Valutazioni e retroscena vaticani della marcia indietro sul San Raffaele
Così ieri la Santa Sede non ha pareggiato l’offerta di 405 milioni di euro che l’imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli ha messo sul piatto per acquistare l’ospedale che fu di don Verzé.
Nicora e Re hanno valutato ogni cosa. Il rischio che nell’affare si replicassero gli errori commessi ai tempi del crac del Banco Ambrosiano sono stati ritenuti reali. Il buco finanziario dell’ospedale, infatti, è un’entità difficilmente quantificabile. Lo Ior chiuse la vicenda dell’Ambrosiano versando 406 milioni di dollari a titolo di “contributo volontario”. Ma oggi un nuovo e ingente esborso per un fallimento del quale la Santa Sede non ha responsabilità non sarebbe tollerabile. Non solo: esiste anche un intoppo giuridico. Lo Ior non può, per statuto, impegnarsi in un’operazione del genere. Gotti Tedeschi ha fatto notare più volte la cosa all’interno dei sacri palazzi, tanto che si dice sia lui oggi il più sollevato per il dietrofront.
Nei mesi passati erano stati anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola e il presidente della Cei Angelo Bagnasco a esprimere a Bertone riserve sull’operazione, anche per il fatto non secondario che l’ospedale di Verzé non aveva poi molto, nei suoi statuti e meno nelle sue prassi, che lo legasse alla chiesa: dal ricorso alla fecondazione artificiale alle ricerche svincolate dai criteri etici del magistero. Un accordo non scritto fra i tre porporati sanciva la possibilità di abbandonare la partita entro sei mesi. Così è stato. Il progetto di un grande polo sanitario d’eccellenza, dunque, con il San Raffaele, il Bambin Gesù, la Casa Sollievo di San Giovanni Rotondo e il Policlinico Gemelli sembra accantonato.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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