ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 29 aprile 2013

“Affittasi appartamento papale”,


Per Ratzinger è stato fattore di isolamento e scarsa comunicazione

Bergoglio non lo vuole

Sistemandosi a Santa Marta, Bergoglio taglia corto con un passato fatto di corvi, intrighi, processi
«Affittasi appartamento terzo piano palazzo apostolico, vista splendida, ampia metratura, appena restaurato. Solo referenziati». Potrebbe essere questo il testo dell’annuncio per l’appartamento papale rimasto vuoto, inaspettatamente, dallo scorso 28 febbraio alle 17 quando Benedetto XVI lo ha lasciato libero e pronto per il successore. Ma il successore non è mai arrivato. O meglio, i 115 grandi elettori della Chiesa cattolica hanno fatto il loro dovere e al quinto scrutinio hanno dato all’ex arcivescovo di Buenos Aires i voti necessari per diventare il successore di Ratzinger. Nel frattempo erano stati predisposti dei lavori di aggiornamento dell’appartamento pontificio per prepararlo al nuovo ospite.

Il nuovo Papa è stato eletto lo scorso 13 marzo e tuttavia, da allora, Papa Francesco ha deciso di restare alla residenza-Hotel Santa Marta, dentro il Vaticano. Sulle prime i responsabili della comunicazione vaticana hanno fatto sapere che si trattava «di una soluzione provvisoria». «Per ora resta a Santa Marta», aggiungevano sottolineando la transitorietà della soluzione. Col passare dei giorni la decisione del Papa è cominciata però a diventare sempre più definitiva. Francesco abita alla suite 201 di Santa Marta, la mattina celebra la messa insieme a dipendenti vaticani e a vari ospiti più o meno illustri, fa colazione con altri residenti di passaggio o stabili dell’hotel vaticano. «Preferisce stare insieme agli altri», hanno detto alcuni commentatori. È un rifiuto dell’eccesso di lusso e isolamento di cui è circondato il Papa, hanno aggiunto altri, e in quest’ultima ragione vi è certamente una parte di verità.
Intanto nei prossimi giorni dovrebbe fare ritorno in Vaticano anche il Papa emerito, Joseph Ratzinger, che si andrà a installare sul Colle Vaticano, nel monastero “Mater Ecclesiae” ristrutturato per l’occasione. Si tratta di un ambiente di circa 200 metri quadri estesi su quatto piani; nell’edificio insieme al Papa alloggeranno monsignor Georg Gaenswein, segretario personale e di Ratzinger e prefetto della Casa Pontificia, più le quattro memores, cioè le suore laiche di Comunione e liberazione che lavoravano al servizio del Papa teologo già nell’appartamento pontificio. Senza contare che di tanto in tanto anche l’altro Georg, cioè il fratello del Papa emerito, sarà ospite di Joseph. Insomma fra pochi giorni per la prima volta, in Vaticano, ci sarà una certa abbondanza di Pontefici. Ma nessuno, a quanto pare, alloggerà nel Palazzo apostolico. 
Di fatto Bergoglio sistemandosi a Santa Marta e rifuggendo dal mitico terzo piano dell’appartamento papale, ha tagliato corto con un passato recente fatto di corvi, intrighi, processi, documenti fotocopiati, e anche di quell’inaccessibilità del Pontefice che da elemento di prestigio era diventato, nel pontificato di Ratzinger ma non solo, fattore di isolamento e di scarsa comunicazione con il mondo esterno. Tanto che lo stesso ex maggiordomo Paolo Gabriele motiverà le sue azioni con il fine superiore di fare il bene della Chiesa, e anzi dirà di aver provato ad avvertire il Papa più volte, approfittando della sua posizione, per informarlo su quanto non andava nella Chiesa e nella Curia.
Anche la stessa vicenda di monsignor Gaenswein, da questo punto di vista, non è del tutto lineare. Se la sua fedeltà al Papa tedesco è fuori discussione, più incerto appare il suo ruolo, all’interno dell’appartamento, nei confronti dello stesso Paolo Gabriele, che agiva di fatto in sua presenza nelle varie operazioni che portavano al trafugamento dei documenti. Gaenswein dirà al processo svoltosi nell’ottobre scorso di aver sempre controllato scrupolosamente ogni carta archiviata, e però emergerà dalle ricostruzioni che non si era accorto della sottrazione di diversi ‘originali’ dallo studio del Papa.
Il fatto è che da sempre l’appartamento del Papa è soggetto a tentativi di infiltrazione dall’esterno. In passato, con Paolo VI e Giovanni Paolo II, per motivi legati alla guerra fredda o alle vicende interne italiane. Allora furono i servizi dell’est che cercarono di raggiungere le stanze del Papa. Il tentativo di carpire segreti essenziali nella lotta fra est e ovest, e anche sulle decisioni assunte dal Papa o sulle varie posizioni esistenti ai vertici della Chiesa sulla ostpolitik. Oggi la vicenda è più direttamente connessa alle lotte di potere interne alla Santa Sede, alla battaglia intorno alla Segreteria di Stato, ai problemi legati agli scandali che hanno travolto il Vaticano siano essi a sfondo sessuale o finanziario.
Non va poi dimenticato il periodo della malattia di Giovanni Paolo II, quando il Parkinson entrò in una fase acuta sommandosi a vecchie ferite e ad altri mali. Per alcuni anni, tanto durò la decadenza fisica di Wojtyla, a prendere le redini della Chiesa universale fu, insieme al Pontefice, il suo segretario personale, monsignor Stanislaw Dziwisz. Potentissimo plenipotenziario, in grado di decidere chi potesse accedere e chi no al Palpa, fu uomo in grado di influenzare nomine, scelte, rapporti di potere. Forse non per caso Ratzinger appena eletto mandò Dziwisz a fare l’arcivescovo a Cracovia; nomina di prestigio, certo, ma anche un modo per tenerlo lontano dal Vaticano.
Infine da notare che Papa Francesco la mattina utilizza come sede di lavoro l’appartamento di rappresentanza al secondo piano del Palazzo apostolico, il luogo adatto per ricevere capi di governo e di Stato. In questa cornice si svolgerà anche l’incontro del 30 aprile con il presidente israeliano Shimon Peres, con il quale l’agenda dei colloqui è fitta. La situazione mediorientale, la possibile ripresa dei negoziati con i palestinesi, il ruolo della Chiesa in questo contesto sono fra i temi all’ordine del giorno. Ma anche uno scambio di vedute sul negoziato relativo alle proprietà della Chiesa in Israele e alla loro posizione fiscale, che va avanti da molti anni. Infine certamente Peres tornerà a invitare il Papa in Israele, ed è possibile che questo viaggio presto entri nel calendario pontificio.
 Francesco Peloso


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