Martini, il “grande elettore” immaginario
Negli “obituaries” pubblicati in morte del cardinale Carlo Maria Martini non è mancata la riproposizione insistita di quella leggenda metropolitana che lo dipinge come grande elettore di Benedetto XVI nel conclave del 2005.
In realtà, in quel conclave le cose pare siano andate molto diversamente. Come è ben descritto in questa nota non firmata uscita su “il Foglio” nell’aprile del 2007, quando la leggenda si era ormai consolidata.
Ha suscitato una certa ilarità nei Sacri Palazzi la ricostruzione del conclave che nel 2005 elesse papa Benedetto XVI fatta domenica scorsa su “La Stampa”. Secondo il quotidiano torinese, alla prima votazione di lunedì 18 aprile 2005 i cardinali elettori avrebbero attribuito 56 voti al cardinale Carlo Maria Martini, 51 al cardinale Joseph Ratzinger e 18 al cardinale Angelo Sodano. Alla seconda i voti sarebbero stati più o meno gli stessi, alla terza i presunti suffragi sodaniani sarebbero confluiti sul porporato tedesco e alla quarta, quella decisiva, anche Martini avrebbe fatto votare per l’allora decano del sacro Collegio.
L’ilarità non è dovuta solo al fatto che alla prima votazione i voti validi sarebbero stati in totale ben 125, mentre è noto che gli elettori erano 115 (ma questo potrebbe essere colpa di un semplice refuso tipografico), ma è dovuta principalmente al fatto che voti e dinamiche non furono affatto queste.
È comunque vero che fin dall’inizio, riguardo al conclave del 2005, un ruolo importante e addirittura decisivo, nell’elezione del successore di Giovanni Paolo II, è stato attribuito all’arcivescovo emerito di Milano.
Il 20 aprile il “Corriere della Sera” titolò “E il rivale Martini dà il via libera”. “Il Riformista” del 21 aprile titolò “Martini e Re i grandi elettori”. “La Repubblica” del 26 maggio poi definì Martini come “il grande elettore di Joseph Ratzinger”. Scese in campo persino Eugenio Scalfari che sul “Venerdì di Repubblica” del 5 maggio 2005 confermò queste voci scrivendo che “alcuni cardinali anziani, esclusi per ragioni di età dal conclave, hanno confermato che effettivamente, fin dalla terza votazione, i voti ‘martiniani’ hanno cominciato a confluire su Ratzinger”. Poco dopo, Giancarlo Zizola e Alberto Melloni su “il Mulino” del maggio-giugno 2005 fecero sostanzialmente proprie queste conclusioni.
Il primo a confutare seriamente queste voci è stato un giornalista americano, John L. Allen jr, vaticanista del settimanale progressista statunitense “National Catholic Reporter” e autore di una biografia critica del cardinale Ratzinger.
Allen nel suo libro “The rise of Benedict XVI” (Doubleday, 2005), in base a colloqui avuti con otto cardinali elettori, esclude che Martini abbia avuto un ruolo centrale nel conclave, che abbia avuto un numero significativo di suffragi e che abbia esternato sue adesioni finali alla candidatura di Ratzinger.
“Per la maggior parte dei cardinali – scrive Allen – la teoria che Martini si sia formalmente ritirato dalla corsa sembra essere stata un esercizio “ex post” fatto tra i progressisti storditi, alla ricerca di qualche spiegazione per come l’elezione di Ratzinger possa essere accaduta così velocemente”.
Ma la ricostruzione più dettagliata e più attendibile del conclave del 2005 rimane quella fornita dal vaticanista Lucio Brunelli su “Limes” (10/2005) e basata sulle rivelazioni di un cardinale elettore.
In base a questa ricostruzione Ratzinger avrebbe avuto da subito un cospicuo numero di voti (47 su 115), e avrebbe sempre aumentato i suffragi fino a raggiungere e superare la fatidica quota dei due terzi alla quarta votazione.
Sempre secondo questa ricostruzione, il cardinale Carlo Maria Martini, considerato il candidato di bandiera anti-Ratzinger, non sarebbe stato mai in partita, avendo ottenuto solo 9 voti al primo scrutinio. Il candidato che ha ottenuto più voti dopo Ratzinger sarebbe stato il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, sul quale, a parte un gruzzolo di 10 voti raccolti in prima battuta, si sarebbero riversati i consensi dei “martiniani” e degli altri che non volevano che Ratzinger diventasse papa. In pratica, Ratzinger sarebbe stato l’unico vero grande elettore di se stesso (Camillo Ruini avrebbe preso non più di sei voti e lo stesso Sodano non più di quattro).
Nei Sacri Palazzi si fa notare che questa ricostruzione, aldilà di qualche lieve imprecisione numerica, è sostanzialmente veritiera. E a maggior ragione ci si chiede chi possa aver interesse a far circolare altre versioni perlomeno strampalate.
Così come d’altra parte ci si chiede il perché la stampa periodicamente tenda a presentare Martini come il grande oppositore del pontificato ratzingeriano, una sorta di antipapa del XXI secolo. Tanto più che questo filo-martinismo anti-ratzingeriano dei massmedia non sembrerebbe avere il gradimento dello stesso Martini, il quale avrebbe fatto sapere in alto di non riconoscersi affatto nel ritratto che fa di lui il mondo giornalistico. Quello del circo mediatico sarebbe insomma un martinismo senza Martini.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.