di Mons. Justinas
Bonaventura Pranaitis
La
storia dei rapporti tra cristianesimo ed ebraismo è senz'altro
uno dei temi più discussi di questa nostra epoca. In questi
ultimi anni, infatti, le autorità della sinagoga, appoggiate da
influenti lobby ebraiche d'oltre Oceano, hanno
esercitato forti pressioni sulla Gerarchia cattolica affinché
quest'ultima, dopo aver rigettato con il Decreto
conciliare Nostra Ætate (1965) il suo
insegnamento bimillenario sulla religione ebraica, riconosca le
proprie «colpe» e chieda pubblicamente perdono per avere
ingiustamente perseguitato per secoli i figli d'Israele. Mentre
però il presunto antisemitismo di cui viene accusata la Chiesa
cattolica è motivo di reiterati e ormai quotidiani mea
culpa, non risulta a tutt'oggi che alcun rappresentante delle
varie comunità ebraiche abbia mai chiesto pubblicamente scusa
alla Chiesa e ai cristiani per il più che accertato odio
anticristiano di cui trasuda quel concentrato di «saggezza»
rabbinica che è il Talmud... Leggere per credere.
|
l Presentazione
Secondo una
convinzione comunemente diffusa tra i cristiani dei nostri giorni, il
testo fondamentale sui cui poggia l'odierno ebraismo
sarebbe
costituito dall'Antico Testamento, e in particolare dalla Toràh, ossia dai primi cinque Libri della Bibbia che contengono la Legge mosaica. In realtà, uno studio anche superficiale di questa religione rivelerebbe come tale convinzione sia errata e lontana dalla verità. Per il fedele della sinagoga, infatti, il testo essenziale cui attingere per conoscere le norme da seguire e diventare un pio ebreo è il Talmud (dall'ebraico lamad, che significa «apprendimento», «dottrina, ammaestramento»). Per quanto ciò possa sembrare strano, l'ebraismo post-cristiano - quello cioè sviluppatosi dopo l'avvento del cristianesimo - ritiene che la Bibbia, al contrario del Talmud, sia un testo incompleto e di scarsa importanza. Ma cos'è esattamente ilTalmud? Trattasi di un'ampia raccolta di insegnamenti rabbinici che va dal I secolo a. C. al V sec. d. C. Il Talmud consta di due raccolte: la Mishnàh, la più antica, e la Ghemarà, la più recente. I maestri della Mishnàh abbracciano cinque o sei generazioni per un totale di centocinquanta autori. La prima edizione della Mishnàh, commentata dall'ebreo spagnolo Mosé Maimonide (1135-1204) venne stampata a Napoli nel 1492.
costituito dall'Antico Testamento, e in particolare dalla Toràh, ossia dai primi cinque Libri della Bibbia che contengono la Legge mosaica. In realtà, uno studio anche superficiale di questa religione rivelerebbe come tale convinzione sia errata e lontana dalla verità. Per il fedele della sinagoga, infatti, il testo essenziale cui attingere per conoscere le norme da seguire e diventare un pio ebreo è il Talmud (dall'ebraico lamad, che significa «apprendimento», «dottrina, ammaestramento»). Per quanto ciò possa sembrare strano, l'ebraismo post-cristiano - quello cioè sviluppatosi dopo l'avvento del cristianesimo - ritiene che la Bibbia, al contrario del Talmud, sia un testo incompleto e di scarsa importanza. Ma cos'è esattamente ilTalmud? Trattasi di un'ampia raccolta di insegnamenti rabbinici che va dal I secolo a. C. al V sec. d. C. Il Talmud consta di due raccolte: la Mishnàh, la più antica, e la Ghemarà, la più recente. I maestri della Mishnàh abbracciano cinque o sei generazioni per un totale di centocinquanta autori. La prima edizione della Mishnàh, commentata dall'ebreo spagnolo Mosé Maimonide (1135-1204) venne stampata a Napoli nel 1492.
Talmud
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Mosè
Maimonide
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Ma
a dispetto delle altre religioni che cercano in tutti i modi di
diffondere e far conoscere i loro testi sacri, l'ebraismo ha sempre
cercato di occultare il suo libro fondamentale, fino a minacciare di
scomunica, o nei casi più gravi di morte, chi ne avesse rivelato il
contenuto ai non-ebrei. Nel XVII secolo questo incomprensibile
atteggiamento di totale chiusura verso l'esterno richiamò
l'attenzione di molti studiosi cristiani (Wagenseil, Rohling, i due
Buxtorf, Eisenmenger, Bartolocci, Imbonati, Pfefferkorn, ecc...) che
hanno cercato di carpire il motivo di tale segretezza. Lo studio di
questo testo - che altro non è che un codice di comportamento -
condotto da questi profondi conoscitori dell'ebraico portò ad una
prima importante scoperta: il rigido regime di separazione dagli
altri popoli che vige presso gli ebrei trae le sue
origini dall'insegnamento
talmudico relativo ai non-ebrei, e in particolare ai cristiani. In
effetti, il primo dato che emerse dalla lettura dei diversi trattati
che compongono questo libro (Iore
Dea, Orac
sciaim, Scioscen
ammispat,
ecc...) è che, in virtù della sua Alleanza con Yahwéh, l'ebreo si
considera come una specie di superuomo, superiore a tutti gli altri
suoi simili, una sorta di semidio con diritto di dominio su tutte le
altre nazioni. Tuttavia, ciò che impressionò maggiormente questi
studiosi cristiani durante la lettura dei vari trattati fu
l'ossessiva istigazione del lettore all'odio verso Gesù Cristo
(ritenuto un falso messia, un mago e quanto di peggio si possa
immaginare) e verso i Suoi seguaci (considerati alla stregua di
pagani idolatri da evitare o da sterminare). Temendo che la
rivelazione delle maledizioni e degli insulti contro il cristianesimo
contenuti nel Talmud scatenasse
violente reazioni contro gli israeliti sparsi in tutto il mondo, i
rabbini, riuniti in sinodo in Polonia, corsero ai ripari e diramarono
un decreto che conteneva le seguenti istruzioni: «Poiché
abbiamo saputo, come tutti i figli d'Israele, che molti cristiani
cercano d'approfondire la lingua nella quale i nostri libri sono
scritti, vi intimiamo, sotto pena di incorrere nella scomunica
maggiore [...] di
togliere dalle nuove edizioni della Mishnàh e dalla Ghemarà quanto
si riferisce alle azioni di Gesù di Nazaret».
Ecco dunque spiegato il motivo per cui le recenti traduzioni
del Talmud (messe
in vendita anche presso le librerie cattoliche) non contengono
nemmeno uno dei passi che troverete citati dall'Autore in questo
libretto. Nonostante questa cortina fumogena eretta dai giudei
attorno al loro testo sacro, l'Autore del presente
studio, Mons. Justinas
Bonaventura Pranaitis (1861-1917) 1,
riuscì verso la fine del XIX secolo scorso a venire in possesso di
molti trattati originali in cui le maledizioni e gli improperi contro
Cristo e i cristiani non erano stati amputati. Nel 1892, con il
titolo Christianus
in Talmude Iudeorum, sive Rabbinicæ doctrinæ de Christianis
secreta («I
cristiani nel Talmud, ossia la dottrina rabbinica segreta sui
cristiani»), usciva la più completa e più accurata raccolta di
massime talmudiche che sia mai stata pubblicata e che oggi vi
ripresentiamo non certo per fomentare nel lettore volgari pulsioni
antisemite, così aliene dallo spirito che anima le pagine del
Vangelo, ma perché i cristiani tornino a operare per la conversione
degli ebrei e a pregare secondo le intenzioni della Chiesa, così
chiaramente espresse nella veneranda liturgia preconciliare del
Venerdì Santo: «Affinché
Dio, nostro Signore, tolga il velo dai loro cuori ed essi conoscano
Gesù Cristo [...] e
siano strappati alle loro tenebre».
PARTE
PRIMA
LA DOTTRINA DEL TALMUD SUI CRISTIANI
LA DOTTRINA DEL TALMUD SUI CRISTIANI
Nella prima
parte di questo libro, vedremo quali sono gli insegnamenti
del Talmud sull'Autore della religione cristiana,
Gesù Cristo; nella seconda, quello che esso prescrive circa i Suoi
seguaci.
CAPITOLO I
GESÙ CRISTO NEL TALMUD
GESÙ CRISTO NEL TALMUD
Molte sono le
cose che si possono leggere nei diversi libri talmudici sull'origine
di Gesù Cristo e sulla Sua vita, morte e dottrina. Tuttavia, bisogna
avvertire che non sempre e dovunque Egli viene chiamato con lo stesso
nome, ma con altri diversi quali «quell'uomo», «un tale», «il
figlio del fabbro», «l'appeso», ecc...
l I
nomi attribuiti a Gesù Cristo
- Il
vero nome di Gesù Cristo in ebraico è Iesciua
Annostri, ossia «Gesù Nazareno»
Gesù
viene chiamato Notsri dagli
ebrei per via della città di Nazareth nella quale fu educato; per
cui anche i cristiani nel Talmud sono
chiamati notsrim.
Poiché la voce Iesciua,
che significa «salvezza», designa il Salvatore, di rado il nome di
Gesù si incontra scritto per esteso nei libri ebraici 2,
ma quasi sempre e ovunque si legge con l'abbreviazione Iesciu,
nome che viene letto dagli ebrei con malizia, come se fosse originato
dalle lettere iniziali delle tre parole Immasc'
Sciemo Veziecro: «Siano
distrutti il suo nome e la sua memoria» 3.
- Nel Talmud, Gesù
Cristo viene chiamato oto
isc, ovvero «quell'uomo», vale
a dire «noto a tutti»
Nel
trattato Aboda zara 6 a si legge: «Cristiano (è
chiamato) colui che segue l'erronea dottrina di quell'uomo,
il quale comanda che si consideri festivo il primo giorno dopo il
sabato, e cioè che si santifichi il primo giorno dopo il sabato».
- Più
semplicemente, Gesù Cristo viene
chiamato peloni, cioè «quel
tale»
Nello Sciaghigà 4
b., si legge «Maria [...] madre di quel
tale», così come viene denominata nello Sciabbat, 104
b. Vedremo ben presto come questa Maria altri non sia che la
Madre di Gesù Cristo.
- Con
disprezzo, Cristo
viene chiamato anche naggar
bar naggar 4,
ovvero il «fabbro» o il «figlio del fabbro»; o anche ben
sciarasc'ètsim,
ossia il «figlio del falegname» 5.
Aboda
zara
|
Sciabbat
|
- Inoltre, gli
ebrei lo chiamano talui, cioè «l'appeso»
Rabbi Samuel,
figlio di Meir, nell'Ilcot
acum di
Mosè Maimonide, avverte subito che il giorno festivo di Natale e
quello della Pasqua dei cristiani sono proibiti agli ebrei perché
vengono celebrati «per
il fatto che egli fu appeso» 6. Rabbi Aben
Esdra (1092-1167),
nel Commentario
al Libro della Genesi (Gn27,
39), chiama talui colui
la cui immagine l'Imperatore Costantino
il Grande (280-337)
pose nell'insegna: «Ai
tempi di Costantino, che cambiò la religione e pose sul suo vessillo
l'immagine dell'appeso».
l La
vita di Gesù Cristo
Il Talmud insegna
che Gesù era impuro e figlio di donna mestruata 7,
che aveva l'anima di Esaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore e
idolatra. Fu crocifisso, sepolto nell'inferno e divenne l'idolo dei
suoi seguaci.
- Gesù
Cristo era bastardo e figlio di donna mestruata
Nel
trattato Callà
1 b. (18
b.), viene narrata questa storia: «Un
giorno, mentre alcuni vecchi sedevano davanti alla porta della città,
si presentarono loro due adolescenti, uno dei quali aveva il capo
coperto e l'altro l'aveva lasciato scoperto. Di quell'adolescente che
aveva scoperto il capo, Rabbi Eliezer disse che era un "mamzer",
cioè un "impuro".
Rabbi Ieosciua disse che egli era "ben niddà", ovvero che
era stato concepito da una donna mestruata. Rabbi Achiba, invece,
affermò che egli non soltanto era impuro, ma anche figlio di donna
mestruata. Poiché gli astanti domandarono a Rabbi Achiba il motivo
di tale contraddizione verso i suoi colleghi, egli rispose loro che
avrebbe confermato
quanto aveva asserito. Andò quindi dalla madre di questo fanciullo,
e avendola trovata al mercato intenta a vendere legumi, le disse:
"Figlia mia, se tu mi vorrai rispondere con tutta verità a ciò
che sto per domandarti, io ti prometto di fare tutto il possibile
perché tu abbia a godere dell'esistenza anche nell'altra vita".
E poiché ella chiedeva che l'altro confermasse con un giuramento
quanto aveva promesso, Rabbi Achiba giurò, ma soltanto con le
labbra, perché in cuor suo rese subito vano il giuramento.
Dopodiché, Rabbi Achiba domandò: "Dimmi: chi è tuo figlio"?
Ella rispose: "Quando celebrai le mie nozze mi trovavo nel
periodo delle mestruazioni, per cui mio marito si allontanò da me.
Ma il mio compare si unì a me e da questo amplesso nacque questo mio
figlio". Da ciò risultò chiaro che questo fanciullo era non
soltanto impuro, ma anche figlio di donna mestruata. A questa
dimostrazione tutti gli astanti esclamarono: "Grande fu Rabbi
Achiba quando corresse i suoi dottori". E subito aggiunsero:
"Benedetto il Signore Dio d'Israele che rivelò il suo arcano a
Rabbi Achiba, figlio di Giuseppe"».
Come gli ebrei applichino questo passo a Gesù Cristo e a Maria SS.ma
lo dimostra chiaramente il loro libro Toldoth
Iesciu,
che in ebraico significa «Origini di Gesù», dove, quasi con le
stesse parole, è narrata la nascita del nostro Salvatore 8.
Sempre in questo senso un'altra narrazione è data nel Sanhedrin
67 a: «Fra
tutti coloro che, per aver contravvenuto alla legge, sono ritenuti
rei di morte, solo verso questi ultimi 9 essi
procedono, per l'accertamento delle loro colpe, servendosi di
insidie. E quali insidie preparano? Predispongono una stanza interna
illuminata da una candela, e collocano testimoni in un'anticamera, in
modo che essi possano vedere il tentatore e udirne le parole, ma non
questi quelli. Colui che era stato dapprima circuito dal tentatore
improvvisamente domanda a quest'ultimo: "Ti prego: ripetimi qui
in segreto, ciò che prima mi hai detto". Se l'altro aderisce,
subito il tentato gli chiede: "In che modo abbandoneremo il
Signore nostro che è nei cieli e serviremo gli idoli"? Se a
queste parole il tentatore si converte o ha comunque resipiscenze,
bene; ma se invece esclama: "Ecco il nostro dovere; ecco quello
che dobbiamo fare in tutto e per tutto", allora i testimoni che
sono nella stanza esterna e che hanno ascoltato tutto, subito lo
conducano in giudizio e lo lapidino. Così fecero al figlio di
"stada" ("meretrice") in Lud, e lo crocifissero
la sera diPasqua.
Questo figlio di "stada" ("meretrice") dev'essere
inoltre considerato figlio di "pandira". Poiché disse
Rabbi Sciasda: "Il marito di sua madre, "stada pandira",
è Pafo, figlio di Giuda 10. Ma
io aggiungo che sua madre è stata la meretrice Maria di Magdala,
cioè quella tale acconciatrice di teste femminili, la quale, come
dicono nel Pumbaditano, si allontanò da suo marito"».
Ciò equivale a dire che anche Maria
SS.ma
veniva chiamata stada, cioè «meretrice»,
perché, secondo i Pumbaditani, aveva tradito il marito con
adulterio. Simili cose si possono leggere nel Talmud di
Gerusalemme 11 e
in Maimonide12.
Per quanto riguarda quella Maria di cui è fatta sopra menzione, di
essa si dice nel trattato Sciaghigà
4 b: «Trovandosi
un giorno Rabbi Bibai presso l'Angelo della morte gli disse: "Va,
e portami qui Maria acconciatrice di capelli muliebri" (che
equivale a dire: "Va, e uccidila"). L'Angelo andò e gli
portò Maria acconciatrice di fanciulli (vale a dire un'altra
Maria)».
Una glossa marginale illustra così questo passo: «Questa
storia di Maria acconciatrice di capelli muliebri accadde sotto la
seconda casa. Ella fu quindi la madre di N. ("peloni"),
come si legge nel trattato Sciabbat» (fol.
104 b). Nondimeno, nello Sciabbatquesto
episodio viene così riportato: «Disse
Rabbi Eliezer ai sapienti: "Non fu forse il figlio di "stada"
("meretrice") a fare uscire le arti magiche dall'Egitto per
mezzo di un taglio nella propria carne"? Essi risposero: "Egli
fu stolto,
e non si chiede l'approvazione degli stolti. Il figlio di "stada",
il figlio di "pandira"...»,
come sopra nel Sanhedrin
67 a».
Tale magia, operata dal figlio di stada,
viene così spiegata nel libro Bet
Jacob,
f. 127 a: «Prima
di uscire dall'Egitto, i Magi investigarono minuziosamente
dappertutto che non trafugassero l'arte magica per mezzo di qualche
scritto, in modo che la potessero poi insegnare agli altri popoli.
Perciò, egli escogitò un nuovo sistema, e fu quello di scrivere
l'arte magica sulla pelle o d'includervela sotto. La ferita, non
appena sanata, non l'avrebbe certamente lasciata scoprire» 13. «Da
tutto ciò -
dice Johannes
Buxtorf (1564-1629) 14 - si
può capire in modo non troppo oscuro chi mai sia stato "ben
stada" ("il figlio della meretrice") o chi mai,
esaminati tutti i punti, per lui debba intendersi. Comunque, molte
considerazioni dimostrano che nonostante i rabbini nelle addizioni
talmudiche si sforzino di dichiarare che essi non vogliono riferirsi
a Gesù Nazareno e cerchino di coprire la loro malizia, tuttavia la
frode si viene subito a scoprire poiché appare manifesto che essi,
nello scrivere tali cose, non vogliono altro intendere e scrivere che
di Lui. Infatti: in primo luogo, egli è chiamato anche ben pandira.
E che così fosse chiamato da loro Gesù Nazareno appare evidente
anche in altri punti nel Talmud 15,
dove si fà espressa menzione di "Gesù, figlio di pandira".
Anche San Giovanni Damasceno (675-750)16 nella
genealogia di Cristo
menziona le parole "pantheræ" e "bar pantheræ".
In secondo luogo, questa "stada" ("meretrice") si
dice che fosse Maria, e questa Maria viene anche detta madre di
"peloni", di N., e con questa espressione si vuole senza
dubbio identificare Gesù Cristo. Gli ebrei, infatti, usano
mascherare il Suo nome perché si vergognano di pronunciarlo. Se
fossero a nostra portata di mano i manoscritti originali, la cosa
sarebbe chiaramente provata. Appare dunque evidente che anche questo
fu uno dei nomi attribuito alla Madre di Gesù Nazareno. In terzo
luogo, Egli viene chiamato "seduttore del popolo". E che
per tale fosse ritenuto Cristo dagli ebrei, lo attesta il Vangelo
stesso 17,
mentre gli scritti odierni confermano che anche oggi gli israeliti lo
considerano come tale 18.
In quarto luogo, si dice che fosse chiamato l'"appeso"; in
ciò è chiaro il riferimento alla crocifissione di Gesù Cristo,
specialmente se si aggiunge la circostanza di tempo - la sera di
Pasqua - la quale si accorda con il tempo della crocifissione di
Nostro Signore. Nel Sanhedrin 43 a., così essi scrivono: "La
sera di Pasqua crocifissero Gesù". In quinto luogo, perché nel
Talmud di Gerusalemme si parla di due discepoli dei sapienti posti
come vedette e come testimoni, e quindi prodotti contro di Lui. Ciò
deve riferirsi a quei due falsi testimoni dei quali fanno menzione
gli evangelisti San Matteo 19 e
San Luca 20.
In sesto luogo, perché del medesimo "ben stada" scrivono
che in un taglio della propria carne egli trafugò le arti magiche
dall'Egitto. Qualcosa di simile riferiscono a proposito di Gesù
Cristo nel velenosissimo libro "Toldoth Iesciu". In settimo
luogo, e in questo si accorda anche il periodo di tempo, perché si
dice che questo "ben stada" sia vissuto ai giorni di Pappo,
figlio di Ieuda, il quale fu contemporaneo di Rabbi Achiba. Achiba,
inoltre, visse al tempo dell'Ascensione di Cristo e oltre. Anche
Maria si dice che sia vissuta sotto il secondo tempio. Sommando le
cose, risulta chiaro a tutti come in questi passi gli ebrei, in modo
subdolo e blasfemo, vogliano intendere sotto il nome di figlio di
"stada" non altro che il nome "figlio di Maria",
ossia Gesù Cristo. Il fatto che a queste interpretazioni si
oppongano altre circostanze non significa nulla. Ciò non è nuovo
nei libri dei giudei, poiché essi cercano di mascherare la verità
ai cristiani con l’inganno» 21.
-
Inoltre, «nei
libri più segreti che cercano di non far cadere facilmente nelle
mani dei cristiani, gli ebrei dicono che lo spirito di Esaù è
passato in Gesù Cristo, il
quale è stato tanto empio quanto Esaù stesso» 22.
-
Da qualcuno Egli viene chiamato anche stolto
e demente 23: «Dissero
i Sapienti ad Eliezaro: "Stolto fu
il figlio di "stada" ("meretrice") e non si
chiede l’approvazione degli stolti"».
- Gesù
Cristo era un prestigiatore e praticava le arti magiche
Nel
nefando libro Toldot
Yeschu,
il nostro Salvatore viene sacrilegalmente bestemmiato con queste
parole: «Disse
Gesù: "Non hanno forse così profetizzato di me Isaia e Davide
miei proavi? Il Signore mi disse: "Tu sei mio figlio; oggi ti ho
generato" 24.
Così in altro passo: "Disse il Signore al mio Signore: "Siedi
alla mia destra" 25.
Ora io salirò verso il Padre mio che sta nei cieli e siederò alla
sua destra e questo voi vedrete con i vostri occhi; ma tu
Giuda 26 non
riuscirai mai ad elevarti fino a Lui". Pronunciò quindi Gesù
il gran nome di Dio (IHWH), ed ecco che subito si levò un gran vento
che lo sollevò fra il cielo e la terra. Anche Giuda pronunciò quel
nome e anche lui fu sollevato dal vento tra il cielo e la terra. In
questo modo, entrambi volteggiavano nell'aria davanti allo stupore di
tutti gli astanti. Allora Giuda, pronunciato nuovamente il nome
divino, afferrò Gesù cercando di precipitarlo a terra. E Gesù,
allo stesso modo di Giuda, cercava di precipitare l'altro. Così
l'uno e l'altro, alternatamente, si colluttavano. Vedendo allora
Giuda di non poterla avere vinta,orinò
sopra Gesù e
così, essendosi resi immondi, caddero entrambi a terra e non
poterono più pronunciare il nome divino prima di essersi
purificati».
Davvero non so se siano degni di misericordia piuttosto che di odio
quelli che prestano fede a simili menzogne fabbricate dal demonio in
persona 27.
In un altro passo dello stesso libro, viene narrato come nel
Santuario vi fosse una pietra che il Patriarca Giacobbe aveva
spalmato d'olio 28.
In questa pietra erano scritte le lettere del tetragramma IHVH 29 e
tutti gli studiosi israeliti sostenevano che la pronuncia di questo
nome avrebbe devastato il mondo. Perciò, deliberarono che nessuno
potesse comprenderlo, e misero due cani legati a due colonne di ferro
davanti al Santuario. Se mai qualcuno avesse interpretato il valore
di quelle lettere, nell'atto di uscire dal Santuario, atterrito
dall'abbaiare dei cani, avrebbe completamente perduto la memoria di
esse. «Venne
Gesù, entrò nel Santuario, interpretò il valore di quelle lettere,
le scrisse su una pergamena, tagliò un lembo di carne dal proprio
femore e ve la nascose; quindi, pronunciato il nome divino, la pelle
si richiuse» 30.
- Gesù
Cristo era idolatra
Nel
trattato Sanhedrin 103
a., le parole del Salmo 91, versetto 10 «e
la piaga non si avvicinerà al tuo tabernacolo»,
sono così spiegate: «Perché
non vi sia tuo figlio o il tuo discepolo il quale cosparga di troppo
sale, e troppo salando corrompa pubblicamente il suo cibo, come Gesù
Nazareno».
Bruciare il cibo o cospargerlo con troppo sale o troppo condimento
viene proverbialmente detto di chi corrompe i suoi costumi, devia
dalla sua strada e macchia il suo buon nome; in una parola, di colui
il quale passa all'eresia e all'idolatria diffondendole e
difendendole pubblicamente 31.
- Gesù
Cristo era un tentatore
Nello
stesso Sanhedrin 107 b. si legge: «Disse
Mar: "Gesù corruppe, tentò
e perse Israele"».
- Gesù
fu crocifisso
Già sopra
abbiamo visto come Egli abbia scontato con una morte ignominiosa la
pena della sua empietà e dei suoi delitti, essendo stato appeso al
patibolo della Croce la sera di Pasqua.
- Gesù
Cristo fu sepolto nell'inferno
Lo Zohar 282
b. dice come Gesù
sia perito come una bestia e sia stato sepolto fra le
bestie. «Mucchio
di sporcizie [...] su
cui sono stati gettati i cani morti e gli asini morti, e dove sono
sepolti i figli di Esaù (i
cristiani) e
quelli di Ismaele (i
musulmani);
ivi sono sepolti anche Gesù e Maometto,incirconcisi
e immondi, carogne
di cani» 32.
Trattato Sanhedrin
|
Zohar
|
- Dopo
la Sua morte, Gesù Cristo fu venerato come Dio dai Suoi
seguaci
George
Elia Edzard,
nel libro Aboda
zara 32
riferisce le seguenti parole del commentatore dell'Ilcot
acum 5.
3. di Maimonide: «In
molti punti del Talmud si fa menzione di Gesù Nazareno e dei suoi
seguaci. Nessuno all'infuori di lui è riconosciuto come Dio dai
gentili».
Nel libro Scizzuc
Emunà (parte
I, cap. 36) si legge 33: «Da
questo passo (Zc 12,
10) i
cristiani traggono argomento per confermare la propria fede dicendo:
"Ecco, testimonia il profeta che nei secoli futuri si
lamenteranno i giudei, lacrimeranno e piangeranno per avere
crocifisso e ucciso il Messia mandato loro, Gesù Nazareno, eterno
come Uomo e come Dio; e ciò lo esprimono con queste parole: "E
volgeranno lo sguardo verso colui che hanno trafitto e piangeranno
sopra di lui come si piange l'unico figlio"».
Nell'Ilcot
melachim,
IX, 4 34,
Maimonide si sforza di dimostrare
quanto grandemente si ingannino i cristiani che venerano Gesù. «Se
tutto ciò che fece si compì felicemente 35,
se costruì nel giusto luogo il Santuario e raccolse i dispersi figli
di Israele, Egli è veramente il Messia. Ma se fino ad oggi ciò non
gli è riuscito, o se fu ucciso, è chiaro che egli
non era il Messia che la Legge ci comandò di sperare.
Egli, in verità, è simile a tutti i Re morti della Casa di Davide,
integri e giusti, i quali Dio Santo Benedetto non fece nascere ad
altro fine se non per illuminare i molti, così come è detto: "E
quelli che avranno capito trascineranno gli altri a purificarsi, a
purgarsi e a rendersi candidi fino al momento 36della
fine". Anche Daniele, in precedenza, con queste
parole 37 profetizzò
di Gesù Nazareno che si riteneva di essere il Cristo e per sentenza
del Sinedrio fu ucciso: "E i figli dei distruttori del tuo
popolo saranno elevati affinché appaiano saldi e invece
precipiteranno". Esiste avvenimento che sia di maggiore
importanza? Questo fu il detto di tutti i Profeti: "Gesù Cristo
libererà Israele e lo salverà e raccoglierà gli scacciati suoi
figli e confermerà le loro leggi". Mentre invece
quello(Gesù) fu
tratto in causa per aver voluto uccidere di spada Israele, disperdere
le sue reliquie e umiliarle; e ciò perché mutasse la Legge e la
maggior parte degli uomini fosse sedotta a servire un altro Dio. In
verità, a nessun uomo è dato di conoscere i pensieri del Creatore,
poiché non sono le stesse le sue strade e le nostre, i suoi e i
nostri consigli. Certamente tutte le istituzioni di Gesù Nazareno e
degli israeliti che vennero dopo di lui ad altro non sono rivolte se
non a spianare la strada al Messia Re e perché tutto il mondo si
prepari a servire il Signore così come è detto: "Allora
volgerò ai popoli il puro labbro affinché tutti invochino il nome
di Dio venerandolo universalmente" 38.
E allora? Già tutto il mondo è pieno della parola di Cristo, e
della Legge e delle dottrine, e si diffondono parole di lode a Lui
nelle lontane isole e fra molti popoli, chi velato nel cuore e chi
nella carne; ed essi parlano e comunicano fra loro di queste cose che
sovvertono la Legge, e mentre alcuni dicono che i suoi insegnamenti
furono veri, ma poi cessarono di esserlo, altri aggiungono che vi
sono in queste cose non pochi misteri. Il Messia Re è venuto e ha
rivelato gli arcani. Ma quando veramente fosse giunto il Messia, e le
sue dottrine avessero prosperato ed egli fosse stato innalzato ed
esaltato, tutti si sarebbero convertiti e conoscerebbero che le cose
che accaddero furono false e vane».
- Il
crocifisso e l'Eucarestia sono idoli
Nel
trattato Aboda zara 21 a., Tosef.,
leggiamo: «È necessario che studiamo su quale fondamento
debbano basarsi in questi tempi gli uomini quando vendono o affittano
case ai gentili a scopo di abitazione. Vi sono alcuni che pensano
illecita la vendita o l'affitto per il fatto che nel Tosefta è
scritto: "Nessuno darà in affitto la sua casa al gentile, sia
in terra d'Israele che fuori, perché è chiaro che egli vi porta
dentro l'idolo". Nondimeno, è lecito affittare loro stalle,
magazzini e botteghe, nonostante sia noto che in questi luoghi
introdurranno i loro idoli. La ragione è chiara: perché si
distingue fra il luogo nel quale l'idolo viene introdotto in modo che
abbia sede stabile, e il luogo nel quale viene introdotto, ma non con
sede fissa. Da qui la liceità della cosa. Ora, i gentili fra i quali
viviamo non introducono nelle loro case l'idolo in modo che vi abbia
fissa dimora, ma soltanto quando vi si trovi un morto o qualcuno sia
in agonia; anzi, nemmeno in questi casi essi compiono funzioni
religiose. Date queste circostanze, vendere od affittare case è
lecito». Altrettanto dice non meno chiaramente Rabbi Ascer
nel suo commentario ad Aboda zara 83 d: «Oggi
che i gentili non usano introdurre l'idolo nelle loro case se non
quando uno di loro giace ammalato, è lecito affittarle». Lo
stesso Rabbi Ascer, nel medesimo libro, poco più
sopra (83 b) dice: «Oggi, essi usano bruciare incenso
all'idolo». Tutte queste cose e molte altre simili ad esse, ci
tolgono ogni dubbio sul fatto che i rabbini quando parlavano degli
idoli dei gentili, tra i quali essi vivevano a quei tempi in cui non
esistevano idolatri, non avevano dinanzi agli occhi se non l'idolo
dei cristiani, venerato o nelle specie eucaristiche o nell'immagine
della croce.
- Nota
sulla croce
Nella
letteratura ebraica non si trova il nome che designa direttamente la
croce dei cristiani. La croce T, cui venivano appesi i condannati
alla pena capitale, presso i fenici e gli ebrei si chiamava tau.
Questo nome e questo simbolo vennero poi accolti nell'alfabeto degli
ebrei, dai greci e dai romani. Ma tra gli ebrei la croce, venerata
con tanto onore dai cristiani, viene chiamata in diversi modi:
- Elil: «vanità», «idolo»;
- Tselem: «immagine». Per questo motivo, anche i crociferi, nei libri degli ebrei, sono chiamati tsalmerim;
- Sceti veereb: «ordito e trama»; nome derivato dall'arte tessile;
- Cocab: «stella», per i raggi che si diramano dalle parti;
- Pesila: «scultura», cioè «idolo scolpito».
Qualunque
sia il nome con il quale essi la chiamano, si deve sempre intendere
in senso di idolo o di cosa grandemente esecranda. L'Orac
sciaim,
113, 8 afferma: «Se
si presenterà un cristiano che ha in mano la stella a un giudeo
intento nella preghiera e il giudeo sia al punto della sua orazione
in cui è il momento di inchinarsi, egli non si inchinerà. È lecito
in questo caso che il suo cuore sia diretto in cielo verso Dio,
affinché non sembri che egli sia inchinato dinanzi a
quell'immagine».
Lo Iore
dea 150,
2 dice : «Se
per caso, al cospetto dell'idolo si siaconfitta
una spina nel piede di un ebreo, o gli sia caduta una moneta, egli
non si curverà per togliersi la spina o per raccogliere il denaro,
affinché non sembri che cada in adorazione dell'idolo; sieda
piuttosto o volti le spalle all'idolo e si estragga la spina».
Poiché simile diversivo non può essere utilizzato dall'ebreo senza
rischio, viene data una regola sul come ci si debba comportare in
tali occasioni. Dice lo Iore
dea 150,
3. Agà 40:«Davanti
ai principî o ai sacerdoti che hanno sopra le vesti la croce o che
ne portano sul petto l'immagine, come è abitudine di coloro che
comandano, non è lecito curvarsi o togliersi il copricapo. Curerà
tuttavia l'ebreo di negare questo onore senza che nessuno si accorga
del diniego. Per esempio, gettando a terra delle monete o alzandosi
in piedi prima che arrivino i cristiani. In tal modo, si scoprirà e
si inchinerà prima del loro arrivo».
Gli ebrei distinguono la croce che si venera dalla croce che si porta
al collo in memoria di qualche avvenimento o per semplice ornamento.
La prima la ritengono idolo, la seconda no. Afferma Iore
dea 141,
1. Agà: «L'immagine
della croce dinanzi alla quale si inchinano i cristiani, dev'essere
ritenuta come un idolo e non è lecito usarne prima di distruggerla;
invece, la croce pendente dal collo per ricordo, non dev'essere
considerata un idolo; quindi, è lecito usarne senza distruggerla. Il
segno della croce fatto con le mani con il quale i cristiani sono
soliti segnarsi, viene chiamato in lingua ebraica "movimento
delle dita di qua e di là"» 41.
l La
dottrina di Gesù Cristo
Un seduttore
e un idolatra come Gesù Cristo non poté insegnare altro se non
l'errore e l'eresia, impossibili da praticare e da osservare.
- Gesù
Cristo insegnò l'errore
L'Aboda
zara 6 a. Tosefot sentenzia: «Nazareno
è chiamato chi segue l'errore di colui il quale comanda di
santificare il primo giorno dopo il sabato».
- Gesù
Cristo insegnò l'eresia Nello stesso
libro Idolatria (cap. I, 17 a. Tosefot),
si parla dell'eresia di Giacomo. Che questo Giacomo altro non sia se
non l'Apostolo di Gesù Cristo, lo si deduce da alcune parole
riferite poco più sotto. In Aboda zara 27 b. si
legge infatti: «Giacomo secanita, uno dei discepoli di Gesù,
com'è detto nel capitolo primo...». Giacomo non predicava la
propria dottrina, ma quella di Gesù Cristo.
- La
Legge di Cristo è impossibile da osservare
L'autore
del libro Nizzascion 42,
circa tale espressione argomenta nel modo seguente: «I
cristiani hanno questa legge: "Se un ebreo ti percuote una
guancia, porgigli l'altra; in nessun caso dovrai restituirgli la
percossa"» 43.
Al cap. VI, v. 27, dello stesso libro è detto: «"Amate
i vostri nemici; beneficate i vostri avversari, benedite coloro che
vi esecrano, pregate per coloro che vi usano violenza; a chi ti dà
uno schiaffo su di una guancia, porgigli l'altra. A chi ti porta via
la toga, senza contrastare dagli anche la camicia...". Ciò si
può leggere anche presso il Vangelo di Matteo (Mt 5,
39).
Ma non mi è mai accaduto di vedere dei cristiani comportarsi in tale
maniera. E
perfino lo stesso Gesù non si comportò nel modo che aveva insegnato
agli altri.
Ecco quello che troviamo presso il Vangelo di Giovanni (Gv 18,
22),
dov'è detto che avendogli un tale dato uno schiaffo, Egli non gli
porse affatto l'altra guancia per essere nuovamente colpito, ma, dopo
il primo colpo, emozionato gli disse: "Perché mi percuoti"?
Si può leggere negli Atti degli Apostoli (At 23,
3):
"Avendo il Pontefice ordinato di percuotere la guancia di Paolo,
questi non porse affatto l'altra guancia, ma imprecando rispose: "Dio
possa percuotere te...". Dunque, questo modo di fare è un
argomento a loro sfavore e distrugge i fondamenti della loro
religione, mentre essi millantano che è cosa facile osservare la
legge di Gesù Cristo. Se dunque Paolo, che dev'essere considerato
quasi al pari di Gesù diffusore della dottrina, non fu in condizione
di obbedire al suo precetto, chi degli altri che credono in Lui mi
potrà convincere»? All'autore,
nelle cui mani erano i Vangeli e gli Atti
degli Apostoli,
non poteva sfuggire il vero senso nel quale Gesù aveva comandato di
porgere l'altra guancia a chi su di una fosse stato percosso; come
pure non può sfuggire il vero significato delle Sue parole là dove
dice 44: «Se
la tua mano ti dà scandalo, tagliala [...].
E se il tuo piede ti dà scandalo, taglialo [...].
E se il tuo occhio ti dà scandalo, cavatelo».
Peraltro, nessuno, sia pur poco versato in Sacra Scrittura, pensò
mai di prendere alla lettera questi precetti. È dunque con somma
malizia e somma ignoranza dell'indole dei tempi nei quali visse su
questa terra il nostro Salvatore che gli ebrei, spesso e volentieri
anche oggi, traggono occasioni da questi passi dei Vangeli per
alterare la dottrina di Gesù 45.
CAPITOLO II
I CRISTIANI
I CRISTIANI
In questo
capitolo tratteremo questi tre argomenti:
- Con quali nomi vengono chiamati i cristiani nel Talmud;
- Chi sono i cristiani secondo la dottrina degli ebrei;
- Cosa dice il Talmud del culto divino dei cristiani;
- I nomi dei cristiani nel Talmud.
Così
come nella nostra lingua i cristiani derivano il loro nome da quello
di Gesù Cristo, allo stesso modo, nella lingua talmudica, essi, da
Gesù
Nazareno, sono chiamati notsrim 46. Inoltre, essi sono chiamati con tutti quei nomi con i quali nel Talmud sono designati i non-ebrei, come: aboda zara,acum, obde elilim, minim, nocrim, edom, amme aarez, goim, apicorosim, cutim e tanti altri.
Nazareno, sono chiamati notsrim 46. Inoltre, essi sono chiamati con tutti quei nomi con i quali nel Talmud sono designati i non-ebrei, come: aboda zara,acum, obde elilim, minim, nocrim, edom, amme aarez, goim, apicorosim, cutim e tanti altri.
- Aboda
zara
Parola
che significa «culto straniero» o «idolatria».
In tal modo è chiamato anche il trattato talmudico sull'idolatria.
Da qui, il termine obdè
aboda zara,
ovvero «cultori di idolatria». Che le parole aboda
zara significhino
veramente «culto idolatrico», frutto di grande contaminazione per
coloro che a tale pratica si dedicano, appare manifesto nello
stesso Talmud.
Nel trattato Aboda
zara 3
a., Nimrod viene addotto come testimone che Abramo non era stato
cultore di idoli: «Venga
Nimrod e faccia testimonianza che Abramo non fu servo di "aboda
zara"».
Certo è che ai tempi di Abramo non esisteva un culto straniero, né
degli ismaeliti, né dei nazareni, ma soltanto il vero culto di Dio e
l'idolatria. Lo stesso si dice nello Sciabbat 82
a.: «Dice
Rabbi Achiba: "Da dove sappiamo che "aboda zara"
contamina coloro che lo praticano come può contaminare una donna
immonda? Perché è detto (Is 30, 22): "E allontanerai da te
quelle cose così come si allontana un'immonda donna mestruata. E le
dirai: fuori di qui"».
Nel primo emistichio del medesimo versetto 22 si fà menzione degli
idoli d'oro e d'argento 47.
Che anche i cristiani siano per gli ebrei aboda
zara lo
dimostra chiaramente il sapientissimo Maimonide. Leggiamo infatti
in Aboda
zara 78
c. Perusc': «E
sappi che questa genia di cristiani, che errano dopo la venuta di
Gesù, sebbene la loro dottrina sia varia e diversa, sono tutti
cultori dell'"aboda zara"».
- Acum
Questa
voce è composta dalle lettere iniziali delle parole Obdè
Cocabim U Mazzolat 48,
ossia «adoratori
delle stelle e dei pianeti».
Così un tempo gli ebrei chiamavano i goim,
ritenendoli privi di ogni cognizione del vero Dio. Da molti passi dei
libri degli ebrei, e specialmente dallo Sciulsian
aruc,
traspare chiaramente che la voce acum designa
i cristiani. Nell'Orac
scixim 113,
8., vengono chiamati acum coloro
che venerano la croce. Nello Iore
dea 148,
5, 12 sono chiamati adoratori delle stelle e dei pianeti coloro che
celebrano la festività di Natale e, otto giorni dopo, quella di
Capodanno. «Perciò,
se si manda un dono ad un "acum" al tempo dell'ottavo
giorno dopo il Natale, giorno da essi chiamato Capodanno...».
- Obdé
elilim, ovvero «servi degli idoli»
Questo
nome ha il medesimo significato del precedente (acum).
Spesso con questo nome sono chiamati i non-ebrei. Ad esempio,
nell'Orac sicaim 215,
5 è detto: «Non
siano pronunciate parole di benedizione sopra gli aromi che
appartengono ai servi degli idoli».
Tuttavia, nel tempo in cui fu pubblicato lo Sciulscian
aruc non
vi erano acum,
i «cultori di stelle e di pianeti», né «servi degli idoli» se
non fra coloro presso i quali vivevano sempre gli stessi ebrei. Così
si esprime l'autore del commentario allo Sciulc.
aruc,
intitolatoMaghen
Abraham,
il rabbino Calissense, morto in Polonia nel 1775, nella nota nº 8 al
paragrafo 244 dell'Orac
sciai,
laddove permette all'ebreo di compiere il lavoro nel giorno di sabato
con l'aiuto dell'acum: «Nella
nostra città si discute circa il prezzo per rimunerare gli adoratori
delle stelle e dei pianeti, i quali spazzino le vie e le piazze e
continuino il lavoro anche il giorno di sabato» 49.
- Minim,
ossia «eretici»
Nel Talmud vengono
chiamati minim anche quegli eretici che possiedono i
libri detti Vangeli. Dice lo Sciabbat 116 a.: «Rabbi
Meir chiama i libri dei "minim" "aven ghilaion"
("volumi di iniquità") per il fatto
che essi li chiamano Vangeli».
- Edom, cioè «idumei»
Rabbi Aben
Esdra, laddove ci dice che l'Imperatore Costantino mutò religione e
pose nel vessillo l'immagine dell'«appeso», aggiunge queste
parole: «Perciò Roma è chiamata il Regno degli
idumei». Rabbi Besciai, nel Cad
acchemasc' fol. 20 a., in Isaia (Is 66, 17),
così si esprime: «Si chiamano "edomiti" coloro
che usano muovere le dita di qua e di là» (cioè coloro
che si fanno il segno della croce). Lo stesso Rabbi Besciai, dopo le
seguenti parole di Isaia, estratte dal passo già citato, «i
quali mangiano carne suina», aggiunge: «Questi
edomiti...». Rabbi Chimisci invece dice:«Questi
cristiani...». Rabbi Abarbinel,
nell'opera Masmia Iesciua 36 d., scrive: «Nazareni
sono i romani, figli di Edom».
- Goi,
ovvero la «gente» o il «popolo»
Gli
ebrei definiscono goi anche
un uomo singolo, un «gentile»; goià è
detta la donna del gentile. Con questo nome sono talvolta chiamati
anche gli israeliti, anche se molto raramente 50.
Molto spesso invece lo si usa per identificare i non-ebrei, gli
idolatri. Nei libri degli ebrei che trattano dell'idolatria51,
molte volte con il vocabolo goim sono
chiamati i cultori degli idoli. Per questa ragione, nelle più
recenti edizioni del Talmud 52 questa
voce viene evitata ad arte e al suo posto si usano altre
denominazioni per i non-ebrei. Oggi, tutti quelli che hanno
dimestichezza con loro, sanno che con il nomegoim si
vuole, in lingua ebraica, identificare i cristiani. Non lo negano
nemmeno gli stessi ebrei. Tuttavia, essi nei loro libri scritti in
volgare cercano di dimostrare di non attribuire nulla di male o di
offensivo a questo termine 53.
Ma a dire il vero, appare manifesto il contrario nei libri scritti in
lingua ebraica. Nello Scioscen
Ammispat 34,
22, ad esempio, il vocabolo goi viene
usato per significare «misura di cattiveria»: «I
traditori, gli epicurei e gli apostati sono anche peggiori dei
"goim"».
L'immagine
blasfema di una Madonna con la testa di mucca (!) è apparsa sul
numero di maggio del 1997 della rivista scientifica
ebraica Galileo. Padre Iliyas 'Awdah,
parroco della comunità latina nella città di Raynah, nel
distretto di Nazareth, ha commentato questa immagine dicendo che
essa «tradisce una mentalità che vede negli ebrei il
popolo eletto di Dio e negli altri degli stranieri di cui non si
devono rispettare sentimenti e sensibilità [...]. Se
la cosa avesse avuto a che fare con un'offesa agli ebrei tutti
avrebbero rumoreggiato e sarebbero ricominciate grida e discorsi
sull'antisemitismo, e ci sarebbe stato chiesto di prosternarci
per espiare» (cfr.Al-Quds, Gerusalemme, del 5
luglio 1997, pag. 1s).
|
- Nocrim,
ossia «forestieri» o «estranei»
Con questo
nome viene designato chiunque non sia ebreo, e quindi anche i
cristiani.
- Ammè
aarez,
ovvero i «popoli della terra» o gli «ignoranti».
Alcuni dicono 54 che
con questo nome non siano designate persone forestiere ed estranee ad
Israele, ma soltanto gli uomini rozzi e incolti. Ma viceversa, ci
sono alcuni testi i quali non lasciano alcun dubbio circa tale
significato. Nella Sacra Scrittura (Esd 10,
2) è detto: «Noi
abbiamo prevaricato contro il nostro Dio e abbiamo sposato mogli
straniere ("nocriot") che appartenevano ai popoli della
terra».
Dal libro Zohar I,
25 a., appare evidente che la definizione «popoli della terra»
denota anche gli idolatri. «Popoli della terra», od obdé
aboda zara (gli
«idolatri») 55.
- Basar
vedam,
ossia «carne e sangue», vale a dire gli uomini carnali, creature
destinate alla perdizione,
e quindi prive di qualsiasi comunione con Dio. Che i cristiani siano
chiamati basar
vedam risulta
chiaro dal libro delle preghiere: «Colui
che vede un saggio o un erudito cristiano dica: "Benedetto tu
sia o Signore, Re dell'Universo, che hai elargito la tua sapienza
alla carne e al sangue"».
Allo stesso modo, in un'altra preghiera nella quale viene scongiurato
Dio affinché restituisca al più presto possibile il Regno di Davide
e mandi il Profeta Elia e il Messia, e allontani per sempre la
prigionia, essi chiedono di non essere costretti alla povertà per
non dovere accettare regali dalla carne e dal sangue o istituire con
essi scambi o essere stipendiati 56.
- Apicorosim,
ossia «epicurei»
Sono
così chiamati tutti coloro che non osservano i precetti di Dio e
giudicano le cose della fede secondo il proprio beneplacito. Questo
nome si riferisce non soltanto agli stranieri, ma anche agli stessi
ebrei 57.
Quindi, a maggior ragione esso viene riferito ai cristiani.
- Cutim,
ovvero «samaritani»
Dal momento
che oggi i samaritani non esistono più, mentre nei più recenti
libri degli ebrei si fà spesso menzione dei cosiddetti cutei, chi
potrebbe dubitare che con questo nome essi non vogliano intendere i
cristiani? Peraltro, a proposito dei nomi con i quali sono chiamati i
non-israeliti, bisogna soprattutto osservare questo, e cioè che gli
scrittori ebrei adoperano questi nomi promiscuamente e senza
discriminazione quando trattano lo stesso argomento esprimendosi
quasi con le stesse parole. Ad esempio: nel trattato Aboda
zara 25 b., viene usato il nome goim.
Nello Sciulsan aruc, nella parteIore dea 153,
2., viene invece usato acum. Il Cheritut 5
b. usa goim; lo Iebammot 61 a.
usa nocrim; il Ghittin 45 b. usa nocri;
l'Orac sciaim 3 c, 1. usaacum; l'Aboda zara 2
a., usa obdé elilim; il Thosef usa goim;
l'Obdé aboda zara e lo Scioscen ammispat 388,
15. (edizione veneziana), usano cutim, mentre l'edizione
slava usa acum. E qui gli esempi si potrebbero
moltiplicare. Maimonide, nel suo libro sull'idolatria, chiama senza
alcuna discriminazione gli idolatri goim, acum, obdé
cocabim, obdé elilim, ecc...
l Chi
sono i cristiani secondo la dottrina talmudica?
Nel capitolo
precedente, abbiamo visto in che considerazione gli ebrei tengano
l'Autore della religione cristiana e quanto si adoperino affinché il
Suo Nome sia detestato. Nessuno dopo di ciò si aspetterà che essi
abbiano migliore opinione di coloro che essi considerano caduti
nell'errore dopo Gesù Nazareno. Tra le cose abominevoli niente è
più abominevole di ciò che essi pensano e dicono dei cristiani.
Essi li chiamano: idolatri, pessimi uomini, assai peggiori dei
musulmani, omicidi, puttanieri, animali impuri, contaminati come lo
sterco, indegni di essere chiamati uomini, bestie in forma umana,
vere bestie, buoi e asini, porci, cani, peggiori dei cani. Dicono
anche che essi si propagano come le bestie, che sono di origine
diabolica, che le loro anime derivano dal diavolo, e che al diavolo
nell'inferno ritorneranno dopo la morte; perfino il cadavere di un
cristiano non dev'essere distinto dalla carogna di una bestia
scannata.
- I
cristiani sono idolatri
Siccome i
cristiani seguono la dottrina di «quell'uomo», che per gli ebrei
era un seduttore e un idolatra, e lo adorano come Dio, è chiarissimo
che essi devono essere chiamati con il vero nome di idolatri, non
dissimili da coloro con i quali gli ebrei abitavano prima della
nascita di Gesù Cristo e che avevano avuto il precetto di sterminare
in ogni modo. Ciò è chiaramente provato dai nomi con i quali sono
chiamati i cristiani, nonché dalle evidentissime parole di
Maimonide, le quali dimostrano che tutti coloro i quali recano il
nome di cristiani, altro non sono se non idolatri. Ma anche i libri
ebraici di edizione più recente che trattano ai nostri giorni «degli
adoratori delle stelle e dei pianeti», dei «samaritani», degli
«epicurei», ecc..., non vogliono significare altro con queste
parole se non i cristiani. Infatti, i musulmani ovunque sono chiamati
con il nome di «ismaeliti» e non con quello di idolatri.
- I
cristiani sono peggiori dei musulmani
Nell'Ilcot
macalot asavorot (cap.
IX) 58,
Maimonide dice: «Non
è lecito bere il vino del proselita avventizio quale è colui che,
come già dicemmo, pratica i sette precetti dei figli di Noè 59.
È tuttavia concesso trarre un certo vantaggio dal suo vino. Ed è
permesso soltanto lasciarlo, ma non portarlo presso di lui. In questa
maniera bisogna comportarsi con tutti i gentili che non sono idolatri
come gli ismaeliti. Non è lecito bere il loro vino. È permesso
invece all'ebreo trarne comunque vantaggio. E in ciò convengono
tutti i più eccellenti rabbini. Ma essendo i cristiani idolatri, dal
loro vino non è lecito ricavare alcun vantaggio».
- I
cristiani sono omicidi
Dice
l'Aboda
zara 22
a.: «L'ebreo
non si accompagnerà ai gentili, essendo essi sospetti d'aver sparso
sangue».
Lo stesso in Iore
dea 153,
2: «L'israelita
non si accompagnerà con il cristiano ("acum") essendo esso
sospetto d'aver sparso sangue».
L'Aboda
zara 25
b. dice: «I
rabbini insegnarono: "Se un israelita dovrà camminare per
strada con un cristiano ("goi") ponga quest'ultimo dal suo
lato destro» 60.
Rabbi Ismael, figlio di Rabbi Ioscianan, nipote di Beruca,
soggiunge: «Se
il cristiano ("goi") ha al fianco la spada, ponetelo al
lato destro 61.
Se egli porta un bastone, ponetelo al lato sinistro 62.
Se dovete salire dei gradini e scendere per un luogo in pendenza non
stia l'ebreo sotto e il cristiano ("goi") sopra, ma
l’israelita sopra e il cristiano ("goi") sotto, né
l'ebreo dovrà piegarsi davanti a lui per non toccare accidentalmente
con la propria testa il cranio dell'altro. Se infine il cristiano
domandi dove vada, l'ebreo dovrà indicargli una strada molto più
lunga, come si regolò Giacobbe padre nostro con l'empio Esaù
dicendo: "Fino a che io arriverò dal mio signore nel Seir" 63;
e subito nello stesso passo viene detto: "Giacobbe invece partì
per il Sucot"».
Nell'Orac
sciaim 20,
2. È scritto: «Non
bisogna vendere al cristiano ("acum") un'uniforme ufficiale
("talit") affinché questi, capitato per caso ad
incontrarsi per strada con un ebreo non lo uccida. È anche vietato
scambiare o prestare un'uniforme al cristiano se non per breve tempo,
in modo che non ci sia nulla da temere».
- I
cristiani sono puttanieri e praticano la bestialità
L'Aboda
zara 15 b. afferma: «Non bisogna porre nelle stalle
dei cristiani ("goim") bestie di sesso maschile con gli
uomini, né bestie di sesso femminile con le donne. Tanto meno è
lecito porre nelle loro stalle bestie di sesso femminile presso gli
uomini o di sesso maschile presso le donne. Non è neanche lecito
affidare le greggi ai loro pastori, né unirsi a loro, né affidare
loro i fanciulli perché imparino da essi le lettere o un mestiere».
La ragione per la quale non è lecito porre bestie nelle stalle dei
gentili, né unirsi con loro, viene spiegata nello stesso trattato
poco dopo. Afferma l'Aboda zara 22 a.: «Non
bisogna porre bestie nelle stalle dei cristiani ("goim")
essendo questi sospetti di coito con gli animali, né si deve unire
una donna con loro, sospetti come sono di concupiscenza».
Inoltre, la ragione precisa per la quale non è lecito porre bestie
di sesso femminile presso le donne, viene spiegata nello stesso
foglio 22 b.: «Perché è noto che i gentili quando vanno
nelle case del loro vicino per sedurre le mogli altrui, e non le
trovano in casa, copulano con le bestie. Non solo, ma anche quando
trovano in casa la moglie del loro vicino copulano anche con le
bestie. Poiché sono loro più gradite le bestie israelitiche che non
le proprie donne». Per la medesima ragione non è lecito
affidare bestie a pastori, né fanciulli a precettori cristiani.
- I
cristiani sono immondi
I cristiani
(goim) sono chiamati nel Talmud immondi per
un duplice motivo: sia perché essi mangiano cose immonde, sia perché
non sono stati purificati dal peccato originale presso il Monte
Sinai. Dice lo Sciabbat 145 b: «Perché i
cristiani sono immondi? Perché mangiano cose abominevoli e vili».
Lo stesso si afferma in Aboda zara 22 b: «Perché
i cristiani sono immondi? Perché non furono purificati al Monte
Sinai. Poiché quando il serpente giacque con Eva la insozzò. Cessò
il peccato per gli ebrei che furono purificati al Monte Sinai, ma non
per i cristiani che non erano andati presso il Monte».
- I
cristiani sono simili allo sterco
Dice
l'Orac
sciaim 55,
20: «Quando
siano in uno stesso luogo dieci ebrei in orazione e pronuncino le
parole "caddisc'" o "chedoscià", chiunque non
appartenga alla loro religione può rispondere "amen".
Alcuni rabbini tuttavia aggiungono: "Purché non vi sia lì
vicino né sterco, né cristiani».
Aggiunge loIore
dea 198,
48. Agà: «Le
donne ebree devono aver cura, quando escono dal bagno, di incontrare
una loro amica e non una cosa immonda o un cristiano. In questo
secondo caso, se la donna israelita vuole essere veramente purificata
si deve nuovamente lavare».
È degno di nota l'elenco delle cose immonde nel Biur
etib,
commentario allo Sciulsc.
In questo stesso passo l'Aruc afferma: «La
donna dovrà lavarsi di nuovo se ha visto cose immonde, come: cani,
asini, popolo della terra, cristiani, cammelli 64,
scrofe, cavalli o lebbrosi».
Nel
dicembre del 2008 ha avuto luogo a Tel Aviv il Love Day
Sex Festival, una manifestazione di tre giorni segnata da
diverse esibizioni come quella in fotografia: un uomo crocifisso
(una chiara allusione blasfema a Cristo) con due donne seminude
che ballano lascivamente con grosse croci al collo.
|
- I
cristiani non sono uomini, ma sono simili alle bestie
Nel Cheriut 6
b. (pag. 78) è scritto: «Dice
la dottrina dei rabbini: "Colui che sparge l'olio dell'unzione
sopra la bestia, sopra il cristiano e sopra i morti è libero dalla
pena". Quanto alla bestia ciò è vero, poiché essa non è un
uomo» 65.
Ma ungendo un cristiano come può dirsi di essere libero dalla pena
essendo egli stesso un uomo? Nient'affatto, poiché è
scritto 66: «Voi
o gregge mio, o gregge del mio pascolo, siete uomini. Voi siete
chiamati uomini, non i cristiani"» 67.
Nel trattato Maccot 7
b. si parla del reo di omicidio: «Tranne
il caso nel quale un ebreo volendo uccidere una bestia uccida un uomo
o volendo uccidere un cristiano uccida un israelita».
Afferma l'Orac
sciaim 225,
10: «Chi
abbia veduto belle creature sebbene siano cristiani o
bestie[...] dica:
"Benedetto tu o Signore Dio nostro Re dell'Universo nel cui
mondo sono tali cose"».
- I
cristiani sono diversi dalle bestie soltanto nell'aspetto
Dice
il Midrasc'
Talpiot,
fol. 255 d. 68: «Dio
li creò in forma di uomini in onore d'Israele, poiché i cristiani
non furono creati ad altro fine se non a quello di servire
gli ebrei giorno e notte,
né mai dev'essere loro concesso riposo e cessino da simile servizio.
Sconviene al figlio del re (l'israelita;
N.d.A.)che
lo servano vere bestie, ma è conveniente che lo servano bestie
in forma umana».
A questo proposito, si può riportare ciò che si legge nell'Orac
sciaim 376,
a: «Se
si spargerà la lebbra fra i porci, bisognerà digiunare e dolersi,
perché i loro intestini sono simili a quelli dei figli degli uomini;
quanto maggiormente ci si dovrà dolere se la lebbra imperverserà
fra i cristiani ("acum")» 69.
- I
cristiani sono bestie
Afferma
lo Zohar II,
64 b: «I
popoli adoratori di quegli idoli che si chiamano bue ed asino secondo
quanto è scritto: "Io ebbi il bue e l'asino"».
OsservaRabbi Besciai,
al cap. I del libro Cad
acchemasc,
che comincia con la parola ghèulà,
ossia «redenzione», nel punto del Salmo 80, versetto 14: «"Ed
essa fu consumata dal cinghiale selvatico". La lettera "ain"
è sospesa, perché così sono gli adoratori di colui che fu
appeso» 70.
Questo autore vuole con la locuzione «cinghiale
selvatico»
intendere i cristiani perché questi mangiano i porci, e come porci
devastarono la vigna d'Israele, la città di Gerusalemme, e perché
la lettera ain,
nella succitata voce, è come sospesa nella parola, quasi a
significare che in tal modo sono sospesi gli adoratori di Gesù
Cristo appeso alla croce. Mordacità ebraica! 71.
Così si esprime Rabbi Edels,
nel Chetubot 110
b. 31: «Il
salmista paragona il cristiano all'immonda
scrofa selvatica».
l
sottotitolo del film sull'Olocausto Schindler's
List
(Universal 1993), diretto dal famoso regista ebreo
americano Steven
Spielberg,
è una frase estratta dal Talmud(Sanhedrin,
37 a) che direbbe: «Chiunque
salva una vita umana è come se avesse salvato il mondo intero».
In realtà, il Talmud,
che considera i goim non
come esseri umani, ma come bestie, si esprime in modo ben
diverso. Per sincerarsene è sufficiente dare uno sguardo
all'home
page sulla
rete dell'associazione ebraica Jews
For Judaism («Ebrei
per il giudaismo»), dov'è riportata la stessa frase, ma un po'
diversa: «Whoever
saves a single Jewish soulis as if he saved an entire
world»(«Chiunque
salva una sola vita
ebraica è
come se avesse salvato un mondo intero»). Viene da chiedersi chi
sia veramente razzista...
|
- I
cristiani sono peggiori delle bestie
Rabbi Schlomo
Iarci (Rasci), celeberrimo commentatore ebreo, spiegando la Legge di
Mosè (Dt 14,
21) circa la proibizione di mangiare le carni di carogne dilaniate
dalle bestie, ma della facoltà di darle allo straniero, o di
venderle agli estranei, oppure, secondo il Libro
dell'Esodo (Es 22,
30), di gettarle ai cani, nelle ultime parole «e
gettatele ai cani» così
si esprime: «Perché
egli è come un cane. Bisognerà forse intendere la parola "cane"
nel vero senso? Nient'affatto. Dice il testo parlando della carogna:
"Vendila allo straniero"; tanto maggiormente ciò varrà
per le carni dilaniate dalle bestie, dalle quali, tuttavia, è lecito
trarre vantaggio. Stando così le cose, perché la Scrittura dice "le
getterai al cane"? Per farti sapere che il
cane è più onorevole del cristiano» 72.
- I
cristiani si riproducono come le bestie
Dice
il Sanhedrin 74 b. Tosefot: «Il
coito del cristiano è come il coito della bestia». Aggiunge
il Chetubot 3 b. Tosefot: «Il
suo seme (del "goi") dev'essere stimato come il seme di una
bestia». Da cui si può arguire che i matrimoni dei cristiani
non devono essere considerati veri matrimoni. Dice ilChidduscin 68
a.: «Da dove trarremo noi tale verità? Dice Rabbi Una:
"Leggi; restate qui con l'asino, cioè con il popolo simile
all'asino". Da queste parole appare manifesto che essi non sono
capaci di contrarre matrimonio». Ancora in Eben aezer 44,
8: «Se il giudeo contrae matrimonio con una cristiana o con
una serva, esso è nullo non essendo essi capaci di contrarre
matrimonio; similmente, se un cristiano o un servo sposerà un'ebrea
il matrimonio è nullo». Aggiunge lo Zohar II,
64 b.: «Dice Rabbi Abba: "Se soltanto gli idolatri
copulassero, il mondo (degli uomini) non potrebbe sussistere. Da ciò
siamo avvertiti che l'ebreo non deve lasciare alcun luogo a questi
pessimi ladroni, Poiché se costoro si riproducessero maggiormente
sarebbe impossibile esistere a causa di essi, dal cui fianco si
origina una figliolanza che si chiama "cane"».
- I
cristiani sono figli del diavolo
Afferma
lo Zohar I,
28 b.: «E
il serpente era il più furbo di tutte le bestie del campo 73 [...].
"Più furbo" per compiere il male. "Fra tutte le
bestie", cioè fra tutti i popoli idolatri della terra. Poiché
questi sono figli dell’antico serpente che sedusse Eva»74.
Il fatto che i cristiani non siano circoncisi, è un ottimo argomento
per gli ebrei per considerarli di stirpe diabolica; infatti, il
prepuzio dei non-ebrei impedisce che i prepuziati vengano chiamati
figli di Dio Onnipotente. Poiché con la circoncisione viene segnato
e completato il nome di Dio «Sciaddai»
sulla carne dell'ebreo circonciso. Nelle narici infatti è
rappresentata la lettera «c»; nel braccio la lettera «d»; nella
circoncisione la lettera «y». Quindi, nelle genti non circoncise,
quali sono i cristiani, appaiono solamente le due lettere «dc», che
significano sced,
ossia «diavolo». Essi sono dunque i figli di sced,
cioè figli del diavolo 75.
- Le
anime dei cristiani sono empie e immonde
La
dottrina degli ebrei insegna che Dio Benedetto creò una duplice
natura; quella buona e quella cattiva. Un doppio ceppo: il puro e
l'immondo. Da questo ceppo immondo che essi chiamano chelifà,
ovvero «corteccia», «pelle» o «crosta rognosa», dicono
provenire le anime dei cristiani. Dice lo ZoharI,
131 a.: «Gli
altri popoli idolatri, fintanto che sono in vita, insudiciano perché
le loro anime provengono dal ceppo immondo».
Conferma l'Emec
ammelec 23
d. 76: «Le
anime degli empi provengono dal "chelifà", che si chiama
anche morte e ombra di morte».
Che questo ceppo immondo sia di origine sinistra e che appunto da
esso provengano le anime dei cristiani, appare dallo Zohar I,
46 b, 47 a.: «E
Dio creò ogni anima vivente e incedente, cioè gli israeliti, perché
essi sono i figli dell’Altissimo e le loro anime sante promanano da
Lui. Qual'è invece l'origine delle anime di tutte le altre genti
idolatre? Dice Rabbi Eliezer che esse provengono dal lato sinistro,
che rende immonde le loro anime e per questo sono tutte sozze e
sporcano coloro che le avvicinano».
- Dopo
la morte le anime dei cristiani discendono all'inferno
Insegnano i
sapienti che Abramo siede alla porta della geenna (l'«inferno»)
per impedirne l’accesso ai circoncisi. Tutti i prepuziati
discendono invece all'inferno. Insegna infatti il Rosc’
ascianac 17 a.: «Gli eretici, i traditori e gli
epicurei discendono all'inferno».
- I
corpi dei cristiani morti sono solo carogne
I
corpi dei cristiani dopo la morte sono chiamati con l'odioso nome
di pegarim,
nome che nel sacro codice viene spesso usato per identificare i
cadaveri degli empi o delle bestie, e mai per denominare i morti in
grazia, i quali sono viceversa chiamati metim 77.
Perciò, il Sciulsan
aruc ci
insegna che tanto vale parlare del morto cristiano come di una
carogna. Dice lo Iore
dea 377,
1.: «Per
i servi o le serve morte non si dicano parole di consolazione ai loro
padroni, ma soltanto: "Dio ti ricompensi del danno che soffri",
così come diciamo ad un uomo quando gli sia morto un bue o un
asino».
Allo stesso modo, non devono essere evitati per sette giorni, come
insegna la Legge di Mosè, coloro che seppelliscono un cristiano,
perché essi non hanno sepolto un uomo, e seppellire una bestia non
comporta contaminazione. Insegna lo Iebammot 61
a.: «Coloro
che seppelliscono un cristiano non si contaminano verso Dio, poiché
è detto: "Voi, o gregge mio, o gregge del mio pascolo, siete
uomini; voi siete chiamati uomini, non il cristiano».
l Il
culto divino dei cristiani
Siccome per
gli ebrei i cristiani sono come i pagani, ogni loro culto è
considerato idolatrico. I loro sacerdoti sono chiamati «sacerdoti
di Baal»; i loro templi «case di fatuità e di
idolatria»; ogni loro paramento, calici e i libri sacri sono per
essi strumenti di idolatria; le loro preghiere pubbliche e private
sono peccati che offendono Dio, e le loro feste giorni inutili.
- I
sacerdoti
Di
coloro che amministrano il culto divino dei cristiani, i sacerdoti,
parla il Talmud come
di ministri idolatrici e baalitici e li chiama comarim 78,
ossia «aruspici» 79 e galascim,
cioè «chiericuti», a causa della chierica che portano sul capo,
specialmente quando si tratta di monaci. Dice l'Aboda
zara 14
b. Tosefot: «È
proibito vendere agli aruspici i libri profani che possono occorrere
per compiere fatui riti nella casa idolatrica. Chi lo fà pecca
contro la Legge che vieta di porre impedimenti al cieco. È anche
proibito venderli al cristiano ("goi") laico, perché
certamente costui si affretterà a darli o a venderli ai sacerdoti».
- Le
chiese
A seconda dei
casi, il luogo del culto cristiano viene chiamato:
- Bet tiflà, ovvero «casa di fatuità» 80 e «di insulsaggine», invece di bet tefilà, ossia «casa di preghiera»;
- Bet aboda zara, cioè «casa dell'idolatria»;
Dice
infatti l'Aboda
zara 78
d. Perusc'
Maimon: «E
ti sia noto che è indubbiamente proibito dalla Legge passare per una
strada cristiana nella quale vi è la fatuità, cioè la casa
dell'idolatria, e tanto meno abitarvi. È in forza dei nostri peccati
che noi oggi siamo sottomessi a loro e abitiamo oppressi nella loro
terra. Poiché si compie in noi ciò che è detto 82:
"E qui onorerete dèi stranieri, fatti dalla mano degli uomini
con la pietra e con il legno". Se dunque è necessario che noi
ci comportiamo nel modo suddetto verso la città cristiana, a maggior
ragione così dobbiamo comportarci verso la sede dell'idolatria, la
quale se non ci è nemmeno concesso di vedere, tanto meno ci sarà
concesso di entrarvi. E non soltanto entrarvi, ma neanche avvicinarci
alla chiesa se non in qualche caso».
Conferma lo Iore
dea 142,
10.: «È
vietato all'ebreo stare all’ombra della casa idolatrica, sia
all'interno che all'esterno per lo spazio di quattro cubiti dinanzi
alla porta principale. Non è vietata invece l'ombra retrostante la
chiesa. E nemmeno è proibita l'ombra interna se la chiesa sorge in
un luogo dove prima c'era una via pubblica e, dopo che fu sottratta
alla comunità, vi fu edificata una casa idolatrica. Sempre strada
dev'essere considerata. Se invece dov'è stata edificata una casa
degli idoli è stata aperta una strada, non è lecito passarvi.
Alcuni, tuttavia, lo vietano in entrambi i casi».
Inoltre, non è lecito all'ebreo né ascoltare la musica, né
ammirare le bellezze delle chiese. Insegna lo Iore
dea 142,
15.: «È
proibito ascoltare la musica del culto idolatrico, guardare le
fattezze degli idoli, le immagini scolpite o dipinte, nonché gli
stessi edifici ecclesiastici, poiché anche per mezzo degli occhi si
può essere contagiati dal male dell'idolatria».
Allo stesso modo, non è lecito all'ebreo possedere edifici vicino
alla chiesa, né restaurare vecchi edifici di suo possesso. Dice
lo Iore
dea,
143, 1.: «Se
crollerà una casa attaccata alla casa degli idoli dei cristiani, non
è lecito ricostruirla. Cosa si dovrà fare? In tal caso, il giudeo
si deve allontanare e ricostruirla, e riempire lo spazio interposto
di sterco e di spine, affinché non rimanga spazio per ampliare la
casa idolatrica».
13
giugno 2011 (*): le telecamere di
sorveglianza del Santuario del Primato di San Pietro, sulle
sponde del Lago di Galilea, riprendono uno spettacolo orribile:
piccoli ebrei ortodossi sputano sulla Croce di Gerusalemme posta
sul portone del luogo sacro. Ecco come vengono educati al
rispetto e alla tolleranza i giovani israeliani...
(*) Il
filmato di questo evento è disponibile alla pagina web
|
Sarà
quindi opportuno riferire dal libro Nizzascion 83 ciò
che ha dichiarato a proposito di una chiesa cristiana un
certo Rabbi Chelonimo,
al quale l'Imperatore Enrico
III il Nero (1017-1056)
diede il permesso di esprimere liberamente il suo parere circa la
Basilica di Spira da lui costruita da poco.«Accadde
una volta in Spira che l'Imperatore Enrico il Nero, uomo perfido,
dopo che ebbe finito di costruire la fabbrica di quel
baratro 84 informe
in Spira, comandò di chiamare Rabbi Chelonimo, al quale disse: "Di
grazia, che cos'è lo splendore del tempio di Salomone a proposito
del quale sono stati scritti tanti volumi, di fronte a questa
Basilica che ho costruito"? Chelonimo rispose: "Signore, se
mi concedi libertà di parlare, e con giuramento mi confermi che io
potrò impunemente dire quello che penso, io parlerò". Gli
rispose l'Imperatore: "Faccio pegno di fede per l'amore della
verità che mi possiede e per la somma dell'Impero che io reggo, che
non ti accadrà alcun male". Allora l'ebreo disse: "Se si
sommassero tutte le spese che hai sostenuto, e tutto l'oro e
l'argento che si conserva nei tuoi forzieri, ciò non sarebbe
tuttavia sufficiente nemmeno a remunerare gli operai, gli artigiani e
i capimastri che adoperò Salomone per l'edificazione del tempio.
Poiché è scritto 85:
"Salomone aveva 70.000 caricatori e 80.000 marmisti". E nel
Libro delle Cronache 86 sta
scritto: "Tremilaseicento uomini erano preposti a tenere
indietro il popolo". Occorsero otto anni soltanto per le
fondamenta del tempio, quanti non sono occorsi a te per innalzare
dalle fondamenta questa voragine. Una volta che il tempio fu
costruito e completato da Salomone, ascolta quello che testimonia la
Scrittura 87:
"I sacerdoti non potevano rimanere a compiere il loro ministero
a causa di quella nube di cui la gloria di Dio aveva riempito la Sua
stessa casa". Ma se invece qui fosse caricato un asino di
luridissime immondizie e fosse introdotto in questa voragine, ne
uscirebbe illeso"! A queste parole, l'Imperatore Enrico rispose:
"Se io non avessi giurato di salvarti la vita, comanderei subito
che ti mozzassero il capo"».
- I
calici
Dei calici
che sono adoperati per il rito sacrificale della Messa essi parlano
come di vasi nei quali si somministrano all'idolo cose immonde.
Insegna Moses Cozzensis nell'Ilcot aboda zara 10 b.
48: «I calici che l'ebreo compra dopo che il cristiano li ha
rotti e gettati, non debbono essere venduti nuovamente a loro perché
il sacerdote baalitico se ne serve per compiere riti
fatui all'idolo».
- I
libri dei cristiani
Nel Talmud,
i libri dei cristiani sono chiamati sifre
minim,
ossia «libri
eretici»,
o anche sifre
debet abidan,
ovvero «libri
della casa di perdizione» 88,
e specialmente quando nel Talmud si
parla dei Vangeli. Dice infatti lo Sciabbat 116
a. Tosefot: «Rabbi
Meir chiama i libri degli eretici "aaven ghilaion" ("volumi
di iniquità")
appunto perché i cristiani chiamano i loro libri "Vangeli"».
Rabbi Ioscianan, inoltre, nello stesso libro, li chiamaaavon
ghilaion,
e cioè «libri
inutili».
Lo Sciulscian
aruc di
Cracovia dà la seguente spiegazione a queste parole ebraiche Aaven
nictab al agghilaion: «Vanità
(o "iniquità") 89 scritta
nel libro».
Annota il Buxtorf: «In
un manoscritto di Aruc ho letto queste parole ebraiche: "Sceccher
nictab al ghilaion", ossia "menzogna scritta nel libro"».
Tutti i talmudisti sono unanimi nel dire che i libri dei cristiani
devono essere distrutti. Non sono invece tutti d'accordo sul da farsi
a proposito del nome di Dio che molto spesso in essi è scritto. Dice
lo Sciabbat 116
a.: «Se
per caso hanno preso fuoco in giorno di sabato gli orli dei nostri
libri, e quelli del libro degli eretici, non debbono essere liberati
dal fuoco. Afferma Rabbi Iose: "Nei giorni di lavoro bisogna
estrarre i nomi divini dai libri dei cristiani e nasconderli; quel
che avanza sia dato alle fiamme". Ma Rabbi Tarfon invece disse:
"Possa io sopravvivere ai figli miei se non appena mi saranno
venuti fra le mani i libri dei cristiani non li brucerò con tutti i
nomi divini che essi contengono. E se qualcuno si troverà in
pericolo di morte o perché inseguito da un sicario o perché
attaccato da un serpente, dovrà rifugiarsi piuttosto in un tempio
pagano che in una di queste chiese, poiché i cristiani lottano
consapevolmente contro la verità, mentre i pagani lo fanno
incoscientemente"» 90.
- Le
preghiere cristiane
Gli ebrei
chiamano le preghiere dei cristiani non tefillà, ma,
cambiata la punteggiatura e inseritovi uno iod, le
chiamano con il nome di tiflà, parola che significa
«insulsaggine», «fatuità», «peccato» o «trasgressione».
- Le
festività cristiane
I
giorni festivi di coloro che seguono Gesù Cristo, e fra questi
principalmente la domenica, sono chiamati dagli ebrei iom
ed,
ovvero «giorno
di morte»,
«di
perdizione»,
«di infortunio», «di
disgrazia»,
o più semplicemente iom
notsri,
vale a dire «giorni dei cristiani». Che la parola ed debba
essere interpretata rettamente «giorno
rovinoso»
o «sfortunato», appare chiaramente dalla Ghemara e
dalle glosse di Maimonide e di Bartenora 91 nell'Aboda
zara 2
a.: «"Edeem"
sono le feste dei gentili perché sta scritto 92:
"Prossimo è il giorno "edam", e cioè della loro
perdizione».
Nello stesso luogo, la parola tabra,
ossia «frattura», si dice essere equivalente. Insegna infatti
Maimonide (ad. C. I. fol. 2 a. Aboda
zara 78
c.): «Con
la voce "edeem" viene denominata la vanità dei cristiani
("goim") e anche il nome ignominioso dei loro
giorni festivi,
i quali non devono essere onorati con il nome di festivo ("moedim")
non essendo in verità se non giorni di pura vanità».
Lo stesso insegna Bartenora: «La
parola "edeem" è la denominazione ignominiosa delle loro
feste e delle loro solennità».
Che con questo nome si chiamino le festività dei cristiani, si
deduce anche dal testo delle annotazioni marginali al Tosefot.
Afferma l'Aboda
zara 6
a.: «Il
giorno della rovina, cioè il giorno Nazareno deve ritenersi proibito
così come gli altri giorni rovinosi dei cristiani».
Sono anche ricordate con il proprio nome alcune feste dei cristiani
come quella della Natività di Gesù Cristo e della Pasqua. Mosè
Miccozzi 93,
al testo Aboda
zaraappena
ricordato annota: «Dichiara
Rabbi Samuele nel nome di Salomone Iarci che sono in primo luogo
proibiti i giorni della natività ("nithal") e della pasqua
("chesasc'"), giorni particolarmente rovinosi dei cristiani
e principali della loro religione».
Queste cose si leggono anche nelle interpretazioni dell'Ilcot
acum di
Maimonide C. IX 55: «In
queste parole, Rabbi Samuele, figlio di Meir, per bocca di Rabbi
Salomone Iarci riferisce che in primo luogo le feste di natale
("nithal") e di pasqua ("chesasc'") devono essere
proibite perché esse si celebrano in onore di colui che fu appeso».
L'indizio chiaro dell'empietà ebraica sta nella stessa nomenclatura
di queste feste. Poiché il giorno della Natività di Gesù Cristo,
che qualche volta scrivono adoperando la lettera tav dove
la parola ebraica nithal,
spesse volte scrivono invece adoperando la lettera tet,
e lo chiamano nital (senza
la «h»). Inoltre, lo chiamano anche con la voce latina Natalis,
ma corrotta in modo che sia chiaro agli ebrei che essa deriva dalla
radice natal,
che significa «strappo» o «estirpazione». Stimano nome indegno la
Pasqua dei cristiani e la chiamano Pesasc';
qui le lettere phe sono
sostituite dalle lettere cof,
con l'inserimento di uno iod onde
allontanarle maggiormente dal significato genuino. La chiamano
anche chetsasc' o chesasc'.
Ad entrambi i nomi si deve dare significato di «velenosità».
Infatti, nella parola chetsasc' le
prime due lettere sono estratte dalla radice catsà,
che significa «tagliò» o «amputò». Con la parola chesasch si
allude invece al termine simile chesa,
che può significare o «legno» o «patibolo», e ciò perché il
giorno di Pasqua viene celebrato in memoria della Resurrezione dopo
la morte in croce di Gesù Cristo, che essi chiamano con il
nome talui,
ovverosia l'«appeso».
NOTE
1 Mons.
Pranaitis era un prete cattolico lituano docente di Teologia e di
lingua ebraica all'Accademia Ecclesiastica e Imperiale della Chiesa
cattolica di San Pietroburgo, in Russia. Originario del Turkestan,
egli intervenne come perito nel corso di un processo tenutosi a Kiev
contro l'ebreo Manachil Mandel Tavie Beilis, accusato di omicidio
rituale. Da quanto risulta, egli fu una delle prime vittime della
sanguinaria Rivoluzione bolscevica di ottobre del 1917.
3 «Parlando
fra loro, i giudei non dicono Iesciu, ma Iisciu, avvicinandosi di più
al significato di maledizione contenuto in questa parola. Parlando
della cosa alcuni anni fa con un ebreo, questi mi disse che quella
parola non si può spiegare soltanto nel modo già detto, ma anche
con le parole "Iesciu sceccher" ("menzogna") e
"utoebà" ("abominazione"). Chi non rifuggirà
con tutto il cuore da queste infamie? Eppure esse vengono pronunciate
da quei circoncisi senza che nessun cristiano se ne possa accorgere.
Quest'ebreo visse in Francoforte e nell'Hannover dove morì nel 1616.
Svelandomi tale orrendo significato era scossa la sua stessa fede
ebraica, tanto che egli non era affatto alieno dalla fede cristiana,
a proposito della quale si intrattenne spesso con me e con DD. Amando
Polano b.m.. Voglio spiegare, in fretta e di passaggio, altri due
arcani della Cabala ebraica che si riferiscono a questo nome. È noto
che molto spesso nelle Sacre Scritture gli israeliti sono avvertiti
di non adorare "Eloè Neccar", cioè il dio o gli dèi
stranieri. Ma cosa significa "Eloè Neccar"? Secondo la
Numerologia della Ghematria, le lettere di queste parole valgono il
numero 316; e altrettanto vale la parola "Iesciu". Ciò si
può rilevare dal libro "Abrat rocchel", verso la fine.
Essi, quindi, insegnano che quando Dio impedisce il culto degli altri
dèi stranieri è come se impedisse il culto di Iesciu. Che malizia
da serpente! L'altro segreto lo ha scoperto da molto tempo Antonio
Margarita nel libro intitolato "La fede e la religione dei
giudei". Nel testo di alcune orazioni ebraiche vi è una
preghiera che comincia con la parola "Alenù". Nel corso di
questa preghiera vi erano alcune parole una volta chiaramente
espresse, ma poi, per paura dei cristiani, omesse. Al loro posto fu
lasciato un debito spazio affinché i ragazzi o i sempliciotti
fossero avvertiti che mancava qualche cosa. Le parole omesse sono
queste: "Ammistasciavin Ieebel varic umitpallelim lelo ioscia",
e cioè "Quelli che curvandosi rendono omaggio alla vanità e
all'inanità e adorano colui che non potrà salvarli".
Nonostante queste parole siano rivolte agli idoli in genere, tuttavia
esse sono nascostamente riferite a Gesù Cristo, cui gli ebrei
attribuiscono i titoli che abbiamo già detto, poiché, ripetiamo, la
parola “qyrw” secondo la Ghematria equivale al numero 316, come
la parola "Iesciu". Non appena essi si accorsero che i
cristiani avevano capito, omisero queste parole nelle loro edizioni.
Peraltro, ho con me un antico esemplare nel quale esse erano scritte
e le ho trovate anche scritte a penna in altri libri ebraici. Credo
che da ciò sia abbastanza chiaro che cosa voglia ottenere questa
stolida gente con la corruzione di questo nome salvifico.
Sperimenteranno eternamente vendicatore Colui, la gloria del cui nome
eterno essi, per quanto possono, cercano di distruggere» (cfr
J. Buxtorf, De Abreviaturis Hebraicis, 1640).
6 Ibid.,
pag. 1123.5; vedi anche J. Buxtorf, Lexicon
Chaldaicum, Talmudicum et Rabbinicum, Basilea 1640.
7 Secondo
la Legge di Mosè (Lv 15, 19-33), durante il periodo
mestruale, lo sposo non poteva avere rapporti con la sposa, per cui
un figlio concepito in questo periodo era considerato impuro.
9 Si
parla dei tentatori, ossia di coloro che cercano di convertire gli
altri ad un culto straniero e idolatra.
10 Cioè,
come si ha nella glossa, viene qui chiamato ben stada secondo
il nome del padre e non secondo quello della madre, sebbene fosse
impuro.
13 Su
questo argomento si può leggere più ampiamente nel libro Toldoth
Iesciu, come vedremo trattando di Gesù «prestigiatore».
21 Non
manca di ciò espressa confessione degli ebrei stessi. Ad esempio,
nel libro Sefer lusciasin 9 b. si dice: «I
rabbini ingannavano sempre i nazareni dicendo loro che quel Gesù di
cui parla il Talmud non è lo stesso Gesù dei cristiani. Essi, per
altro, si perdonavano tale menzogna per amore della pace» (cfr.
A. Rohling, Die Polemik und das Manschenopfer des
Rabbinismus, Paderborn 1883, pag. 14).
29 Nessuno
sa in qual modo si debba leggere questo nome dell'Altissimo. Soltanto
questo è certo: che esso non ha mai avuto il suono di Geova, come
comunemente viene pronunciato. Infatti, le vocali sottoscritte a
questo tetragramma, sono le parole del nome Adonai, ed è proprio
questo il modo nel quale gli ebrei leggono IHVH. In segno
di somma reverenza, non è mai scritto nei loro libri integralmente
(tranne che nella Sacra Scrittura), ma viene scritto Asciem («Nome»).
32 In Synagoga
Judaica di Johannes Buxtorf (cap. III, pag. 75) si
legge: «Chi si è comportato in questo modo (vale a dire che
non avrà prestato fede cieca alla dottrina dei rabbini), si aspetti
terribili supplizi nell'inferno com'è stabilito secondo la sanzione
del diritto talmudico nel Trattato dei Ripudi (Ghitt. c. 5), con
queste parole: "Disse Mar: "Chiunque motteggia le parole
dei sapienti sarà gettato all'inferno nello Zoà, bollente di
sterco"». Pena la quale - inorridisco a dirlo - essi
scrivono bestemmiando, essere riservata nella Geenna al nostro
Salvatore Gesù Cristo, il cui nome sia benedetto nei secoli dei
secoli, perché non seguì le tradizioni, gli statuti, le leggi e i
precetti dei padri, ma li respinse e li disprezzò. Questa pena è
ripetuta nel trattato talmudico Erubin (pag. 22,
col. 1), e più ampiamente e dettagliatamente viene riferita
nel Memorat Ammaor(«Candelabro della luce») a pag. 32,
e chiaramente poi nel Bet Iacob («Casa di
Giacobbe»). É tuttavia omessa nel Talmud basileense
insieme a molte altre cose contro Gesù Cristo e la religione
cristiana.
33 A
Vienna, nel 1889, nel trascrivere i passi da questo libro, tralasciai
di annotare il numero delle pagine.
45 «Però
se oggi io dessi un ceffone sulla guancia destra al pio Predicatore
di Corte Stoecker, capo degli antisemiti, mi permetto di dubitare che
egli possederebbe tanta abnegazione cristiana da mettere a mia
disposizione anche la sua guancia sinistra» (cfr.
K. Lippe, L'ebreo talmudico davanti al Collegio di tre
giudici cattolico-protestante-ortodosso, pag. 16, Ed. 1884).
47 «Allora
troverete impuri gli idoli ricoperti d'argento e le immagini
rivestite d'oro, li rigetterete come un oggetto immondo e direte:
"Fuori di qui"»!
49 «Questi
ebrei polacchi da cento anni a questa parte devono aver fatto venire
i loro spazzini dal fondo dell'Asia forse per ferrovia» (cfr.
J. Ecker, Der Judenspiegel im Lichte der Wahrheit,
Paderborn 1884, pag. 17).
53 L'espressione goi definisce
nella lingua ebraica l'individuo appartenente ad un'altra
razza; goim vuole dire «razza» o «nazione», e
perciò nulla di offensivo. (cfr.Israëlita, nº 48 a, 1891).
55 Giustamente
quindi Buxtorf, nel suo Lexicon Chaldaicum (col.
1626), alle parole ammè aarez attribuisce il
significato di «gentili»; il che non trova l'approvazione del prof.
Delitzsch, il quale stima doversi abolire tale lezione nello stesso
passo.
57 Esempio
di ciò fornirono all'inizio di quest'anno 1892 gli ebrei di Varsavia
che definirono il censore del giornale Atseflrà come apicores,
ossia «epicureo», perché aveva osato affermare che non tutto
quanto è contenuto nel Talmud dev'essere ritenuto
santo e degno d'autorità.
59 I
proseliti possono essere di due specie. I primi sono chiamati gherè
tsedec, ossia «proseliti di giustizia», e sono coloro che
abbracciano la religione ebraica non soltanto nel suo culto esterno,
ma per intima convinzione religiosa e accesi dalla gloria di Dio; gli
altri, gherè tosciab, sono detti «proseliti avventizi»
o «proseliti abitanti» o «noachiti». Questi ultimi non si fanno
circoncidere, né battezzare, e osservano soltanto alcune leggi; ad
esempio, i precetti dati ai figli da Noè, vale a dire:
- sui
giudizi;
- sulla
benedizione;
- sul fuggire
l'idolatria;
- sulla
fornicazione;
- sullo
spargimento di sangue;
- sulla
rapina;
- sul divieto
di prelevare un arto da un animale vivo (Sanhedrin, 56 a).
60 Affinché
possa con la mano destra frustrare più agevolmente le intenzioni
omicide, se per caso il cristiano volesse percuoterlo.
61 Affinché
la mano destra dell'ebreo sia più vicina alla spada del cristiano e
possa, se quello tenti di impugnarla, più facilmente impedirglielo.
62 Affinché
sia più vicino alla mano destra del cristiano con la quale egli
regge il bastone e possa con la mano sinistra parare più velocemente
i colpi.
64 Nell'edizione
di Vilnius, del 1873, la parola «cammello» è omessa non essendo
solito fra noi l'uso di tale animale. Non così le parole «popolo
della terra» e acum.
69 Nel Taanit 21,
6 si legge: «Quanto maggiormente, quindi, se la peste
serpeggerà fra i "nocrim" che sono simili agli israeliti».
70 In
effetti, nel testo ebraico corrispondente si nota che la lettera «u»
(ain) non è in linea con le altre, ed è quasi sospesa.
74 L'antico
serpente, progenitore dei cristiani, cioè il diavolo in forma di
serpente che sedusse Eva, viene chiamato «Sammael» (Gb 28,
7). Maimonide scrive nel More, lib. II, cap. 30, che
Sammaele, postosi a cavallo dell'antico serpente, sedusse Eva. É
chiamato anche «Angelo della Morte» (Gn 3,
6), «capo delle congreghe dei maligni» (Sciaare
orà, XVII, fol. 1), «Sammaele empio, principe di tutti
i diavoli» (Debbarim rabba 208
c). Rabbi Besciai lo chiama anche «Sammaele
l'empio, principe di Roma».
79 Gli
aruspici erano quei sacerdoti pagani, etruschi e romani, che
praticavano la divinazione basandosi sull'osservazione delle viscere
delle vittime offerte in sacrificio agli dèi.
80 Secondo
J. C. Wagenseil (op. cit., pag. 497), Buxtorf non ha spiegato
abbastanza la voce tiflà attribuendogli anche il
significato di «fatuità» o «insulsaggine». Questa denominazione
della chiesa cristiana, secondo lui, ha anche il significato di
«lupanare» o «bordello».
84 In
nota, J. C. Wagenseil ha aggiunto questa osservazione: «Si
accenna a quel celebre tempio che in tedesco è chiamato "thum".
Guarda fino a che punto questo impostore gioca con le parole: al
posto di "thum", egli usa la parola ebraica "tehom",
che significa "abisso"».
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