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domenica 11 luglio 2021

Questa ideologia secolarista che minaccia tutti

Così in America prosegue l’opera di distruzione della cultura e della morale. La lucida denuncia di William Barr



Il cattolico William Barr, ex ministro della Giustizia nell’amministrazione Trump, illustra il processo di distruzione morale e culturale della gioventù americana, in corso soprattutto nelle scuole. Davanti all’offensiva condotta dalla Cancel culture e dalla Teoria critica della razza, ecco una denuncia coraggiosa del piano in atto per deformare la mente e l’anima delle nuove generazioni.

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di Edwin Benson

Il 20 maggio 2021 a Orlando, Florida, l’ex procuratore generale William Barr ha ricevuto l’annuale premio Edwin Meese III per la libertà religiosa dall’Alliance Defending Freedom.

Più volte, durante il discorso di ringraziamento, Barr ha difeso l’idea che è impossibile separare la religione dall’istruzione. Una riflessione che fornisce potenti munizioni a tutti coloro che si battono contro i tentativi di promuovere il secolarismo e, in particolare, contro la dannosa Teoria critica della razza e la sua creatura, il Progetto 1619 [lanciato dal New York Times nel 2019, è un progetto giornalistico che ha lo scopo di “ripensare la storia del paese mettendo le conseguenze della schiavitù e il contributo dei neri americani al centro della narrazione nazionale”, ndt].

William Barr Explains How Education Was Destroyed in America

Lo schietto esponente conservatore cattolico ha sostenuto che molte scuole promuovono ideologie radicali dannose sia per gli studenti sia per la società. Questo “indottrinamento” ha gravi implicazioni per coloro che cadono sotto il suo incantesimo. E si tratta, ha precisato Barr, di ideologie “totalmente incompatibili” con il cristianesimo.

Fondamenti religiosi dell’educazione

Facendo una breve storia delle influenze religiose sulla professione educativa, Barr ha esordito affermando che “in tutta la storia della civiltà occidentale è stato generalmente compreso che una vera educazione è intrinsecamente legata alla religione e alla morale”.

Infatti, il concetto di scuola, così com’è inteso oggi, scaturisce dalla Chiesa. Non c’è niente di strano nel rapporto diretto tra religione e educazione. Ma oggi, ammonisce Barr, si vuole che le scuole siano “sigillate” rispetto alle influenze religiose, e il principio della “separazione tra Chiesa e Stato” è radicato a tal punto che molti pensano che l’attuale laicità risalga alla fondazione della nazione.

Promuovere la virtù civica

Barr divide la storia dell’istruzione pubblica americana in tre parti. La prima inizia intorno al 1830, quando educatori come Horace Mann individuarono due scopi per il sistema che stavano creando. Il primo era quello di sviluppare un’identità nazionale comune, e Barr lo illustra con una parafrasi del motto nazionale: “Forgiare l’unum dal pluribus” [E pluribus unum, Dai molti l’uno, è la locuzione latina divenuta motto nazionale degli Usa, ndt]. Il secondo obiettivo era quello di costruire il carattere morale della gioventù americana.

Questo secondo obiettivo, per quanto lodevole, non fu mai pienamente raggiunto. Sfortunatamente, la base di questo approccio era una sorta di minimo comun denominatore che Barr chiama “pan-protestantesimo”. Questa tappa vide anche i cattolici entrare in competizione stabilendo il loro sistema scolastico.

Per quanto limitata, questa educazione morale assicurata nella scuola pubblica trasmetteva virtù civiche basate vagamente sui dieci comandamenti. Gli studenti in queste aule della scuola pubblica recitavano una generica preghiera cristiana ogni mattina dopo aver pronunciato il giuramento di fedeltà.

Secolarizzazione implacabile

Ma quella pratica si è conclusa. Barr non ha fornito una data o un evento specifico che ne abbia causato il cambiamento, ma ha riferito che esso è avvenuto nell’“ultima parte del ventesimo secolo”.

La seconda fase descritta da Barr ha visto “un’incessante campagna di secolarizzazione intenzionata a scacciare ogni traccia di religione tradizionale dalla piazza pubblica”. E questa iniziativa ha preso di mira la parte più vulnerabile della piazza, cioè le scuole pubbliche.

Dopo aver ottenuto il sostegno della Corte suprema, i laicisti fanatici si mossero senza esitazioni contro qualsiasi influenza religiosa all’interno della cultura americana. Nei concerti scolastici la canzoncina Santa Claus Is Coming to Town (Babbo Natale arriva in città) sostituì i tradizionali canti natalizi. Le squadre sportive non poterono più pregare prima delle partite. Le Sacre Scritture potevano essere menzionate solo nell’ambito di una lezione di storia o di letteratura. Una “secolarizzazione per sottrazione”: così Barr chiama questo processo.

Mentre le scuole espellevano Dio, la disciplina degli studenti ne faceva le spese. Le autorità scolastiche disponevano solo di deboli frecce nella loro faretra, un “banale discorso di valori liberal”. Dicevano ai ragazzi di essere amichevoli, di mostrare rispetto, di aspettare il loro turno, di non mentire o colpire con rabbia. Pur tuttavia, non fornivano alcuna ragione per tali regole. “Ciò che doveva passare per condotta morale non aveva alcun fondamento metafisico”. Questi valori, essenziali per un discorso di civiltà, “divennero nient’altro che mero sentimentalismo, che attingeva ancora dalle scie vaporose del cristianesimo”.

In questa situazione già deteriorata i genitori di solito potevano ancora aspettarsi che le scuole rafforzassero, anche se debolmente, i valori insegnati a casa. Sebbene non fosse loro permesso di insegnare la moralità, almeno in classe non contraddicevano apertamente le lezioni dei genitori a casa.

Questo sistema, sostiene Barr, può funzionare in una società dotata di valori comuni, relativamente omogenei e trasversali alle razze e alle classi sociali. Ma la Teoria critica della razza è il tentativo più recente di distruggere una tale società, e ormai gli educatori moderni si stanno affrettando nell’attuare la terza fase, cioè “l’effettivo indottrinamento dei ragazzi con un sistema di credenze laiche che è un sostituto della religione ed è antitetico alle credenze e ai valori della religione tradizionale incentrata su Dio”.

Finire il lavoro

Attualmente la sinistra tenta in continuazione di rimuovere ogni traccia residua di cultura cristiana dalle scuole, gettando strenuamente le fondamenta di un mondo anticristiano distopico. Questo obiettivo precede tutti gli altri. I voti alti ora sono considerati un simbolo di oppressione e si è convinti che le lezioni impegnative penalizzino le vittime di ingiustizie passate. Nella mente di molti americani qualsiasi sistema disciplinare evoca immagini di schiavi frustati. La convinzione è che i concetti di oggettività e verità assoluta neghino “l’esperienza vissuta” e le “narrazioni alternative”.

I risultati sono strazianti. “Lo stato delle nostre scuole pubbliche sta diventando un’assurdità a cui difficilmente si può credere. Mentre un numero sorprendente di scuole pubbliche non riesce a produrre studenti competenti in lettura di base e matematica, non si risparmiano sforzi e spese nel tentativo di instillare un sistema radicale di credenze laiche che per gli americani di vent’anni fa sarebbe stato inimmaginabile”.

Barr offre prove a sostegno di questa conclusione e menziona in particolare una lezione tenuta nell’ambito di una “Settimana d’azione Black Lives Matter” in una scuola materna pubblica dell’Iowa. La didascalia su una pagina a colori annunciava una rivoluzione sociale: “Ognuno può scegliere se essere una ragazza o un ragazzo o entrambi o nessuno dei due o qualcos’altro, e nessuno può scegliere per loro”.

Questo messaggio, del tutto inadeguato per alunni in età prescolare, costituisce un assalto ai valori tradizionali. “Attenua” i sensi morali dei bambini al fine di far loro accettare violazioni flagranti della legge naturale, che altrimenti respingerebbero. Un processo simile è in atto nelle ripugnanti Drag Queen Story Hours [ore di lezione durante le quali travestiti, detti drag queen, leggono favole ai bambini, ndt] che hanno inorridito persino genitori di sinistra.

Nessuna risposta facile

Non esistono risposte facili a questa offesa se non quella di una rigenerazione morale e spirituale a livello nazionale. Fino ad allora, i cristiani impegnati devono fare tutto il possibile per sconfiggere – scuola dopo scuola, consiglio dopo consiglio, stato dopo stato – questa ideologia secolarista che minaccia tutti. L’ex ministro della Giustizia William Barr va lodato per aver saputo spiegare il problema in modo così chiaro.

Fonte: Tradition Family and Property

https://www.aldomariavalli.it/2021/07/11/cosi-in-america-prosegue-lopera-di-distruzione-della-cultura-e-della-morale-la-lucida-denuncia-di-william-barr/

Le radici profonde della rivoluzione conservatrice di Trump


Nello sterminato panorama di serie televisive offerte dalla miriade di piattaforme streaming, disponibili a un pubblico ormai sempre più vasto, si possono trovare molti prodotti di qualità eccellente, come la miniserie dedicata a John Adams approdata da qualche tempo su Sky. Realizzata nel 2008, ma niente affatto invecchiata, John Adams racconta in sette episodi la storia del secondo presidente degli Stati Uniti (1735-1826), eletto dopo Washington e prima di Jefferson, che, nonostante sia ormai un perfetto sconosciuto, e non solo da noi, è stato il più importante Padre fondatore degli Usa, colui che ha dato spirito e corpo alla ribellione dei coloni, trasformandola in una vera e propria Rivoluzione (conservatrice).

Prodotta da Hbo, con Tom Hanks nella veste di produttore esecutivo e Paul Giamatti in quella di protagonista, la serie è tratta dall’omonimo best-seller di David McCullough, John Adams (Simon and Schuster 2001), purtroppo mai tradotto in Italia. Il personaggio è ben delineato e molto fedele a quello storico: un avvocato di umili origini ma laureato ad Harvard, che, grazie al durissimo lavoro svolto nella città di Boston, diventa il referente politico dei sempre più numerosi coloni che non sono disposti a pagare tasse e balzelli al Parlamento britannico senza godere di alcuna rappresentanza. Sin dal primo episodio, John Adams emerge come il protettore dei più deboli e soprattutto come il custode integerrimo della legge. Accetta, infatti, l’ingrato compito di difendere le odiate “giubbe rosse“, ossia i soldati britannici, protagoniste del cosiddetto “Massacro di Boston”, avvenuto il 5 marzo 1770. Il contingente di truppe inglesi, che da un paio di anni stazionavano in città per difendere i funzionari della Corona in servizio nel Massachusetts, venne aggredito da una folla di violenti manifestanti armati di mazze e altri oggetti contundenti. Ferito gravemente, e spaventato a morte, un soldato fece fuoco, e la situazione degenerò: altri soldati spararono, uccidendo tre civili e ferendone altri otto. Tutti i militari furono immediatamente arrestati e accusati di omicidio, ma la brillante difesa di John Adams riuscì a far assolvere quasi tutti gli imputati, dimostrando che erano state vittime di un tentativo di linciaggio. In questo fatto, narrato nel primo episodio della serie, c’è già tutto John Adams: il caparbio difensore dei deboli, il coraggioso accusatore delle ingiustizie, il rivoluzionario “conservatore”, disposto ad accendere il fuoco della ribellione in nome dei più alti principi di legalità e giustizia

Colto, puntiglioso, ambizioso, onesto e coraggioso, Adams partecipò al Primo e al Secondo congresso continentale, dove diventò il leader dei patrioti indipendentisti. Lontano dai furori rivoluzionari che si accendono e spengono come fuochi di paglia, aveva capito meglio degli altri che

la Rivoluzione era cominciata molto prima della guerra: la Rivoluzione era sbocciata nelle menti e nei cuori della gente.

Per dare un senso radicato e profondo a quello che sarebbe stato l’evento letteralmente più “rivoluzionario” dell’era moderna, e che avrebbe creato uno stato nuovo in un continente nuovo con regole nuove, Adams approfondì le fonti del diritto, e si fece mandare da un librario antiquario di Londra, spendendo di tasca propria un capitale, l’intera raccolta di codici e leggi britanniche, dalla Magna Charta in poi, una ponderosa raccolta di volumi che per molti anni fu l’unica disponibile in America. Grazie allo studio di quei documenti, Adams poté dimostrare la base legale delle richieste dei coloni, che non potevano essere trattati da sudditi dal Parlamento, che non li rappresentava, e che, quindi, poteva essere legittimamente contestato.

Tra le tante frizioni con gli altri Padri fondatori, dovute soprattutto al suo carattere spigoloso e poco incline al compromesso, quelle con Jefferson si appianarono nel corso degli anni, fino a rinsaldare un’amicizia sorta in età prerivoluzionaria e poi dissoltasi per rivalità e ambizioni politiche. Quando entrambi si furono ritirati dalla partecipazione attiva agli affari di Stato, la loro comune sensibilità per la cosa pubblica e soprattutto la loro eccellente formazione umanista, frutto di un accurato studio dei classici greci e latini, ravvivarono una solida e affettuosa frequentazione, soprattutto epistolare, fino alla loro morte, avvenuta, per singolare fatalità, nello stesso giorno, a poche ore l’uno dall’altro, il 4 luglio (altra data fatidica) 1826.

Una rivalità che, invece, non si ricompose mai, fu quella contro Alexander Hamilton, altro protagonista della Rivoluzione, fedelissimo di George Washington e, soprattutto, esponente di quel partito “monarchico” profondamente avversato dal “repubblicano” Adams. Difensore dei privilegi dei ricchi il primo, protettore dei diritti di tutti i cittadini, soprattutto quelli più umili, il secondo, i due rappresentano, per così dire, le anime che, sin dagli albori rivoluzionari, si confrontano e si contrappongono lungo tutta la storia degli Stati Uniti. Anime che si sono incarnate in persone e movimenti diversi, ma che possiamo rappresentare, semplificando al massimo, tra gli “have” e gli “have not”, tra coloro che gestiscono il potere e coloro che lo subiscono, tra i privilegiati e i “deplorevoli”, additati qualche anno fa al pubblico disprezzo da Hillary Clinton perché simpatizzanti di Donald Trump.

Il salto da Adams a Trump è, lo ammettiamo, molto acrobatico e sforzato, ma non del tutto infondato. C’è una innegabile similitudine tra i presidenti come Adams, Jackson, Lincoln e i rappresentanti dei partiti di fine Ottocento che si batterono contro gli oligarchi delle ferrovie, delle industrie e degli speculatori del Nord-Est e la reazione, scomposta, arruffata e istintiva dei ceti meno privilegiati dell’America del Sud-Ovest che hanno visto in Trump più che il loro rappresentante il nemico delle élite globaliste e mondialiste. Lo faceva notare anche una dei nostri più autorevoli americanisti, Tiziano Bonazzi, sul Corriere della Sera dell’8 luglio 2018, sottolineando come, due anni prima, ossia all’elezione di The Donald, “larghe fasce popolari bianche, colpite dalla crisi economica, nazionaliste e nemiche delle politiche progressiste sui diritti e a favore delle minoranze, si sono ribellate ai partiti, (…) in nome dell’America pura dei padri”. Quell’America incarnata all’inizio della sua storia da John Adams, e via via da tanti altri protagonisti della vita politica del Nuovo continente che fu il terreno di scontro privilegiato tra i difensori del popolo e i guardiani dei privilegiati, tra chi cerca di sopravvivere lavorando onestamente, e chi si arricchisce sfruttando il lavoro altrui.


Luca Gallesi

https://it.insideover.com/politica/le-radici-profonde-della-rivoluzione-conservatrice-di-trump.html

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