Agostino Paravicini Bagliani per "la Repubblica"
SAN FRANCESCO
Il nuovo papa ha scelto un nome inedito nella storia del papato. Nessun papa ha mai portato il nome di Francesco. L'elezione di papa Francesco costituisce però un'altra grande novità, perché é il primo gesuita a essere eletto papa.
Tutti gli altri grandi ordini religiosi cattolici hanno avuto un papa, a cominciare dai domenicani e dai francescani, che hanno avuto papi persino nel primo secolo della loro storia, il Duecento. Con l'elezione del gesuita Bergoglio a pontefice romano si chiude una lunga parentesi storica che aveva tenuto l'ordine dei Gesuiti - che papa Clemente IV aveva soppresso nel 1773 e che Pio VII ristabilì nel 1814 - lontano dal trono di Pietro.
Tutti gli altri grandi ordini religiosi cattolici hanno avuto un papa, a cominciare dai domenicani e dai francescani, che hanno avuto papi persino nel primo secolo della loro storia, il Duecento. Con l'elezione del gesuita Bergoglio a pontefice romano si chiude una lunga parentesi storica che aveva tenuto l'ordine dei Gesuiti - che papa Clemente IV aveva soppresso nel 1773 e che Pio VII ristabilì nel 1814 - lontano dal trono di Pietro.
Francesco è per tutti il santo di Assisi, e anche per il nuovo papa che, conferma Dolan, s'è ispirato alla sua figura nella scelta. Un santo il cui nome contiene un messaggio forte, radicale. Parole come povertà, evangelizzazione, scelta radicale di vita, pace tra i popoli, armonia con la natura, vita eremitica fuori dal mondo ma anche - e in un certo senso - in mezzo alla gente, con la gente, nelle città, obbedienza alla Chiesa ma nello stesso tempo anche ricerca personale di una perfezione.
Le stimmate che avrebbe ricevuto al romitaggio La Verna fanno di lui un "altro Cristo", il suo corpo reca le ferite che rinviano a quelle di Cristo. È per tutti questi motivi che Francesco é uno dei più grandi santi della Cristianità, perché ha testimoniato con le sue scelte radicali di povertà e di solidarietà con gli uomini alla ricerca dell'assoluto, pur rimanendo in assoluta obbedienza alla Chiesa. Per questi motivi, Francesco rimane il punto di riferimento principale per un Cristianesimo che si vuole autentico, sincero e semplice nelle sue manifestazioni esteriori.
SAN FRANCESCO
Ma perché nessun papa dal Medioevo ai giorni nostri non si è mai chiamato Francesco? Per la radicalità delle scelte di Francesco? Certo è che dovette apparire di difficile adozione quando il papa era anche un signore temporale.
La scelta radicale di vita di Francesco di Bernardone - questo è il suo vero nome - consiste nell'avere abbandonato una vita facile, quella del figlio di un mercante di drappi cui avrebbe normalmente succeduto. Francesco fu persino tentato dalle esperienze delle armi, partecipando a una guerra tra Assisi e Perugia. Volle persino partecipare a una spedizione militare organizzata da Innocenzo III contro i fautori dell'Impero nell'Italia
del Sud. Ma fu fermato dalla malattia, a Spoleto, dove una visione gli avrebbe ordinato di tornare ad Assisi.
del Sud. Ma fu fermato dalla malattia, a Spoleto, dove una visione gli avrebbe ordinato di tornare ad Assisi.
Il primo passo della sua nuova vita è quello della rinuncia ai suoi beni che pone sotto la protezione del vescovo Guido di Assisi. Francesco sceglie di essere un penitente, consacrandosi alla pratica della carità, non esitando a rompere con suo padre.
Porta una sola tunica, e al posto della cintura, una semplice corda.
Porta una sola tunica, e al posto della cintura, una semplice corda.
Presto viene seguito da alcuni abitanti di Assisi. Inizia così una comunità che non si fissa in un luogo, anzi diventa itinerante. Francesco ha quasi una trentina d'anni. La comunità cresce e ha bisogno di una regola che Francesco decide, coraggiosamente, di andare a chiedere personalmente al papa, Innocenzo III (1209). Un papa giovane, dal quale Francesco spera di ottenere una autorizzazione scritta.
Ma Innocenzo III si accontenta di autorizzare oralmente Francesco a continuare la sua esperienza, chiedendogli però di farsi tonsurare e di rimanere legato ad una chiesa, quella della Porziuncola, vicino ad Assisi. I compagni di Francesco si chiameranno presto ‘frati' (fratelli, il che rinvia alla fratellanza, una parola che é stata pronunciata ieri da papa Francesco). Tra loro spicca una giovane nobile di Assisi, Chiara, che sarà sempre molto fedele al messaggio di Francesco, fino alla sua morte, cui seguirà la fondazione di un ordine, quello delle Clarisse.
BERGOGLIO
Nell'agosto 1219 Francesco d'Assisi intraprende per la terza volta un viaggio in Terra Santa. Giunto a Damietta trovò la città assediata dai Crociati. Con uno di quei gesti storici di cui era capace, cercò di dissuadere i suoi correligionari dal combattere, quindi si presentò spontaneamente davanti al sultano Malik-al-Kamil e predicò alla sua presenza. Pacifismo? Certo non come lo si intende oggi.
Francesco vuole predicare, e quindi evangelizzare, vivere secondo il Vangelo. La testimonianza più della dottrina. Che Francesco accetta senza esitazione alcuna. Richiamandosi al santo di Assisi che ha voluto rinunciare ai beni di suo padre per evangelizzare il mondo attraverso la carità e la povertà, il nome del nuovo papa non è soltanto inedito nella storia del papato. Ma è portatore di messaggi forti.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/francesco-il-santo-che-fa-paura-52408.htm
LURLO DEL NUOVO MONDO CATTOLICO: VAFFAN-CURIA!
Gio Mar 14, 2013 11:22
Marco Politi per il "Fatto quotidiano"
JORGE BERGOGLIO PAPA
Umano come Michel Piccoli, tranquillo come un missionario, un contemporaneo tra contemporanei, Jorge Bergoglio, il Papa di Buenos Aires, si affaccia su Roma e il mondo, chiedendo ai fedeli di benedirlo prima di benedire a sua volta gli "uomini di buona volontà". E assumendo un nome, che per l'universo cattolico - e ben oltre - ha il significato di un rapporto gioioso, semplice, intenso con l'umanità, la natura e la storia: Francesco.
Il nuovo pontefice, che inizia la sua missione con un buona sera, non demonizza gli "ismi" della modernità, ma propone un "cammino di fratellanza, amore e fiducia tra noi". Spiega che Roma presiede "nella carità" tutte le Chiese del mondo cattolico. E per due volte ha sottolineato dalla Loggia delle Benedizioni il legame tra vescovo e popolo.
Solo quattro votazioni sono bastate per portare la Chiesa a voltare totalmente pagina, spazzando dall'agenda ogni pauroso attaccamento al passato. Il colpo di teatro, andato in scena nella serata di ieri dinanzi a una folla coinvolta nel rito ancestrale di una rinascita, costituisce un No secco al ritorno di un pontefice italiano, una fuoriuscita dall'orizzonte europeo in cui Benedetto XVI aveva concentrato le sue preoccupazioni, un rifiuto evidente di uomini di Curia o legati agli equilibri curiali.
Sono caduti come birilli i candidati cosiddetti forti, già inseriti in un guscio di potere ecclesiastico. Scola, Scherer, Ouellet. La storia ci racconterà quanto abbia pesato nel referendum anti-Scola la baldanza dei sostenitori (esilarante il telegramma di auguri della Cei indirizzato ieri per sbaglio ad Angelo Scola "successore di Pietro") e il suo silenzio pluriennale sull'alleanza tra Vaticano, Cei e Berlusconi, alleanza risultata sempre incomprensibile agli uomini di Chiesa all'estero.
BERGOGLIO
Quanto abbia alienato simpatie a Scherer la difesa d'ufficio della Curia bertoniana nel giorno, in cui i porporati hanno perso la pazienza sulle mezze verità diffuse sull'opaco Ior. Quanto abbia frenato i consensi per Ouellet il suo appartenere alla Curia selezionata da Ratzinger e il suo far parte (insieme a Scola) di quel vivaio teologico-ideologico, costituitosi intorno alla rivista Communio prediletta e ispirata da Ratzinger e De Lubac per fare barriera contro i supposti eccessi dei riformatori animati dal concilio Vaticano II.
Con l'elezione di Bergoglio, primo papa gesuita della storia, affondano una dottrina di politica vaticana e una scuola teologica. Essenziale - nello sgombrare il campo dal referendum su Scola e nel mettere da parte gli altri illustri duellanti - dev'essere stata in conclave la rapida convergenza realizzatasi tra il gruppo cardinalizio statunitense guidato dall'arcivescovo di New York Dolan, le teste pensanti dell'area francese capitanata dal cardinale di Parigi Vingt-Trois, i silenziosi riformatori schierati intorno alle posizioni del cardinale Schoenborn, la maggioranza degli indecisi del Terzo Mondo, molto attenti però alle parole del nigeriano Onayekan sulla "non-essenzialità di una banca per la missione del successore di Pietro".
Cardinale Scola
Ha vinto la voglia enorme di aria nuova, che aleggiava nel corso delle assemblee plenarie dei cardinali durante le quali emergeva come nota costante l'esigenza di un "messaggio positivo" da portare al mondo e la volontà di instaurare un rapporto nuovo tra Santa Sede ed episcopati, aprendo un processo che porti a concretizzare quel principio di collegialità sancito dal Concilio per sottolineare che la Chiesa universale non la guida un monarca solitario.
D'altronde già il Sinodo dei vescovi dell'ottobre 2012 aveva segnalato che sotto la pelle di una struttura ecclesiastica, formalmente suddita della visione di Benedetto XVI e di un generale conformismo, stava crescendo l'anelito per una Chiesa, che riprendesse a camminare in avanti. Anche attraverso una rigenerazione dopo tanti scandali sessuali e finanziari.
Si sentirono in quella occasione voci nuove e pressanti affinchè la Chiesa facesse un "esame di coscienza sul modo di vivere la fede", si rivolgesse alla cultura contemporanea con un "dialogo senza arroganza (e) non in termini di aggressione ideologica", e avesse il coraggio di indagare su "ombre o fallimenti ai quali bisogna porre fine".
I semi di allora sono fioriti il 13 marzo 2013. Con l'elezione di papa Francesco l'America latina irrompe al vertice di Santa Romana Chiesa. Dal continente europeo il testimone passa al Nuovo Mondo. In prima fila sono proiettati i fedeli e le esperienze di aree, che raggruppano la metà dei cattolici dl pianeta e che rappresentano anche un terzo dei cattolici degli Stati Uniti.
ODILO PEDRO SCHERER jpeg
Il nome scelto da papa Bergoglio è simbolo di una speranza, profondamente radicata nelle masse diseredate del Terzo Mondo. Quando Giovanni Paolo II arrivò in Brasile nel 1980, il dittatore Videla gli "attrezzò" per una visita la favela Vidigal di Rio. Spuntarono fognature, cabine telefoniche e una chiesa nuova di zecca. Avrebbe dovuto intitolarsi naturalmente a san Stanislao. I fedeli del quartiere scelsero a maggioranza schiacciante: san Francesco.
Vincono con l'elezione di Bergoglio i porporati lungimiranti, che nell'episcopato mondiale, ma anche nei settori della Curia rimasti fedeli alla lezione di Paolo VI, si sono battuti per proseguire la strategia dell'internazionalizzazione del papato. Dopo l'Italia, l'Europa dell'Est e dell'Ovest, è arrivato il momento dell'America latina e il papato concretizza così ancor più la sua dimensione universale nell'era globale.
Va detto peraltro che la rapidità e la genialità della scelta rivela che i vertici della Chiesa cattolica - quel "Senato" cardinalizio, erede della romanità - mostrano tuttora una capacità di governo e di "visione", che molti organismi secolari non hanno (a cominciare dall'Italia) e sono stati in grado reagire alla crisi violenta delle dimissioni di Benedetto XVI con un salto verso il futuro. A sua volta papa Ratzinger, uscendo di scena, ha mostrato di avere intuito lucidamente che una fortissima scossa era necessaria per salvare la Chiesa dalla palude in cui era scivolata e che la tempesta di Vatileaks aveva reso lampante.
Costituisce una lezione della storia - e un segno dello stato d'animo profondo e nascosto del corpo episcopale - il fatto che sia stato portato al trono papale l'uomo che nel 2005 aveva convogliato su di sé i quaranta voti della minoranza riformatrice, ispirata al cardinale Martini e contrapposta alla candidatura di Joseph Ratzinger. L'elezione di papa Francesco mette tra parentesi l'esperimento ideologico ratzingeriano, basato sulla salvaguardia ossessiva di identità, tradizione e sospetto nei confronti del riformismo conciliare. Bergoglio non è un progressista, anzi negli anni Settanta fu in conflitto con i suoi confratelli più legati alla teologia della liberazione.
MARC OUELLET jpeg
Ma è un moderato nel senso positivo del termine. Un uomo di equilibrio, sereno, che insiste sulla parola "cammino", pronto - sembra - a favorire un'evoluzione della Chiesa. "Sono emozionato, mi piace perché è vero", ha esclamato a caldo un fedele in piazza San Pietro. Alla fine ha vinto quel cardinale che al Fatto aveva predetto o auspicato: "Un papa extra-europeo, fuori dalle cordate di Curia, un uomo di centro, ragionevole e aperto, che non si chiuda in un monologo". Da qui si può ripartire.
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