ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 14 settembre 2021

Noi, da soli, non possiamo farcela

Lettera ad Aurelio Porfiri su un’implorazione efficace

    Caro Aurelio,                                                                                                                         “Quando vedi che le cose si complicano, di’ con gli occhi dell’anima chiusi: Gesù, pensaci tu”. Così diceva don Dolindo Ruotolo (1882 – 1970), mistico napoletano del quale Padre Pio, rivolto ad alcuni pellegrini prevenienti da Napoli, disse una volta: “Perché venite qui, se avete don Dolindo a Napoli? Andate da lui, egli è un santo”.

Ti confesso che anch’io mi ritrovo sempre più spesso a ripetere quell’implorazione: “Gesù, pensaci tu”. Non è un modo per fuggire dalle responsabilità. È, semplicemente, una constatazione: noi, da soli, non possiamo farcela. Tanto più quando, come in questa nostra epoca, le cose si complicano tantissimo.

Di fronte a pastori secolarizzati e apostati, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a una Chiesa che non chiede la conversione dei cuori a Dio ma parla come l’Onu, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a un mondo che chiama i peggiori peccati “diritti” e a una Chiesa che si piega e si adegua, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a un pensiero corrente che rifiuta l’idea stessa di verità e accetta solo l’idea del pluralismo, ma poi nei fatti emargina e diffama chi non è allineato, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu?”.

Il Vangelo è chiaro: “Allora Gesù rispose ai suoi discepoli: abbiate fede in Dio! Vi assicuro che, se avete fede, potrete dire a questo Monte degli Ulivi: àlzati e buttati in mare, e lo farà. Tutto ciò che è necessario, è che voi crediate veramente e non abbiate dubbi. Ascoltatemi! Potete pregare per qualsiasi cosa e, se avrete fede, la otterrete di sicuro!” (Marco 11:22-24).

Quando parlo di fede penso anche alla fede della Chiesa in se stessa, nei suoi dogmi, nella dottrina che ha sempre insegnato ma che poi, a un certo punto, ha abbandonato. E perché l’ha abbandonata? Perché non ci ha più creduto e ha sposato le idee del mondo. E così i preti si sono trasformati in brutte copie dei sociologi e i vescovi in brutte copie di politicanti opportunisti.

A volte lettori e amici mi chiedono: che cosa sarà della Chiesa e della fede? Sei ottimista o pessimista? Ovviamente il battezzato cattolico non può essere né ottimista né pessimista, perché queste sono categorie che non gli appartengono. O meglio, è nello stesso tempo ottimista e pessimista, come spiegò l’arcivescovo Giacomo Biffi (mi accorgo che lo sto citando spesso) in un’intervista: “Ogni cristiano è ottimista quando guarda le cose nella loro natura, poiché tutte provengono dall’unico Dio creatore. È pessimista in quanto sa con certezza dalla Rivelazione che tutti gli uomini, presi per se stessi, sono peccatori e ‘privi della gloria di Dio’ (Rm 3,23). Ed è ancora ottimista perché sa che esiste un Padre, ‘il quale vuole che tutti gli uomini si salvino’ (1 Tm 2,4), un Redentore di tutti, che è risorto, vivo e vincitore, e uno Spirito Santo che distribuisce i suoi doni e le sue grazie ‘come vuole’ (1 Cor 12,11), e quindi anche a quelli che noi giudichiamo lontani e a noi ostili”.

Quindi preghiamo, preghiamo e preghiamo. Non lasciamoci travolgere dall’attivismo. Mettiamo Dio in cima a tutto. Ripetiamo, con fede: “Gesù, pensaci tu!”. E, se proprio non resistiamo alla tentazione di aggiungere qualcosa, diciamo: “Nel mio piccolo, voglio darti una mano. Tuttavia, non sia fatta la mia volontà, ma la tua!”.

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