con significato strategico e DETERMINANTE, e moltiplicata per 150/300 volte nelle altre traduzioni. Portando confusione e facendo DERESPONSABILIZZARE il determinato specifico del significato originale.
Sir 33,3 l’uomo intelligente fa affidamento sulla legge,
per lui è degna di fede come il responso dell’oracolo.
MESSIA, BATTEZZATO, MAESTRO,: sono PAROLE UNIVOCHE che caratterizzano la nostra FEDE. Nate con GESU’ hanno avuto un periodo di incubazione, repressione, ripristino.
UMILE/UMILTA’* – sono parole che hanno creato LUP logici, alogici, digeribili e DIGERITI solo in particolari contesti storici sociali. ALOGICO si sposa bene con ANALOGICO. ( periodo analogico: periodo storico sociale che va dagli 60 agli anni 80). * Può il BIANCO vantarsi del proprio candore DAVANTI alla BIANCHEZZA. Può una stanza ILLUMINATA vantarsi della sua luce DAVANTI alla LUCE.
TALENTI: – sono PAROLE nate con lo scopo di fare sintesi, ma moltiplicando il loro significato AUMENTANO LA CONFUSIONE.
EBREO/EBREI : Termini PROPRI che hanno dato seguito ad un’operazione TOTALITARISTA degna della seconda guerra mondiale e comunismo. Un GENOCIDIO, in questo caso, come uso del termine, anch’esso DERESPONSABILIZZANTE.
CRISTIANI* , MISERICORDIA, MAGNAMINITA’, CARITA’. sono PAROLE allora come oggi PASTORALI che sono nate e cresciute, anticipando le parole DIFFUSE dal buonismo e dalla nuova FEDE2.0. * i nuovi e numerosi cristi
Mi fermo. Non continuo.
Per fare riferimento a qualcosa che il mondo inizia a comprendere, anche se con difficoltà, è che la Storia la scrivono i vincitori. Ma i vincenti, però, OGGI non sono sempre riconoscibili. La democrazia cristiana, il centrosinistra, il centrodestra, il politicamente corretto, ma corrotto, fedeli resi tiepidi, comodi e progressisti, ci hanno portato a vedere chiaramente l’unico nemico nel tifoso avversario. AMMOORRT A JUVE. Per il resto sono punti di vista plausibili e degni di esistere. E’ certa anche l’esistenza di un Piano Gramsci, per l’indottrinamento diffuso del comunismo, che fu attraverso l’uso determinato di testi,mezzi e uomini. Così l’uso indiscriminato di TERMINI e traduzioni nella Sacra Bibbia ha portato una diluizione della BELLEZZA che ESSA HA. Causando un intrinseco vuoto di VERITA’, CERTEZZA, BELLEZZA lasciandoci sempre PECORE, bisognose di pastore, e mai definitivamente LIBERI come gli UCCELLI del cielo o i PESCI del mare. Questi GREGGI PRIVE di pastori INCARNANO perfettamente la loro NATURA creaturale. Sono partito nel 2015 che la CEI 08 mi rubava le PAROLE della CEI 74. Poi ho trovato nel 2017 la TILC. E’ ho capito che ho pianto, promesso sulla versione più priva di contenuti, persuasiva di Male, e piena di confusione in circolazione. Ma lo ZELO nel CREDERE ha fatto il seguito.
Ho scoperto verità storiche sul C. V. II; una rivoluzione sommersa.
Ho scoperto che storicamente i Mille di Garibaldi non erano Mille, e che già all’epoca esistevano le fake-news . Ho razionalizzato come le 5 rivoluzioni sociali e Illuministe che si sono susseguite dal 1517, la rivoluzione in corso, la RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA, e quelle ideologiche di pensiero, hanno tutte un filo comune che le collega. La scomparsa del senso di CREATURALITA’ e NATURALITA’ dell’ESSERE. In altre parole la vita TEOCENTRICA, con FILOSOFIA NATURALE DELLE COSE, TEOLOGIA, con fede TEOLAGALE diffusa.
Tutte le rivoluzioni, compreso il C.V. II coincidono nella forma: Una minoranza organizzata capace di agire attivamente con mezzi e uomini. Le 5 rivoluzioni sociali e Illuministe che si sono susseguite dal 1517 e il C. V. II hanno in comune il fine. Dimostrare che DIO E’ MORTO. Collimano, o trasformano i loro intendi quando capiscono che la guerra alla Chiesa produce MARTIRI, che restano esempi positivi. Era meglio produrre falsi pastori, meno vittime, con esempi innovativi, rivoluzionari da seguire. Mi rabbrividisce pensare che noi tutti siamo vissuti in un sistema pubblico, d’istruzione, sociale, amministrativo derivante dal piano Gramsci di cui sopra. ( siamo stati TUTTI potenzialmente COMUNISTI, ATEI. E non so se è finito! )
Sono vissuto in un epoca di transizione, sono del 68, proveniente da cultura contadina. Ho visto trasformare i video proibiti del mitico 144, dopo le 24, in video liberi a ogni ora di musiche odierne,ho visto trasformare la donna oggetto delle pubblicità in donna manager, a donna superiore in tutto. Ho visto un PADRICIDIO continuo e perpetrato in tutte le salse. Da Burt Simpson a l’uomo padrone di un unico pensiero anni 80. A uomo INCAPACE, ormai presente in modo incapace in qualche pubblicità. Si perché l’UOMO, chiaramente MASCHIO è già da un po’ che manca dagli schermi. Oggi si preferiscono esaltare le sfumature di mascolinità e femminilità, creature angeliche negli spot, devianti come l’ho era la famiglia del Mulino Bianco. Per questo e altro credo poter di affermare con certezza che per tanti motivi si è perso il lume della logica razionale, abbiamo ubbidito a chi non dovevamo, abbiamo creduto a cose ideologiche, illogiche, ma indottrinate e presentate in modo piacevole. Per gli psicologi noi abbiamo vissuto in un sistema di DOPPIO MESSAGGIO CONTINUO, deleterio per la crescita cognitivo razionale emozionale dell’individuo. Pensateci, il MONDO per recuperare l’incapacità logica delle risorse umane di prevedere e risolvere problemi nell’ambito produttivo si è inventato la scienza della QUALITA’, dove ricorda alle risorse umane, attraverso OVVIETA’ di credere nella propria razionalità e logica per un miglioramento continuo della vita. Perfino il MONDO ha compreso che la QUALITA’ è nei dettagli. La chiesa in USCITA non ricorda più che LEI ERA il DETTAGLIO, il FRAMMENTO dell’infinito da custodire.
Custode e amministratrice, Maestra per eccellenza di quel VERBO FATTO CARNE, Parola Incarnata e nutrimento per la FEDE TEOLOGALE. Se è LEI ad inquinare, alla fine, quella FEDE TEOLOGALE a vantaggio di una generale apostasia; se ha dato a chiunque la possibilità di manipolare la FILOSOFIA CRISTIANA; se acconsente un ecumenismo o un dialogo interreligioso senza più quella ed unica VERITA’ che è Cristo il Signore Dio, allora non meraviglia – ma scandalizza – se questa chiesa non porta FRUTTI, ma solo dei fichi FRONDOSI.
Un esempio di traduzione a mio avviso perversa:
Come hai potuto cadere dal cielo tu, splendente figlio dell’aurora?
In passato hai conquistato nazioni, ma ora ti hanno steso a terra!
Is 14-12 TILC
Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora?
Come mai sei stato steso a terra,signore di popoli?
Is 14-12 CEI 1974
Come mai sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora?
Come mai sei stato gettato a terra, signore di popoli?
Is 14-12 CEI 2008
L’esempio di cui sopra è solo 1 delle ORRIBILI e confusionarie traduzioni disponibili, Io lo trovo l’origine delle oscenità divergenti dal testo SACRO presenti nella Bibbia moderna della CEI. E dovrebbe dare conferma tangibile del potenziale VALORE delle PAROLE.
P:S: L’inferno non esiste definitivamente più già dal 2008, e gli ebrei sono TUTTI morti già 1974, tranne Uno.
https://investigatorebiblico.wordpress.com/2021/07/21/la-parola-nutre-ancora-di-nicola-v/
“Non abbandonarci alla tentazione”? Traduzione gravemente sbagliata e consapevolmente falsa
Alle cure di Aldo Maria Valli si deve un agile volume, di taglio intenzionalmente discorsivo e nondimeno denso di stimoli alla riflessione, sulla nuova “traduzione” Cei del Padre nostro in Mt 6, 13 e Lc 11, 4, cioè «non abbandonarci alla tentazione» (così ne La sacra Bibbia Cei, Città del Vaticano 2008, ripresa nella recente ed. Cei del Messale Romano, Roma 2020, pp. 163/445/483, entrato in vigore lo scorso 4 aprile). A legittima e anzi doverosa difesa del consueto “non indurci in tentazione” Valli ha riunito alcuni pareri, per lo più di religiosi (Nicola Bux, Giulio Meiattini, Alberto Strumia, Silvio Barbaglia) ma anche di un laico (Silvio Brachetta), che variamente convengono sull’inopportunità d’imporre nelle celebrazioni una versione inadeguata ed essenzialmente erronea della sesta domanda del Padre nostro.
Valli introduce (pp. 1-11) i varî contributi critici sottolineando anzi tutto come l’originale greco sia mē eisenénkēs, ben reso dal latino ne inducas, cioè “non indurre”/”portar dentro” (nella tentazione/prova), non certo un’altra forma verbale che significhi “abbandonare”. Ma è davvero da respingere, sul piano teologico, l’idea che Dio ci sottoponga a prove (visto che in tal senso dev’esser intesa la tentazione) e lasci talvolta campo libero all’avversario? «La questione vera – risponde Valli nel solco delle tradizioni patristica e scolastica – è che Dio certamente permette la tentazione, e non in via straordinaria o marginale, ma come esperienza costante» (p. 6).
Sugli effetti provvidenziali della “prova” il curatore interpella mons. Bux (pp. 13-20), noto liturgista, che dopo aver ribadito l’equivalenza, in temptatio, di tentazione e prova di fedeltà a Dio («non si può chiedere a Dio di “non abbandonarci alla tentazione”, ma di non introdurci nella prova e di liberarci dal maligno», p. 16), parla inquieto di un’«ideologia del cambiamento, non disgiunta dall’idea che il Messale non sia norma, ma canovaccio da interpretare e modificare» (p. 17). Adesso è il caso, che Bux definisce a buon diritto non ecumenico né vòlto a crear ponti, del rigetto di “non indurci in tentazione”; ma già nella nuova liturgia dell’ultimo concilio l’evangelicamente fondato pro multis della formula consacratoria (perì pollôn in Mt 26, 28, hypèr pollôn in Mc 14, 24; ancor più restrittivo hypèr hymôn in Lc 22, 20) era divenuto «per tutti», creando un ulteriore fattore divisivo tra le Chiese (pp. 18-19).
Dom Meiattini ricorda poi la legittimità, in italiano, della pur vetusta valenza di indurre nel senso di “condurre in un luogo” (p. 24), valenza che rispecchia senz’altro l’inducere vulgato a sua volta calco di eisenenkeîn. Scostarsi da questa rigorosa tradizione di fedeltà al greco è imprudentemente grave, né risolve il problema insito, invece, in peirasmós: “prova” o “tentazione” o l’una e l’altra? Problema che tuttavia riguarda la sola resa italiana, che diversamente dal greco e dal latino non può ricorrere a un solo termine per esprimere “tentazione” e “prova”. Va da sé peraltro che Dio non è tentatore nell’accezione malefica della parola, bensì mette alla prova i suoi per saggiarne lo spirito, come dimostrano molti luoghi vetero- e neotestamentari (memorabile Gen 22, 1 Deus tentavit Abraham, citato a p. 26). La petizione è dunque quella di non esser introdotti in una prova che possa soverchiare le nostre capacità di resistenza; abbandonare è invece verbo statico che oblitera il moto a luogo dell’originale (p. 30; a margine, osservo però che la “traduzione” Cei forse conserva un cenno di moto nel complemento «alla tentazione»).
Don Alberto Strumia, intervistato da Valli (pp. 37-45), solleva un questione fondamentale, cioè l’intenzionalità dell’alterazione di Mt 6, 13 e Lc 11, 4 conformemente al nuovo umanitarismo postconciliare: in altre parole, «gli inventori di un nuovo “cristianesimo”» (così a p. 39) non si peritano d’intervenire sulle stesse Scritture per adattarle alla sensibilità dell’uomo contemporaneo. Dio è primamente fonte di misericordia né può spingere l’uomo ad esser tentato dal demonio, sicché meglio sarà ripiegare, ingannando così i fedeli, sul più generico e rassicurante «non abbandonarci alla tentazione». A tal proposito il sacerdote, noto per i suoi vasti interessi epistemologici, fa menzione sia pur fugace della gnosi (p. 39), e in modo opportuno, direi, purché se ne adatti il concetto alla modernità: gli antichi gnostici vedevano infatti nella misericordia del Cristo un’attenzione esclusiva a sé stessi, élite pneumatica distante dai traviamenti della materia e consustanziale al Redentore, laddove la scialba e materialistica gnosi dei nostri tempi riserva la misericordia ai soli allineati al verbo religiosamente corretto dei Gutmenschen.
Seguono lucide riflessioni di don Silvio Barbaglia dal titolo Il problema non è il verbo, ma il sostantivo (pp. 47-55). Riportando doverosamente all’attenzione il testo greco dei due evangelisti (mē eisenénkēs hēmâs eis peirasmón), il biblista fa notare come l’attenzione dei traduttori Cei si sarebbe piuttosto dovuta concentrare su peirasmós per i motivi di ambivalenza semantica già veduti (greco e latino abbracciano due valori che in italiano e in altre lingue moderne «sono invece dissociati al punto da apparire, paradossalmente, antitetici», pp. 47-48) e come la sesta petizione del Padre nostro, per esser compresa rettamente, debba concepirsi come un tutt’uno col seguente libera nos a malo (pp. 53-55; rilevo che l’interpretazione unitaria del versetto risale alla più antica tradizione patristica greca).
Silvio Brachetta, in un breve capitolo (pp. 57-61), insiste sul fatto che «l’esegesi dei testi non può tradire quella dei padri e dei dottori della Chiesa», tanto più perché, nella fattispecie, non s’intende come mai «un Dio che ci “induce”, ci porta dentro, nella tentazione dovrebbe essere peggiore di un Dio che ci “abbandona” ad essa» (p. 57). Peraltro, la componente misteriosa se non disorientante che talora contraddistingue le Scritture va lasciata intatta anziché venir artatamente depurata da ciò che non paia sùbito intelligibile: meglio infatti riconoscere i nostri limiti invece di forzare i testi, con ‘traduzioni’ falsanti, a dire ciò che punto non dicono.
Valli conclude circolarmente il volume (pp. 63-68) gettando luce sui retroscena, penosi, che hanno propiziato l’accoglimento, nella Bibbia Cei 2008, della famigerata “traduzione” dell’abbandono. Giochi di potere, votazioni in assemblea, decisioni prese a monte e alfine imposte: quanto di più estraneo, invero, alla serietà silenziosa dell’impegno filologico-esegetico.
Il volume, per le argomentazioni svolte e variamente riprese, aiuta a focalizzare i lati deboli – ma anche la tendenziosità – della versione Cei del Padre nostro, senza necessariamente presupporre, nel lettore, competenze tecniche sul piano linguistico o ermeneutico. Devo in specie a questi contributi raccolti da Valli l’impulso a ulteriori approfondimenti sul tema, confluiti in un saggio di prossima pubblicazione in una rivista specialistica (titolo insinuante: Una vecchia scheggia gnostica? Annotazioni sul «non abbandonarci» della Cei). Ivi ho tratto le seguenti conclusioni: 1. la tradizione manoscritta greca, la sola di cui abbia senso parlare in linea prioritaria, offre univoca il testo mē eisenénkēs hēmâs eis peirasmón in Mt 6, 13 e Lc 11, 4, né compaiono divergenze di sorta nelle citazioni dei Padri o financo di eretici; 2. evocare il fantasma dell’aramaico per ricostruire gl’ipsissima verba Jesu e puntare il dito sul presunto erroneo eisenenkeîn (l’aramaico sarebbe stato, si va dicendo, più morbido, ossia “non permettere che siamo indotti”) è operazione spericolata come tutte le retroversioni ipotetiche, contro le quali si dissero sempre scettici i benemeriti coniugi Aland; 3. la formula latina pregeronimiana – attestata nell’Afra, in Tertulliano, Cipriano, Ambrogio e Agostino – che tradotta suona a un dipresso “non lasciare che siamo indotti in una prova/tentazione” ha origine scopertamente parafrastica e nessun valore di variante testuale: lo mise già in luce sant’Agostino in varî passi di capitale importanza (soprattutto De oratione 8), che probabilmente ebbero il merito di oscurare la variante spuria a favore della formula corretta ne nos inducas in tentationem (già circolante e diffusa poi soprattutto dalla Vulgata; scopro tuttavia che tale variante “permissiva” riemerge in versioni vernacolari italiane del Diatessaron risalenti al XIII sec.); 4. i soli testimoni di versioni alternative inizianti con ‘non abbandonarci’ sono, sul versante latino, il commento ai Salmi d’Ilario di Poitiers (In Ps. CXVIII aleph 15) e su quello medionederlandese il ms. 437 della Biblioteca Universitaria di Liegi (f. 14ᵛ), ambedue corollari deteriori e banalizzanti della formula spuria di cui al punto precedente; 5. è nondimeno possibile che l’origine sia dell’una (“non permettere…” sia dell’altra (“non abbandonarci…”) variante si debba cercare, anziché in parafrasi esplicative poi sostituitesi al testo originario, in alterazioni ad opera intenzionale di eretici prossimi alle dottrine gnostiche (Marcione e Taziano), eventualmente per le ragioni sopra esposte là dove accenno al contributo di Strumia; 6. entrambe le formule si sarebbero poi diffuse anche al di fuori di correnti gnosticizzanti data la loro interpretabilità pure in senso ortodosso (sarebbe infatti assurdo sospettare d’eresia Cipriano, Ambrogio o Ilario); 7. comunque stiano le cose, la nuova versione Cei di Mt 6, 13 e Lc 11, 4 è gravemente sbagliata, gravità accresciuta dalla consapevolezza della falsificazione: prova ne sia che di molti passi neotestamentari la traduzione della Bibbia Cei 2008 è lodevolmente precisa e migliora senz’altro l’edizione del 1971 (1974²).
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Matteo Taufer
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