CONSEGUENZE
Sagre e congressi: la Cei si adegua all'irrazionalità
La Cei recepisce senza commentare il decreto che impone il green pass per congressi e soprattutto sagre. L'illogicità di una situazione che consentirà ai non vaccinati di assistere alla Messa del patrono, ma non alla festa conseguente. Segno evidente di un asservimento acritico della Chiesa ai diktat del governo.
Non è certo il caso di tirare un sospiro di sollievo se, almeno per ora, non sarà richiesto un green pass per partecipare alle Sante Messe e alle processioni. Il chiarimento diramato dalla Cei attraverso la lettera ai vescovi offre, infatti, una semplice ricezione del decreto legge del 23 luglio, ma non interviene nel merito. Si prende atto sic et simpliciter che la certificazione non è richiesta per partecipare alle celebrazioni eucaristiche, ma ci sono altri ambiti nei quali invece il green pass è richiesto e verrà introdotto anche negli ambienti ecclesiali.
A Bologna e a Brescia, ad esempio il concetto è già stato recepito. Nel capoluogo emiliano, infatti, il 3 ottobre prossimo, si svolgerà il congresso diocesano e l’ufficio catechistico sotto le due torri ha già messo nero su bianco che «secondo la recente normativa, coloro che parteciperanno in presenza al Congresso Diocesano dovranno essere in possesso di green pass valido, che verrà controllato all’ingresso insieme all’iscrizione». Idem a Brescia dove il 13 e 14 settembre per poter partecipare al convegno del clero diocesano sarà necessario presentare il green pass.
È una reazione consequenziale al decreto che parla genericamente di congressi e convegni tra le attività che dal 6 agosto abbisogneranno del pass.
Ma l’elenco non si limita solo ai consessi pubblici svoltisi dentro le mura di canoniche, diocesi o centri ecclesiali. La voce sagre messa dal governo indica anche un altro ambito nel quale sarà indispensabile avere le carte in regola.
In molte città del centro sud, quando si parla di sagra si intendono speciali feste di tipo commerciale che in estate esplodono in paesini e quartieri per celebrare questa o quella specialità culinaria: dalla sagra te lu purpu in Salento in cui vengono arrostiti succulenti polipi a quella del Fusillo cilentano passando per la sagra della lenticchia a Norcia a quella del cous cous nel trapanese fino a quella dell’arrosticino a Sulmona.
Ma la sagra è primariamente una festa patronale, quindi nasce come festa religiosa e includerla negli eventi da green pass limiterà fortemente la libertà dei fedeli i quali, per poter partecipare alla festa del loro patrono dovranno farlo con le carte pandemiche in regola. Curioso che nello stesso giorno i non vaccinati potranno partecipare alla Messa di Sant’Antonio, per esempio, ma non all’estrazione della lotteria che si svolge di solito al termine della festa. O alla cena comunitaria della parrocchia dopo la messa se non avranno il magico certificato. La logica? Non c’è. La razionalità? Nemmeno.
Queste misure costringeranno i fedeli a essere vaccinati per poter partecipare pienamente a tutta la vita ecclesiale, non solo al culto. E i preti a doversi vaccinare non per escludere primariamente una infezione da covid 19, ma per poter assistere alla relazione del vicario generale all’assemblea diocesana o per poter assaggiare i tortelli fatti dalle donne della parrocchia per finanziare i lavori di restauro della chiesa.
Un altro esempio di una Chiesa sempre più asservita all’illogicità irrazionale di un governo che ormai sta disponendo del culto e delle attività ecclesiali a piacimento.
Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/sagre-e-congressi-la-cei-si-adegua-allirrazionalita
NODI GIURIDICI AL PETTINE
Green pass e vaccino: quel consenso che non è libero
All’atto della somministrazione del vaccino, vi è l’obbligo di firmare il consenso con cui il vaccinando dichiara di essere stato reso edotto sui benefici e i rischi della vaccinazione. È un obbligo che trova fondamento nella Costituzione e nel Codice di deontologia medica oltre che in convenzioni internazionali. Ma come può esprimere libero consenso il cittadino che a partire dal 6 agosto non potrà più avere, se sprovvisto di green pass, libero accesso a bar, ristoranti, cinema e concorsi pubblici? C'è un insanabile contrasto tra il diritto alla libertà di scelta in materia di salute e l’obbligo di vaccinazione imposto dal Governo.
Green pass e obbligo di vaccino: come stanno le cose dal punto di vista giuridico? Ne parla il giurista Alessandro Rimoldi.
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A seguito dell’approvazione del decreto legge istitutivo dell’obbligo della certificazione verde Covid-19 (meglio nota come Green Pass), i principali organi di informazione hanno annunciato, con evidente soddisfazione, il boom di richieste di vaccino. Con la c.d. “spinta gentile”, il governo ha raggiunto l’obiettivo comportamentale da tempo prefissato: decine di migliaia di italiani e fra questi molti dubbiosi ed indecisi hanno prenotato la loro prima dose di vaccino, per non trovarsi in ritardo al 6 agosto con l’entrata in vigore delle misure restrittive imposte dal provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri il 23 luglio.
Ma questa moltitudine di indecisi ha agito in modo consapevole? Ha effettuato una scelta davvero libera? Codesto modus operandi del governo è rispettoso dei diritti e delle libertà sancite dalla Carta costituzionale, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali?
IL NODO CONSENSO
È noto che, all’atto della somministrazione del vaccino, vi è l’obbligo di firmare il modulo del consenso. Il vaccinando dichiara di aver letto la nota informativa del vaccino, di essere stato reso edotto sui benefici e i rischi della vaccinazione, di aver ricevuto ogni chiarimento a riguardo e di prestare il proprio consenso e l’autorizzazione alla somministrazione.
L’obbligo del rilascio del consenso libero e informato, in ambito sanitario, trova fondamento:
- nella Carta Costituzionale: “La libertà personale è inviolabile” (art. 13); “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art. 32 comma 2).
- nel Codice di deontologia medica: “Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente” (art. 32); “Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona” (art. 34).
- in numerose convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito e ratificato con legge: fra le più importanti si citano la Convezione di Oviedo sui diritti umani e sulla biomedicina del 4 aprile 1997, ove all’art. 5 si afferma che “Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato”; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza) adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo - pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri ex art. 6 del Trattato dell’Unione Europea - ove all’art 3 commi 1 e 2 è stabilito che “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata…”.
Ebbene, i provvedimenti via via approvati dal governo in questo perdurante stato emergenziale non rispettano né il requisito della adeguata informazione (in termini di efficacia e sicurezza del vaccino) né quello della libertà del consenso.
Circa il primo requisito è noto che i vari prodotti vaccinali in commercio sono in una fase sperimentale: non è certa l’efficacia del vaccino ovvero il grado e la durata della protezione; non vi è una ragionevole certezza sulla sicurezza del vaccino, non essendo disponibili dati completi dei possibili effetti collaterali legati alla somministrazione e non essendo noti i danni prevedibili nel medio e lungo termine.
Nella nota informativa - allegata al modulo del consenso che il vaccinando sottoscrive all’atto della somministrazione – si legge che “La durata della protezione offerta dal vaccino non è nota; sono tuttora in corso studi clinici volti a stabilirla”. È evidente che pochi mesi di vaccinazione non sono sufficienti né a ritenere completato l’elenco di tutti i possibili effetti collaterali e/o indesiderati del vaccino, né a ritenere raggiunta la previsione dei danni a lunga distanza.Nella nuova informativa, peraltro, scompare ogni precedente riferimento al grado di efficacia stimata dei vaccini (95% del vaccino Pfizer), a conferma della incertezza e approssimazione, in termini di adeguata e coerente informazione, che regna sull’efficacia e sulla sicurezza del vaccino.
Ma ancor più grave è la lesione che tali provvedimenti governativi apportano alla libera manifestazione del consenso alla somministrazione del vaccino.
LIBERTÀ O OBBLIGO
Sul punto si evidenzia l’insanabile contrasto tra il diritto alla libertà di scelta in materia di salute e l’obbligo di vaccinazione imposto dal Governo agli operatori sanitari (da mesi già in vigore per effetto del decreto legge n. 44 del 1° aprile 2021) e ora esteso - sotto la edulcorata espressione green pass - a tutti i cittadini.
Ci si domanda: come può esprimere un libero consenso al vaccino il medico, l’infermiere, l’operatore sanitario che libero di scegliere di fatto e di diritto non è, considerato che il rifiuto del vaccino lo espone a pesanti sanzioni come la sospensione dal servizio, il demansionamento e/o la perdita della retribuzione?
Come può esprimere libero consenso al vaccino anti-covid il cittadino che a partire dal 6 agosto non potrà più avere, se sprovvisto di green pass, libero accesso a bar, ristoranti, cinema, musei, palestre, piscine, spettacoli e concorsi pubblici?
ABUSI E PATERNALISMO DI STATO
Ebbene, non solo il governo, così “legiferando” in materia di obbligo vaccinale (avendo ormai da qualche tempo avocato a sé il ruolo che naturalmente spetterebbe al Parlamento), lede la Carta costituzionale e le normative e le convenzioni internazionali su richiamate, ma impone - per mezzo delle sue persistenti dichiarazioni pubbliche e della propaganda vaccinale di cui è autore - il suo ruolo paternalista nell’orientare e manipolare le decisioni degli individui, in spregio ai principi di libertà e al rispetto dei diritti inviolabili della persona.
A ciò si aggiunga la totale irragionevolezza, sul piano giuridico ed etico, della imposizione dell’obbligo di vaccinazione, ove mancano dati certi ed evidenze scientifiche da parte delle stesse case farmaceutiche e degli enti regolatori del farmaco in ordine alla immunizzazione, ovvero alla capacità del vaccino di impedire la trasmissibilità del virus. Se anche i vaccinati possono essere portatori del virus e contagiare gli altri, qualsivoglia obbligo vaccinale è totalmente infondato e ingiustificato, poiché viene a mancare ogni diritto e/o dovere (anche morale e civico tanto invocato dalle istituzioni pubbliche e dagli organi di stampa per “spingere” alla vaccinazione) di tutela della salute collettiva.
Esprimere una scelta libera e consapevole, in ambito sanitario, presuppone che i poteri pubblici garantiscano, a favore della collettività, poche e semplici condizioni. A titolo esemplificativo, se ne elencano quattro:assicurare che i dati di carattere scientifico e le linee guida in campo sanitario siano prodotti, elaborati e valutati da autorità e organismi che operano in regime di autonomia ed indipendenza rispetto a chi da quei dati trae fonte di lucro;tutelare e promuovere una informazione imparziale e trasparente, scevra da qualsivoglia manipolazione dei dati emergenti dalla sperimentazione clinica;preservare e tutelare la libera scelta dell’individuo, evitando l’adozione di ogni forma di sanzione e/o limitazione e/o discriminazione al godimento di diritti e libertà;astenersi da ogni forma di condizionamento nel processo di formazione della decisione del singolo.
Sono criteri di buon senso e razionalità tanto universali da non richiedere particolari competenze in campo scientifico e/o giuridico. Ciò trova conforto nelle reazioni di protesta e nelle manifestazioni promosse da migliaia di cittadini in tante piazze italiane, i quali, a differenza di tanti indecisi che hanno ceduto al “ricatto” del vaccino, hanno scelto di non piegare il proprio diritto ad esprimere un consenso libero ed informato alla logica del potere e del condizionamento.
PENSIERO UNICO
Gli organi di informazione del pensiero unico favorevole alla propaganda vaccinale forniscono una narrazione distorta (e c’era da immaginarselo) delle molteplici forme di protesta che si stanno svolgendo nelle piazze, bollando come una minoranza di “disgraziati” negazionisti no-vax coloro che si sono uniti contro l’obbligo del green-pass.
Ma a ben vedere non si tratta banalmente di una battaglia ideologica fra coloro che credono o meno al vaccino: è in atto una battaglia di libertà contro le derive paternaliste e autoritarie del governo, che, non soddisfatto dei risultati raggiunti nella campagna vaccinale, sta già meditando di estendere analoghi obblighi nel settore scolastico, dei trasporti, e via dicendo.
E purtroppo anche l’autorità ecclesiastica, che pur dovendo trarre insegnamento dal Signore che della libertà lasciata all’uomo ha fatto il limite alla propria azione, sul rispetto della libertà del fedele (che rifiutando il vaccino non commette alcun peccato secondo l’insegnamento del catechismo della Chiesa cattolica!) non sembra sia stata ancora capace di dare una risposta coerente ai valori della fede e controcorrente alla logica del mondo.
Rimane più che mai attuale il monito di S. Paolo apostolo nella Lettera ai Galati “Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal. 5,1).
Alessandro Rimoldi
https://lanuovabq.it/it/green-pass-e-vaccino-quel-consenso-che-non-e-libero
“Il non vaccinato un pericolo per gli altri? Un messaggio sbagliato”. Parla il presidente dell’Ordine dei medici di Roma
Intervista esclusiva al presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, “Il non vaccinato un pericolo per gli altri? Un messaggio sbagliato”
All’ombra della minaccia della nuova variante Delta matura l’ipotesi dell’obbligo del nuovo green pass ispirato al restrittivo modello francese. Alla luce di un processo di colpevolizzazione dei non vaccinati, dubbi rimangono sulla capacità del vaccino di impedire la diffusione dell’infezione. Efficace la vaccinazione per la prevenzione della malattia delle fasce più a rischio, rimane il pericolo per i vaccinati di essere infettati e d’infettare. A confermare l’inconsistenza delle basi del green pass è il presidente dell’Ordine dei medici di Roma Antonio Magi, intervistato in esclusiva da Fabio Duranti per Radio Radio.
Lontano da logiche ideologiche e da visioni faziose, Antonio Magi conferma l’insussistenza di una divisione manichea tra vaccinati e non vaccinati. Il vaccino assume carattere di protezione individuale per limitare, in particolare per pazienti a rischio, possibili conseguenze patologiche gravi ma non per evitare il pericolo contagio dell’infezione. Ne emerge un quadro lontano dalla narrazione mainstream in cui torna centrale il rapporto “umanistico” tra paziente e medico, con un ruolo significativo dell’anamnesi medica basata sulla fiducia e non sulla coercizione. Una nuova “alleanza” lontana da imposizioni di protocollo e automatismi tecnologici.
Antonio Magi: “Essendo vaccinato, posso essere positivo.
Il vaccino non protegge dal poter essere un contagiante. Sia il vaccinato che il non vaccinato lo sono. Qual è il problema? Trovandosi alcuni soggetti a rischio, il vaccinato che non è protetto – perché non sa se in quel momento è portatore – può essere parte infettante. Essendo vaccinato, posso essere positivo. Far passare il messaggio che il non vaccinato è un pericolo pubblico per gli altri no! È un pericolo per se stesso, può prendere la malattia in tutte le sue fasi e può anche finire in terapia intensiva.
Il problema è la corretta comunicazione medico-paziente. Se scopro che uno dei due bara, l’alleanza si rompe e c’è la diffidenza. Per vaccinarsi non ci vuole la diffidenza. Non ci vuole un messaggio di scontro ma un messaggio di convincimento. Questo si ha con una informazione trasparente. Purtroppo, però è stato un momento particolare. È difficile trovare un buon medico comunicatore, molto spesso non sa comunicare, l’empatia è fondamentale. Meglio dire ‘non so nulla’ piuttosto che dare un proprio parere facendola passare per una evidenza scientifica. L’evidenza scientifica si ha nel tempo.
Sono dell’idea che la tipologia del vaccino non può essere scelta della politica. Purtroppo, molti eventi avversi compaiono anche quindici giorni dopo. Il medico conosce i propri pazienti e si riducono i fattori di rischio. Bisogna sapere se un paziente ha un rischio trombosi e bisogna seguirlo anche dopo il vaccino. Diamo al medico, visitando il paziente, di decidere quale vaccino. Questa alleanza porta alla fiducia reciproca e ad arrivare alla copertura vaccinale.
Fabio Duranti: “Chiediamo alle istituzioni di fermare questo messaggio errato”
Vogliamo sfatare il fatto che la persona non vaccinata è un pericolo per la persona vaccinata e per gli altri, soprattutto per le categorie a rischio. Purtroppo, alcuni divulgatori fanno credere che la persona non vaccinata possa essere un pericolo, inducendo una sorta di guerra interna fra chi si vaccina e chi non si vaccina. Vogliamo precisare che la persona non vaccinata dal punto di vista di un’eventuale trasmissione è uguale a quella vaccinata, cioè semplicemente quella vaccinata non contrae la malattia.
Alcuni organi d’informazione e alcuni giornalisti vogliono alimentare uno scontro che noi stigmatizziamo in tutti modi. Chiediamo alle istituzioni di fermare questo messaggio errato. Se cessasse questo scontro, le persone più a rischio e anche i cittadini italiani di fronte a un’informazione corretta potrebbero essere più tesi a vaccinarsi perché sanno cosa sta accadendo. Creare fazioni significa dividere e creare ideologie, questo noi lo vogliamo evitare con questa informazione e con le trasmissioni che facciamo.
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