Il 19 Marzo di quest'anno segna l'inizio del ministero petrino di
Jorge Mario Bergoglio: tra poche ore egli riceverà il pallio e l'anello
piscatorio, quindi celebrerà la sua prima Messa, alla presenza di
centotrentadue delegazioni internazionali.
La stampa, abituata a cogliere i messaggi mediatici, ha già compreso la cifra di questo anomalo pontificato:
Lui che si definisce solo vescovo di Roma indosserà pallio e anello del "pescatore" e con questi simboli - il primo ereditato dal predecessore e il secondo non in oro ma in argento - prenderà il via il pontificato. Il pallio del pastore e l'anello, nella celebrazione che fino a poco più di 30 anni fa ancora richiamava invece simboli regali e si chiamava Messa di 'intronizzazione' o 'incoronazione'. (Ansa)
Troni
e corone sono stati accantonati e deposti già dai predecessori,
sostituiti con insegne la cui debole valenza simbolica allude
all'altrettanto debole contenuto ch'esse vorrebbero esprimere. Il Papa
non è più Rex regum et Dominus dominantium, al pari di Colui dal
quale egli trae la propria potestà, né Vicario di Cristo, bensì semplice
successore del primo Vescovo di Roma, che presiede alle altre chiese nella carità.
Così, lui che si definisce solo vescovo di Roma -
per usare le indicative espressioni dell'agenzia Ansa - ha fatto sapere
che l'anello piscatorio non è in oro, ma in argento dorato: dinanzi a
questo gesto di pauperismo ben sbandierato, ci torna alla memoria la più
genuina povertà di San Pio X, che indossava una croce pettorale
tempestata di gemme preziose e che solo dopo la sua morte si è saputo
essere una copia identica all'originale, venduto per fare la carità ai
poveri senza alcun comunicato della sala stampa vaticana. Quel santo
Pontefice, allorché era Patriarca di Venezia, soleva salire in treno
nella carrozza di prima classe (come si addice ad un Principe della
Chiesa), per poi viaggiare in terza e ridiscendere, una volta giunto a
destinazione, dalla prima. Oggi si usa viceversa salire in seconda
classe, viaggiare nel salottino di prima e poi ridiscendere dalla
seconda, facendosi immortalare dai fotografi in gesti tanto ipocriti
quanto demagogici.
Il Concilio ha inaugurato l'era del pauperismo, anzi: del miserabilismo,
come espressione di avversione alla ricchezza e al potere e facile
lasciapassare ideologico. Eppure non si dovrebbe dimenticare che
Lazzaro, uno dei più cari amici di Nostro Signore ch'Egli si degnò
resuscitare dai morti, era un ricco, così come molti Santi furono ricchi
e potenti, e seppero essere distaccati dai beni senza per questo
vestire i panni del mendico. Lo stesso Salvatore indossava l'abito dei
rabbini, che Lo contraddistingueva come persona rispettabile e di rango.
E quanti ricchi, laici ed ecclesiastici, hanno saputo fare del bene
alla Chiesa e ai poveri, senza abdicare alla dignità del loro rango: la
storia testimonia secoli di beneficenza e di munificenza senza pari,
senza scadere negli estremismi ideologici e nelle deviazioni dottrinali
dei pauperisti.
Rinunziare
alle scarpe rosse - reminiscenza dei calzari imperiali concessi in uso
al Pontefice Romano - per un paio di scarpe borghesi è un modo semplice
ma efficace per ribaltare la prospettiva in cui si deve guardare al
Papa: emerge l'uomo e si lascia eclissare il Vicario di Cristo, si
innalza il servus servorum e di umilia il Rex regum.
Ovviamente
questa visione del Papato, contagiata anche al più semplice chierico
dalla volontà secolarizzante della chiesa conciliare, mostra la propria
incoerenza e le proprie contraddizioni proprio nel momento in cui adotta
questi facili mezzi modani anziché dare esempio di santità. E non vi è
nulla di peggio dell'orgoglio che si ammanta di umiltà, specialmente
quando il soggetto di questo orgoglio indebito sottrae il dovuto onore -
anche esteriore - a Colui del quale egli è ministro.
Sacerdoti
che si mimetizzano da laici, Vescovi che viaggiano in metropolitana,
Cardinali che ritraggono sdegnosi la mano a chi vorrebbe baciarne
l'anello, Papi che rinunciano al plurale majestatis e alle insegne loro proprie confermano di non riconoscere, essi per primi, il proprio status di
unti del Signore, e di voler imporre la propria tristissima umanità,
con le sue debolezze, i suoi difetti, le sue meschinità. Ma nessun
cattolico ha mai voluto, nel gesto di baciare la mano consacrata di un
sacerdote o genuflettendo dinanzi al proprio Vescovo, onorare quel sacerdote o quel Vescovo, bensì la loro autorità sacra, anzi: Gesù Cristo, ch'essi indegnissimamente rappresentano.
Ovviamente, per accettare questa visione ordinata voluta da Dio, bisogna riconoscere che vi sia una gerarchia, appunto un potere sacro,
nel quale alcuni sono inferiori ed altri superiori, alcuni devono
obbedire ed altri comandare e governare, nelle cose materiali e in
quelle spirituali.
San
Pietro non indossava la tiara, né il fanone, ma era l'epoca delle
catacombe e delle persecuzioni. La Chiesa non è rimasta nelle catacombe,
ha conquistato con il sangue dei suoi Martiri, con la dottrina dei suoi
Confessori e con la santità dei suoi Papi un ruolo sociale prima
nell'Impero e poi nel mondo, ha convertito intere nazioni,
Re e sudditi. Ha vestito e nutrito i poveri, protetto i deboli,
insegnato agli ignoranti, illuminato i sapienti, ispirato le arti. Essa è
veramente il nuovo Israele, che Dio ha colmato di benedizioni facendola
assurgere al ruolo di domina gentium.
Privare
la Chiesa dei suoi simboli e dei suoi riti più antichi per farla
tornare a forza alla semplicità delle catacombe non è cosa nuova: fu
tipico del pauperismo delle sette ereticali, che con i simboli e i riti
voleva cancellare secoli di magistero, di dottrina, di erudizione, di
fede. Esattamente come hanno fatto il Concilio e i suoi eredi senza
tiara.
Se tanto sta a cuore a certi ecclesiastici praticare la povertà vera, è sufficiente che si ritirino in convento o nel deserto, sull'esempio di tanti Santi. Questa è la via regia
per la pratica della perfezione evangelica, che non è però obbligatoria
per meritare il Cielo. L'ascesi, la contemplazione, la mistica chiedono
il distacco dai beni materiali e lo spirito di penitenza, ma con la
saggezza propria del Cattolicesimo queste discipline distinguono anche
le specifiche condizioni e i doveri di stato di chi le vuole praticare:
l'eremita, lo sposo, il padre di famiglia, il soldato, il maestro, il
sovrano, il chierico, il Prelato.
Gli
eccessi, le stravaganze, le scarpe da città e i paramenti di scarso
valore non hanno nulla a che vedere con la povertà di San Francesco, il
quale - giova ricordarlo - lungi dal farsi benedire dagli eretici o dal
favorire incontri ecumenici con gli Ebrei, univa la pratica della
povertà e della penitenza alla predicazione della Verità cattolica.
Senza la Fede e la Carità, la povertà è senz'anima e l'umiltà diventa
orgoglio.
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