Il beato che viene dalla Controriforma
Oggi la proclamazione di don Rusca (1563-1618), arciprete di Sondrio cresciuto alla scuola di san Carlo Borromeo
Sondrio e la vicina Valmalenco avranno da oggi un nuovo beato. Un martire di un tempo in cui in questa zona di confine tra la Valtellina e la Svizzera i cristiani di confessioni diverse arrivavano a uccidersi in nome della fede. È infatti questa la storia di don Nicolò Rusca (1563-1618), arciprete di Sondrio e della Valmalenco che - in un'epoca di tormentati scontri politici e religiosi in questa zona allora di confine tra gli spagnoli e il mondo della Riforma - venne arrestato da un gruppo di giovani pastori di tendenza radicale e ucciso a Thusis, nel Canton Grigioni, al termine di un processo sommario.
A 450 anni dalla nascita viene dunque proclamato beato un sacerdote simbolo degli anni della Controriforma: non a caso don Rusca era cresciuto alla scuola di san Carlo Borromeo. Domenica pomeriggio a presiedere il rito - che si terrà in piazza Garibaldi, la piazza centrale di Sondrio - sarà presente il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, insieme a monsignor Diego Coletti, vescovo di Como, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica Sondrio e le sue valli ricadono. Don Rusca è una figura alla cui memoria la Chiesa locale è molto legata e la sua beatificazione si inserisce a pieno titolo nell'Anno della fede: «Va riscoperta - ha spiegato Coletti - con l'impegno di cogliere la forza dirompente e liberante del suo messaggio: ricercare il dialogo e proclamare il Vangelo con coraggio, anche quando questo richieda di donare la propria vita».
Non sfugge, però, anche la delicatezza di una memoria storica del genere: quando nel dicembre 2011 venne annunciata la firma del decreto sul martirio che apriva la strada alla beatificazione, da parte degli evangelici elvetici vi furono voci perplesse. Di un «martire e beato di un'epoca violenta» parlò il sito della Conferenza delle Chiese evangeliche in Svizzera, ricordando come anche i riformati furono vittime di eccidi in quegli anni in Valtellina. E pur definendo inaccettabile la morte dell'arciprete di Sondrio, definì don Rusca «un uomo prigioniero del suo tempo, che vedeva i fratelli cristiani riformati non come fratelli, ma solamente come avversari che era giusto combattere».
* Per questo motivo è stata importante l'impronta molto attenta alla dimensione ecumenica che la diocesi di Como ha voluto dare al cammino verso la beatificazione. C'è stato anche un pellegrinaggio comune lungo il sentiero che don Rusca percorse prigioniero verso la Svizzera, con l'intento di guardare a tutte le ferite di quell'epoca. E una delle frasi del sacerdote martire riproposte con maggiore forza è stata: «Odiate l'errore, amate gli erranti». «Questa beatificazione - ha precisato ancora il vescovo Coletti alla vigilia della beatificazione in una lettera inviata alla diocesi - è un momento da vivere come linfa per un cammino ecumenico di reciproca e rispettosa conoscenza, guardando insieme all'unica verità che è Cristo».
GIORGIO BERNARDELLIMILANO
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