Nessun vaticanista aveva previsto l’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio. Senza dubbio a causa della sua età avanzata (76 anni e mezzo), del suo stato di salute (dall’età di vent’anni ha un solo polmone) e del suo profilo giudicato generalmente più progressista di quello di Benedetto XVI. Tuttavia, il vecchio arcivescovo di Buenos Aires era colui che in occasione del conclave del 2005 aveva ottenuto più voti dopo Joseph Ratzinger. A riprova che viene considerato come uno dei prelati più apertamente modernisti, in quella occasione egli aveva ricevuto il sostegno dei partigiani del defunto cardinale Martini, capofila degli elementi più progressisti.
Salvo qualche grande sorpresa, tutto lascia dunque pensare che il regno di Francesco I segnerà una svolta a sinistra. D’altronde, molti tradizionalisti che, molto ingenuamente avevano salutato favorevolmente l’elezione di Giovanni Paolo II, nel 1978, e di Benedetto XVI, nel 2005, credendo di vedere in essi degli autentici conservatori, questa volta sono amareggiati e inquieti, a giudicare da quello che si può leggere nei diversi forum.
Così il giornalista Yves Daoudal, che fino ad oggi aveva sempre manifestato la più avanzata deferenza verso i precedenti occupanti del Soglio di Pietro, oggi sul suo blog si dimostra molto severo nei confronti del successore di Benedetto XVI:
L’elezione di Jorge Mario Bergoglio può analizzarsi in effetti come una sconfessione d Joseph Ratzinger, che forse è stato costretto alle dimissioni da chi è più progressista di lui.
Certo, entrambi sono dei modernisti, adepti del Vaticano II e della rivoluzione dottrinale, liturgica, disciplinare e pastorale che ne è derivata, come del resto lo sono i 115 cardinali elettori, nominati tutti sia da Karol Wojtyla sia da Joseph Ratzinger. Ma se il modernismo di questi due sapeva talvolta camuffarsi sotto degli orpelli apparentemente tradizionali, quello di Bergoglio è molto più brutale.
In quanto arcivescovo di Buenos Aires, questo argentino di origine italiana, che ha interdetto nella sua diocesi l’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum e che non ha mai manifestato il minimo interesse per la Messa tridentina né per i preziosi e dorati paramenti sacerdotali (da cui lo smarrimento dei tradizionalisti dell’Ecclesia Dei e degli elementi accordisti della FSSPX), si è spinto a tal punto nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso che ci si può aspettare degli ulteriori passi avanti in questa direzione.
Il 19 giugno del 2006, nel corso del «III Incontro Fraterno della Rinnovata Comunione degli Evangelici e dei Cattolici nello Spirito» che si è svolto nello stadio Luna Park di Buenos Aires, Jorge Bergoglio è piombato in ginocchio per essere benedetto dai quasi venti pastori protestanti presenti, cioè da delle persone che dalla Chiesa cattolica sono sempre state considerate come eretiche.
Ma è soprattutto verso i Ebrei che colui che vuole una «Chiesa povera» (arriverà fino a vendere o ad offrire i tesori del Vaticano?) e che è attento all’ambiente (ah, la moda dell’ecologia!) ha dimostrato la maggiore affinità e compiacenza.
Egli infatti ha partecipato attivamente a dei culti talmudici nelle sinagoghe, celebrando particolarmente la festa ebraica della ḥănukkāh, ha scritto un libro con un rabbino, ha composto la prefazione del libro di un altro rabbino (presentato come “suo professore”), come nota con soddisfazione il sito ultrasionista JSSNew.
Nella cattedrale di Buenos Aires, che egli ha prestato regolarmente ai Ebrei, ai musulmani e ai protestanti, Bergoglio, il 12 novembre 2012, ha fatto accendere sei candele «alla memoria dei 6 milioni di Ebrei uccisi nell’olocausto» e davanti ad un uditorio composto in gran parte da rabbini, ha pronunciato delle riflessioni molto condivise sulla commemorazione della Notte dei Cristalli. Possiamo quindi aspettarci nuove prostrazioni davanti al gran Sinedrio e l’offerta di numerosi grani d’incenso davanti alla religione dell’Olocausto.
In questo contesto si capisce perché il B’nai B’rith, il grande rabbinato di Israele, il presidente israeliano Shimon Perez e i principali esponenti israeliani siano stati così ditirambici verso Francesco I al momento della sua elezione.
D’altronde, il successore di Benedetto XVI non è certo ai cattolici che ha indirizzato il suo primo messaggio, ma alla comunità ebraica di Roma. Il giorno stesso della elezione, Francesco I ha trovato il tempo per scrivere una lettera a questa comunità, dove afferma: «spero vivamente di poter contribuire al progresso che le relazioni tra Ebrei a Cattolici hanno conosciuto a partire dal Concilio Vaticano II, in uno spirito di rinnovata collaborazione e al servizio di un mondo che possa essere sempre più in armonia con la volontà del creatore.»
Come si vede, dopo l’avvento di Giovanni XXIII, il 28 ottobre 1958, niente cambia a Roma, se non in peggio.
Tuttavia, occorre evitare di confondere la religione cattolica con questa contraffazione della Chiesa che occulta ed eclissa la Chiesa di Gesù Cristo.
In effetti, noi viviamo il tempo della Grande Apostasia predetto nelle Scritture. In questo periodo apocalittico è necessario, innanzi tutto e prima di ogni cosa, essere lucidi e non farsi illusioni, poiché, come insegnava Bousset, «non c’è peggiore turbamento dello spirito che vedere la realtà non com’essa è, ma come si vorrebbe che fosse.»
di Jérôme Bourbon
Salvo qualche grande sorpresa, tutto lascia dunque pensare che il regno di Francesco I segnerà una svolta a sinistra. D’altronde, molti tradizionalisti che, molto ingenuamente avevano salutato favorevolmente l’elezione di Giovanni Paolo II, nel 1978, e di Benedetto XVI, nel 2005, credendo di vedere in essi degli autentici conservatori, questa volta sono amareggiati e inquieti, a giudicare da quello che si può leggere nei diversi forum.
Così il giornalista Yves Daoudal, che fino ad oggi aveva sempre manifestato la più avanzata deferenza verso i precedenti occupanti del Soglio di Pietro, oggi sul suo blog si dimostra molto severo nei confronti del successore di Benedetto XVI:
« (Bergoglio) ha scelto un nome che nessun papa aveva portato. È la prima volta che capita dopo il caso di un certo Lando che fu papa solo per sei mesi all’inizio del X secolo [si tratta di Papa Lando, pare un italiano del Lazio, eletto nell’agosto del 913 e morto a gennaio del 914, che scelse di usare il suo nome di battesimo - NdT].
Questa scelta mostra la volontà di non iscriversi in una linea (in una… “tradizione”). Si può interpretarlo diversamente, ma si può anche interpretarlo così soprattutto visto il contesto; tanto più che egli si rifiuta di essere Francesco I e dunque di iniziare una linea. Egli è il primo Papa che appare sulla loggia di San Pietro senza alcun paramento liturgico e che si degna di rivestire una stola solo per la benedizione urbi et orbi, recitata e non cantata. Egli incomincia la sua allocuzione con un “buona sera” e la conclude con un “buona notte”, come tutti i preti refrattari ad ogni spirito liturgico, che cominciano la Messa solenne con “buon giorno a tutti” e la concludono con “buona Domenica”. Egli parla esclusivamente come vescovo di Roma e si rivolge solo ai Romani, nonostante si trovi al cospetto della gente del mondo intero, tramite la televisione del mondo intero.»
Questa scelta mostra la volontà di non iscriversi in una linea (in una… “tradizione”). Si può interpretarlo diversamente, ma si può anche interpretarlo così soprattutto visto il contesto; tanto più che egli si rifiuta di essere Francesco I e dunque di iniziare una linea. Egli è il primo Papa che appare sulla loggia di San Pietro senza alcun paramento liturgico e che si degna di rivestire una stola solo per la benedizione urbi et orbi, recitata e non cantata. Egli incomincia la sua allocuzione con un “buona sera” e la conclude con un “buona notte”, come tutti i preti refrattari ad ogni spirito liturgico, che cominciano la Messa solenne con “buon giorno a tutti” e la concludono con “buona Domenica”. Egli parla esclusivamente come vescovo di Roma e si rivolge solo ai Romani, nonostante si trovi al cospetto della gente del mondo intero, tramite la televisione del mondo intero.»
L’elezione di Jorge Mario Bergoglio può analizzarsi in effetti come una sconfessione d Joseph Ratzinger, che forse è stato costretto alle dimissioni da chi è più progressista di lui.
Certo, entrambi sono dei modernisti, adepti del Vaticano II e della rivoluzione dottrinale, liturgica, disciplinare e pastorale che ne è derivata, come del resto lo sono i 115 cardinali elettori, nominati tutti sia da Karol Wojtyla sia da Joseph Ratzinger. Ma se il modernismo di questi due sapeva talvolta camuffarsi sotto degli orpelli apparentemente tradizionali, quello di Bergoglio è molto più brutale.
In quanto arcivescovo di Buenos Aires, questo argentino di origine italiana, che ha interdetto nella sua diocesi l’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum e che non ha mai manifestato il minimo interesse per la Messa tridentina né per i preziosi e dorati paramenti sacerdotali (da cui lo smarrimento dei tradizionalisti dell’Ecclesia Dei e degli elementi accordisti della FSSPX), si è spinto a tal punto nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso che ci si può aspettare degli ulteriori passi avanti in questa direzione.
Il 19 giugno del 2006, nel corso del «III Incontro Fraterno della Rinnovata Comunione degli Evangelici e dei Cattolici nello Spirito» che si è svolto nello stadio Luna Park di Buenos Aires, Jorge Bergoglio è piombato in ginocchio per essere benedetto dai quasi venti pastori protestanti presenti, cioè da delle persone che dalla Chiesa cattolica sono sempre state considerate come eretiche.
Ma è soprattutto verso i Ebrei che colui che vuole una «Chiesa povera» (arriverà fino a vendere o ad offrire i tesori del Vaticano?) e che è attento all’ambiente (ah, la moda dell’ecologia!) ha dimostrato la maggiore affinità e compiacenza.
Egli infatti ha partecipato attivamente a dei culti talmudici nelle sinagoghe, celebrando particolarmente la festa ebraica della ḥănukkāh, ha scritto un libro con un rabbino, ha composto la prefazione del libro di un altro rabbino (presentato come “suo professore”), come nota con soddisfazione il sito ultrasionista JSSNew.
Nella cattedrale di Buenos Aires, che egli ha prestato regolarmente ai Ebrei, ai musulmani e ai protestanti, Bergoglio, il 12 novembre 2012, ha fatto accendere sei candele «alla memoria dei 6 milioni di Ebrei uccisi nell’olocausto» e davanti ad un uditorio composto in gran parte da rabbini, ha pronunciato delle riflessioni molto condivise sulla commemorazione della Notte dei Cristalli. Possiamo quindi aspettarci nuove prostrazioni davanti al gran Sinedrio e l’offerta di numerosi grani d’incenso davanti alla religione dell’Olocausto.
In questo contesto si capisce perché il B’nai B’rith, il grande rabbinato di Israele, il presidente israeliano Shimon Perez e i principali esponenti israeliani siano stati così ditirambici verso Francesco I al momento della sua elezione.
D’altronde, il successore di Benedetto XVI non è certo ai cattolici che ha indirizzato il suo primo messaggio, ma alla comunità ebraica di Roma. Il giorno stesso della elezione, Francesco I ha trovato il tempo per scrivere una lettera a questa comunità, dove afferma: «spero vivamente di poter contribuire al progresso che le relazioni tra Ebrei a Cattolici hanno conosciuto a partire dal Concilio Vaticano II, in uno spirito di rinnovata collaborazione e al servizio di un mondo che possa essere sempre più in armonia con la volontà del creatore.»
Come si vede, dopo l’avvento di Giovanni XXIII, il 28 ottobre 1958, niente cambia a Roma, se non in peggio.
Tuttavia, occorre evitare di confondere la religione cattolica con questa contraffazione della Chiesa che occulta ed eclissa la Chiesa di Gesù Cristo.
In effetti, noi viviamo il tempo della Grande Apostasia predetto nelle Scritture. In questo periodo apocalittico è necessario, innanzi tutto e prima di ogni cosa, essere lucidi e non farsi illusioni, poiché, come insegnava Bousset, «non c’è peggiore turbamento dello spirito che vedere la realtà non com’essa è, ma come si vorrebbe che fosse.»
di Jérôme Bourbon
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