In ginocchio da Pratesi Cattolici a lezione
di Vittorio MessoriTratto da La Bussola Quotidiana il 10 novembre 2011
Quando si dice la sudditanza culturale. Ci eravamo appena scandalizzati per l’intervista di Avvenire al meteo-farfallino catastrofista Francesco Laurenzi, una riflessione sulle tragiche alluvioni delle ultime settimane, che ecco Avvenire ripetersi. Giustamente non bisogna eludere le domande che la realtà ci pone, in questo caso sul rapporto tra uomo e ambiente che lo circonda, ma a chi chiedere aiuto per una risposta? Leggendo Avvenire dell’8 novembre si direbbe che i cattolici non abbiano nulla da dire al proposito, ma debbano affidarsi a dei “tecnici” come – è questo il caso – Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf, che a una ammirata Viviana Daloiso spiega la vera “emergenza culturale”: l’aver “dimenticato la Natura”.
Ora, stando ai tanti discorsi degli ultimi due Papi su questo tema, si dovrebbe dire piuttosto che abbiamo dimenticato Dio, e per questo c’è spesso un uso distorto anche di ciò che ci circonda (è stato Benedetto XVI a definire l’ateismo come la più grande minaccia all’ambiente). Ma sorvoliamo su questo, e guardiamo invece il “maestro” che Avvenire ha scelto per impartire la lezione ai cattolici. Per capire qualcosa della sua idea di natura (ci scuserete se noi scriviamo minuscolo) non scriveremo nulla di nostro pugno, ma ci affidiamo allo stesso Avvenire che, quando non era “nuovo”, trasmetteva evidentemente un’idea diversa dei rapporti uomo-natura. Ecco dunque, a proposito di Pratesi, quanto scriveva Vittorio Messori su Avvenire del 12 agosto 1990, nella rubrica “Vivaio”, che oggi prosegue sul mensile “Il Timone”. Questo articolo di Messori si trova anche nella raccolta “La sfida della fede” (pp. 425-428), edita da SugarCo (2008). (r. cas.)
Come tutti i “verdi” coerenti, il duca di Edimburgo ce l’ha innanzitutto con l’uomo e ne vorrebbe, se non la scomparsa, la drastica diminuzione. E’ nota la sua dichiarazione dell’otto agosto ’88 alla Dpa, l’agenzia di notizie tedesca: «Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione». E più volte ha ripetuto che il vero problema ecologico è il fatto che, nel Terzo Mondo, ci siano più nascite che morti.
Quei molti cattolici che in buona fede si aggregano a certi carri “verdi” – magari tirando in ballo il povero e incolpevole san Francesco – non sanno che ci sia dietro a certe organizzazioni che pur sembrano tanto benemerite.
Quel libro di Fulco Pratesi di cui dicevamo all’inizio apre davvero squarci impressionanti non solo su ciò che sta dietro le quinte, ma sull’essenza dell’ideologia ecologista. Intendiamoci: questa Ecologia domestica scritta dal presidente nostrano del Wwf ha un tono sbarazzino se non un po’ frivolo, sino dal sottotitolo che suona “Bon ton verde e altre divagazioni”. E molti consigli sono sul look dell’ambientalista elegante, con indicazioni su come vestire, ad esempio, andando a sciare, per non confondersi con la massa dei parvenus. Ogni tanto, però, in questo tono da terrazza-bene romana, si aprono squarci che la dicono lunga, come a pagina 100, dove si legge: «Le ricorrenti notizie di famiglie sterminate dai funghi costituiscono un buon deterrente e un discreto disincentivo alla loro raccolta selvaggia». Meglio, dunque, una famiglia in meno che un porcino o un ovulo in meno.
Sorprendente davvero il capitolo dedicato al sesso, definito «la migliore maniera di utilizzare il tempo libero: non inquina, non disperde energia, fa bene alla salute, rende sereni, poco aggressivi, tolleranti e buoni». Un quadro idilliaco che ben poco ha a che fare con la complessa realtà umana della quale ciascuno ha fatto e fa esperienza e che non dipende soltanto (come crede questo
“verde”) dai tabù e dai divieti di quel cattolicesimo sul quale, qui come altrove, si fanno puntate astiose. Ma poiché il “verdismo” è una fede globale (lo stesso Pratesi si definisce «un verde credente e praticante, nonché leggermente fanatico») non manca nemmeno un capitolo sulla morte.
Leggendolo noi non ci siamo stupiti, ben sapendo dove menano certe premesse ideologiche. Ma, forse, qualche credente, convertito al nuovo Verbo, potrà aprire un poco gli occhi leggendo ciò che viene definito «qualche consiglio utile per favorire un sereno trapasso e una corretta destinazione delle proprie spoglie».
Per Pratesi il cadavere (anzi, «la carcassa umana») non è che concime di cui si da la lista degli elementi, dal 66 per cento di ossigeno sino alla 0, 04 di ferro, iodio e manganese. Si scaglia contro le casse da morto (occorre legno per costruirle), contro i cimiteri (terra iperfertilizzata in cui vegetano solo crisantemi e cipressi»), contro le lapidi (originano antiestetiche cave di pietra).
Una soluzione, secondo lui, potrebbe essere questa: «Una bella buca sotto una quercia in campagna, due palate di terra ed ecco che possiamo tornare al ciclo della natura». Ma questo in mancanza di meglio. L’ideale, secondo il Wwf, sarebbe la fondazione di una “Associazione per l’inumazione ecologica”. Il Presidente dà per questo alcune direttive che così, letteralmente, suonano: «Si potrebbero adoperare i carnai, gli appositi terreni recintati e sorvegliati, impiegati dalle associazioni naturalistiche come il Wwf e la Lipu per alimentare i rapaci (soprattutto gli avvoltoi in Sardegna e i capovaccai sulle colline a nord di Roma). In quei carnai i nostri resti mortali potrebbero servire da cibo agli ultimi grifoni. Il tempo medio di distruzione della salma è di poche ore. Restano le ossa, è vero. Ma a questo inconveniente si potrebbe ovviare se al festino partecipasse anche l’avvoltoio barbuto, che lancia le ossa sulle rocce per divorarne il midollo. In pochissimi giorni, delle nostre spoglie non resterebbero che escrementi mineralizzati».
A questo proposito Pratesi cita con compiacimento una notizia del gennaio 1988: un ecologo inglese che, per nutrire i suoi amati avvoltoi sudafricani, si è portato sotto i loro nidi e si è sparato un colpo alla testa. L’italiano consiglia anche agli altri ecologi, «in vista del passo estremo, di portarsi in un luogo ricco di carnivori e lì attendere la morte in un luogo di difficile accesso».
Ma c’è di più. Ecco ancora testuale: «Una alternativa (come ha suggerito l’ecologa Laura Conti) potrebbe essere il creare scatolette di cibo per cani e gatti in cui la carne umana sostituisca quella di altri animali». Anche qui, esempio edificante, esso pure anglosassone: Lord Averbury, che siede alla Camera Alta di Londra per i liberali, ha stabilito che il suo cadavere sia distribuito come cibo tra gli ospiti del canile municipale di Battersea. Perché, ha detto, «ogni cosa biodegradabile deve essere riciclata e sepoltura e anche cremazione sono un terribile spreco». Polemizzando con il direttore del
canile che pur ammettendo che «c’è molto valore nutritivo nella carcassa umana», non se la sente di accettare l’offerta.
Sempre per Pratesi, le ceneri di chi si facesse cremare dovrebbero «essere usate per concimare i propri vasi e le aiuole». E, alla barbarie cristiana che tributa rispetto per il cadavere, si contrappone la civile usanza «ancora in atto presso i Parsi, una setta zoroastriana, che depositano i loro cadaveri in cima ad un’alta torre e li fanno consumare dagli uccelli da preda».
Ecco, dunque, a spese della Coop Supermercati e a firma della più potente associazione naturalistica d’Italia – ma anche del mondo - il bon ton funerario verde. Accompagnato, per giunta, da considerazioni malevoli sul cattolicesimo in base ad una citazione sbagliata della lettera ai Galati. Evidentemente poco abituato a maneggiare la Bibbia, Pratesi cita Galati 5, 19 scambiando per “carne” ciò che nel linguaggio semitico significa invece “egoismo umano”. Che ciascuno si scelga i suoi maestri.
Quando si dice la sudditanza culturale. Ci eravamo appena scandalizzati per l’intervista di Avvenire al meteo-farfallino catastrofista Francesco Laurenzi, una riflessione sulle tragiche alluvioni delle ultime settimane, che ecco Avvenire ripetersi. Giustamente non bisogna eludere le domande che la realtà ci pone, in questo caso sul rapporto tra uomo e ambiente che lo circonda, ma a chi chiedere aiuto per una risposta? Leggendo Avvenire dell’8 novembre si direbbe che i cattolici non abbiano nulla da dire al proposito, ma debbano affidarsi a dei “tecnici” come – è questo il caso – Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf, che a una ammirata Viviana Daloiso spiega la vera “emergenza culturale”: l’aver “dimenticato la Natura”.
Ora, stando ai tanti discorsi degli ultimi due Papi su questo tema, si dovrebbe dire piuttosto che abbiamo dimenticato Dio, e per questo c’è spesso un uso distorto anche di ciò che ci circonda (è stato Benedetto XVI a definire l’ateismo come la più grande minaccia all’ambiente). Ma sorvoliamo su questo, e guardiamo invece il “maestro” che Avvenire ha scelto per impartire la lezione ai cattolici. Per capire qualcosa della sua idea di natura (ci scuserete se noi scriviamo minuscolo) non scriveremo nulla di nostro pugno, ma ci affidiamo allo stesso Avvenire che, quando non era “nuovo”, trasmetteva evidentemente un’idea diversa dei rapporti uomo-natura. Ecco dunque, a proposito di Pratesi, quanto scriveva Vittorio Messori su Avvenire del 12 agosto 1990, nella rubrica “Vivaio”, che oggi prosegue sul mensile “Il Timone”. Questo articolo di Messori si trova anche nella raccolta “La sfida della fede” (pp. 425-428), edita da SugarCo (2008). (r. cas.)
Ecologia domestica
Agosto fa venir voglia di verde. Può dunque capitare che in questo periodo si faccia posto anche a letture “verdi”. Così è successo a me, con un volumetto di Fulco Pratesi, presidente del Wwf italiano, stampato nel 1989 con il titolo Ecologia domestica e sponsorizzato dalla Coop, la potente Lega delle Cooperative, un gigantesco business dove i comunisti sono maggioritari. A conferma del coinvolgimento della “Cosa” le illustrazioni sono di Sergio Staino, il disegnatore di scanzonata quanto salda fede marxista. Malgrado queste alleanze, non si creda però che il Fondo Mondiale per la Natura (le cui iniziali in inglese sono appunto Wwf) sia qualcosa “di sinistra”. Come tutti sanno, questa – che è la più potente e ricca organizzazione ambientalista del mondo – è stata fondata da Filippo, duca di Edimburgo, marito della regina d’Inghilterra e dal principe Bernardo d’Olanda. Nella sua direzione internazionale siedono alcuni tra i maggiori petrolieri, industriali, finanzieri del pianeta. Singolare personaggio è soprattutto il “principe consorte” Filippo, per anni in lotta con Edoardo, duca di Kent, per occupare il posto più prestigioso e influente della massoneria di ogni continente: quello di Gran Maestro della Gran Loggia Madre di Inghilterra. Vinto, alla fine, dal duca di Kent, Filippo, pur restando altissimo e attivo dignitario massonico, a quell’impegno “coperto” ha deciso di affiancare quello più “scoperto” del Wwf.Come tutti i “verdi” coerenti, il duca di Edimburgo ce l’ha innanzitutto con l’uomo e ne vorrebbe, se non la scomparsa, la drastica diminuzione. E’ nota la sua dichiarazione dell’otto agosto ’88 alla Dpa, l’agenzia di notizie tedesca: «Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione». E più volte ha ripetuto che il vero problema ecologico è il fatto che, nel Terzo Mondo, ci siano più nascite che morti.
Quei molti cattolici che in buona fede si aggregano a certi carri “verdi” – magari tirando in ballo il povero e incolpevole san Francesco – non sanno che ci sia dietro a certe organizzazioni che pur sembrano tanto benemerite.
Quel libro di Fulco Pratesi di cui dicevamo all’inizio apre davvero squarci impressionanti non solo su ciò che sta dietro le quinte, ma sull’essenza dell’ideologia ecologista. Intendiamoci: questa Ecologia domestica scritta dal presidente nostrano del Wwf ha un tono sbarazzino se non un po’ frivolo, sino dal sottotitolo che suona “Bon ton verde e altre divagazioni”. E molti consigli sono sul look dell’ambientalista elegante, con indicazioni su come vestire, ad esempio, andando a sciare, per non confondersi con la massa dei parvenus. Ogni tanto, però, in questo tono da terrazza-bene romana, si aprono squarci che la dicono lunga, come a pagina 100, dove si legge: «Le ricorrenti notizie di famiglie sterminate dai funghi costituiscono un buon deterrente e un discreto disincentivo alla loro raccolta selvaggia». Meglio, dunque, una famiglia in meno che un porcino o un ovulo in meno.
Sorprendente davvero il capitolo dedicato al sesso, definito «la migliore maniera di utilizzare il tempo libero: non inquina, non disperde energia, fa bene alla salute, rende sereni, poco aggressivi, tolleranti e buoni». Un quadro idilliaco che ben poco ha a che fare con la complessa realtà umana della quale ciascuno ha fatto e fa esperienza e che non dipende soltanto (come crede questo
“verde”) dai tabù e dai divieti di quel cattolicesimo sul quale, qui come altrove, si fanno puntate astiose. Ma poiché il “verdismo” è una fede globale (lo stesso Pratesi si definisce «un verde credente e praticante, nonché leggermente fanatico») non manca nemmeno un capitolo sulla morte.
Leggendolo noi non ci siamo stupiti, ben sapendo dove menano certe premesse ideologiche. Ma, forse, qualche credente, convertito al nuovo Verbo, potrà aprire un poco gli occhi leggendo ciò che viene definito «qualche consiglio utile per favorire un sereno trapasso e una corretta destinazione delle proprie spoglie».
Per Pratesi il cadavere (anzi, «la carcassa umana») non è che concime di cui si da la lista degli elementi, dal 66 per cento di ossigeno sino alla 0, 04 di ferro, iodio e manganese. Si scaglia contro le casse da morto (occorre legno per costruirle), contro i cimiteri (terra iperfertilizzata in cui vegetano solo crisantemi e cipressi»), contro le lapidi (originano antiestetiche cave di pietra).
Una soluzione, secondo lui, potrebbe essere questa: «Una bella buca sotto una quercia in campagna, due palate di terra ed ecco che possiamo tornare al ciclo della natura». Ma questo in mancanza di meglio. L’ideale, secondo il Wwf, sarebbe la fondazione di una “Associazione per l’inumazione ecologica”. Il Presidente dà per questo alcune direttive che così, letteralmente, suonano: «Si potrebbero adoperare i carnai, gli appositi terreni recintati e sorvegliati, impiegati dalle associazioni naturalistiche come il Wwf e la Lipu per alimentare i rapaci (soprattutto gli avvoltoi in Sardegna e i capovaccai sulle colline a nord di Roma). In quei carnai i nostri resti mortali potrebbero servire da cibo agli ultimi grifoni. Il tempo medio di distruzione della salma è di poche ore. Restano le ossa, è vero. Ma a questo inconveniente si potrebbe ovviare se al festino partecipasse anche l’avvoltoio barbuto, che lancia le ossa sulle rocce per divorarne il midollo. In pochissimi giorni, delle nostre spoglie non resterebbero che escrementi mineralizzati».
A questo proposito Pratesi cita con compiacimento una notizia del gennaio 1988: un ecologo inglese che, per nutrire i suoi amati avvoltoi sudafricani, si è portato sotto i loro nidi e si è sparato un colpo alla testa. L’italiano consiglia anche agli altri ecologi, «in vista del passo estremo, di portarsi in un luogo ricco di carnivori e lì attendere la morte in un luogo di difficile accesso».
Ma c’è di più. Ecco ancora testuale: «Una alternativa (come ha suggerito l’ecologa Laura Conti) potrebbe essere il creare scatolette di cibo per cani e gatti in cui la carne umana sostituisca quella di altri animali». Anche qui, esempio edificante, esso pure anglosassone: Lord Averbury, che siede alla Camera Alta di Londra per i liberali, ha stabilito che il suo cadavere sia distribuito come cibo tra gli ospiti del canile municipale di Battersea. Perché, ha detto, «ogni cosa biodegradabile deve essere riciclata e sepoltura e anche cremazione sono un terribile spreco». Polemizzando con il direttore del
canile che pur ammettendo che «c’è molto valore nutritivo nella carcassa umana», non se la sente di accettare l’offerta.
Sempre per Pratesi, le ceneri di chi si facesse cremare dovrebbero «essere usate per concimare i propri vasi e le aiuole». E, alla barbarie cristiana che tributa rispetto per il cadavere, si contrappone la civile usanza «ancora in atto presso i Parsi, una setta zoroastriana, che depositano i loro cadaveri in cima ad un’alta torre e li fanno consumare dagli uccelli da preda».
Ecco, dunque, a spese della Coop Supermercati e a firma della più potente associazione naturalistica d’Italia – ma anche del mondo - il bon ton funerario verde. Accompagnato, per giunta, da considerazioni malevoli sul cattolicesimo in base ad una citazione sbagliata della lettera ai Galati. Evidentemente poco abituato a maneggiare la Bibbia, Pratesi cita Galati 5, 19 scambiando per “carne” ciò che nel linguaggio semitico significa invece “egoismo umano”. Che ciascuno si scelga i suoi maestri.
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