ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 marzo 2013

Apologetica da pollaio


Guardare per credere

La talare semplice e il pulmino collettivo, l’altare rivolto all’assemblea e la rinuncia ai segni regali (per lo sconforto del cerimoniere Marini). Semiologia dei primi gesti, riusciti e programmatici, di Papa Francesco

Tutto, fino alla prima apparizione di Papa Francesco dalla Loggia delle Benedizioni mercoledì sera, aveva seguito fedelmente il copione meticolosamente preparato dal maestro delle Cerimonie liturgiche, Guido Marini. I drappi rossi che rivestivano le colonne ai lati della grande vetrata, le tende tirate, le luci accese sulla piazza gremita. Le campane che, a differenza dell’ultimo Conclave, non si erano fatte attendere e avevano immediatamente confermato che la fumata era bianca. Anche le modalità dell’annuncio atteso, l’Habemus Papam, erano state riviste.
Cancellata l’introduzione poliglotta che si era sentita nel 2005, ritorno al tradizionale accusativo latino per svelare il nome pontificale scelto dall’eletto. E così il protodiacono Jean-Louis Tauran, in abito corale scortato da due cerimonieri, declamava “Franciscum”. Otto anni fa, al suo posto, il cardinale Medina Estevez disse “Benedicti” e prima ancora, nel 1978, Pericle Felici stupì i puristi della lingua con quel doppio “Ioannis Pauli” pronunciato due volte tra l’agosto e l’ottobre di quell’anno. Nessun errore, si giustificò più tardi il cardinale: era genitivo epesegetico, tutto perfettamente in regola. Un’innovazione che, più di trent’anni dopo, sarebbe stata cancellata. Un ritorno, l’ennesimo, alla tradizione.
Quando però Francesco è apparso ai fedeli, i più attenti hanno capito che qualcosa, nella Stanza delle lacrime, era successo. Lo rivelava lo sguardo cupo di monsignor Marini, fermo un passo dietro il Papa con la stola in mano. Davanti a lui, il vescovo di Roma vestito con la sola talare bianca. Senza mozzetta di velluto rosso bordata d’ermellino. Senza croce d’oro, che il Papa per tradizione porta al petto. Niente scarpe rosse, benché fossero già pronte a corredo del vestiario papale, niente gioielli e orpelli. D’altronde, il nome scelto dall’eletto già indicava un programma preciso: la volontà di purificare la chiesa e di reggerla mentre è prossima al crollo, affinché non cada. Come nel Sogno di Innocenzo III affrescato da Giotto nella Basilica superiore di Assisi.

Il giorno dopo l’elezione, in Cappella Sistina, altri segni confermavano che l’apparato simbolico liturgico stava rapidamente mutando. A cominciare dall’altare mobile messo davanti al “Giudizio” michelangiolesco per permettere di celebrare l’Eucarista rivolti verso il popolo e non verso Dio. “Almeno sono rimasti i candelabri sull’altare”, notava sconsolato chi aveva apprezzato entusiasta il ritorno alla tradizione voluto da Joseph Ratzinger. Un segno che per qualcuno che l’applicazione del Motu proprio “Summorum Pontificum” emanato dal Pontefice tedesco nel 2007 che disciplinava la libera e corretta celebrazione della messa tridentina, non sarà tra le sue preoccupazioni. Papa Bergoglio, poi, entrava in processione nella Cappella con la mitria personale sul capo (quella che era solito portare a Buenos Aires) e con una semplice casula. Niente rocchetto di pizzo, nulla che lo distinguesse dai suoi “cari fratelli” cardinali concelebranti. L’unico riferimento simbolico a Benedetto XVI era la ferula, il pastorale che (a differenza di quello dei vescovi) non si curva. L’omelia, poi, non è stata pronunciata dal trono ligneo, ma dall’ambone. A essere messo in discussione non è tanto il primato petrino, quanto la sua interpretazione. Francesco parla di se stesso come vescovo di Roma – “la chiesa che presiede nella carità tutte le altre chiese” –, apre alla collegialità episcopale, chiama al suo fianco il vicario Vallini.
Che provi insofferenza per i cerimoniali rigidi, Bergoglio l’aveva già fatto capire la sera dell’elezione, quando decise di tornare a Santa Marta in pullmino, insieme ai suoi elettori. La macchina ufficiale non sarebbe stata usata neppure la mattina seguente, per la visita a Santa Maria Maggiore, quando Francesco preferì sedersi sul sedile posteriore di una modesta berlina. Uno stile semplice e personale ribadito anche ieri, durante l’udienza ai cardinali nella Sala clementina. Oltre al candido bianco della talare, Francesco si è concesso solo un’altra nota di colore: un braccialetto giallo che il cardinale sudafricano Fox Napier gli ha donato e che lui, senza esitazione, si è allacciato al polso. Con l’aiuto di un divertito Georg Gänswein, prefetto della Casa pontificia.


Sono un catto-dandy, ma via la mozzetta se serve a Gesù Cristo

Mi ha spiegato tutto Frate Indovino e il suo meraviglioso calendario dove cercavo uno spunto per la preghierina da pubblicare oggi. Dunque dunque, venerdì 15 marzo, Santa Luisa de Marillac vedova, San Clemente Maria sacerdote, Astinenza, e poi il detto del giorno: “Invan si pesca se l’amo non ha esca”. Papa Francesco è l’esca che lo Spirito Santo ha fornito ai cristiani affinché  si facciano nuovamente pescatori di uomini. Il nudo amo della ragione, l’amo ratzingeriano, non ha funzionato perché le plebi non sanno che farsene dei ragionamenti, loro capiscono solo il linguaggio dei sentimenti, che ci vogliamo fare. Hai voglia a distillare una vasta sapienza in raffinate lezioni magistrali: i colti ti respingeranno per incapacità di ammirare e gli ignoranti per incapacità di comprendere. Il volgo analfabetizzato dai media elettronici può capire solo messaggi molto semplici e il Papa venuto dall’altra parte del mondo sembra conoscere questa lingua: in ciò risulta immensamente più francescano che gesuita. A tal proposito inviterei a dimenticare la sua provenienza religiosa che nella Vecchia Europa ricorda solo cose vecchie e brutte: l’ipocrisia proverbialmente gesuitica, gli esercizi spirituali focalizzati sul peccato, i collegi con quel tanto di carcerario che si portavano appresso, la sbandata sessantottina, il cardinal Martini… E’ Bergoglio stesso, con la sua eloquentissima scelta onomastica, a chiedercelo: avrebbe potuto chiamarsi Ignazio come il Fondatore, avrebbe potuto chiamarsi Francesco Saverio come il grande missionario gesuita, invece ha deciso di chiamarsi Francesco e basta.
Niente Spagna tenebrosa, che ricorda a tutti l’Inquisizione, ma l’Umbria verde dei Santi che parlano agli uccelli. Qualche volta, negli anni scorsi, osservando melanconico la crisi dei movimenti cattolici su piazza, la loro minore capacità attrattiva, mi è capitato di sognare un nuovo movimento che ripartisse da Francesco che è come dire ripartire da Cristo ma con l’aiutino della letizia  francescana, del sorriso di padre Cantalamessa, del “pace e bene” che disarma i peggio disposti. Sognavo un nuovo francescanesimo che ripartisse da un Francesco sine glossa e quindi fatto di povertà senza pauperismo, morale senza moralismo, chiesa senza clericalismo. Chissà che il sogno non si stia realizzando. Mi infastidisce il ritrattino di un Bergoglio pauperista. Il pauperismo è un’ideologia e ancor prima un’eresia: è come dire che il nuovo Papa è eretico. Invece abbiamo un Papa che ama Madonna Povertà alla maniera del suo grande omonimo e quindi misticamente, non sociologicamente. Mi infastidisce, il ritrattino inverosimile, specie quando proviene dagli ambienti tradizionalisti miei limitrofi. Ma come, non sapete che la tradizione, come perfettamente formulato da Massimo Camisasca, è “legame con l’essenziale e capacità di riconoscere ciò che non lo è”? Anche a me piacciono i flabelli e le sedie gestatorie però il cristianesimo mi piace di più e se occorre rinunciare alla mozzetta per salvare Cristo (la possibilità di annunciare Cristo) si riponga la mozzetta senza pensarci un minuto. Se poi occorre rinunciare allo Ior non ci penserei un secondo: condivido l’amore per i bei paramenti (siamo mica dandy per niente), non condivido la cocciutaggine di chi vuole mantenere in vita istituzioni tendenti al repellente. Inoltre: un cattolico sta col Papa che c’è, non si può essere papalini di un Papato inesistente.
Papa Francesco non toglie niente a nessuno, nemmeno ad Angelo Scola che a Milano potrà essere grande a prescindere: nemmeno Ambrogio ebbe mai fumate bianche eppure di lui molto è rimasto vivo mentre Papa Damaso e Papa Siricio sono sepolti in libri dimenticati. Il nuovo Pontefice non toglie niente a nessuno e restituisce alla chiesa messa all’angolo una grande libertà di manovra. Con la santa esca della santità personale proposta nell’unica forma comprensibile alle masse irose e invidiose, ovvero nella forma della povertà.


Un argentino per salvare l’Europa

Scruton su Papa Bergoglio: “Ma non aspettiamoci un altro Wojtyla”

“Così come i gesuiti europei partirono per evangelizzare l’America latina, adesso i gesuiti devono tornare indietro per rievangelizzare l’Europa”. Roger Scruton, docente alla Saint Andrews University, culla di nobiltà britanniche, e il più noto filosofo conservatore britannico, commenta così l’elezione del nuovo Papa. “Temo però che la scelta di Jorge Mario Bergoglio sia una misura temporanea, l’età del nuovo Pontefice non gli consentirà di fare molto, seppure sia presto per dirlo. Ma non vedo un papato forte come quello di Karol Wojtyla. Penso sarà una chiesa povera contro la grandeur vaticana del XIX secolo, una chiesa che porrà fine a molti privilegi. Il sud America è decisivo per il futuro del cristianesimo, è come il grande crinale fra due mondi, il Vecchio e il Nuovo”.
Bergoglio è il primo Pontefice non europeo. “E’ vero che l’Europa ha perso importanza, ma in Argentina si parla spagnolo e le sue istituzioni sono state create dagli europei. Non vedo quindi una perdita di importanza dell’Europa, quanto la sua riaffermazione attraverso la periferia. L’idea che l’Europa debba essere rievangelizzata verrebbe dismessa dal clero stesso come un atto di aggressione. Dopo tutto sembra che la chiesa non debba propagare la fede, ma perdonare coloro che la rigettano. Papa Bergoglio è la storia stessa dell’evangelizzazione di un grande continente. E’ come un ciclo storico: la cristianità ha creato l’Europa, l’Europa ha cristianizzato il mondo, oggi le élite europee hanno rifiutato la cristianità, per questo l’elezione di Bergoglio sarà l’occasione di una rievangelizzazione dell’Europa attraverso un gesuita argentino”.
Secondo Roger Scruton, l’Europa sarà l’obiettivo del papato. “Nell’Inghilterra in cui sono cresciuto, Dio era inglese. Oggi Dio è uno straniero. Oggi c’è come una paura dell’eresia che attanaglia i paesi europei, non l’eresia come è definita dalla chiesa, ma l’eresia come una forma post cristiana di politicamente corretto. E’ il cosiddetto ‘nuovo umanesimo’. Gli umanisti che mi hanno influenzato a Cambridge credevano che non ci fossero opere più umane della ‘Passione secondo Matteo’ di Bach o del ‘Tristano e Isotta’ di Wagner. Il nuovo umanista si definisce contro qualcosa, ha un approccio negativo alla condizione umana, per cui gli esseri umani sarebbero vittime dell’aristocrazia, della borghesia, del capitalismo, dei preti, perfino di Dio. E si avverte la necessità di distruggere questa forza aliena. Per questo l’Illuminismo, che promise libertà e giustizia, ha scatenato una serie infinita di guerre. Quella che i Romani chiamavano ‘pietas’ è scomparsa dalla vita pubblica europea. Questo è particolarmente evidente nei paesi cattolici come Francia e Italia. Dove la chiesa ha smesso di essere una voce pubblica in quei paesi, il laicismo è diventato una cultura colonizzatrice. Poco è rimasto della vecchia idea cristiana che la vita e il suo capolinea siano cose sacre. I cittadini europei vivono come se i morti e i non nati non abbiano voce in capitolo nelle loro decisioni”.

Allegri dopo il voto ecco i porporati con il loro Papa



Il Papa e i cardinali
A BORDO ANCHE UNO DEI CARIMONIERI IL CARDINALE VICARIO DI ROMA VALLINI MAJELLA AGNELO, BRASILIANO IL CARDINALE EIJK, OLANDESE IL NIGERIANO ONAIYEKAN IL CUBANO ORTEGA Y ALAMINO

Le foto che rendono molto umano il collegio cardinalizio mentre si sposta in pullman con il pontefice dopo il Conclave

GIACOMO GALEAZZICITTA' DEL VATICANO

Le rivoluzione dei piccoli gesti. A descrivere il «Bergoglio-style» meglio di qualsiasi discorso sono gli scatti amatoriali di un conclavista sulla navetta che ha collegato giovedì pomeriggio la residenza Santa Marta alla Sistina per la messa del Papa con i cardinali. Hanno subito fatto il giro del mondo perché, quando si tratta di avvicinare vertice e base della piramide, la forma è contenuto, quindi l’immediatezza dei modi e la sobrietà diventano strumenti di governo.


«Come la scelta del nome», sottolinea il cardinale di Curia Achille Silvestrini. E la veste bianca semplice, senza mozzetta. «Sono foto che esprimono quella semplicità che è la cifra di Francesco - spiega Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano e storico del cristianesimo-. Sono immagini che rimandano un’atmosfera di felicità: a bordo del pulmino sono tutti molto allegri. Del resto, anche a Buenos Aires girava in autobus».

Un modo ordinario (scatti un po’ sfocati col telefonino) per immortalare un momento straordinario come il ritorno da Papa, nella cappella affrescata da Michelangelo, del primo successore sudamericano di Pietro. Ma anche uno spaccato spontaneo del pontificato all’avvio e della sua maggioranza «global». «Francesco ha voluto raggiungere la Sistina in navetta con i suoi confratelli come faceva prima dell’elezione e ciò offre la appresentazione più immediata della collegialità che rende il collegio cardinalizio il «Senato del Papa - evidenzia Vian -. Francesco è attorniato da porporati di ogni continente». Seduto alla sua sinistra (non inquadrato), infatti, c’è il presidente dei vescovi brasiliani Damasceno Assis e, due file dietro, il vicario di Roma, Vallini. Il Pontefice è immerso in un mix di suoi elettori come il congolese Monsengwo Pasinya, il nigeriano Onaiyekan, il cubano Ortega y Alamino, i bertoniani Farina e Versaldi, l’olandese Eijk, il brasiliano Majella Agnelo, lo spagnolo Amigo Vallejo, l’arcivescovo di Napoli, Sepe, oltreché da un prelato della Segreteria di Stato con funzioni di cerimoniere. Insomma, una versione su quattro ruote del conclave che lo ha incoronato Pontefice.


Una «assembea elettiva» che rispecchia le odierne gerarchie ecclesiastiche internazionalizzate (un processo «avviato da Pio XII»,precisa Vian). I conclavisti sono tutti stretti intorno al Papa che hanno voluto. Alcuni sembrano un po’ provati ma sereni, come dopo una battaglia vittoriosa. «Francesco, che dovrebbe essere il più stanco dopo tante emozioni, appare serafico, in pace con Dio e con gli uomini» comenta Salvatore Izzo, vaticanista di lungo corso. «Francesco ricostruisci la mia Chiesa», chiese Gesù al Poverello nella minuscola San Damiano.

«Le stesse parole se le è sentite nel cuore il cardinale più povero e lontano dai giochi della Curia, chiamato appunto dalla fine del mondo - puntualizza Izzo-. Ma Francesco non è un Papa naif come qualcuno potrebbe credere». Nei gesti semplici di questi giorni, persino nel mettersi al polso un braccialetto con il tau francescano donatogli da un cardinale, nelle parole che pronuncia («tutte orientate a riproporre la centralità di Cristo») ci sono dei forti messaggi alla Chiesa intera.

Il cattolico adulto critico verso il Papa.


archivio

Massimo Introvigne. ( cliccando qui potete leggere per intero il bellissimo pezzo del grande sociologo cattolico)
Si conferma ancora una volta come un grande intellettuale lucido e coraggioso nel vedere in anticipo gli agguati della cultura secolarizzata e politicamente corretta e corrotta di sinistra. Bianchi come sempre dal pulpito di repubblica non si smentisce e rimane sempre ben posizionato sulle sue posizioni sincretiste e poco chiare.

La MACCHIANA micidiale fabbrica odio e bugie della laicita adulta ha iniziato il suo lavoro.
Ci sono due versioni. Quella rozza del «Fatto» di Marco Travaglio che spara a zero sul Papa, e quella in stile avvertimento mafioso di «Repubblica», sulle cui colonne già prima del Conclave 
Enzo Bianchi aveva avvertito che i cattolici adulti prendono sempre i Pontefici con «spirito critico». E dove da una parte Hans Küng e Vito Mancuso continuano l'operazione di arruolamento di Papa Bergoglio tra i progressisti, dall'altra il direttore Ezio Mauro spiega al Pontefice argentino che cosa gli succederà se darà fastidio: gli sarà chiesta «piena trasparenza sui suoi rapporti con la dittatura militare argentina, sugli scandali di compromissione che lo hanno chiamato in causa come gesuita in vicende mai chiarite».
Io credo che il vescovo di Roma in carica e l'emerito insieme con la forza della preghiera del coraggio e della verità riusciranno a reggere gli urti di questa corazzata tritatutto fatta di calunnie e alimentata dall'interno dai FALSI PROFETI come Bianchi, dalle starlette sinistriche come Mancuso don Gallo e tutti i falsi cattolici arruolati nella corazzata modernista. Bianchi è la punta di diamante ma la congrega sicompone di molteplici figuri come Melloni, Bettazzi, Nicolini. Storici vescovi emeriti monaci veri e finti e molte altre mezze cartucce che diffondono idee e pensieri non veri in cambio di qualche momento di notorietà. La responsabilità morale come saggio ispiratore di questi signori rimane al  falso teologo Hans Küng, che sembra proprio volere proseguire in questa sua opera distruttiva. Riconosciamo evangelicamente la buona fede di tutti questi signorotti, ma il mio giudizio per il nulla assoluto che vale, rimane che sul piano delle idee e dei pensieri questi restano inlarga parte: 
Lupi travestiti da agnelli. Zizzania nel campo di grano, pesci cattivi nella rete insieme ai pesci buono
il sempre più fuori di testa e fuori luogo
DonChisciotte cavaliere errante che combatte i mulini a vento.
Anno Domini 2013
giorno 15
mese di MARZO.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.