ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 2 novembre 2012

Dies irae veniunt?

Lettera aperta a Don Niklaus Pfluger
Primo Assistente della Fraternità San Pio X


di un sacerdote della Fraternità San Pio X
Reverendo,
Un grandissimo grazie per la sua intervista al Kirchliche Umschau (DICI - ottobre 2012). Grazie per averci esposto, via internet, a noi sacerdoti e fedeli, i futuri progetti e i principi direttivi di Menzingen. Tuttavia, alcuni punti richiederebbero una maggiore delucidazione, da qui alcune domande che interessano sacerdoti e fedeli.

1 - Lei dice che «gli sforzi» per un riconoscimento canonico della Fraternità da parte del Vaticano «non sono stati vani», ma che «un accordo a breve termine è improbabile».
Questo vuol dire che un accordo a breve termine è possibile perché noi dobbiamo credere ai miracoli?
2 - Lei dice che «La Curia e noi siamo dell’avviso che  una unione ha senso solo se si ha una comprensione comune della fede». «ci ritroviamo così al punto di partenza».
Questo significa che Mons. Müller e Menzingen sono dello stesso avviso? E che noi siamo ripartiti per un nuovo giro per «qualcosa di sorprendente», che sarà «un grosso problema», «una grossa questione»: «una proposta d’accordo quando si è invece in disaccordo»?

- Lei dice che «Un riconoscimento ufficiale della Fraternità, in effetti, sarebbe il segnale che l’epoca del concilio Vaticano II appartiene alla storia della Chiesa e che si apre un nuovo capitolo».
Non possiamo anche dire, viste le circostanze,
che «un riconoscimento ufficiale della Fraternità sarebbe il segnale che» si è svenduta la Tradizione?
Che il nuovo capitolo che si apre è quello di un semi-modernismo, sempre sottomesso all’eresia della libertà religiosa della Dignitatis Humanae, ma con una vernice tradizionale e una liturgia epurata dagli abusi più eclatanti?

4 - Lei dice: «Sono convinto che questo processo [di auto-distruzione] da un lato ridarà una certa lucidità i vescovi, dall’altro, manterrà in giuoco solo i conservatori, cioè coloro che vogliono semplicemente credere in maniera cattolica e rimanere cattolici.  Con questi non abbiamo bisogno di discutere molto, l’unità sarà presto trovata.»
Questo significa che per Lei un «conservatore» della Chiesa conciliare, che difende il principio della libertà religiosa, sarebbe un vescovo cattolico col quale bisogna intendersi, e non più un semi-modernista che bisogna combattere?

- Lei dice che «la via liberale è quella che incontra più simpatia. Ma la Chiesa non vive di simpatia o di applausi. Essa vive di uomini che credono e praticano, che sono disposti a rinunciare alla vita civile per diventare sacerdoti, monaci o religiosi».
La politica di Menzingen di riunione con la Roma ufficiale ha incontrato molta simpatia e applausi da parte dei liberali. Non è un segno inquietante?
La FSSPX sopravviverà grazie ai sacerdoti e ai fedeli che sono intransigenti e pronti a «rinunciare» ai vantaggi della vita civile proposti dal mondo conciliare oppure grazie ai liberali attratti dalle sirene ingannatrici del mondo?

- Lei dice che non siete «sedevacantisti», che «non neghiamo in nessun caso l’assistenza dello Spirito Santo per il Papa e per i vescovi»
Questo significa che Lei trova legittimo e cattolico questo culto reso universalmente dal «Papa e dai vescovi», nella Chiesa conciliare, al “beato” Giovanni Paolo II, il quale nella «foresta sacra» del Togo, inchinandosi davanti ad una zucca svuotata e ripiena di acqua e mais, ha pregato per la prima volta con degli animisti che invocavano le «potenze dell’acqua»?

7 - Lei dice che «Nel Credo non c'è l’articolo: “Credo nel Concilio Vaticano II ...”!
Ma non si trova neanche la condanna di quell’errore denunciato nella XVI proposizione del Syllabus: «Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l’eterna salvezza».

8 - Lei dice: «noi abbiamo criticato il Concilio quando era ancora celebrato dappertutto e la Chiesa era ancora più viva e credente di adesso. Perché adesso dovremmo smettere di criticarlo, quando i nostri avvertimenti e le nostre critiche si constatano visibilmente in tutto il mondo? … La Chiesa si distrugge, e non si cambierà questa realtà semplicemente proibendo di parlarne».
In questo caso, non dobbiamo criticare anche l’attuale principale responsabile di questo disastro: il Papa Benedetto XVI, che nella sua lettera del 30 giugno 2012 esige dai cattolici una «accettazione del concilio Vaticano II [questa bussola della Chiesa per il XXI secolo] come parte integrante della Tradizione» e l’accettazione della «liceità delNovus Ordo Missae»?

9 - Lei dice che «il Papa e Roma sono realtà che appartengono alla fede ».
Ma un papa che favorisce l’eresia della libertà religiosa e la nocività della liturgia bastarda, in breve un papa che distorce la lex credendi e la lex orandi, appartiene ancora alla fede?

10 - Lei dice che «Non è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è imperfetto, anche il nostro lo è».
Nella misura in cui la nostra imperfetta situazione canonica dipende dalla inaccettabile situazione dottrinale della «Chiesa postconciliare», non è intellettualmente disonesto equiparare le due imperfezioni, di cui una genera l’altra e, in ogni caso, non è dello stesso ordine dell’altra?
«È dunque impossibile per ogni cattolico cosciente e fedele adottare questa riforma e sottomettervisi in qualunque modo». Questa consegna non è più attuale?

11 - Lei dice che sì, che vi sono dei membri della nostra comunità che rifiutano le discussioni con Roma, ma che «sono poco numerosi, molto poco».
Voleva forse dire che dei membri rifiutano, non le discussioni con Roma, ma un accordo pratico senza la preventiva conversione di Roma e un preventivo accordo dottrinale?
È sicuro che questi membri siano «poco numerosi, molto poco»?
Ma don Nély nell’America del Sud e Lei stesso in Francia, non siete stati testimoni diretti di una forte opposizione che sembra essere aumentata piuttosto che diminuita? Quando Lei dice «poco numerosi, molto poco», pensa di dire la verità o scambia il suo desiderio con la realtà?

12 - Lei dice che opporre «la fede al diritto» e agire «come se l’unione col Papa, il suo primato, fossero solo una questione secondaria di diritto», costituiscono «delle confusioni teologiche» dovute alla «lunga durata della separazione» e manifestano «un grande pericolo», tale che «Si tratta in definitiva di una visione protestante della Chiesa». Di conseguenza noi avremmo «il dovere di superare il nostro stato canonico anormale».
Secondo lei, Mons. Lefebvre aveva «una visione protestante della Chiesa» quando diceva quanto segue?
«Quello che ci interessa innanzi tutto è di mantenere la fede cattolica. È questa la nostra battaglia. Allora la questione canonica, puramente esteriore, pubblica nella Chiesa, è secondaria. Quello che è importante è restare nella Chiesa… nella Chiesa, cioè nella fede cattolica di sempre e nel vero sacerdozio, e nella vera Messa, e nei veri sacramenti, nel catechismo di sempre, con la Bibbia di sempre. È questo che ci interessa. È questo che è la Chiesa. Essere riconosciuti pubblicamente è secondario. Quindi non bisogna ricercare il secondario perdendo ciò che è primario, ciò che è il primo scopo della nostra battaglia! Questo è stato, per esempio, il caso di don Cantoni. Don Cantoni è andato via con i suoi amici seminaristi perché preferiva essere in regola pubblicamente, ufficialmente, sopprimere la battaglia per la fede, tacere a proposito della nuova Messa, tacere sugli errori liberali… Questo noi non possiamo farlo. Non possiamo accettare questa situazione. Bisogna essere fermi, molto fermi» (Conferenza spirituale a Ecône del 21.12.84).
Ma dire che Mons. Lefebvre pensava come un protestante, non significa dire una cosa qualunque, tanto per dirla? E quando si dice una cosa tanto per…, non sarebbe meglio starsene zitti?

13 - Lei dice che «L’unione con Roma dovrebbe essere un miglioramento, non un’alterazione».
Di quale Roma parla? Ci sono delle cose facili a dirsi. Che cosa vuol dire mettersi all’interno della Chiesa? E innanzi tutto, di quale Chiesa si parla? Se della Chiesa conciliare, c’era bisogno che lottassimo per vent’anni contro di essa perché vogliamo la Chiesa cattolica, per rientrare adesso in questa stessa Chiesa conciliare per, come si dice, renderla cattolica? È un’illusione totale. «Non sono i sottoposti che fanno i Superiori, ma i Superiori che fanno i sottoposti» (Mons. Lefebvre, Fideliter n° 70, p. 6).
14 - Lei dice che nel Capitolo generale della Fraternità, a luglio, «Sono state fissate sei pietre limitari in vista di una possibile riunione; esse corrispondono a ciò che abbiamo sempre sostenuto. La nostra posizione è stata rafforzata una volta di più».
Queste «sei pietre limitari» corrispondono alle sei «Condizioni previe per un’eventuale normalizzazione delle nostre relazioni con la Chiesa ufficiale» di cui Mons. Fellay ha detto: «Si può certo discutere su queste condizioni. Anch’io, quando le rileggo, mi dico “come ve n’è una che si sarebbe dovuta mettere tra quelle sine qua non: è l’esenzione dai vescovi”?

15 – A proposito di Mons. Williamson, Lei dice che «una grande maggioranza dei Superiori l’ha escluso dal Capitolo generale» e che questo sarebbe il segno che «noi siamo molto uniti».
Può spiegarci perché l’esclusione di Mons. Williamson ela mancata confutazione delle sue obiezioni, sarebbero una prova dell’unità dottrinale e della giustezza di una politica?
Si ha ragione per il semplice fatto che si costringe al silenzio uno degli obiettanti? L’unità della FSSPX si riduce all’essere contro Mons. Williamson, che non è altro che un vescovo cattolico, dunque non liberale né modernista?

16 – Lei parla di «forum su internet» dal «contenuto spesso vergognoso».
Potrebbe essere più preciso a proposito del sitoantimodernisme.info, sito tenuto da dei sacerdoti della FSSPX?
In cosa, il suo contenuto, le sue riflessioni, le sue citazioni, le sue obiezioni e i suoi documenti, sarebbero vergognosi?

17 – Lei dice che «Noi oggi abbiamo la liberalizzazione della Messa tradizionale, abbiamo la remissione delle “scomuniche” che erano state comminate nel 1988, abbiamo avuto i colloqui sui problemi del Concilio».
Per essere veramente esauriente, non avrebbe dovuto ricordare ai fedeli anche il fatto che secondo il Motu Proprio di Benedetto XVI, la Messa tradizionale dev’essere considerata abrogata come espressione ordinaria della liturgia della Chiesa? 
E che secondo questo Motu Proprio, la Roma modernista ha declassato il rito romano della Santa Messa, relegandolo nella condizione di «forma straordinaria» e unendolo al «rito bastardo», divenuto la «forma ordinaria» dell’unico rito romano?
E non avrebbe dovuto dire anche che «la remissione delle “scomuniche”» è stato un atto di misericordia nei confronti di peccatori pentiti e non un atto di giustizia?
Infine, a proposito dei «colloqui», non avrebbe dovuto dire che si sono conclusi con «la vostra posizione è protestante, perché voi ergete la vostra ragione a giudice del magistero attuale», a cui i nostri esperti hanno risposto: «voi siete modernisti, perché pretendete che ci possa essere un’evoluzione nella verità»?

18 – A proposito di Mons. Fellay, Lei parla della sua «pazienza, bontà e generosità».
Il rifiuto di ordinare gli ordinandi cappuccini e domenicani, il 29 giugno a Ecône, oltre ad essere un atto di «pazienza, bontà e generosità» per assicurarsi della lealtà di queste comunità, è stato anche posto secondo le forme del diritto della Chiesa?
In altre parole, qual è il motivo grave e pubblico, previsto dal diritto, che ha permesso di fare uscire gli ordinandi dal loro ritiro preparatorio all’ordinazione sacerdotale e diaconale, omnia parata?
Capita poi che successivamente sia stato conferito loro il sacramento dell’Ordine, ma cos’hanno fatto, secondo il diritto, per ricevere una tale grazia?

19 -  Lei dice: «Vorrei che questo fosse chiaro: nessuno deve immaginare che si possa mettere in questione l’autorità, senza che questa intervenga».
Per Lei significa «mettere in questione l’autorità», pensare la stessa cosa di Mons. Lefebvre su un’autorità che vorrebbe metterci sotto l’autorità della Chiesa conciliare? 
«Essi hanno fatto la scelta di Le Barroux per rimanere nella Tradizione, per rimanere nella fede di sempre. E adesso si mettono sotto l’autorità della Chiesa conciliare. Allora si rimane davvero stupefatti […] Ma ecco che rimangono. Non decidono di chiedere a Dom Gérard di rassegnare le dimissioni e di essere sostituito… No, niente… si obbedisce […] È penoso vedere con quale facilità un monastero che è nella Tradizione passi sotto l’autorità conciliare e modernista. E tutti rimangono. È un peccato e una cosa veramente triste constatare questo… […] È questo trasferimento dell’autorità che è grave, che è eccessivamente grave».

20 - Lei dice: «Mons. Williamson ha ricevuto una monizione». E «Oltre alle sue idee false», «egli non accetta più l’autorità del Superiore generale».
Potrebbe illustrare le «idee false» di Mons. Williamson e dirci in che cosa i suoi interventi su internet non corrispondono al caso previsto da Mons. Lefebvre: «Non decidono di chiedere a Dom Gérard di rassegnare le dimissioni e di essere sostituito… No, niente… si obbedisce»? 
Non si deve far niente quando si cerca di imporre con la forza o col trucco una politica di accordo con la Roma modernista?

21 – Lei dice: «Dobbiamo andare di più all’esterno, conquistare un’influenza pubblica e ricostruire la Cristianità. Con misura, umiltà e carità».
Come «andare di più all’esterno» senza abbandonare il canotto di salvataggio creato da Mons. Lefebvre? Gettandosi in mare? Lasciando che tutti salgano nel canotto?
Come fare senza rischiare di distruggere l’operazione sopravvivenza tentata da Mons. Lefebvre? 
«Soprattutto, se vi fosse stato un accordo [con Roma], noi saremmo invasi da tanta gente: adesso che avete la Tradizione e siete riconosciuti da Roma, possiamo venire da voi. Vi è una gran quantità di gente che vuole conservare il proprio spirito moderno e liberale, ma verrebbero da noi perché fa loro piacere assistere ogni tanto ad una cerimonia tradizionale e per avere dei contatti con i tradizionalisti. Cosa che sarebbe molto pericolosa per i nostri ambienti. Se noi fossimo invasi da questo tipo di mondo, cosa diventerebbe la Tradizione? A poco a poco si produrrebbe una specie di osmosi, una sorta di consenso… dolcemente dolcemente andrebbe a finire che non si vedrebbe più la distinzione tra il liberalismo e la Tradizione. Questo è molto pericoloso» (Mons. Lefebvre, Flavigny 11 giugno 1988, inFideliter n° 68, p. 23).
L’umiltà e la carità devono farci dimenticare che Benedetto XVI è «più ecumenista che mai? Che «Tutte le idee false del Concilio continuano a svilupparsi, ad essere riaffermate con sempre maggiore chiarezza. È dunque assolutamente inconcepibile che si possa accettare di collaborare con una gerarchia simile»? (Fideliter n° 79, pp. 3-4). 
E devono farci dimenticare che quelli che «si alleano con i demolitori, col pretesto che si accorda loro qualche privilegio», fanno una cosa «inammissibile»? Che «Essi hanno praticamente abbandonato la battaglia per la fede. Non possono più attaccare Roma. […]. Io ritengo in ogni caso che commettano un grave errore. Essi hanno peccato gravemente agendo come hanno fatto: scientemente, con una disinvoltura incredibile» (Fideliter n° 79, p. 6)?
Che Benedetto XVI è come Giovanni Paolo II, il Papa di una «Chiesa virtualmente scomunicata, perché è una Chiesa modernista»?
Che «evidentemente, noi siamo contro la Chiesa conciliare che è praticamente scismatica, anche se loro non lo accettano» (Fideliter n° 70, p. 8)?


pubblicata sul sito francese www.antimodernisme.info

traduzione e impaginazione sono nostre


Reverendo, si ritenga fin d’ora ringraziato vivamente per le sue future risposte.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.