Papa: Chiedo con insistenza a Dio
il dono dell'unità dei cristiani
CITTÀ DEL VATICANO - Venerdì prossimo inizia la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che quest'anno ha come tema: 'Quel che il Signore esige da noi', ispirato a un passo del profeta Michea (cfr Mi 6, 6-8). "Invito tutti a pregare, chiedendo con insistenza a Dio il grande dono dell`unità tra tutti i discepoli del Signore", ha detto il Papa a conclusione dell'udienza generale. "La forza inesauribile dello Spirito Santo ci stimoli ad un impegno sincero di ricerca dell'unità, perché possiamo professare tutti insieme che Gesù è il Salvatore del mondo".
http://www.diariodelweb.it/Politica/Articolo/?nid=20130116_277398
Medio oriente: 25 milioni di cattolici in sofferenza
È la cifra resa nota dal Cnewa (Catholic Near East Welfare Association) a Gerusalemme: povertà, guerra e persecuzioni mettono in ginocchio i cattolici di quell’area
Nel Vicino Oriente oltre 25 milioni di cattolici soffrono in condizioni di povertà, vittime di guerre e persecuzioni.
E’ questa la cifra – impressionante – fornita da mons. John E. Kozar, segretario di Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), l’ufficio del Papa che si occupa di offrire supporto pastorale ed umanitario alle Chiese e alle genti del Vicino Oriente durante una conferenza che si è svolta nei giorni scorsi presso la sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
E’ questa la cifra – impressionante – fornita da mons. John E. Kozar, segretario di Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), l’ufficio del Papa che si occupa di offrire supporto pastorale ed umanitario alle Chiese e alle genti del Vicino Oriente durante una conferenza che si è svolta nei giorni scorsi presso la sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
“La maggior parte delle persone in Occidente conosce solo la Chiesa Latina. Si sa poco del ricco patrimonio e delle tradizioni delle Chiese Cattoliche Orientali. In molti casi, queste sono le Chiese più storiche e antiche che compongono la Chiesa Cattolica”, ha detto mons. Kozar. Egitto, Iraq, Israele, Giordania, Libano, Palestina e Siria ospitano cristiani; e li troviamo anche nella penisola araba, in Iran e in Turchia. Ed è possibile trovare cristiani di rito orientale in luoghi come Eritrea, Etiopia e India. Ma sono Chiese “in grande sofferenza perché si trovano in aree di grande tensione, di guerra e d'ingiustizia, con annesse una serie di grandi difficoltà. E molti di questi cristiani cattolici sono fuggiti negli ultimi anni a causa delle persecuzioni, dell'instabilità economica e degli sconvolgimenti politici”.
CNEWA cerca di aiutare i cristiani che fuggono da persecuzioni, povertà, ingiustizie e conflitti che caratterizzano questa parte del mondo. In Siria offre prodotti alimentari di base, abbigliamento e un posto dove dormire per chi è costretto a fuggire dalla violenza della guerra civile. A Gaza CNEWA rafforza lo spirito della piccola e impaurita popolazione cristiana aiutando i religiosi che operano sul posto. In Giordania, una terra traboccante di rifugiati provenienti dall'Iraq e dalla Siria, CNEWA lavora nel campo della solidarietà.
Issam Bishara, Direttore regionale per Libano Siria ed Egitto, ha parlato di un luogo di rifugio a nord di Beirut, situato a lato di una collina che si affaccia sul Mediterraneo, un campo profughi chiamato Dbayeh. Dbayeh è uno dei 12 campi profughi in Libano. Ma Dbayeh è unico nel suo genere: è abitato solo da famiglie cristiane - circa 4.200 (quattromiladuecento) persone in totale - ed è l'unico campo profughi nel Paese dove è vietato introdurre armi da fuoco.
“Purtroppo, le famiglie che abitano nel campo di Dbayeh vivono ancora in condizioni difficili e possono contare solo su aiuti esterni per la loro sopravvivenza. Il governo nazionale ha grandi difficoltà a fornire aiuto, in particolare in questo momento dove il paese è sopraffatto da circa 160.000 (centossessantamila) nuovi rifugiati provenienti dalla vicina Siria”, ha dichiarato Bishara.
Mentre la guerra continua in Siria, centinaia di migliaia di profughi siriani hanno lasciato le loro case e le città. La maggior parte si sono stabiliti nei campi profughi in Turchia e Giordania, mentre le famiglie cristiane sfollate hanno trovato rifugio nelle città siriane costiere di Marmarita e Safita, nei villaggi della "Valle Cristiana" e in molte aree del Libano da familiari e amici. CNEWA ha creato un programma di emergenza per coordinare gli aiuti dei cattolici, specialmente verso quelle famiglie cristiane che non ricevono aiuti da parte dei benefattori internazionali, semplicemente perché vivono fuori da questi campi profughi. E, ha concluso Bishara, “ogni giorno i nostri collaboratori - vescovi, sacerdoti, suore e volontari - devono accogliere nuovi profughi da Siria e Iraq”.
E proprio da Siria e Iraq giungono a Karak, nel sud della Giordania profughi che hanno bisogno di assistenza medica. Suor Alessandra Fumagalli ha parlato del lavoro nell’Italian Hospital di Karak. Attivo dal 1939, l’unico ospedale cristiano nella zona. “Il nostro Ospedale è stato tra i primi a prestare cure mediche ai rifugiati: prima Palestinesi, poi Irakeni ad oggi presenti nel Paese e dallo scorso anno i Siriani. I campi profughi sono situati nel Nord del Paese e quindi i Siriani presenti al Sud, circa 10.000, non hanno facile accesso agli aiuti umanitari e sanitari”. Ma i bisogni di questa attività sono grandi e i mezzi pochi. Per questo Cnewa chiede a tutti un aiuto concreto per i cristiani del Medio Oriente. Per avere maggiori informazioni chi è interessato può scrivere acnewaitalia@cnewa.org.
MARCO TOSATTIROMA
MARCO TOSATTIROMA
Parla a Radio Vaticana il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari
Una tragedia quotidiana; una grave emergenza umanitaria, peggiorata anche da un inverno particolarmente rigido, per la quale la comunità internazione dovrebbe sollecitare una tregua tra le parti in conflitto. La definisce così la situazione siriana il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, a Radio Vaticana, dopo l’ultimo episodio drammatico avvenuto ieri: l’uccisione di almeno dieci persone e il ferimento di altre decine, vittime di un raid aereo su un sobborgo della capitale eseguito dalle forze del regime.
Mentre si continua a vivere in un clima di violenza, Walid Al-Moualem, ministro degli Esteri siriano, ribadisce il rifiuto di qualsiasi ipotesi di rimozione del presidente Bashar al-Assad; la Francia, invece, annuncia una riunione dell’opposizione siriana, fissata per il 28 gennaio a Parigi.
«Qui, a Damasco, sono quotidiane le esplosioni che si sentono, i voli aerei dei cacciabombardieri che si levano in volo», ha raccontato mons. Zenari, «In altre parti del Paese è la stessa cosa. Direi che purtroppo è diventata una tragedia quotidiana, le esplosioni, gli attacchi… Purtroppo, la soluzione di questo conflitto sembra farsi sempre più ingarbugliata, con ogni giorno che passa: è molto difficile vedere la fine del tunnel».
Come se non bastasse, ci mette del suo anche l’inverno: «E’ incominciato in una maniera più rigida del solito: è caduta abbondante la neve, una settimana fa. La gente non sa più come riscaldarsi e come scaldare il cibo. Ho sentito dire che in alcuni posti, ad esempio ad Aleppo, la gente ha anche incominciato a tagliare gli alberi, che è proibito perché in alcune zone della Siria si è al limite del deserto: tagliare una pianta, quindi, è una cosa gravissima. Però – ha proseguito - questa povera gente non ha gas né gasolio, non sa come scaldarsi quel po’ di cibo né come scaldare l’acqua e quindi si arriva anche a questo». Mons. Zenari ha lanciato un appello: «Guardando la situazione in generale – l’inverno e la penuria di cibo, di medicinali, di coperte e del riscaldamento di casa per tanta gente – io credo che siamo veramente in una situazione di emergenza, di una grave crisi umanitaria e che la comunità internazionale debba agire, prenderne atto e sollecitare le parti in conflitto ad una tregua umanitaria. La gente non può più sostenere questa rigida stagione invernale con scarsità enorme di cibo, di vestiario e di medicinali».
Infine, il Prelato si è soffermato sui cristiani di Siria: «Sono cittadini arabi, siriani a pieno titolo e anche loro soffrono le terribili conseguenze di questo sanguinoso e lungo conflitto. Anche loro hanno avuto vittime e feriti, anche loro sono stati sfollati e tanti di loro non hanno lavoro, come tutti, e soffrono la stessa situazione di povertà e di indigenza.
Tra le vittime, vorrei ricordare una suora che nell’esplosione di alcuni giorni fa, avvenuta all’università di Aleppo, mentre stava tornando a casa – era già vicina al suo convento – purtroppo non è tornata a casa: si teme che, poveretta, abbia condiviso la sorte delle vittime di questa terribile esplosione».
DOMENICO AGASSO JR.ROMA
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