Il caso di Emanuela Orlandi giunge, o meglio torna, in Vaticano. Nel pieno delle celebrazioni pasquali. E, sebbene filtrato dal felpato linguaggio curiale, nel mezzo della celebrazione della passione di Gesù, presieduta dal Papa il venerdì santo a San Pietro. Quando il predicatore della Casa pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa, senza mai esplicitare il riferimento all'attualità, parla di "delitti senza colpevole" e "casi irrisolti" avvenuti "anche nella nostra Italia". Lo fa subito dopo aver parlato del "dolore dei bambini innocenti". E subito prima avere invitato i responsabili a venire "allo scoperto", non portarsi segreti "nella tomba" e confessare la propria "colpa", perché "il popolo italiano non è spietato "con chi ha sbagliato ma riconosce il male fatto". Scomparsa nel 1983, Emanuela Orlandi, cittadina vaticana e figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia, è da decenni al centro di uno dei più oscuri misteri d'Italia. Il fratello, Pietro Orlandi, ha mandato di recente alle stampa un nuovo libro-intervista con il giornalista Fabrizio Peronaci ('Mia sorella Emanuela') che cerca di fare luce sulla vicenda. La quale, nel frattempo, è tornata d'attualità. Non solo perché lo stesso Pietro Orlandi ha lanciato una petizione online nella quale chiede a Papa Ratzinger di "porre in essere tutto ciò che è umanamente possibile per accertare la verità sulla sorte della Sua connazionale Emanuela Orlandi". A suscitare le speranza del fratello Pietro è il fatto che Benedetto XVI - già impegnato in un'operazione di trasparenza e pulizia sul tema della pedofilia e sul versante delle finanze vaticane - possa contribuire anche a far chiarezza sulla vicenda legata a sua sorella. Walter Veltroni è tornato a chiedere spiegazioni sulla sepoltura nella basilica romana di Santa Apollinare (nei cui pressi la ragazza è stata vista per l'ultima volta dai conoscenti) di un boss della banda della Magliana, Enrico "Renatino" de Pedis, con tanto di 'question time' al ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. E, dopo che dalla Procura di Roma sono filtrate inizialmente accuse rivolte a chi in Vaticano sarebbe in possesso di informazioni riservate, il nuovo procuratore generale, Giuseppe Pignatone, ha emesso un comunicato nel quale ha reso noto che "ogni ulteriore iniziativa nel procedimento sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sarà diretta e coordinata dal procuratore della Repubblica, che ha assunto la responsabilità della Direzione distrettuale antimafia".Dal Vaticano, per ora, non c'è stato alcun commento ufficiale. Salvo quello del cardinale Giovanni Battista Re, ex 'sostituto' della Segreteria di Stato, che, interpellato dal 'Corriere della sera', ha afferma: "Se qualcuno all'interno avesse saputo qualcosa, lo avrebbe detto". Oggi, però, di fronte al Papa, alla Curia romana e a centinaia di fedeli raccolti nella basilica vaticana per la celebrazione della passione di Gesù, il predicatore pontificio è sembrato fare riferimento al caso Orlandi in un denso passaggio della sua omelia. Il buon ladrone, che afferma di essere stato punti "giustamente", si mostra "un eccellente teologo", ha detto Raniero Cantalamessa. "Solo Dio infatti, se soffre, soffre assolutamente da innocente; ogni altro essere che soffre deve dire: 'Io soffro giustamente', perché, anche se non è responsabile dell'azione che gli viene imputata, non è mai del tutto senza colpa. Solo il dolore dei bambini innocenti somiglia a quello di Dio e per questo esso è così misterioso e così sacro". Il cappuccino ha proseguito: "Quanti delitti atroci rimasti, negli ultimi tempi, senza colpevole, quanti casi irrisolti, anche - ha aggiunto a braccio - nella nostra Italia!. Il buon ladrone - ha poi continuato Cantalamessa - lancia un appello ai responsabili: fate come me, venite allo scoperto, confessate la vostra colpa; sperimenterete anche voi la gioia che provai io quando sentii la parola di Gesù: 'Oggi sarai con me in paradiso!'. Quanti rei confessi possono confermare che è stato così anche per loro: che sono passati dall'inferno al paradiso il giorno che hanno avuto il coraggio di pentirsi e confessare la loro colpa. Ne ho conosciuto qualcuno anch'io. Il paradiso promesso è la pace della coscienza, la possibilità di guardarsi nello specchio o guardare i propri figli senza doversi disprezzare". Il predicatore pontificio ha concluso così il suo ragionamento: "Non portate con voi nella tomba il vostro segreto, se ascoltate - ha precisato -, vi procurerebbe una condanna ben più temibile di quella umana. Il nostro popolo italiano - ha poi detto il cappuccino - non è spietato con chi ha sbagliato ma riconosce il male fatto, sinceramente, non solo per qualche calcolo".
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