ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 16 agosto 2012

I DEVASTANTI EFFETTI DELLA CANICOLA SUI CERVELLI.


 SULL’OMOSESSUALITA’ VITTORIO MESSORI PERDE UNA STUPENDA OCCASIONE PER TACERE  

L’ho già scritto più volte: se mi capita di parlare di omosessualità è solo perché questo è uno degli argomenti che più ossessivamente ricorrono sui mezzi di informazione, né ho usato a caso la parola “ossessivamente”. Nella sconfortante palude dei conformisti ormai si è generata una reazione a catena: se non si parla di omosessualità, se non se ne parla in termini elogiativi, o quantomeno non negativi, non si è “à la page” e soprattutto si rischia di essere esclusi dai giri “importanti”.
Ad esempio, nel campo dell’informazione, facciamo un nome a caso, si potrebbe essere esclusi da un Corriere della Sera, il quotidiano per tutte le bandiere e tutte le stagioni, purché siano quelle in cui si sta a galla facendo le fusa per il potente vero o presunto di turno.
Inoltre, come già dissi tante volte, le persone normali e civili non usano parlare della propria vita sessuale, perché questa fa parte di quegli argomenti privatissimi, sui quali la civiltà aveva steso il velo della discrezione, a giusta tutela della riservatezza. Del resto, poiché non viviamo più nella civiltà, ma in uno strano magma animalesco, in fondo non c’è nulla di strano se gli argomenti incentrati su inguine, perineo e dintorni siano sempre di attualità.
Questa volta è il turno di Vittorio Messori che il 13 agosto pubblica sul Corriere (un giornale a caso…) un articolo sconcertante, che potrete leggere per intero cliccando qui. Messori in fondo è da capire: ha questa fama di scrittore “cattolico”, né dubito che mi precederà di mille miglia in Paradiso. Però scrive anche sul Corriere e per mantenere una posizione sul quotidiano più importante in Italia, sempre in gara con Repubblica per il premio al miglior conformismo, deve pagare il suo scotto. Ergo cattolico sì, ma sia ben chiaro, cattolico aperto, mai dogmatico, sempre pronto alle capriole. Potenza della greppia.
Veniamo all’articolo. Messori parte ricordando che qualche tempo fa si scoprì, orrore orrore, che un Manuale di istruzione per la Polizia, in uso dagli anni ’50, trattando di omosessualità, parlava di «ambienti ambigui», «giri torbidi», «passioni oscure», «amori inconfessabili». Insomma, in anni in cui ancora si ragionava, quel Manuale spiegava ai futuri poliziotti quello che tutte le persone di buon senso da sempre sanno. Naturalmente Messori si associa subito (prima rata del pagamento dello scotto) a chi dice che il Manuale, ormai superato, trattava il problema dell’omosessualità in una “prospettiva da tempo improponibile”. Perché sia improponibile, lo scrittore cattolico non ce lo spiega. Del resto, quando si canta il peana per l’omosessualità non si spiega mai nulla; si parte da un atto di fede cieca e assoluta: l’omosessualità è una cosa normale, normalissima.
Comunque il nostro non è certo uno sprovveduto e la seconda rata dello scotto la paga con un colpo da maestro: fu lui, nel 1971, a Torino, giovane praticante giornalista, a proporre per primo al suo caporedattore di fare un’intervista all’allor giovane Angelo Pezzana, storico leader degli invertiti, firmatario di un manifesto del F.U.O.R.I. (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani). Infatti, come ci racconta lo stesso Messori, avendo visto per caso quel manifesto restò colpito: “Quel manifesto era davvero storico: per la prima volta - ma proprio la prima, almeno in Italia, e giusto a Torino - usciva allo scoperto, rivendicando non solo il diritto a manifestarsi ma, tout court, ai diritti umani, un mondo da sempre esistente eppure sconosciuto, celato, indicato solo con termini di offesa o di condanna”.
Rimessosi dalla caduta da cavallo sulla via di Damasco, il giovane praticante giornalista corse dal suo caporedattore, per chiedergli di poter intervistare il suddetto omosessuale rivoluzionario (perché voleva fare la rivoluzione? Mah!) e scoprì così che sia il capo sia i colleghi non avevano la minima intenzione di dare spazio in cronaca ai “cupi” (parola torinese con cui si indicano gli invertiti). Non solo: fu deriso e sospettato pure di essere anche lui omosessuale.
Ergo, dice Messori con orgoglio, merito una medaglia: fui io tra i primi a voler parlare di omosessuali e dei loro terribili problemi, mentre i colleghi che oggi si sdegnano per le gravi frasi rinvenute sul Manuale della Polizia, allora erano “omofobi”.
Ormai Vittorio Messori è lanciatissimo, vuole pagare la terza rata dello scotto e qui avviene il deragliamento da neurodeliri. Dopo aver deprecato “il silenzio e l' indifferenza anche da parte cattolica”, si chiede pensoso (riporto testualmente): “Eppure, per il credente dovrebbe esserci qui un motivo di profonda riflessione: se l' omosessualità, in ogni tempo e in ogni luogo, marca e marcherà sempre una percentuale (che sembra fissa), dell' umanità, può forse trattarsi di un «errore» del Creatore? Che sono, questi nostri fratelli in umanità? Sono forse «scarti di lavorazione»? Perché Dio e la sua Provvidenza non siano offesi, occorre riconoscere che anche questo fa parte, enigmaticamente, del piano da Lui voluto e da Lui attuato. La teologia, qui, ha ancora molta strada da fare”. La Congregazione per la Fede è avvisata: la teologia deve fare molta strada!
Ora, a parte il fatto che i discorsi sulla “percentuale fissa” di omosessuali sono privi di ogni riscontro, un ragionamento (si fa per dire) di questo tipo è sconcertante perché postula che ogni azione dell’uomo, ogni situazione, ogni avvenimento, per il solo fatto che esiste sia giustificabile in quanto che, se esiste, fa parte, seppur “enigmaticamente” del piano di Dio. Chi dice il contrario, addirittura offende Dio e la Provvidenza, perché immagina un “errore di Dio”.
Lasciamo perdere l’enorme confusione tra peccato e peccatore: condanna assoluta per il primo, carità per il secondo , sono concetti che a Messori sfuggono. Lasciamo perdere il fatto che qui si dimentica del tutto che l’uomo ha il libero arbitrio, che gli permette di scegliere tra la sua salvezza (vivendo la fede cattolica e osservandone i precetti) o la sua condanna (col peccato). Possiamo anche lasciar perdere il fatto che Messori dimentica, o vuole dimenticare, che il peccato impuro contro natura “grida vendetta al cospetto di Dio” (ma lo ha studiato il Catechismo?).
Possiamo lasciar perdere tante cose, ma non possiamo non rimarcare che la bestialità è enorme, perché se si segue il filo di una tale impostazione, si conclude che nessuno è colpevole di ciò che fa, perché tutto rientra in questo stravagante concetto di “piano di Dio”, una predestinazione, evidentemente, per cui il rapinatore fa parte del piano di Dio, l’assassino pure, e via discorrendo.
Vittorio Messori va così a braccetto con quei presunti scienziati che ogni tanto scoprono che esistono nei cromosomi umani i più diversi geni che spiegano le attitudini e le azioni dell’uomo. Ovviamente ne consegue che nessuno è responsabile di ciò che fa, perché non poteva fare altro.
A questo punto però il nostro scrittore cattolico ci dovrebbe spiegare perché mai sia stato necessario il sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo per redimere l’umanità, dal momento che ogni azione umana “fa parte, enigmaticamente, del piano da Lui voluto e da Lui attuato”. In questo modo non esiste più il concetto di peccato, e quindi diventa inutile la redenzione. E’ possibile dire che Gesù Cristo è venuto sulla Terra senza scopo? E la Chiesa Cattolica allora, che ci sta a fare?
Forse sarà stata colpa del caldo opprimente, che può causare deliri, o forse sarà stata l’ansia, come dicevamo, di mostrarsi conforme ai canoni che sono richiesti al giorno d’oggi per stare a galla. Sia quel che sia, il Messori, che da anni annorum si atteggia ad archetipo dello “scrittore cattolico”, ha un dovere morale preciso: spiegarci per chi stia lavorando.
di Paolo Deotto

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