Papa: Chiedo con insistenza a Dio
il dono dell'unità dei cristiani
CITTÀ DEL VATICANO - Venerdì prossimo inizia la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che quest'anno ha come tema: 'Quel che il Signore esige da noi', ispirato a un passo del profeta Michea (cfr Mi 6, 6-8). "Invito tutti a pregare, chiedendo con insistenza a Dio il grande dono dell`unità tra tutti i discepoli del Signore", ha detto il Papa a conclusione dell'udienza generale. "La forza inesauribile dello Spirito Santo ci stimoli ad un impegno sincero di ricerca dell'unità, perché possiamo professare tutti insieme che Gesù è il Salvatore del mondo".
OREMUS PRO..Danais
ACCORDOPOLI: interessanti novità.....
Recentemente Fellay ha dichiarato che la situazione con Roma era tornata ai primi anni di vita della Fraternità San Pio X , il che sembrava indicare che gli ignobili tentativi di fare un "accordo" con gli assasini della fede, modernisti, i quali si sono insinuati nelle Sacre mura Vaticane, fosse interrotto, ma dalle ultime notize sembrerebbe invece che i contatti con gli usurpatori modernisti siano proseguiti nonostante i proclami contrari. Subito sotto proponiamo una notizia del sito Le Forum Catholique, che parla di un contatto del modernista Di Noia con la dirigenza della San Pio X, mentre nel sito Radio Cristianidad, apprendiamo che Padre Alain Nély, secondo assistente di Fellay, si sarebbe recato, alla fine di Dicembre, negli uffici dell'Ecclesia Dei. Ora staremo a vedere come informeranno i numerosi fedeli della Fraternità San Pio X su questi ulteriori dialoghi con gli assasini della fede....
--------------------------
Riposte Catholique 18 gennaio 2013
- L'espulsione di Mons. Williamson annuncia ineluttabilmente una
scissione nella FSSPX. Tuttavia, ciò non rinserra i ranghi della
maggioranza dei suoi preti intorno a Mons. Fellay, la cui linea di
condotta è poco leggibile.
Lo statu quo può durare a lungo ? Per la FSSPX la scelta finirà con
l'imporsi o con l'essere imposta, scelta tra riconoscimento canonico e
rottura (senza grandi conseguenze immediate per le sue forme di
apostolato e seminari, ma ormai senza uscita dal punto di vista umano).
Ogni prete della Fraternità San Pio X ha appena ricevuto una lunga lettera di Mons. Di Noia, Vice-Presidente della Commissione Ecclesia Dei. Il rappresentante del Papa prende atto dell'immutato disaccordo tra la Santa Sede e la FSSPX : la Santa Sede pensa che occorre interpretare i testi del Concilio alla luce della Tradizione ; la FSSPX pensa che alcuni insegnamenti del Vaticano II sono erronei. L'intero problema, immutato, è di rendere gestibile questo disaccordo.
Con l'aiuto dei testi di San Paolo, Sant'Agostino, San Tommaso, Mons. Di
Noia propone dunque un nuovo approccio, spirituale. Egli chiede che le
due parti procedano, ognuna dal canto suo, ad un esame di coscienza in
tema di umiltà, dolcezza, pazienza, carità. La FSSPX pensa che ciò non
possa escludere, tenuto conto delle questioni dottrinali in gioco, il
rigore della confessione della fede. In proporzione, il frazionamento
della fede, della catechesi, delle pratiche sacramentali, porta molta
acqua al suo mulino. Per contro, è vero, si potrebbe dire che il
continuo degrado della situazione della fede cattolica è un invito
pressante a lasciare il suo splendido isolamento e a ricongiungersi ai
ranghi ufficiali dei soccorritori negli stessi luoghi pieni di rovine.
L'abbozzo della soluzione concreta è lasciato, senza dubbio
volontariamente, in una certa indeterminatezza da Mons. Di Noia. Di
sfuggita egli ricorda che Roma attende da Mons. Fellay una risposta al
documento consegnatogli il 14 giugno scorso. Ma, peraltro, egli propone
alla FSSPX un processo che ha le caratteristiche di una transazione :
- Da una parte, la FSSPX ritroverebbe il carisma positivo dei suoi primi anni a Friburgo e ad Écône (essa si adopererebbe a riformare ciò che dev'esserlo innanzitutto attraverso la formazione di preti tradizionali destinandoli per un magistero conforme alla loro formazione).
- Ma d'altra parte, la FSSPX, che continua a ritenere che alcuni passaggi dell'insegnamento del Vaticano II non possono essere conciliati col magistero anteriore, potrà discuterli, con la riserva :
- di evitare di ricorrere per principio ai mass media;
- di non ergersi a magistero parallelo;
- di presentare sempre le obiezioni in maniera positiva e costruttiva;
- di fondare tutte le sue analisi su basi teologiche profonde e ampie.
Restrizioni che appartengono al tipo di riserve puramente formali. Si fa riferimento all'Istruzione Donum veritatis
sulla vocazione ecclesiale del teologo (24 maggio 1990). Certamente
ciò tende a voler ridurre le contestazioni del Vaticano II, nella forma
che esse possono prendere, a semplici divergenze teologiche, ma ciò
significa anche ammettere divergenze pubbliche nello sfondo.
Cosa può proporre di più la Santa Sede ? La FSSPX può ritenere che non le si conceda abbastanza ?
Sicuramente essa può tentare di guadagnare ancora un po' di tempo. Ma lo
statu quo istituzionale (FSSPX né scomunicata né riconosciuta) non può
protrarsi all'infinito. Quando cesserà, essa dovrà gestire una
situazione nuova, sia quella dopo-rottura per una durata ormai
indefinita, sia quella successiva al riconoscimento canonico. Ciò
significa che lo statu quo interno alla Fraternità è esso stesso a dover
essere modificato.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
L’arcivescovo Di Noia, vicepresidente di Ecclesia Dei, ha scritto a Fellay e ai preti della Fraternità San Pio X. Per riprendere il dialogo
ANDREA TORNIELLIROMA
Nuova mossa della Santa Sede verso la Fraternità San Pio X: il vicepresidente di Ecclesia Dei Augustin Di Noia, nelle cui mani da pochi mesi Benedetto XVI ha affidato lo scottante dossier lefebvriano, ha scritto al vescovo Bernard Fellay. E attraverso di lui si è rivolto a tutti i sacerdoti della Fraternità, indicando un percorso per riannodare i fili di un dialogo interrotto dallo scorso giugno.
Come si ricorderà, dopo anni di discussioni dottrinali, nel giugno 2012 la Congregazione per la dottrina della fede aveva consegnato al superiore lefebvriano un preambolo dottrinale approvato da Ratzinger la cui sottoscrizione era premessa per l’accordo e la sistemazione canonica che avrebbe riportato la Fraternità alla piena comunione con Roma. La Santa Sede attendeva una risposta nel giro di alcune settimane. Ma la risposta non è mai arrivata. I lefebvriani hanno studiato la proposta vaticana, ci sono state tensioni interne – per cause preesistenti – che hanno portato all’espulsione di Richard Williamson, uno dei quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988, tristemente famoso per le sue dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas. Il cammino intrapreso è sembrato però interrotto, e le dichiarazioni dalle due parti non sono apparse concilianti: il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gehrard Müller ha criticato in modo aspro le posizioni lefebvriane, mentre stanno facendo ancora discutere le controverse dichiarazioni di Fellay sui «nemici della Chiesa» che si sarebbero opposti all’accordo con Roma, tra i quali il vescovo lefebvriano ha inserito anche gli «ebrei».
La mossa di Di Noia rappresenta una novità. L’arcivescovo statunitense, domenicano, è un teologo preparato e realista. Nella lettera che ha inviato a Fellay prima di Natale, chiedendo al superiore della San Pio X di farla arrivare a tutti i preti della Fraternità, Di Noia propone un metodo per riprendere il dialogo, compiendo così un ultimo tentativo di fronte allo stallo e a difficoltà che sembrano oggettivamente difficili da superare. Secondo l’autorevole vaticanista francese Jean Marie Guenois, l’ispiratore della missiva sarebbe lo stesso Benedetto XVI, che l’avrebbe riletta e autorizzata. Nella missiva, informa Guenois, si parla del forte desiderio di «superare le tensioni» esistenti. Nel documento, di otto pagine, vengono toccati tre punti essenziali: lo stato attuale dei rapporti, lo spirito di questi rapporti e il metodo per riprendere il dialogo interrotto. A proposito dell’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, uno dei punti più controversi del dialogo, Di Noia ritiene che le relazioni siano ancora «aperte» e «piene di speranza», nonostante certe recenti dichiarazioni di parte lefebvriana. Il vicepresidente di Ecclesia Dei sancisce forse per la prima volta così autorevolmente l’esistenza, nei rapporti con la San Pio X, di un «impasse» di fondo e l’assenza di passi in avanti sull’interpretazione del Concilio.
Nella seconda parte del documento si sottolinea l’importanza dell’unità della Chiesa e dunque la necessità di evitare «l’orgoglio, la collera, l’impazienza». Il «disaccordo su dei punti fondamentali» non deve escludere di dibattere delle questioni controverse con uno «spirito di apertura». Infine, la terza parte della lettera, propone due vie d’uscita per uscire dallo stallo attuale. La prima è il riconoscimento del carisma di monsignor Lefebvre, e dell’opera da lui fondata, che era quello della «formazione di preti» e non quello della «retorica controproducente», né quello di «giudicare e correggere la teologia» o ancora di «correggere pubblicamente gli altri nella Chiesa». La seconda – presente nel documento Donum Veritatis pubblicato nel 1990 a proposito della dissidenza dei teologi progressisti – consiste nel considerare legittime, nella Chiesa cattolica le «divergenze» teologiche, ricordando però che le obiezioni devono essere espresse internamente, non pubblicamente, per «stimolare il magistero» a formulare meglio i suoi insegnamenti. E non devono dunque mai prendere la forma di un «magistero parallelo».
A Roma ora di attende una risposta. Sperando che questa volta sia positiva.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.