Una rivista messicana fotografa la situazione attuale della Compagnia di Gesù, l’ordine religioso più numeroso al mondo
di Giacomo Galeazzi
Tratto da Vatican Insider il 12 febbraio 2012
Tratto da Vatican Insider il 12 febbraio 2012
I nuovi Gesuiti. E’ la rivista messicana «Magis» a radiografare l’attuale situazione della Compagnia di Gesù, la cui missione è «il servizio della fede e la promozione della giustizia». Una radiografia a 360 gradi, che permette di capire la profondità di un mondo, quello gesuitico, vasto e molto radicato anche nei paesi del nord e del sud America. Il loro modo di vivere, ancorato all’aspirazione di «incontrare Dio in tutte le cose» (secondo l’espressione di Sant’Ignazio di Loyola) porta i Gesuiti ad operare alle frontiere del mondo e, in molte occasioni in costante tensione con la gerarchia cattolica. Le gerarchie li amano e li stimano, ma insieme li temono per le prese di posizione di alcuni dei suoi membri non sempre custodi della vera ortodossia.
La Compagnia di Gesù è l’ordine religioso più numeroso del mondo e, secondo gli ultimi dati ufficiali, conta 20mila membri tra sacerdoti e seminaristi in 127 paesi. Attualmente i Gesuiti gestiscono 3890 istituzioni educative, la maggioranza delle quali (2947)rientra nel progetto «Fede e allegria», un movimento di educazione popolare presente in 19 paesi dell’America Latina.
Negli ultimi trent’anni numerosi gesuiti sono stati condannati dalla Santa Sede, insieme con altri religiosi e sacerdoti di altre congregazioni. Jon Sobrino, Jacques Dupuis, Fernando Cardenal o Anthony de Mello sono alcuni dei gesuiti che hanno ricevuto una «notifica» dalla Congregazione per la dottrina della fede.
Quattro anni fa le nuove linee programmatiche della Compagnia di Gesù sono state tracciate dal nuovo «papa nero», lo spagnolo padre Adolfo Nicolás. Da un lato i poveri e gli esclusi, dall’altro l’inculturazione del cristianesimo nell’attuale frangente di globalizzazione, ovvero il dialogo con le fedi e le culture locali. «La nostra missione è verso gli ultimi, abbiamo il compito di servire Dio, la Chiesa e il mondo senza mai dimenticare che oggi ad annunciare la salvezza non sono le nazioni geografiche ma quelle umane e cioè i poveri e gli emarginati», specifica padre Nicolas che spesso cita buddismo e scintoismo. Nel suo pensiero non c’è traccia di «monopolio occidentale della verità», sempre rivolto com’è al Terzo Mondo e alle società multireligiose. Da ex responsabile della Conferenza dell’Asia Orientale e Oceania (un’area che va dalla Cina e il Myanmar alla Corea, dalla Micronesia all’Australia), padre Nicolás considera il dialogo tra est ed ovest «una sfida enorme ma indispensabile e salutare». In Giappone, nella seconda metà degli anni Novanta, ha presieduto la Conferenza dei superiori religiosi e, da principale consultore dell’episcopato giapponese, ha indirizzato i vescovi verso le frontiere più avanzate della collegialità e dell’inculturazione.
Un’impostazione progressista poco gradita in Vaticano: il cardinale Jan Schotte, segretario generale del Sinodo, vi rintracciò una «mano europea più che nipponica», perciò furono messe in conto a padre Nicolás le critiche dei vescovi giapponesi nel Sinodo per l’Asia alla curia romana poco attenta all’autonomia degli episcopati nazionali. Un veto costato a padre Nicolás la nomina a rettore della Pontificia Università Gregoriana. «Se ci sono difficoltà con la Santa Sede è perché siamo così vicini spiritualmente. Se due persone che sono sposate mi dicono che tra loro non ci sono problemi, io non ci credo», osservò il «papa nero» al momento della sua elezione. «Solo le persone che si amano possono ferirsi. La Compagnia ha un quarto voto specifico di obbedienza al Papa nelle missioni, oltre a quelli di fedeltà, castità e obbedienza che hanno tutti gli ordini cattolici».
La sua elezione a sorpresa ricorda quella nel 1965 di un altro spagnolo specialista dell’Asia, l’innovatore padre Arrupe che guidò prima di lui la Compagnia di Gesù negli agitati anni 1965-1983 e, dopo numerosi attriti e incomprensioni con il Vaticano, fu sostituito da padre Peter-Hans Kolvenbach. «Si è scritto che sono un 50 per cento Arrupe e un 50 per cento Kolvenbach, allora perché non un 10 per cento di Elvis Presley?», ironizzò il Papa nero. Nel 1961 padre Nicolás era un giovane gesuita di stanza in Giappone, dove Arrupe era responsabile della provincia. «Era una persona calorosa e un grande conversatore. Ma soprattutto, un grande missionario, un eroe nazionale, un uomo in fiamme». La visione e l’intuizione di padre Arrupe precedevano la sua teologia: «Voleva che l’Oriente avesse un impatto sul resto della Compagnia».
Adesso l’«antitesi» tra il Pontefice e i gesuiti è «solo una difficoltà in una relazione di amore», come in una coppia sposata: «Ho studiato sui libri del professor Ratzinger a Tokyo, Roma e in Germania. La teologia è sempre dialogo. Il nostro Dio, la nostra fede e il nostro messaggio sono così grandi che non si possono mettere in una bottiglia, in un Paese, in un solo ordine religioso. È un messaggio per tutte le nazioni perché è un messaggio così grande che non si può ridurre. La nostra terra di missione sono i poveri, coloro che sono manipolati, gli emarginati, gli esclusi che aumentano con la globalizzazione, quanti non hanno posto in una società fatta solo per i grandi». La Compagnia di Gesù che rilancia la «promozione della giustizia attraverso l’opzione preferenziale per i poveri», per le «moltitudini di indigenti» che premono alle porte del mondo sviluppato. «L’Occidente non ha il monopolio. Nella Chiesa abbiamo molto da imparare dall’Asia», è appunto lo slogan di padre Adolfo Nicolas. Al secondo scrutinio il «conclave» dei Gesuiti ha scelto il responsabile della Conferenza dell’Asia Orientale come 29° successore del santo fondatore Ignazio di Loyola. La sua elezione alla guida del principale ordine religioso del mondo è stata un’indicazione chiara e netta soprattutto sul delicato tema del rapporto tra l’evangelizzazione cristiana e le altre culture e religioni in Asia. «Obbediamo al Papa ma non siamo guardie svizzere», sintetizzò il provinciale messicano Juan Luis Orozco, all’uscita dalla Congregazione in cui è stato uno dei grandi elettori del nuovo Preposto Generale.
Nel 2008, alla vigilia dell’elezione del nuovo «papa nero», Benedetto XVI aveva sollecitato i 20mila gesuiti ad una maggiore fedeltà nel «promuovere la vera e sana dottrina cattolica, chiedendo alla Compagnia di Gesù una pubblica riaffermazione della «propria totale adesione alla dottrina cattolica, in particolare su punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare, come il rapporto fra Cristo e le religioni, taluni aspetti della teologia della liberazione e vari punti della morale sessuale, soprattutto per quel che riguarda l’indissolubilità del matrimonio e la pastorale delle persone omosessuali». Joseph Ratzinger ha ribadito l’urgenza che la vita e la ricerca dottrinale dei gesuiti siano sempre animate da un vero spirito di fede e di comunione in «docile sintonia con le indicazioni del Magistero». Il «programma d’aggiornamento» di padre Nicolas è incentrato su dialogo, inculturazione, spiritualità, Chiesa dei laici, sviluppo, pace, trasparenza nella Chiesa e nella Compagnia di Gesù.
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