La porta chiusa di Fellay
Il superiore della Fraternità spiega: la situazione «è bloccata», si è tornati al punto di partenza. Definisce «cattiva» la nuova messa e parla di vescovi e cardinali che «benedicono le vie che portano all’inferno»
Lo scorso 6 settembre con una lettera alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei il superiore della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay, aveva chiesto tempo prima di rispondere alla proposta della Santa Sede, che nel giugno di quest’anno aveva sottoposto ai lefebvriani l’ultima versione del preambolo dottrinale insieme a una proposta di ordinamento canonico (prelatura personale).
Ora per la prima volta lo stesso Fellay risponde in maniera esplicita e pubblica ricostruendo la storia degli ultimi mesi delle relazioni con Roma. Il vescovo ha parlato nell’omelia della messa celebrata a Parigi, nella chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, lo scorso 11 novembre.
Un’omelia per descrivere i mesi di «sofferenze» interne alla Fraternità e affermare: «Siamo allo stesso punto in cui era monsignor Lefebvre nel 1974».
Fellay, dopo aver spiegato che l’espulsione del vescovo Richard Williamson non è stata determinata dai rapporti con la Santa Sede ma è stato il risultato di «un problema che durava da più tempo», si è chiesto come Roma possa vedere la continuità del Concilio Vaticano II con la tradizione precedente nel caso della riunione interreligiosa di Assisi o nel bacio del Corano (il riferimento è un gesto compiuto da Giovanni Paolo II).
Il superiore lefebvriano ha parlato esplicitamente di una «contraddizione» della Santa Sede e delle persone della Santa Sede, parlando di una «spaccatura» nell’esercizio dell’autorità e di «sabotaggio» nel caso di decisioni prese in favore dei tradizionalisti. Fellay ha ricordato che i dialoghi dottrinali si sono conclusi con un mancato accordo. Ma che il Papa «ha proposto una soluzione canonica». E ha parlato di messaggi ufficiali – il testo del preambolo da firmare, le condizioni – che si affiancano a messaggi ufficiosi, provenienti da persone di Ecclesia Dei e anche da un cardinale, che parlavano invece del fatto che Benedetto XVI avrebbe riconosciuto la Fraternità San Pio X senza chiedere a questa di cambiare posizione. Negli ultimi mesi, secondo il vescovo, si sarebbero dunque accavallati messaggi ufficiali e ufficiosi circa la volontà del Papa di concludere l’accordo.
Fellay ha spiegato di aver voluto verificare quale delle due linee fosse quella vera. Così, di fronte alla richiesta contenuta nel preambolo di accettare il Concilio Vaticano II, ha scritto direttamente al Pontefice. La risposta, com’è noto, è arrivata e non è piaciuta. Benedetto XVI ha richiamato le condizioni necessarie per l’accordo. La prima è l’accettazione del fatto che il magistero della Chiesa a stabilire ciò che appartiene alla tradizione. La seconda è l’accettazione del Concilio Vaticano II come appartenente a questa tradizione. La terza è l’accettazione della validità e della legittimità della messa Novus Ordo.
Citando la nuova messa, Fellay ha parlato di «devastazioni» che questa avrebbe provocato, citando «la perdita della fede» e «le chiese vuote». «Non parliamo nemmeno di legittimità, diciamo semplicemente che la messa è cattiva, e questo basta». Per questo, il superiore della San Pio X afferma che «le cose sono bloccate, si è tornati al punto di partenza, siamo esattamente allo stesso punto in cui era monsignor Lefebvre nel 1974. E così continuiamo la nostra lotta».
Per Fellay la crisi è attuale «è probabilmente la più terribile che la Chiesa abbia mai sofferto», perché ci sono «vescovi e cardinali che non conducono più le anime al Cielo, ma benedicono le vie che portano all’inferno». E ha concluso l’omelia citando le apparizioni di La Salette e di Fatima, le cui profezie annunciano «un tempo doloroso, terribile», con Roma che diventerà «la sede dell’Anticristo e perderà la fede».
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.