Festeggiamo san Tommaso d’Aquino con l’editoriale del n. 65 di Sodalitium.
Editoriale del n. 65 della rivista Sodalitium
Dopo molto, troppo tempo, Sodalitium ritorna nelle vostre case. Inevitabilmente, questo numero 65 risente del lungo ritardo, per cui alcuni argomenti trattati non sono più di stretta attualità. Come ad esempio quando rispondiamo ad alcune reazioni a proposito degli articoli del n. 64, oppure trattiamo dell’anno dell’infausto 150° dell’Unità d’Italia, quando ormai i “festeggiamenti” e le commemorazioni sono praticamente (e fortunatamente) giunti al termine. Ma, lo abbiamo ricordato più volte, la nostra non è una rivista di attualità ma di approfondimento.
Nel frattempo la situazione diviene sempre più grave, sia per quel che riguarda la società temporale, dove si realizza più velocemente il potere unico mondiale anticristiano o acristiano, sia per quel che riguarda, e questo è ancora più triste, la situazione della Chiesa Cattolica fondata da Nostro Signore Gesù Cristo. Il 19 aprile 2005 il nostro Istituto, in seguito alla dichiarazione di Joseph Ratzinger, appena eletto al Soglio pontificio, di applicare e difendere il Concilio Vaticano II, dichiarò pubblicamente, per questo motivo, di non poter essere in comunione con lui, e di non poter riconoscere, nella sua persona, l’autorità divinamente assistita.
Il n. 59 riconosceva quindi che colui che era stato eletto col nome di Benedetto XVI non era affatto mutato – come egli stesso ripetutamente aveva affermato – ma era sempre rimasto il giovane teologo tedesco neo-modernista che, come perito del cardinale Frings, contribuì, assieme ad Hans Küng, Karl Rahner, Henri de Lubac, Jean Danielou, Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, John Courtney Murrey, ed altri “nuovi teologi”, ad operare la rivoluzione modernista nel seno e nelle viscere stesse della Chiesa.
Fummo voce quasi isolata. Fin dal’inizio, e poi ancora di più dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum e la levata delle scomuniche ai Vescovi consacrati da Mons. Lefebvre, un vero e proprio entusiasmo nei confronti di Joseph Ratzinger animò la maggior parte dei fedeli, del clero, della stampa cattolica “antimodernista” legata alla tradizione della Chiesa. In questo nuovo clima, non ancora del tutto spento, si fece strada un doppio e convergente fenomeno. Da un lato, grazie al “Motu Proprio”, dei sacerdoti, liturgisti e teologi conciliari (e persino editori massoni), vale a dire assolutamente fedeli al Vaticano II (fino al punto di giustificare ed applaudire il nuovo incontro interreligioso di Assisi), hanno preso in mano il movimento di difesa della liturgia tradizionale, a scapito di chi, da sempre, aveva difeso la tradizione liturgica cattolica a viso aperto, contro la riforma liturgica montiniana.
D’altro canto, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, uscita per così dire dal “ghetto”, ha instaurato una collaborazione quotidiana con questo clero (spesso ‘ordinato’ col nuovo rito) per cui è frequente osservare un ‘sacerdote’ biritualista (che dice cioè la Messa seguendo entrambi i riti) officiare nei priorati della Fraternità, o un sacerdote della Fraternità servire all’altare o assistere in coro a delle ‘messe’ in ‘rito straordinario’ celebrate da ‘sacerdoti’ conciliari (come è accaduto, in Italia, a Oropa e a Bologna). Prima ancora di un ‘accordo’ ufficiale, che pare aver incontrato degli ostacoli, è nella pratica e alla base che le frontiere tra conciliari e anticonciliari stanno diventando sempre più labili se non invisibili.
Eppure, Joseph Ratzinger non nasconde – tutto il contrario – il suo pensiero chiaramente liberale e modernista. Non ci riferiamo tanto alla scandalosa “beatificazione” di Karol Wojtyla (a proposito di quella del card. Newman si potrà leggere qualche cenno nel prossimo numero), all’elogio del “Risorgimento” e del cattolicesimo liberale (anche di questo parliamo in questo numero), né alle due opere pubblicate come ‘dottore privato’: Luce del mondo (Libreria Editrice Vaticana, 2010) e Gesù di Nazaret (vol. II, Dall’ingresso in Gerusalemme alla Risurrezione, Libreria Editrice Vaticana, 2011), benché la prima abbia suscitato scalpore (e scandalo) per le ambigue aperture nel campo della morale (o dell’immoralità) e della seconda sia stata scritta una ampia critica – alla quale rinviamo il lettore – dalla rivista francese di Saint-Parres-les-Vaudes, Il est Ressuscité (a partire dal numero 104, e tuttora in corso).
Ci riferiamo piuttosto all’insegnamento di Joseph Ratzinger a proposito dell’ateismo e dell’agnosticismo. Quello della possibilità della Fede nel mondo moderno, dopo l’Illuminismo, è un tema centrale nel pensiero del teologo Ratzinger fin dai suoi primi saggi (si vedano ad esempio le prime pagine del suo Introduzione al Cristianesimo, che data del 1968, ove Ratzinger commenta le parole del Simbolo Apostolico “Io credo”); a questo proposito il suo pensiero è rimasto sostanzialmente immutato. Più recentemente, egli lo ha sviluppato con l’iniziativa del “Cortile dei Gentili” affidata all’esegeta dichiaratamente modernista “cardinal” Ravasi, nelle sue parole durante la visita in Germania (e con lo scandaloso ma ormai “tradizionale” elogio di Lutero) e soprattutto nel discorso da lui tenuto durante il nuovo incontro interreligioso di Assisi del 27 ottobre 2011, voluto da Benedetto XVI, come lo aveva annunciato già il 1 gennaio 2011, per commemorare il 25° anniversario dell’analoga iniziativa del “beato” Giovanni Paolo II.
Le novità del nuovo incontro d’Assisi rispetto a quello wojtyliano sono state essenzialmente due: nessuna preghiera pubblica – in comune o fatta separatamente – è stata prevista durante l’incontro (ma solo una preghiera privata nell’ora della siesta!), da un lato; e, d’altro lato, l’invito all’incontro rivolto anche ad alcuni rappresentanti dell’ateismo e dell’agnosticismo.
Alcuni hanno visto in queste novità un aspetto positivo (esclusione del sospetto di sincretismo, minimo comun denominatore trovato legittimamente nella ragione e nel diritto naturale); altri, come Francesco Agnoli su Il Foglio (quotidiano il cui direttore si è definito ironicamente, ma non troppo, “ateo devoto”) hanno lamentato solo che siano stati invitati degli “atei sbagliati” (comunisti, psicanalisti, in genere negatori del diritto naturale) e non quelli “devoti”, rispettosi della Chiesa e del diritto naturale (come il sen. Pera o, appunto, Giuliano Ferrara).
Il problema invece è ben diverso, e lo ha esposto, con la chiarezza che gli è abituale, lo stesso Joseph Ratzinger nel suo discorso durante la giornata di Assisi. Di questo discorso non colpisce tanto la pubblica ammenda – “pieno di vergogna” – per l’uso della violenza in nome del Cristianesimo (che continua la neo-tradizione dei “mea culpa” inaugurata da Giovanni Paolo II in occasione del “Giubileo”) quanto l’incredibile, interessantissimo e gravissimo elogio dell’agnosticismo.
Don Ricossa ha ampiamente commentato questo discorso, in continuità con quanto già Ratzinger scrisse in “Introduzione al Cristianesimo”, durante i convegni di Parigi e Milano (novembre 2011) organizzati rispettivamente dall’Istituto Mater Boni Consilii e dal Centro Studi Davide Albertario.
Il tema è così importante che verrà ampiamente affrontato in un prossimo articolo da pubblicare su Sodalitium e, prima ancora, da diffondere a parte, appena ultimato.
Vi sarà dimostrato che Joseph Ratzinger è essenzialmente un agnostico.
Che il suo agnosticismo rende impossibile l’atto di fede, giacché dell’atto di Fede nega la certezza fondata sull’autorità di Dio.
Che per lui l’esistenza di Dio non è dimostrabile con la ragione (vedi questo numero a pag. 41).
Che per lui credere e non credere sono di fatto due facce del dubitare, dato che il dubbio è inscindibilmente legato alla condizione umana e quindi sia al credere che al non credere.
Che per lui le religioni, come pure, all’opposto, l’ateismo militante, devono essere purificati e messi in difficoltà dall’agnosticismo, se vogliono evitare la devianza della giustificazione della violenza e dell’intolleranza.
Che l’agnostico non ha ricevuto da Dio la possibilità stessa di poter credere, ma ha ricevuto da Dio quell’apertura a Lui (il dubbio) che è già, in fondo, un credere, un essere “pellegrino della verità e della pace”.
La terza riunione di Assisi è stata, ancor più della prima, una riunione di Loggia dove uomini “religiosi” (credenti o non credenti) si riuniscono fraternamente rimanendo ciascuno della propria confessione ma evitando – proprio per restare fraternamente assieme nel servizio dell’Uomo – di parlare di religione (che non sia quella a tutti loro comune) o di pregare secondo i riti di questa o quella religione. Lo “spirito d’Assisi” (promosso dal neo-ministro Riccardi) dimostra che veramente l’ecumenismo e il “dialogo religioso” sono, tramite l’Agnosticismo – la via all’Ateismo, come scrisse papa Pio XI e come viene ricordato in questo numero nell’articolo dedicato alla novella dei Tre Anelli (e a quella dei Tre Impostori).
Che infine l’elogio dell’agnosticismo fatto da Ratzinger non stupisce se si rileggono le pagine dell’enciclica Pascendi dominici gregis di condanna dell’eresia modernista, ove San Pio X spiega come il modernista concili in sé stesso l’essere agnostico e l’essere credente.
Leggendo queste pagine del Santo Papa Pio X, e le parole di Ratzinger, non si può non convincersi che, volente o nolente, consciamente o no, Joseph Ratzinger è, nel senso stretto della parola, nel suo agnosticismo credente, un vero e proprio modernista.
Signore salvaci, e salva la Tua Chiesa!
Fonte : Sodalitium
Editoriale del n. 65 della rivista Sodalitium
Dopo molto, troppo tempo, Sodalitium ritorna nelle vostre case. Inevitabilmente, questo numero 65 risente del lungo ritardo, per cui alcuni argomenti trattati non sono più di stretta attualità. Come ad esempio quando rispondiamo ad alcune reazioni a proposito degli articoli del n. 64, oppure trattiamo dell’anno dell’infausto 150° dell’Unità d’Italia, quando ormai i “festeggiamenti” e le commemorazioni sono praticamente (e fortunatamente) giunti al termine. Ma, lo abbiamo ricordato più volte, la nostra non è una rivista di attualità ma di approfondimento.
Nel frattempo la situazione diviene sempre più grave, sia per quel che riguarda la società temporale, dove si realizza più velocemente il potere unico mondiale anticristiano o acristiano, sia per quel che riguarda, e questo è ancora più triste, la situazione della Chiesa Cattolica fondata da Nostro Signore Gesù Cristo. Il 19 aprile 2005 il nostro Istituto, in seguito alla dichiarazione di Joseph Ratzinger, appena eletto al Soglio pontificio, di applicare e difendere il Concilio Vaticano II, dichiarò pubblicamente, per questo motivo, di non poter essere in comunione con lui, e di non poter riconoscere, nella sua persona, l’autorità divinamente assistita.
Il n. 59 riconosceva quindi che colui che era stato eletto col nome di Benedetto XVI non era affatto mutato – come egli stesso ripetutamente aveva affermato – ma era sempre rimasto il giovane teologo tedesco neo-modernista che, come perito del cardinale Frings, contribuì, assieme ad Hans Küng, Karl Rahner, Henri de Lubac, Jean Danielou, Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, John Courtney Murrey, ed altri “nuovi teologi”, ad operare la rivoluzione modernista nel seno e nelle viscere stesse della Chiesa.
Fummo voce quasi isolata. Fin dal’inizio, e poi ancora di più dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum e la levata delle scomuniche ai Vescovi consacrati da Mons. Lefebvre, un vero e proprio entusiasmo nei confronti di Joseph Ratzinger animò la maggior parte dei fedeli, del clero, della stampa cattolica “antimodernista” legata alla tradizione della Chiesa. In questo nuovo clima, non ancora del tutto spento, si fece strada un doppio e convergente fenomeno. Da un lato, grazie al “Motu Proprio”, dei sacerdoti, liturgisti e teologi conciliari (e persino editori massoni), vale a dire assolutamente fedeli al Vaticano II (fino al punto di giustificare ed applaudire il nuovo incontro interreligioso di Assisi), hanno preso in mano il movimento di difesa della liturgia tradizionale, a scapito di chi, da sempre, aveva difeso la tradizione liturgica cattolica a viso aperto, contro la riforma liturgica montiniana.
D’altro canto, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, uscita per così dire dal “ghetto”, ha instaurato una collaborazione quotidiana con questo clero (spesso ‘ordinato’ col nuovo rito) per cui è frequente osservare un ‘sacerdote’ biritualista (che dice cioè la Messa seguendo entrambi i riti) officiare nei priorati della Fraternità, o un sacerdote della Fraternità servire all’altare o assistere in coro a delle ‘messe’ in ‘rito straordinario’ celebrate da ‘sacerdoti’ conciliari (come è accaduto, in Italia, a Oropa e a Bologna). Prima ancora di un ‘accordo’ ufficiale, che pare aver incontrato degli ostacoli, è nella pratica e alla base che le frontiere tra conciliari e anticonciliari stanno diventando sempre più labili se non invisibili.
Eppure, Joseph Ratzinger non nasconde – tutto il contrario – il suo pensiero chiaramente liberale e modernista. Non ci riferiamo tanto alla scandalosa “beatificazione” di Karol Wojtyla (a proposito di quella del card. Newman si potrà leggere qualche cenno nel prossimo numero), all’elogio del “Risorgimento” e del cattolicesimo liberale (anche di questo parliamo in questo numero), né alle due opere pubblicate come ‘dottore privato’: Luce del mondo (Libreria Editrice Vaticana, 2010) e Gesù di Nazaret (vol. II, Dall’ingresso in Gerusalemme alla Risurrezione, Libreria Editrice Vaticana, 2011), benché la prima abbia suscitato scalpore (e scandalo) per le ambigue aperture nel campo della morale (o dell’immoralità) e della seconda sia stata scritta una ampia critica – alla quale rinviamo il lettore – dalla rivista francese di Saint-Parres-les-Vaudes, Il est Ressuscité (a partire dal numero 104, e tuttora in corso).
Ci riferiamo piuttosto all’insegnamento di Joseph Ratzinger a proposito dell’ateismo e dell’agnosticismo. Quello della possibilità della Fede nel mondo moderno, dopo l’Illuminismo, è un tema centrale nel pensiero del teologo Ratzinger fin dai suoi primi saggi (si vedano ad esempio le prime pagine del suo Introduzione al Cristianesimo, che data del 1968, ove Ratzinger commenta le parole del Simbolo Apostolico “Io credo”); a questo proposito il suo pensiero è rimasto sostanzialmente immutato. Più recentemente, egli lo ha sviluppato con l’iniziativa del “Cortile dei Gentili” affidata all’esegeta dichiaratamente modernista “cardinal” Ravasi, nelle sue parole durante la visita in Germania (e con lo scandaloso ma ormai “tradizionale” elogio di Lutero) e soprattutto nel discorso da lui tenuto durante il nuovo incontro interreligioso di Assisi del 27 ottobre 2011, voluto da Benedetto XVI, come lo aveva annunciato già il 1 gennaio 2011, per commemorare il 25° anniversario dell’analoga iniziativa del “beato” Giovanni Paolo II.
Le novità del nuovo incontro d’Assisi rispetto a quello wojtyliano sono state essenzialmente due: nessuna preghiera pubblica – in comune o fatta separatamente – è stata prevista durante l’incontro (ma solo una preghiera privata nell’ora della siesta!), da un lato; e, d’altro lato, l’invito all’incontro rivolto anche ad alcuni rappresentanti dell’ateismo e dell’agnosticismo.
Alcuni hanno visto in queste novità un aspetto positivo (esclusione del sospetto di sincretismo, minimo comun denominatore trovato legittimamente nella ragione e nel diritto naturale); altri, come Francesco Agnoli su Il Foglio (quotidiano il cui direttore si è definito ironicamente, ma non troppo, “ateo devoto”) hanno lamentato solo che siano stati invitati degli “atei sbagliati” (comunisti, psicanalisti, in genere negatori del diritto naturale) e non quelli “devoti”, rispettosi della Chiesa e del diritto naturale (come il sen. Pera o, appunto, Giuliano Ferrara).
Il problema invece è ben diverso, e lo ha esposto, con la chiarezza che gli è abituale, lo stesso Joseph Ratzinger nel suo discorso durante la giornata di Assisi. Di questo discorso non colpisce tanto la pubblica ammenda – “pieno di vergogna” – per l’uso della violenza in nome del Cristianesimo (che continua la neo-tradizione dei “mea culpa” inaugurata da Giovanni Paolo II in occasione del “Giubileo”) quanto l’incredibile, interessantissimo e gravissimo elogio dell’agnosticismo.
Don Ricossa ha ampiamente commentato questo discorso, in continuità con quanto già Ratzinger scrisse in “Introduzione al Cristianesimo”, durante i convegni di Parigi e Milano (novembre 2011) organizzati rispettivamente dall’Istituto Mater Boni Consilii e dal Centro Studi Davide Albertario.
Il tema è così importante che verrà ampiamente affrontato in un prossimo articolo da pubblicare su Sodalitium e, prima ancora, da diffondere a parte, appena ultimato.
Vi sarà dimostrato che Joseph Ratzinger è essenzialmente un agnostico.
Che il suo agnosticismo rende impossibile l’atto di fede, giacché dell’atto di Fede nega la certezza fondata sull’autorità di Dio.
Che per lui l’esistenza di Dio non è dimostrabile con la ragione (vedi questo numero a pag. 41).
Che per lui credere e non credere sono di fatto due facce del dubitare, dato che il dubbio è inscindibilmente legato alla condizione umana e quindi sia al credere che al non credere.
Che per lui le religioni, come pure, all’opposto, l’ateismo militante, devono essere purificati e messi in difficoltà dall’agnosticismo, se vogliono evitare la devianza della giustificazione della violenza e dell’intolleranza.
Che l’agnostico non ha ricevuto da Dio la possibilità stessa di poter credere, ma ha ricevuto da Dio quell’apertura a Lui (il dubbio) che è già, in fondo, un credere, un essere “pellegrino della verità e della pace”.
La terza riunione di Assisi è stata, ancor più della prima, una riunione di Loggia dove uomini “religiosi” (credenti o non credenti) si riuniscono fraternamente rimanendo ciascuno della propria confessione ma evitando – proprio per restare fraternamente assieme nel servizio dell’Uomo – di parlare di religione (che non sia quella a tutti loro comune) o di pregare secondo i riti di questa o quella religione. Lo “spirito d’Assisi” (promosso dal neo-ministro Riccardi) dimostra che veramente l’ecumenismo e il “dialogo religioso” sono, tramite l’Agnosticismo – la via all’Ateismo, come scrisse papa Pio XI e come viene ricordato in questo numero nell’articolo dedicato alla novella dei Tre Anelli (e a quella dei Tre Impostori).
Che infine l’elogio dell’agnosticismo fatto da Ratzinger non stupisce se si rileggono le pagine dell’enciclica Pascendi dominici gregis di condanna dell’eresia modernista, ove San Pio X spiega come il modernista concili in sé stesso l’essere agnostico e l’essere credente.
Leggendo queste pagine del Santo Papa Pio X, e le parole di Ratzinger, non si può non convincersi che, volente o nolente, consciamente o no, Joseph Ratzinger è, nel senso stretto della parola, nel suo agnosticismo credente, un vero e proprio modernista.
Signore salvaci, e salva la Tua Chiesa!
Fonte : Sodalitium
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 25/12 del 7 marzo 2012, San Tommaso d’Aquino
L’agnosticismo credente di Joseph Ratzinger
L’agnosticismo credente di Joseph Ratzinger
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