SE SIA CORRETTO PARLARE DI "DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA"
Riporto il testo integrale di un interessantissimo ma significativo, seppur breve, articolo sulla dignità umana, tratto daSISI NONO sugli errori conciliari, in particolare l’errato concetto di dignità della persona applicato alla natura umana e non, come si dovrebbe, anche ai soggetti.
In realtà come si vedrà lo scopo è proprio di arrivare alla disgregazione della redenzione e l’esaltazione dell’uomo che si fa Dio.
E’ l’ennesima prova del deragliamento dottrinale dovuto all’abbandono della filosofia perenne guida sicura per arrivare a Dio. (tra parentesi i riferimenti degli argomenti che si possono approfondire in San tommaso)
La corretta nozione di persona (ST I q29, III q2 a2)
BOEZIO definisce la persona: "substantia individua naturae rationalis" e S. TOMMASO: "individuum rationalis naturae " o "subsistens in rationali natura " . Vale a dire la persona è un soggetto, ossia un individuo dotato di natura razionale. (ST I q29 )
La persona, quindi, è un soggetto fornito di intelletto e volontà libera; essa è sui juris (cioè esiste e agisce indipendentemente da un altro soggetto),plene et perfecte (è cosciente di esistere e agisce liberamente), è autonoma nell'essere (poiché in quanto sostanza, che è "id cui competit esse in se", che ha l'essere di per sé, non ha bisogno di un'altra realtà cui appoggiarsi), è autonoma nell'agire (poiché, grazie alla sua natura razionale è padrona dei propri atti: agere sequitur esse).
La persona, quindi, è un soggetto fornito di intelletto e volontà libera; essa è sui juris (cioè esiste e agisce indipendentemente da un altro soggetto),plene et perfecte (è cosciente di esistere e agisce liberamente), è autonoma nell'essere (poiché in quanto sostanza, che è "id cui competit esse in se", che ha l'essere di per sé, non ha bisogno di un'altra realtà cui appoggiarsi), è autonoma nell'agire (poiché, grazie alla sua natura razionale è padrona dei propri atti: agere sequitur esse).
Alla persona spettano diritti e doveri, ossia il diritto e il dovere o l'obbligo morale di fare qualcosa, poiché la persona, sebbene sia indipendente intrinsecamente (Pietro non è interscambiabile con Paolo), tuttavia estrinsecamente è dipendente dalla Causa prima, dalla quale riceve l'essere ed ogni altra cosa e quindi ha doveri ed obblighi rispetto a Dio e all'ordine da Lui stabilito.
La persona è capace di merito e demerito, poiché, essendo indipendente intrinsecamente, ma dipendente estrinsecamente da Dio, quando agisce, è tenuta a scegliere il bene ed evitare il male, ossia ad ordinare la sua azione a Dio e ad allontanarla dal male, che la priva di Dio. Perciò la persona è capace di premio se merita e di pena se demerita. Infine essa è capace di cogliere il proprio scopo, in quanto, cosciente e libera, può conoscere la natura di fine delle cose e portarvisi da sé. Ora, se il fine è intrinseco all'azione (per vedere un oggetto), la persona muovendosi verso il fine l'ottiene (vedendo, colgo l'oggetto posto davanti ai miei occhi), mentre, se lo scopo è un bene estrinseco alla persona, per esempio Dio, essa lo può soltanto meritare e non ottenere da sé.
Si può parlare di dignità della "persona umana"?
La dignità è una qualità che conferisce a qualcuno una certa superiorità (che non tutti hanno) e lo distingue dagli altri.
L'uomo ha dignità relativamente alle creature non razionali (minerali, vegetali e animali), ma non ha una dignità assoluta o per se stessa, come invece asserisce il personalismo. La dignità umana è dovuta alla natura umana razionale nella quale sussiste, ma non appartiene al soggetto o persona in sé o, meglio, la dignità appartiene direttamente e in primo luogo alla natura e secondariamente alla persona, che sussiste in tale natura razionale.Parlare di "dignità della persona umana", dunque, non è esatto; è più esatto dire "dignità della natura umana" in cui la persona sussiste (ST I q29 a3 ad2).
I1 soggetto non è suscettibile di più e di meno: o è soggetto o non lo è. Quindi tutti i soggetti, in quanto tali, sono eguali e, solo per il fatto che un soggetto sussiste in una natura determinata, si può stabilire una scala di dignità tra i vari soggetti, non in quanto soggetti, ma a causa dell'ineguaglianza della natura (minerale, vegetale, animale o razionale) nella quale essi sussistono.
Paolo ha una dignità che un mattone, un cipresso o un cane non hanno, poiché sussiste in una natura razionale, che essi non hanno.
Paolo ha una dignità che un mattone, un cipresso o un cane non hanno, poiché sussiste in una natura razionale, che essi non hanno.
Due aspetti della dignità
La dignità si distingue in:
a) dignità radicale-ontologica (che riguarda l'essere): è la dignità della persona che è radicata e fondata su una natura umana razionale.
Radicalmente tutte le persone sono uguali, in quanto tutte sono radicate in una natura umana e razionale, e solo questa dignità è inammissibile cioè non si può perdere, contrariamente a quanto insegna il personalismo.
b) dignità totale morale o pratica (che riguarda l’agire): è la dignità della persona considerata totalmente, nel suo essere e nel suo agire. La dignità totale della persona è data dai suoi atti buoni. Totalmente non tutti sono uguali: c'è chi fa il bene ed è buono e chi fa il male ed è cattivo. Infatti l'azione propria dell'uomo è conoscere il vero (intelletto) e amare o volere il bene (volontà). Vi sarà dignità totale-morale solo se la persona conosce il vero eama il bene; mentre, se aderisce all'errore e ama il male, perde la dignità totale-morale, anche se radicalmente conserva la natura umana razionale.
LEONE XIII insegna: "L'intelletto e la volontà che aderiscono all'errore e al male decadono dalla loro dignità nativa e si corrompono”1 (Immortale Dei). S. TOMMASO spiega: "Col peccato l'uomo abbandona l'ordine della ragione, egli perciò decade dalla dignità umana, che consiste nell'essere per se stessi e nell'agire per il bene, degenerando così, in qualche modo, nell'asservimento proprio delle bestie, il quale implica la subordinazione all'altrui vantaggio (es. del cavallo al cavaliere, del peccatore a Satana) ... un uomo cattivo è peggiore di una bestia".2
L'inesistente diritto delle false religioni
La conseguenza pratica di quanto sopra è che il diritto di agire è fondato solo sulla dignità totale e non sulla dignità radicale. Agire male, aderendo all'errore, significa perdere la dignità totale, che consiste nell' agire bene, pur conservando quella radicale (la natura umana razionale). Non esiste, perciò, per la persona umana il diritto di professare l'errore e di fare il male: la persona umana, agendo male, perde la dignità totale, che sola fonda il suo diritto ad agire.
PVI con guru |
GIOVANNI XXIII quando asserisce che bisogna distinguere tra errore ed errante (mentre le azioni sono dei suppositi o soggetti, come insegna S. TOMMASO, per cui se non ci fossero erranti, non vi sarebbero neppure errori) e sostiene che l' errante non perde mai la sua dignità di persona umana,non distingue tra dignità radicale e dignità totale della persona umana e perciò dimentica che questa perde la dignità totale, la quale è il fondamento del suo diritto ad agire.
Il Concilio Vaticano II insegna, poi, che "In Lui (il Verbo) la natura umana è … perciò stesso è stata innalzata, anche in noi, ad una dignità sublime ... Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito ad ogni uomo". S. TOMMASO, invece, insegna, con tutta la Chiesa, che il Verbo non s'è unito alla natura umana universale, ma solo a quella individuale di Gesù Cristo (Cristeità)3. Perciò il Verbo incarnandosi ha divinizzato, per l'Unione Ipostatica, solo quella natura individua che ha assunto (la Cristeità), e non "ogni uomo"; altrimenti ogni uomo, avendo la natura umana per ciò stesso, sarebbe divinizzato e non avrebbe più bisogno di Redenzione. Per di più GIOVANNI PAOLO II asserisce: "Il Verbo si è unito ad ogni carne, specialmente all'uomo ... Dio
è immanente al creato e lo vivifica dal di dentro". La discontinuità con la fede tradizionale della Chiesa è evidente.
è immanente al creato e lo vivifica dal di dentro". La discontinuità con la fede tradizionale della Chiesa è evidente.
Conclusione
La dignità radicale, o natura razionale considerata nel suo essere, non può fondare il diritto di porre atti "religiosi" anche in foro esterno (libertà religiosa). Infatti porre atti cattivi (nel caso, aderire ad una falsa religione) significa perdere la dignità totale (dell'agire bene). Quindi non esiste il diritto, per la persona umana, di professare l'errore e fare il male; non esiste il cosiddetto "diritto" di libertà per le false religioni, le quali possono essere solo tollerate per evitare mali maggiori (tolleranza pratica, non dogmatica, perché dice sempre ordine ad un male che si permette per qualche ragione proporzionata) .
Il diritto alla libertà religiosa è una conseguenza teologicamente falsa dell'errore filosofico sulla dignità assoluta e inammissibile della persona umana. Infatti per il Concilio Vaticano II è la dignità della persona umana che fonda il diritto alla libertà religiosa, ossia il diritto di porre atti religiosi anche di false religioni in foro esterno e cioè pubblicamente. Tale dottrina è in contraddizione e in rottura sia con il Magistero tradizionale della Chiesa (v., ad esempio, Leone XIII, Immortale Dei). sia con la retta ragione elevata a scienza filosofica da S. Tommaso D'Aquino, il Dottore Ufficiale e Comune della Chiesa.
NOTE:
1- A tal proposito l’enciclica Immortale Dei (1885) non fa che ribadire la dottrina di sempre sulla società cristiana e condanna la libertà religiosa sia dell’uomo che degli stati degenerati che mirano a sottomettere la Chiesa alle autorità civili, negandole quel primato assoluto di natura divina che di diritto le spetta come guida del potere temporale, qualunque sia la forma di governo attuata: La libertà, come virtù che perfeziona l’uomo, deve applicarsi al vero e al bene; la natura del vero e del bene non può mutare ad arbitrio dell’uomo, ma rimane sempre la stessa, e non è meno immutabile dell’intima natura delle cose. Se la mente accoglie false opinioni, se la volontà sceglie il male e vi si dedica, l’una e l’altra, lungi dall’operare per il proprio perfezionamento, perdono la loro naturale dignità e si corrompono. Ciò che è contrario alla virtù e alla verità, dunque, non deve essere posto in evidenza ed esibito: molto meno, difeso e tutelato dalle leggi.
Questo insegnamento è in netto contrasto con quello del concilio Vaticano II e, soprattutto, confermato dai fatti!
2- Anche san Pio X così si esprimeva a riguardo dello stato sociale e della dignità umana: [La dignità umana può essere concepita solo come una libertà nel quadro di una morale]
Infine il Sillon pone, alla base di tutte le falsificazioni delle nozioni sociali fondamentali, un’idea falsa della dignità umana. A suo avviso, l’uomo sarà veramente uomo, degno di questo nome, soltanto a partire dal giorno in cui avrà acquisito una coscienza illuminata, forte, indipendente, autonoma, che può fare a meno di un padrone, che ubbidisce solo a sé stessa ed è capace di assumere e di portare senza cedere le più gravi responsabilità. Ecco i paroloni con cui si esalta il sentimento dell’orgoglio umano; come un sogno che trascina l’uomo, senza luce, senza guida e senza soccorso, sulla via dell’illusione, dove, aspettando il gran giorno della piena coscienza, sarà divorato dall’errore e dalle passioni. E questo gran giorno, quando verrà? A meno di cambiare la natura umana (il che non rientra nel potere del Sillon), verrà mai? E i Santi, che hanno portato la dignità umana al suo apogeo, avevano tale dignità? E gli umili della terra, che non possono salire tanto in alto e si accontentano di tracciare modestamente il loro solco nel ruolo che la Provvidenza ha loro assegnato, compiendo con energia i loro doveri nell’umiltà, nell’ubbidienza e nella pazienza cristiana, non sarebbero degni del nome di uomini, proprio loro che il Signore sottrarrà un giorno alla loro condizione oscura, per insediarli nel cielo fra i principi del suo popolo?
.(Notre Charge Apostolique)
3 Natura seconda particolare o Cristeità; questa non è una persona altrimenti in Cristo ci sarebbero due persone, il che risulterebbe eretico.(ST III, Q4)
Per poter sostenere l’immanenza vitale, che sfocia poi nel panteismo, per cui ogni uomo sarebbe salvato con l’incarnazione di Cristo, i modernisti devono sostenere l’errata tesi dell’unione con la natura umana (Natura prima universale) ma che l’unione avvenga nella natura la Chiesa lo ha condannato nel concilio di Calcedonia (451) il quale dichiara che le due nature si uniscono “in una sola persona e una sola ipostasi”, quella del Verbo, sebbene il termine “ unione ipostatica sia stata sancita nel Concilio di Costantinopoli (553)
Il dogma fu definito già comunque ad Efeso nel 431.
Il dottore Angelico spiega benissimo i motivi per cui l’unione non avviene nella natura.(ST III, q1 a1 r)
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