Francesco a colloquio con i giornalisti sul volo di ritorno dalla Slovacchia ha parlato del dialogo con le autorità ungheresi, di antisemitismo e dei vaccini, come pure della comunione ai politici che approvano leggi abortiste

Ampi stralci da vaticannews.va 

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Bohumil Petrik (Dennik Standard):
La vaccinazione ha diviso i cristiani, anche in Slovacchia. Lei dice che è un atto d’amore fare il vaccino. Allora, quando non si fa il vaccino, come lo chiamerebbe? Perché alcuni credenti, pure, si sono sentiti discriminati. Ci sono anche diversi approcci nelle diverse diocesi su questo punto (…) e quindi come riunirsi, come riconciliarci su questo tema?

È un po’ strano perché l’umanità ha una storia di amicizia con i vaccini: il morbillo, la poliomielite… Ora è arrivato questo. Forse è arrivato per la virulenza e l’incertezza, non solo della pandemia, ma anche per la diversità dei vaccini e anche la fama di alcuni vaccini, che non sono adatti o sono un po’ più che acqua distillata. Questo nella gente ha creato una paura. Altri che dicono che è un pericolo perché affermano che col vaccino ti entra il virus dentro e tante argomentazioni che hanno creato questa divisione. Anche nel Collegio cardinalizio ci sono alcuni negazionisti e uno di questi, poveretto, è ricoverato con il virus. Ironia della vita. Non so spiegarlo bene, alcuni dicono perché i vaccini non sono sufficientemente sperimentati e hanno paura… Si deve chiarire e parlare con serenità di questo. In Vaticano sono tutti vaccinati tranne un piccolo gruppetto che si sta studiando come aiutare.

 

Gerard O’Connell (America):

Lei spesso ha detto che siamo tutti peccatori e che l’Eucaristia non è premio per i perfetti, ma una medicina e un alimento per i deboli. Come lei sa, negli Usa dopo le ultime elezioni c’è stata tra i vescovi una discussione sul dare la comunione ai politici che hanno sostenuto le leggi sull’aborto e ci sono vescovi che vogliono negare la comunione al presidente e alle altre cariche. Altri vescovi sono favorevoli, altri dicono di non usare l’Eucarestia come arma. Lei cosa pensa e cosa consiglia ai vescovi? E lei come vescovo in tutti questi anni ha pubblicamente rifiutato l’Eucaristia a qualcuno?

Non ho mai rifiutato l’Eucaristia a nessuno, non so se è venuto qualcuno in queste condizioni! Questo da prete. Mai sono stato cosciente di avere davanti a me una persona come quella che lei mi descrive, quello è vero. L’unica volta che ho avuto una cosa simpatica è stato quando sono andato a servire Messa in una casa di riposo. Ero nel salotto e ho detto: ‘Chi vuole la comunione?’. Tutti i vecchietti hanno alzato la mano. Una vecchietta ha alzato la mano, ha preso la comunione e ha detto: “Grazie, sono ebrea”. E io: “Anche quello che ti ho dato è ebreo!”. Ma la signora si comunicò prima e dopo me l’ha detto… La comunione non è premio per i perfetti – pensiamo al giansenismo, pensiamo a Port Royal (des Champs), al problema di Angélique Arnaud, i perfetti possono comunicarsi – la comunione è un dono, un regalo, è la presenza di Gesù nella Chiesa e nella comunità. Poi, coloro che non stanno nella comunità non possono fare la comunione, come questa signora ebrea, ma il Signore ha voluto premiarla a mia insaputa. Fuori dalla comunità – scomunicati – perché non sono battezzati o si sono allontanati. È un termine duro, ma questo vuol dire che non stanno nella comunità, o perché non appartengono, non sono battezzati o perché si sono allontanati per alcune cose. 

Secondo problema, quello dell’aborto: è più di un problema, è un omicidio, chi fa un aborto uccide, senza mezze parole. Prendete voi un qualsiasi libro di embriologia per studenti di medicina. La terza settimana dal concepimento, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il Dna… È una vita umana! Questa vita umana va rispettata, questo principio è così chiaro! A chi non può capire, farei questa domanda: è giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? È giusto assumere un sicario per uccidere una vita umana? Scientificamente è una vita umana. È giusto farla fuori per risolvere un problema? È per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché se accettasse questo è come se accettasse l’omicidio quotidiano. Mi diceva un capo di Stato che il calo demografico è cominciato perché in quegli anni c’è stata una legge sull’aborto così forte che hanno fatto sei milioni di aborti e questo ha lasciato un calo di nascite nella società di quel Paese.

Adesso passiamo alla persona che non è nella comunità, non può fare la comunione. Questa non è una pena, no, tu stai fuori. La comunione è un unirsi alla comunità. Ma il problema non è teologico, è pastorale, come noi vescovi gestiamo pastoralmente questo principio e, se noi guardiamo la storia della Chiesa, vedremo che ogni volta che i vescovi hanno gestito non come pastori un problema si sono schierati sul versante politico. Pensiamo alla notte di San Bartolomeo: eretici, sì, ma l’eresia è gravissima… sgozziamoli tutti… Pensiamo a Giovanna d’Arco, alla caccia alle streghe… A Campo di Fiori, a Savonarola. Quando la Chiesa per difendere un principio lo fa non pastoralmente, si schiera sul piano politico. Questo è sempre stato così, basta guardare la storia. Cosa deve fare il pastore? Essere pastore, non andare condannando. Ma anche il pastore degli scomunicati? Sì, è pastore e deve essere pastore con lui, essere pastore con lo stile di Dio. E lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Tutta la Bibbia lo dice. Vicinanza già nel Deuteronomio in cui dice a Israele: “Dimmi quali popoli hanno gli dei così vicini come tu hai me?”. Vicinanza, compassione. Il Signore che ha compassione di noi. Leggiamo Ezechiele, leggiamo Osea. Basta guardare il Vangelo e le cose di Gesù. Un pastore che non sa gestire con lo stile di Dio, scivola e si mette in tante cose che non sono da pastore. Non vorrei particolarizzare, perché lei ha parlato degli Stati Uniti e non conosco bene bene i dettagli, do il principio. Lei mi può dire: se lei è vicino, è tenero, è compassionevole con una persona, le darebbe la comunione? È un’ipotesi, il pastore sa che fare, in ogni momento. Ma se esce dalla pastoralità della Chiesa immediatamente diventa un politico. Questo lo vedete in tutte le condanne non pastorali della Chiesa… Questo lo vedrete in tutte le denunce, in tutte le condanne non pastorali che fa la Chiesa. Con questo principio credo che un pastore può muoversi bene. I principi sono della teologia. La pastorale è la teologia e lo Spirito Santo che ti conduce a farlo con lo stile di Dio. Io oserei dire fino a qua. Se lei mi dice: ma si può dare o non si può dare? E’ casistica, quello che lo dicano i teologi. Si ricorda lei la tempesta che si è armata con Amoris laetitia, quando è uscito quel capitolo di accompagnamento agli sposi separati, divorziati… Eresia, eresia! Grazie a Dio c’era il cardinale Schönborn, che è un grande teologo e ha chiarito le cose. Ma sempre questa condanna, condanna… Già basta con la scomunica, per favore non mettiamo più scomunica…. Povera gente, sono figli di Dio, (…) ma sono figli di Dio e vogliono e hanno bisogno della nostra vicinanza pastorale. Poi il pastore risolve le cose come lo Spirito indica.

 

Stefano Maria Paci (Sky Tg 24):

La domanda è sulla famiglia: lei ne ha parlato con le autorità ungheresi e da Strasburgo proprio ieri è arrivata la notizia di una una risoluzione del Parlamento europeo che invita a riconoscere i matrimoni omosessuali e relativi rapporti di genitorialità. Qual è il suo pensiero a proposito?

Ho parlato chiaro su questo. Il matrimonio è un sacramento, la Chiesa non ha potere di cambiare i sacramenti così come il Signore li ha istituiti. Ci sono leggi che cercano di aiutare le situazioni di tanta gente che ha un orientamento sessuale diverso. È questo è importante che si aiuti la gente, ma senza imporre cose che, per loro natura, nella Chiesa non vanno. Ma se una coppia omosessuale vuole vivere insieme, gli Stati hanno possibilità civilmente di sostenerla, di dare loro sicurezza di eredità, salute, ecc… I francesi hanno una legge su questo, non solo per gli omosessuali, ma per tutte le persone che vogliono associarsi. Ma il matrimonio è matrimonio. Questo non vuol dire condannarli, sono fratelli e sorelle nostri, dobbiamo accompagnarli. persone che sono così, no, per favore, sono fratelli e sorelle nostre. Dobbiamo accompagnarli, ma il matrimonio come sacramento è chiaro, è chiaro. Che ci siano leggi civili… Tre vedove, per esempio, che vogliano associarsi grazie a una legge per avere il servizio sanitario, per avere poi la loro eredità… C’è il Pacs francese, ma niente a che vedere con le coppie omosessuali. Che le coppie omosessuali possono usarla, possono usarla, ma il matrimonio come sacramento è tra uomo e donna e delle volte, come dicevo, si crea confusione. Sì, dobbiamo, tutti uguali, rispettare tutti – il Signore è buono e salverà tutti (…), il Signore vuole la salvezza di tutti – ma per favore non fare che la Chiesa rinneghi la sua verità. Tanti, tante persone di orientamento omosessuale si accostano al sacramento della penitenza e si accostano per chiedere consiglio ai sacerdoti e la Chiesa li aiuta ad andare avanti nella propria vita, ma il sacramento del matrimonio è un’altra cosa.

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