Esilarante lettura d'agosto:
Un film sul don Giussani? Bah!
Grande
notizia (per chi detesta il movimento): al Meeting è stato annunciato,
durante uno degli incontri, un film Rai sulla vita di don Giussani.
Spero proprio che non verrà prodotto.
Annotavo sul mio taccuino: il film che banalizzerà (in direzione sentimental-teocon) il don Gius - come hanno reso melense e noiose le figure di santi e di pontefici, così banalizzeranno don Gius.
Sul Corriere, nella rassegna stampa, leggevo di quattromila ciellini in piedi in ovazione: notizia inventata di sana pianta. Infatti l'applauso c'è stato (e non sembrava neanche troppo convinto), ma l'ovazione no.
Annotavo sul mio taccuino: il film che banalizzerà (in direzione sentimental-teocon) il don Gius - come hanno reso melense e noiose le figure di santi e di pontefici, così banalizzeranno don Gius.
Sul Corriere, nella rassegna stampa, leggevo di quattromila ciellini in piedi in ovazione: notizia inventata di sana pianta. Infatti l'applauso c'è stato (e non sembrava neanche troppo convinto), ma l'ovazione no.
Penso che al Corriere esultassero (fino ad una “ovazione”) nel sapere che si potrà televisionizzare don Giussani: dopo la visione del film chiunque penserà di saper già tutto di CL.
Come diceva il Duce, Benito Mussolini, “la cinematografia è l'arma più forte”. Per banalizzare un personaggio o un argomento, è spesso sufficiente anche un solo film in cui piazzare anche una sola scena o una sola battuta per distruggere - o chiudere in una nicchia di “appassionati” dell'argomento - un'intera storia.
Non erano 4000 ciellini ad applaudire, erano di meno. Infatti io c'ero e non ho applaudito. Ho visto molti applaudire, ma quei “molti” non erano “tutti”. Vuoi mettere? Tra un reality e un film di Bud Spencer, tra uno sceneggiato sentimentale e una televendita, tra i cartoni animati e la rubrica sportiva... toh, il film su don Giussani.
Quel film sarà terribilmente noioso se sarà realistico e ancor più noioso se si inventeranno “cose per far crescere l'audience” (mi domando come faranno a infilare una storietta d'amore, ingrediente obbligatorio per tutte le produzioni cinematografiche. Forse ne inventeranno una, rappresentando il don Gius come se fosse uno che benedice i fidanzatini infoiati: “va' dove ti porta il cuore!” e quando gli fanno dire “che c'entra questo con le stelle?” i due pomiceranno in posizione differente).
Sarà noioso. Infatti, cosa c'è di raccontabile di don Giussani? Che fino a 32 anni insegnava in seminario? Sai che vita movimentata fare l'insegnante... Cosa c'è da raccontare? Che durante tutta la vita ha celebrato la Messa e amministrato i sacramenti ed insegnato le cose della fede? Che ha parlato ed ha scritto? Cosa si può infilare in un film per “fare scena”? Come si può inscenare una messa o una lezione restando fedeli anche a come venivano fatte? Come si fa a inscenare quell'abbraccio e quello sguardo che solo chi lo ha vissuto può riconoscere?
Insomma, nel film c'è poco da “inscenare”. Don Giussani non aveva mica la vita di un Indiana Jones o di un ispettore Callaghan...
Per cui, se proprio occorre un film sul don Giussani, dovrebbe essere un documentario fatto solo di immagini di repertorio, di spezzoni di registrazioni dei suoi incontri - facendo parlare lui. Il compito -impossibile- del film è quello di far capire perché mai uno che ha solo celebrato messa e insegnato le cose della fede, obbedendo alla Chiesa anche quando certi ecclesiastici lo perseguitavano, uno che non ha mai voluto fondare niente, uno che di avventuroso ha avuto solo un caffè in compagnia o una fumata di sigaro... si è ritrovato attorno un popolo.
Già lo immagino, questo film.
Comincerà con venti minuti di patetiche scene di campagna, paesaggi, animali da cortile, per il primo gran colpo di scena: il padre super-socialista (sempre strafare!) di don Giussani bambino, che paga un violinista per andare a suonare a domicilio. Lunga ripresa della telecamera alla faccia ebete del bambino (che sembra pensare: “ma te vedi te che me tocca subire per avere 'sto benedetto regalo da Babbo Natale!”) Ed una voce dolciastra, in sottofondo, che recita (come postumi di un trip): “in casa Giussani pane e musica non mancavano mai”. Oppure la mamma del piccolo don Giussani, andando a Messa alle cinque del mattino, che dice (con la stessa rassegnazione di un “piove, governo ladro”, altro che echi del salmo VIII), “com'è bello il mondo e come è grande Dio!” La telecamera riprende il dongiussanino con faccia ebete che la guarda mentre sembra che stia pensando: “la prossima volta che sgraffigno uova dal pollaio, non mi faccio beccare”.
Seconda eroica scena: don Gius in bicicletta. Immagini del seminario, riprese facendo in modo che sembri il più lugubre e grigio possibile. Don Gius, Manfredini, Biffi e De Ponti che parlano di cose di Alta Teologia (a undici anni, di cosa volete che parlassero? di Dragonball e della Playstation?) Così, quando uno dice: “che c'entra Cristo con la matematica?” lo spettatore pensa: ma guarda te com'erano contorti i cervelli di questi quattro. Altro spettatore: “infatti non c'entra niente” (ironia della sorte, era pure vescovo o cardinale). Terzo spettatore: “Vediamo se sull'altro canale c'è finalmente qualche scena di nudo”. La vecchina spettatrice: “come la fanno complicata!” (e magari pensa pure: “però, come son cambiati i tempi... oggi vogliono dare la pillola abortiva alle dodicenni... ieri a dieci anni si entrava in seminario sperando di accedere al sacerdozio!”)
Terza grande scena: brevissimo intermezzo per dire, nel minor tempo possibile, che don Giuss diventa prete nonostante i problemi ai polmoni e che - vita eroica e avventurosa! - resta in seminario ad insegnare. La scena dei fascisti che lo inseguono mentre lui fugge in bici è stata tagliata per motivi di opportunità politica e per non dover allungare lo spiegone sui polmoni.
Quarta scena: enorme pistolotto di venti minuti, don Giussani pensoso in treno, quattro teppistelli beneducati nello stesso scompartimento, completamente a digiuno di catechismo, discutono di Alta Teologia. Ma nel film non si possono rappresentare gli errori di cui tanta gente va fiera: per esempio, se uno dei teppistelli dicesse “il Papa non conta niente!”, ci sarà una ampia “ola” in vasti settori dello stadio clericale, e se al don Gius si fa rispondere che il Papa è il successore di Pietro, il giorno dopo tutti i giornali racconteranno del film oscurantista, retrogrado e integralista... Per cui, meglio qualche stacco sul paesaggio, sull'abbigliamento dei giovani, sui sorrisi, sulle dolci parole, sulle simpatiche suonerie dei loro cellulari... anche il don Giuss, nel film, dovrà sembrare uno che si è appena “calato”, uno con aria ebete che si atteggia a dolce dispensatore di sorrisi e frasi fatte (altrimenti la gente non lo capisce, eh! La gente sa che i preti sono persone noiose: sacramenti, dottrina cristiana, liturgia in latino, sempre pronti a criticare chi “democraticamente” impone aborto, eutanasia, contraccezione e altre conquiste della “civiltà”. Perciò, in TV, i preti devono sempre essere melensi, “trippati”, “calati”, sdolcinati: dei dispensatori di sospiri e sorrisi, tra una frase fatta e l'altra. Altrimenti il Potere non gradisce).
Quinta scena: don Giussani che va di qua e di là a tenere conferenzine e incontrini (riprendere solo mentre cammina, mentre prende il tram, mentre Chieffo gli dà un passaggio nella Cinquecento). Sale i trenta (non erano tre? ma nel film bisogna sempre strafare) gradini del liceo Berchet, tra ragazzi che si fanno le canne, ragazze vestite e truccate come vecchie bagasce di periferia, coppiette pomicianti e fumanti in ogni angolo, insegnanti disperate, in fondo al corridoio c'è un falò di libri di storia e latino mentre un ragazzo capellone sputa sulla porta dello studio del preside (sapete, è vero che bisogna contestualizzare, la TV deve aiutare a immaginare nel presente, come se il don Giuss entrasse in una scuola oggi e sorridesse alla gioventù di oggi, una sorta di Mago Pancione...)
La scena della nascita dei Memores Domini è stata tagliata, perché non la capiva neppure il regista: “a chi vuoi che gliene importi di gente che vuole vivere per Cristo, in verginità, senza però farsi né prete né suora?”
Sesta scena: memorabile assemblea (in senso sessantottino) in cui qualcuno dei capelloni lì presenti agita un foglio dove c'è scritto “Comunione e Liberazione”, dicendo: “noi, per stare in comunione, dobbiamo fare la liberazione”, o qualche slogan del genere (lo sceneggiatore aveva originariamente scritto “noi, per fare la comunione”, ma poi si è accorto che quella frase richiamava i sacramenti cattolici, il che poteva offendere troppa gente, per cui la frase è stata modificata). Primo piano del don Giussani che, pensoso, osserva da lontano il foglio. “Siamo nel 1969”, racconta la voce trippata del narratore, “e don Giussani sceglie il nome del movimento che ha fondato”. (Nota dietro le quinte: “affondato?” chiedeva il cineoperatore. “Fondato, fondato!” grida il regista. “E quando lo avrebbe fondato?” chiede lo sceneggiatore. “Mah, c'è tutta questa gente nella scena, si presume che lo abbia fondato, lo spettatore capirà... Se tanta gente sta radunata attorno a qualche santone, dev'esserci per forza un intento politico o una credulità religiosa... possiamo mica dire che seguivano don Giussani perché lo vedevano più cristiano di loro? Ci licenzierebbero in tronco! Così, meglio lasciare alla fantasia dello spettatore la risposta, ognuno crederà quel che gli pare, l'importante non è la verità, ma quel che ognuno vuol credere!”)
Settima scena: anonimi assaltano la Jaca Book, casa editrice “ciellina”, manifestini anti-ciellini nell'università (anche qui ragazzi pomicianti, capelloni, canne, e nessuno che studia: sapete, bisogna che gli spettatori trovino la cosa realistica, familiare). Don Giussani serafico che sospira e dice: “pace, pace e bene” in ogni occasione (un po' di libertà di regia, vorrete mica negarla?) Il portone della Jaca Book è un pochino sporco e bruciacchiato (non si può mica dire che gli studenti di sinistra tiravano molotov e distrussero ben più che l'intera sede della Jaca Book, non si può mica dire che le Brigate Rosse gambizzavano esponenti ciellini, non si può mica dire che appartenere a CL faceva guadagnare mazzate perfino dal FUAN e campagne diffamatorie perfino da ambienti cristiani... tutto questo sarebbe poco politically correct; ci querelerebbero... magari uno di quei tiratori di bombe molotov oggi è ai vertici di qualche importante partito; sapete, tutti i sessantottini si sono riciclati, non si sa mai; rimedieremo con la scena di don Giussani che salva un gattino arrampicatosi su un albero e tra mille sorrisi e mille applausi dice qualche sua frase famosa ciellina che nessuno dei telespettatori capirà).
Ottava scena: “facciamo un meeting, sì, facciamo un meeting!” urlano i giovani della solita folla di capelloni radunata (anche stavolta non si sa perché) attorno a don Giussani. Il don Giussani dice: “dobbiamo fare il Meeting, bisogna fare il Meeting e deve diventare internazionale e grande e famoso”. Infatti, la gente capirebbe mai che il lavoro di alcuni volontari può produrre frutto e crescere? La gente può comprendere mai che il Meeting è sintesi di ingenua baldanza e di attenzione nell'organizzazione? La gente capirebbe mai che le opere del movimento di CL sono il risultato di una fede vissuta piuttosto che la premessa per un volontarismo da tempo libero?
Nona scena: funerali di don Giussani. Pistolotto gigante su quant'era buono quell'uomo (ma perché? non si sa), quant'era bravo quell'uomo (ma perché? non si sa), quanto era Esperto di Giovani quell'uomo (ma perché? perché i ciellini invadono scuole e università e ancora non li si riesce a cacciar via; anzi, più li si perseguita e più aumentano di numero: è una vera tragedia per i movimenti studenteschi di ogni colore, che vedono erodersi tutto il consenso). Entra in scena il cardinal Ratzinger, che durante l'omelia alle esequie dice: “ton Ciussani afefa rifiutato tue volte l'episkopato, ja, und la sekonda folta pure il kardinalato, ja” (la gente apprezzerà, perché i cultori del potere affermano sempre che se uno vuole essere considerato cristiano allora non deve avere incarichi né politici né ecclesiali, perché deve lasciarli tutti ai sinistrorsi progressisti).
Scena finale: panoramica su una folla oceanica di giovani, che più che una Giornata della Gioventù sembra un happening alla Woodstock. I titoli di coda sono più lunghi della Divina Commedia, ma ovviamente non contengono nessun riferimento al movimento di CL: non sia mai che qualche spettatore abbia da incuriosirsi su questo popolo cristiano...
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