«Meno messe, più messa» recitava uno slogan più o meno di trent’anni fa. Di cui oggi si pagano le conseguenze, come testimonia la reazione di una piccola comunità del Mantovano, quella della frazione di San Giacomo di Cavriana, trovatasi di punto in bianco senza il «servizio liturgico domenicale».
L’unica S. Messa, dopo tre secoli, è stata sospesa. «Un vero e proprio sopruso», scrivono i fedeli, che precisano come l’ordine sia giunto dall’alto, «Vescovo in primis e sacerdoti dell’unità pastorale». Senza «alcuna ragione realistica», bensì con un atto definito «autoritaristico», benché sempre più frequente in quella Diocesi: situazioni simili vi sarebbero a Volta Mantovana, Goito e Castiglione delle Stiviere.
Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da commentare, citando l’Ecclesiaste. Anzi, prassi purtroppo ormai comune in molte nazioni. In Francia, ad esempio, ed il “costo spirituale” lo si vede in termini di frequenza alla S. Messa, con chiese pressoché deserte. Ma anche in Austria, Svizzera, Belgio, Germania, Olanda. In molte parrocchie, specie in quelle di frazioni e paesi, semplicemente manca un sacerdote, che celebri regolarmente. Passa una tantum consacrando le particole, cosicché bastino per settimane o mesi, fino al “prossimo giro”. E lasciando che siano i laici ad assicurare – per quanto possibile e con “acrobazie” spesso scadenti nell’abuso – servizi liturgici e paraliturgici.
Il rischio (ben più che un rischio, in realtà) è il solito: quello di un neo-protestantesimo in salsa cattolica. Andiamo alla fonte: “Vita Pastorale” n. 6 del giugno 2004, nell’affrontare l’argomento, fa riferimento ad un documento, pur discutibile, emanato nel 1984 dalla Cei col titolo Il Giorno del Signore. Ma, così, fa autogol. Perché al n. 32 questo testo lamenta sì il fatto che si moltiplichino «oltre il giusto il numero delle Messe domenicali». Ma cosa dobbiamo intendere con «oltre il giusto»? E poi le frasi van lette intere. E
la Cei parla chiaro: ciò vien detto proprio per non sottrarre i sacerdoti «alla cura delle zone meno ricche di clero» oppure per promuovere «attività» che rendano «più feconda la celebrazione del Giorno del Signore».
Esattamente il contrario di quanto avvenuto invece a San Giacomo di Cavriana. Allora pare che il problema non sia prima di tutto “quantitativo”, bensì “qualitativo”: non mancano ancora – almeno non ovunque – i sacerdoti. È che sempre più vengon chiamati (dal Vescovo, dalle circostanze o dalla propria indole) ad improvvisarsi imprenditori, giornalisti, architetti, guide turistiche, critici d’arte, conservatori e quant’altro. Tutti ruoli assolvibili da un laico, lasciando loro invece la buona, sana cura animarum. Lapalissiano? No, tant’è vero che spesso il “fare” prevale sull’“essere”.
Basta dare uno sguardo ai tanti siti Internet di molte, troppe Diocesi e parrocchie (l’elenco è a disposizione, ma triste e noioso). Vi si legge come «la scelta di diminuire il numero di Messe» intenda dare più «spazio all’annuncio del Vangelo, un maggior decoro celebrativo, una maggiore disponibilità all’ascolto ed alla preghiera». Il che rappresenta una fin troppo evidente contraddizione in termini. V’è chi sostiene anche come ciò dipenda dal tentativo di «favorire una partecipazione più comunitaria alle altre Messe festive». Il che andrebbe bene, se la massa dei fedeli fosse il risultato di una somma algebrica. Il che non è, sono troppo i fattori che incidono. Ed un prete, questo, lo sa fin troppo bene, perché possa realisticamente illudersi del contrario. Non mancano le analisi sociologiche.
Un allarmato parroco “vaticina” addirittura la fine della fede, se le celebrazioni non fossero «un significativo punto di riferimento per i problemi di fondo dell’esistenza umana» e «la condivisione di un progetto di vita». Meglio togliere «doppioni» (vengon definiti proprio così!) o funzioni «concorrenziali», come si legge nel citato testo della Cei. Oppure – come caldeggiano o impongono certi Vescovi – premere sempre più verso le concelebrazioni. Ma il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice come il senso della S. Messa non sia proprio questo. Al numero 1330: il «Santo sacrificio della Messa» vien definito «“sacrificio di lode”, spirituale, puro e santo». In esso «tutta la liturgia della Chiesa trova il suo centro». Numero 1367: «in questo divino sacrificio» è «contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo». Numero 1378: «Nella Liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto la specie del pane e del vino». Non si parla di «progetti di vita» o quant’altro, roba da filosofi e sindacalisti più che da preti.
Nel 1994 il beato Giovanni Paolo II nella Grande preghiera per l’Italia disse che al nostro Paese «è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale, innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo». Lo ha ripetuto nel 2006 Benedetto XVI, definendo il nostro come «un terreno assai favorevole per la testimonianza cristiana», «una presenza capillare in mezzo alla gente» con «tradizioni spesso ancora radicate» e tali da portar frutto. Certo, ma lo si ottiene cancellando Messe? (Mauro Faverzani)
San Giacomo di Cavriana19 settembre 2015 11:57
RispondiEliminaA Nome della Comunità dei Fedeli di san Giacomo di Cavriana chiedo di essere contattato per poter darvi nuove notizie sulla vicenda ...Di Cuore si Ringrazia.
La vicenda di San Giacomo di Cavriana è l'esemplificazione di come sia trattata e considerata la fede ai giorni nostri, senza parlare il teologhese, la spiego con una storiella tratta dalla Saggezza Popolare dei nostri vecchi.
RispondiEliminaPossiamo considerare questa orribile vicenda come la storia della Bella Meraviglia, la signora Cecilia : "Tutti la guardano, tutti la vogliono, ma nessuno se la piglia!" Forse sarebbe giusto, ancor più in periodo sinodale mantovano, si pensi a risolvere i disagi del Popolo Santo di Dio invece che crearne di nuovi.
Ai dice che il clero deve andare incontro al Popolo: si ma non con una schiacciasassi!
In Cristo.
Per fugare ogni dubbio, come già successo, voglio raccontare che succede OGNI DOMENICA a San Giacomo di Cavriana, Comunità che era anticamente comune, poi ha vissuto in intenso periodo ai tempi dell'Inquisizione e il massimo splendore tra il 1500 e il 1700 dove erano presenti addirittura 3 conventi ed una chiesa parrocchiale. Dopo tanta grazia oggi stiamo vivendo un triste e lunghissimo Venerdì Santo.
RispondiEliminaPrima che qualche "scienziato della fede" chi dica di nuovo che nella nostra chiesetta si svolgono riti para-liturgici voglio raccontarvi (dimostrabile) cosa avviene da noi ogni domenica:
1. 8.15 suono dell'Ave Maria
2. 8.45 suono delle allegrezze per il segno della preghiera
3. 9.00 suono a distesa
4. 9.10 campanella detta "del richiamo"
5. 9.15 puntuali (raro a Cavriana il termine puntuali) inizio della preghiera
Canto d'accoglienza
O Dio vieni a salvarmi (in canto)
Il commentatore annuncia i Misteri del Santo Rosario e dice il Pater
(ogni decina è recitata da una persona diversa)
al termine di ogni decina: Gloria in Canto
Lodato sempre sia/ Gesù mio
Al termine del 5° mistero Canto del Salve Regina in Latino
Se è Solennità Canto del Gloria a Dio
Lettura dal Lezionario CEI
Canto dell'Alleluja
Recita del Credo (Canto del Credo III se Solennità)
Preghiera dei fedeli
Canto delle Litanie Lauretane in Latino
Orazione Conclusiva del Santo Rosario
Congedo con la formula: "Il Signore ci doni una Santa Giornata nel nome del padre + e del Figlio e dello Spirito Santo"
Canto di Congedo
Il tutto approvato dal Vescovo (le parti in canto sono facoltative) alla presenza del parroco e di 5 testimoni.
Contestualmente tutti i Fedeli della Borgata e gli Amici frequentanti vogliono VIVAMENTE RINGRAZIARE chi gestisce questo sito per aver concesso loro di mettere in risalto questa storia di fede. Per tutti, come sempre, si assicura il ricordo nella nostra semplice preghiera domenicale.
Certo che aderiamo subito a scrivere un bel pensierino ai nostri amici e al nostro SUPER CORO!
RispondiEliminaIl Grande Cuore di don Cesare vi ha adottato e da subito anche noi ci siamo affezionati a Voi, con il canto della Tradizione avete riportato in San Gervasio la voglia di stare insieme pregando e cantando, il vostro entusiasmo è davvero contagioso! Poi il massimo è stato raggiunto quando in via straordinaria il nostro don è venuto da voi il 01 maggio 2015 a celebrare la Festa del Patrono di San Giacomo, chiesa stracolma che hanno sigillato un bel rapporto di amicizia. Grazie per il vostro grande cuore, noi continuiamo ad aspettarvi a cantare il sabato sera, le nostre porte restano sempre aperte e ogni volta che don Cesare ci dice: "Sabato arrivano i cantori di San Giacomo" per noi è festa doppia! Chiaramente continua anche l'impegno di preghiera per la vostra nobilissima intenzione. A prestissimo! Maria!!
Grazie per aver cantato così bene alla Messa nella Corte Mussolina a Canedole (Mn) lo scorso giovedì. Il bel canto, il clima di amicizia creatosi tra voi e noi, la voglia di stare insieme hanno reso indimenticabile questa bella giornata trascorsa come un tempo nella settecentesca corte sparsa tra i campi canedolesi. Stupenda è stata l'esecuzione dell'Ave di Lourdes che ha riportato la nostra mente all'ultimo pellegrinaggio fatto con il precedente parroco di Canedole, don Ceo! Bello è notare che a chi vi ha privato (anche con offese non vere) della Santa Messa Festiva nella vostra bella chiesetta voi rispondete con determinazione, amicizia e canto/preghiera. Ora saremo noi vostri ospiti per la locale festa del ringraziamento che di solito fate a fine ottobre. Questo sito fa bene ad interessarsi anche della Vostra storia, che seppur piccola, esprime il disagio di una chiesa mantovana che in pochi hanno il coraggio di rendere pubblico. Vi siamo vicini con la preghiera e l'amicizia! A presto.(Rosa, Rosetta, Antonia, Liberata, Franca e Clotilde)
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