ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 18 aprile 2013

Francescheide

PAPA FRANCESCO. POVERO SAN FRANCESCO!...

di Catharina Josepha
Papa Francesco, già dalla scelta del nome, cavalca di gran passo il trend “low cost” intriso di melassa ecologista e pacifista. Si dimentica che la vera povertà materiale deve essere personale, escludendo ciò che appartiene agli altri e in primis a Dio: se io voglio essere povero, non debbo eliminare i beni tuoi, ma soltanto i miei: San Francesco povero, voleva ricco l'Altare. Non solo, ma debbho praticare la povertà con dignità, con discrezione, non suonando la tromba come i farisei.Amare il prossimo implica aiutarlo innanzitutto e soprattutto nella sua povertà spirituale, cercando di convertirlo per dargli la ricchezza della Fede e della Grazia: questo è l'ordine dato da Dio alla sua Chiesa, "andate e predicate il Vangelo a tutte le creaturte" (anche ai musulmani, anche agli ebrei... convertiteli!), altro che dialogo!... L'aiuto materiale è secondario. Questo insegna N.S. Gesù Cristo, questo insegna San Francesco, questo hanno praticato i Santi e Pio XII, un Papa degno di questo nome!
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione
     Nel periodo appena trascorso, tra campagna elettorale e conclave, si è fatto un gran parlare di povertà, umiltà, di ultimi e di crisi.
     Abbiamo assistito al trionfo degli “amici degli emarginati” su tutti i fronti: lo testimoniano il successo del Movimento 5 Stelle e del neo eletto Francesco, che già dalla scelta del nome, cavalca di gran passo questo trend “low cost” intriso di melassa ecologista e pacifista(a). Fin dai primi giorni di pontificato siamo stati bombardati da mirabolanti scoop su come “paga l’albergo”, “usa la croce di ferro anziché d’oro”, o esce a zonzo a piedi in mezzo alla gente. Ora, tralasciando un giudizio di merito sulla persona che, a così pochi giorni, risulterebbe temerario, trovo molto da dire sul successo pressoché planetario di quest’abile operazione “simpatia” messa in moto dai volponi della Curia.
 

Innanzitutto, una proposta, quella di Bergoglio, che vogliono far passare per il “vento di novità” che ripulirà l’immagine della Chiesa –ormai da decenni a picco presso i fedeli e il mondo intero a causa dei continui scandali– semplicemente grazie al suo venire “dalla fine del mondo” e del suo modo di fare particolarmente accattivante.
 

     Preoccupa constatare una tale superficialità, come se la sostanza del Buon Pastore universale delle anime, debba consistere unicamente nello stringere mani, mandare carezze ai bambini e non girare in SUV.
 


Ciao, France'! Come ti butta?
 

     Possibile che la povertà evangelica consista in questa oltraggiosa parodia della vera povertà francescana (peraltro portata avanti da un gesuita?!).
Tanto per cominciare: la vera povertà materiale in Italia è un fenomeno, al massimo, di “ritorno”. Probabilmente, grazie all’austerity targata Merkel e compari torneremo al baratto in un futuro non lontano, ma al momento mi viene la nausea al sentire pontificare sulla povertà gente come noi tutti, avvezzi a mezzo secolo di benessere diffuso.Questi “amici dei poveri” radical chic alla Bertinotti sono francamente una combriccola penosa che mi auguro possa presto parlare dell’argomento con più cognizione di causa (pie illusioni lo so, ma sognare è la ricchezza di noi poveri…).
 

     Forse i nostri nonni possono permettersi questi discorsi, loro che hanno conosciuto cosa significhi non avere realmente da mangiare o doversi arrabattare per procurarsi beni di prima necessità.
 

     Detto ciò, nonostante abbiano conosciuto una povertà effettiva a causa della guerra, erano a ben vedere meno miseri di noi. Forse stentavano a riempire lo stomaco, ma incanta guardare dalle foto quegli sguardi fieri e puliti. La loro ricchezza era meno tangibile ma molto più vera: avevano una società sana e la coesione di un popolo che aveva voglia di riscattarsi, dei valori condivisi a cui attingere nei momenti di crisi e confusione. Avevano nella Messa di sempre una forza e una fonte di grazia incontaminata, una bellezza di tutti, a cui bastava unirsi nello spirito anche solo sgranando un vecchio rosario.
 

     Quel nutrimento ha reso generazioni di pastorelli, di straccioni (penso al grandissimo San Giuseppe Labre ad esempio), di malati, dei santi, ricolmandoli di una gloria immortale . La Chiesa di oggi, in nome della “dignità della persona” preferisce porgere un piatto caldo ai senzatetto, ma quasi sempre rinuncia a curare le nostre ferite e i nostri bisogni più profondi, trattandoli al massimo come stramberie da nostalgici picchiati del latino.Eppure anche don Bosco, don Orione, San Giuseppe Moscati e mille altre grandissime figure del cattolicesimo tradizionale scendevano per strada in mezzo ai poveri, ma non si limitavano a farsi carico delle –pur giustissime – istanze sociali: le accoglievano ma le elevavano ad un livello superiore. Pur avviando i ragazzi della Torino industriale ad un mestiere, don Bosco non smetteva di inculcare le devozioni e di ricordare il solo lavoro e la sola meta che davvero contano. Nel lenire le piaghe corporali, il piissimo medico napoletano Giuseppe Moscati, raccomandava, come miglior medicina la confessione e la Comunione.
 

     Il pauperismo è stato rigettato come eresia fin dalla sua manifestazione medievale, non sembra il caso di cadere in una rete gettata a più riprese nel passato dai nemici della Chiesa e dai demagoghi di tutti i tempi.
 

     Lo stesso San Francesco lottò con tutte le sue forze per non essere assimilato a quel movimento eterodosso degli “spirituali” edera ben lungi dall’applicare la povertà assoluta personale a quanto circondava, ad esempio, il culto divino:
 

da Francesco d'Assisi, Prima lettera ai custodi
(FF 241)
:
 

     2 Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo.
 

     3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa.
 

     4 E se in qualche luogo il santissimo corpo del Signore fosse collocato in modo troppo miserevole, secondo il comando della Chiesa venga da loro posto e custodito in un luogo prezioso, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione.
 

da Francesco d'Assisi, Lettera a tutti i chierici (FF 208a):
 

     4 Tutti coloro, poi, che amministrano così santi misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li amministra illecitamente,quanto siano vili i calici, i corporali e le tovaglie, dove si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui.(1)
 

(1) Parrebbe che San Francesco guardi agli altari "vili" dei nostri giorni.
     5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato in forma miseranda e ricevuto indegnamente e amministrato agli altri senza discrezione.(2)
 
(2) È forse il meritato rimprovero di San Francesco ai preti dei nostri giorni?
da Francesco d'Assisi, Lettera a tutti i chierici (FF 209a):
 

     6 Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate con i piedi,
 

     7 perché «l’uomo animale non comprende le cose di Dio».
 

     8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si mette nelle nostre mani e noi lo tocchiamo e lo assumiamo ogni giorno con la nostra bocca?
 

     9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
 

     10 Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci;
 

     11 e dovunque il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo sarà stato collocato e abbandonato in modo illecito, sia rimosso da quel luogo e posto e custodito in un luogo prezioso.
 

     Siamo lontani anni luce dalla sciatteria e dalla trascuratezza riservati al SS. mo nei tabernacoli sempre più periferici delle chiese moderne, così come dalla svogliata banalità e bruttezza liturgica di paramenti, canzonette e celebrazioni.
 

     I più ignoreranno forse che Papa Pacelli o San Pio X arrivarono a vendere i propri vestiti e ornamenti per aiutare le proprie pecorelle(b). Lo ignorano perché mai quei santi pontefici vollero alcuna pubblicità nel compiere simili gesti eroici, spesso emersi solo durante le cause di beatificazione. Pio XII in particolare arrivò a privazioni personali commoventi:
 

     “Pio XII amava concretamente e non a parole, tutti gli esseri umani soprattutto quelli che soffrivano.Questo amore lo spingeva a voler soffrire come loro, ad imporsi le stesse privazioni cui erano costretti. Durante la guerra sapeva che molti uomini soffrivano la fame, ed egli si privava del cibo che avrebbe potuto avere in abbondanza. Quando cominciarono i bombardamenti, molta gente restò senza casa e fu costretta a affrontare i rigori del freddo senza riscaldamento, con pochi vestiti in condizioni di grave indigenza. Pensando a quelle famiglie, Pio XII, durante la guerra, non volle che il suo appartamento fosse riscaldato. Aveva le mani e i piedi gonfi, pieni di geloni. Faticava a scrivere a macchina, a tenere la penna in mano, non stava bene di salute, ma non volle il riscaldamento. Quando in Italia cominciò a scarseggiare lo zucchero e il caffè, mio zio smise di prendere caffè e fino al termine della guerra non bevette più una sola tazzina di caffè. Le scorte di zucchero e di caffè che c'erano in Vaticano e quelle che arrivavano, le mandava agli ospedali della città per gli ammalati. 
 


Maestosità e compostezza di un Papa
 

     In pubblico mio zio voleva sempre apparire perfetto, impeccabile. Rappresentava la Chiesa, sentiva in modo elevatissimo il senso di questa suprema dignità. Il suo comportamento e i suoi abiti, esteriormente, erano impeccabili come quelli di un sovrano. Ma in realtà egli era poverissimo. Dopo la sua morte, scoprimmo che il suo corredo di biancheria era misero: aveva soltanto tre camicie, logore e rattoppate, alle quali cambiava spesso i polsini inamidati perché, quelli, si vedevano. Aveva due o tre paia di scarpe che faceva continuamente aggiustare e risuolare. Durante gli anni della guerra diede ai poveri tutto quello che aveva, tutto il denaro che riceveva. Quando morì, non lasciò niente a nessuno, perché non aveva niente. Come tutti hanno potuto constatare osservando le fotografie pubblicate dopo la sua morte, dormiva in una camera disadorna, su una branda di ferro.” (c)
 

     Il vero spirito di povertà e umiltà nel nascondimento (d) rifugge il clamore e la visibilità ma agisce concretamente e direttamente senza che spesso neppure il beneficato se ne accorga: delicatezza estrema che vuole anche evitare la possibile mortificazione dell’interessato.
 

      Curiosamente invece, nei Vangeli Giuda Iscariotainterviene direttamente proprio in un caso che riecheggia i fatti di cronaca attuali. Il traditore si permette di criticare persino Nostro Signore, reo di “permettere” alla penitente uno “spreco” di tesori che ella aveva profuso per riverire Gesù.
 

     “Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Bethania dove abitava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. Là gli prepararono una cena. Marta serviva a tavola e Lazzaro era uno dei commensali. Maria prese una libbra di unguento profumato di nardo autentico, molto costoso, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli. Il profumo dell'unguento si sparse per tutta la casa. Allora uno dei discepoli, Giuda Iscariota, quello che stava per tradirlo, disse:Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari da dare ai poveri? Disse questo non perché avesse a cuore i poveri, ma perché era ladro e, approfittando del fatto che gli era stata affidata la borsa, rubava quello che ci mettevano dentro. Gesù rispose: Lasciala, ciò che fa è in vista della mia sepoltura. I poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me.” (Gv 12, 1-8) 

     I poveri attuali, ancor più di quelli negli angoli delle strade del terzo mondo, sono quelli misconosciuti ma da cui siamo circondati quotidianamente: le famiglie in lite continua e sfasciate da miserie morali inenarrabili, i bambini precocemente sessualizzati, i giovani senza alcun modello positivo che non sanno direzionare efficacemente le energie positive che in molti avrebbero. In generale, e non temo di dirlo, i più poveri in assoluto sono i peccatori perché “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8, 34). La Madonna a Fatima, bombardata di umanissime suppliche per i figlioli in guerra o per i malati, ne esaudì relativamente poche, piangendo invece sulla perdizione eterna dei “poveri peccatori”, per i quali mendicava sacrifici presso i piccoli e innocenti veggenti. La stessa angoscia emerge nelle principali apparizioni come La Salette o Lourdes, in cui la S. Vergine invita ripetutamente il mondo alla conversione (3). Solo una Madre ha l’occhio così lungo, mostra premure così incomprese e nondimeno tanto più lungimiranti. 
(3) "Conversione": termine ormai caduto in disuso nella chiesa vaticanosecondista, anzi condannato con orrore e scandalo! La nuova chiesa non converte nessuno, ma conferma tutti nell'errore!
     Battiamoci con lo stesso ardore per “Il regno dei cieli” perché a chi lo cerca è stato promesso “tutto il resto in sovrappiù”. (Mt 6, 33)
Catharina Josepha
 

(a) A ben vedere non sfugge un’inquietante convergenza di “programmi” tra i leader civili e religiosi, sotto una bandiera distorta ad arte: dinanzi a certo ecumenismo massonico e certe liturgie similpentecostali il poverello di Assisi si rivolterebbe nella tomba.
(b) Parroco, a Salzano impegnò il suo anello parrocchiale al Monte di Pietà di Venezia, per aiutare i poveri. (BACCHION E., Pio X Giuseppe Sarto Arciprete di Salzano (1867-1875), Amministrazione Comunale di Salzano con il patrocinio della Fondazione Giuseppe Sarto, Multigraf, Spinea, 1996, pp. 72-73.)
(c) Intervista di Renzo Allegri a Giulio Pacelli nel 1973.
(d
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
” Mt 6, 1-6


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PAPA FRANCESCO I: LA LAVANDA DEI PIEDI

del Prof. Luciano Pranzetti
Continuano le francescate da baraccone del nuovo Papa che lascia di officiare i sacri riti nella prima chiesa della Cristianita per ridursi in un carcere giovanile, dove si permette di lavare e baciare i piedi anche a due ragazze e financo ad un musulmano. Quella diFrancesco non è umiltà, è profanazione del sacro! La religione cattolica appartiene a Dio e tratta con Dio e di Dio, non è un oggetto personale di Francesco, che, anche se Papa, non può e non deve umiliarla e profanarla. Una maggiore serietà non guasterebbe, anzi è auspicabile.
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     “Et iterum de Francisco Pontifice”: ancora su papa Francesco. Non vorremmo apparire prevenuti, petulanti, pignoli ed sconsolati “laudatore temporis acti”, ma gli è che, da quando è stato eletto Papa, Francesco I offre spunti, motivi ed occasioni di non lieve importanza per commenti e sottolineature di taglio critico.
 

      Talune sue esternazioni  –parole, gesti, atteggiamenti, decisioni–  appaiono in verità quanto mai opinabili, se non paradossali, e decisamente in senso antiorario al dinamismo millenario della Chiesa cattolica e in palese contrapposizione.
 

     Ci si conceda, pertanto, di intervenire ancora una volta su due fatti di cui anche la stampa mondiale ha riportato integralmente la prospettiva innovativa o, diciamola pure, la irritualità. Fu certamente un tocco di decoro, di timore o, se così si può definire, di pudica resipiscenza quello che consigliò Giovanni Paolo II (1986) prima, e Benedetto XVI poi (2011), a programmare e a realizzare i festival interreligiosi lontano da Roma, ad Assisi, quell’accolta sconsiderata e blasfema del sincretismo ammantato di apertura ai “fratelli, festival ove, “de facto” nacque laCMR (nostra sigla), la Confederazione Mondiale delle Religioni, i cui effetti dirompenti hanno scardinato, nelle coscienze dei fedeli, fede e testimonianza sommerse dall’alluvione del relativismo, lo stesso che, a parole, Ratzinger denunciava senza opporre rimedii. Da qualche giorno, la CMR è stata costituita “de jure” con sede, addirittura, nel Vaticano ove Francesco II ha riunito i rappresentanti delle religioni (tra i quali ci è parso mancare lo stregone pellerossa, quello che ad Assisi aveva benedetto Giovanni Paolo II).
 

     Si pone il problema  –che sarà tuttavia discusso, presumiamo, secondo procedure democratiche, come è nello stile annunciato di papa Francesco I–  della Presidenza della CMR che, probabilmente sarà di tipo “a rotazione” stante la conclamata pariteticità ed eguaglianza delle religioni. 
Per il momento pare che l’interim venga assunto dallo stesso Pontefice organizzatore, per una congrua durata, sufficiente a dare corpo giuridico e legislativo all’impresa.
 

 In quell’occasione  –20 marzo 2013–  nell’assise interreligiosa vaticana, il Papa ha tenuto il suo discorso con cui ha chiarito “certe et non dubie” essere, egli, “vescovo di Roma” , uno dei tanti, quello “della porta accanto, come certa stampa ha amabilmente titolato. Ed ha affermato, con forza e convinzione, l’intenzione di una maggiore stretta collaborazione con l’Islam di cui, ha detto, valgon più le contiguità e le identità che ci accomunano ad esso che le minime differenze(1) stante che l’Islam riconosce, e adora, il nostro stesso Dio(?!).(2)
 
(1) Riecheggia Giovanni XIII: pensiamo a ciò che ci unisce... E quello che ci divide? Buttiamolo a mare! E se quel che ci divide è la divinità di Gesù? taciamola o..., come Kasper insegna, neghiamola!
(2) Una sonora bugia! Lo dicono anche i musulmani: per loro Gesù è solo un profeta (inferiore a Maometto), per noi cattolici è Dio, l'unico Dio! (Non avrai altro Dio fuorché me, I° Comand.)
     Insomma, così essendo le cose, sappiamo che tutti siamo uguali, tutti pari, tutti fermi nelle proprie posizioni, tutti nello “status quo ante”. Una moderna riedizione parafrasata del vecchio “cujus regio ejus religio”. Sicché,
cancellati la specifica ed esclusiva proprietà di Cristo  –Tu sei Pietro e su questa Io edificherò LA MIA CHIESA (Mt. 16, 16/19)–,
rottamati il principio “Extra Ecclesiam nulla salus” e l’impegno missionario,
il cattolico resta cattolico, il buddista buddista, il luterano luterano, l’islamico islamico, l’ebreo ebreo, l’induista induista, l’ateo  –creatura adorata dal cardinale F Ravasi–  ateo.
“Deus, venerunt gentes in haereditatem tuam et polluerunt templum sanctum tuum” (Ps. 78,1: O Dio, i pagani hanno cancellato la tua eredità e hanno devastato il tempio tuo santo!). Fine!
 

     La missione della Chiesa, il comando di Cristo, “Euntes in mundum universum predicate evangelium omni creaturae. Qui crediderit et baptizatus fuerit salvus erit; qui vero non crediderit condemnabitur” (Mc, 16, 15/16: andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura; chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi invece non crederà sarà condannato), sono sospesi,
annullata, ci par di capire, e superata quella che era la massima legge, la “salus animarum suprema lex estocassata perché, da oggi in futuro, si cammina insieme, in parallelo con i fratelli di tutte le religioni che, pur sotto nome, stile e ritualità diversi, adorano lo “stesso Dio nostro”, Padre di tutti. Anzi: secondo la “Dichiarazione” emessa e sottoscritta tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa nel lontano 17/24 giugno del 1993 a Balamand (Libano), fare proselitismo a favore del cattolicesimo “è forma che non può più essere accettata come metodo da seguire, né come modello di unità”.
 

     Il lettore ignaro sappia che tale documento  –regnante Papa GP II–  fu l’esito, codardo e proditorio, di un incontro durante il quale la Chiesa ortodossa russa si lamentò dell’opera missionaria con cui la Chiesa Cattolica Uniate ucraina perseguiva l’evangelizzazione nei territorii, appunto, russi.
 

     La Chiesa cattolica, come si è visto, per pura viltà ha dato ragione alla protesta degli scismatici. Non dissimilmente dal famigerato patto di Metz (1962) con cui Giovanni XXIII si piegava ai voleri di Mosca vietando che, nel Conciliabolo Vaticano II, si parlasse di comunismo e di una sua eventuale scomunica. Sembra, insomma, di udire le parole del profeta ferito: “ Et dicetur: quid sunt plagae istae in medio manuum tuarum? Et dicet: His plagatus sum in domo eorum qui diligebant me”(Zach. 13, 6: E si chiederà: come mai queste ferite in mezzo alle tue mani? Risponderà: le ho ricevute in casa di coloro che mi amavano). Perché di questo si è trattato.
 

     La Chiesa cattolica, come si è visto, per pura Teoria e pratica ribadite dal cardinale Angelo Bagnasco presidente CEI  –attivissimo nell’area politica e sindacale ma altrettanto distratto nei confronti dei tanti vergognosi scandali (3) della sua diocesi di Genova–  il quale cardinale, il 22/9/2009, nell’incontro con i rabbini Laras e Di Segni ebbe a dichiarare, in nome del Papa che non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamenteper la conversione degli ebrei”. Ma Cristo non si è Incarnato, non è Morto e Risorto, non è venuto anche per “le pecorelle perdute della casa d’Israele”?(Lc. 10,5).
Pertanto, se questa è la strada intrapresa dai precedenti Pontefici possiamo facilmente immaginare in qual modo e con quale tabella di marcia l’attuale Papa accelererà sullo stesso cammino. Le premesse ci sono: aver fissato nei sacri palazzi la sede legale della CMR e l’aver espressa l’intenzione sua didialogare ancor più strettamente con Islam e con Ebraismo.
 
(3) Fra i quali non si dimentichi il compagno Don Gallo..., ma forse a Bagnasco fanno comodo certi galletti... Forse perché dicono quello che lui pensa?
     Con questa perentoria affermazione Francesco I
cancella il Ps. 95,5  –omnes dii gentium daemonia–, 
cancella il monito di Dio a Mosè di non mescolarsi con le idolatrie dei popoli vicini (Deut. 7, 1/6),
dimentica che Satana, nella terza tentazione a Gesù, nel mostrargli tutti i regni della terra  –suo dominio, come si deduce dalle sue parole “Haec omnia tibi dabo...” ( Mt. 4, 9: tutto questo ti darò...–,  voleva significare che tutto ciò che è al di fuori della Chiesa di Cristo è falsità e dannazione.
 

     Ed ora apprendiamo che, nel giorno del Giovedì Santo in cui Cristo ha celebrato la sua Ultima Cena con i suoi Discepoli lavando loro i piedi ed istituendo il Santissimo Sacramento dell’Eucaristìa, egli non officerà il rito della Coena Domini in San Pietro, la Chiesa “prima” del Cattolicesimo e sede del Vicario di Cristo, ma, con gesto inusuale, di sapore filantropico, di forte impatto pubblicitario e suggestivo, di rottura diciamolo, egli si recherà presso il carcere minorile romano di Casal del Marmo ove laverà i piedi a dodici giovani detenuti, islamici compresi.
 

     Inutile dire che i mezzi d’informazione, inzuppandoci il biscotto e battendo la grancassa del buonismo mondiale targato ONU, hanno incorniciato siffatto evento quale novità assoluta, sismica diremmo, nella storia bimillenaria della Chiesa, vera inversione a 180 gradi di una mentalità nuova che privilegia unicamente la caritas verso i poveri, gli emarginati, i reclusi in accordo alle sette opere di misericordia corporale.
 

     E niente avremmo da obiettare davanti a simile atto di umiltà senonché riteniamo che, in termini di canonicità e di tradizione e per dovuto omaggio alla santità della Liturgìa, oltre che per corretta adesione al racconto evangelico, esso sia tutt’altro che manifestazione di umiltà quanto piuttosto umiliazione inferta alla Chiesa di cui Francesco I ha la guida.
 

     Non vorremmo sbagliare, ma non ci risulta che Gesù, la sera del giovedì, abbia dato ordine a Pietro di reclutare, e di prelevare dalle carceri di Gerusalemme, dodici giovani reclusi a cui lavare i piedi.
 

     A noi sembra di ricordare che Cristo lavò i piedi ai suoi “apostoli” a coloro che, stante il verbo greco “apostellein” (mandare, inviare), dovevano camminare  –homines viatores–  per il mondo andando ad annunziare la Buona Novella, l’Evangelo.Lavò e santificò loro i piedi perché purificati recassero, nel loro peregrinare, la santità del messaggio in modo instancabile, senza sostaperinde ac cadaver e perché camminassero sulla strada insanguinata dei martiri cristiani.
 

     Sua Santità aveva, ed ha, l’obbligo di lavare i piedi ai suoi vescovi, perché sono essi che, ad imitazione dei dodici, possono e debbono percorrere le strade del mondo ed impregnarsi non solo “dell’odore di pecora”, come in modo figurato e colorito ha dichiarato, ma soprattutto del profumo della santità di vita e, se necessario, del sacrificio di sé. Con quell’atto di umiltà, segno di consacrazione, egli avrebbe adempiuto l’invito che Gesù rivolse a Pietro : “Simon, Simon, ecce satanas expetivit vos ut cribraret sicut triticum; ego autem rogavi pro te ut non deficiat fides tua, et aliquando conversus confirma fratres tuos” (Lc. 22,31/32: Simone, Simone: ecco, satana ha chiesto che gli foste consegnati, per vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli). Ma un precedente pastore  –ne siamo stati testimonii–  ora Papa emerito”, ha preferito abdicare fuggendo davanti ai lupi mentre l’attuale, dismettendo per ismania di riformismo una ritualità creata e sancita da Cristo stesso, rinuncia a confermare i fratelli scelti per la missione preferendo prodursi in gesti di sola suggestione mediatica, sciropposa e per l’applauso del mondo. 
E applauso fu, perché leggendo la stampa odierna  –29 marzo 2013–  apprendiamo che anche i radicali di Marco Pannella sono accorsi per ringraziare il Pontefice “per la sua attenzione alle carceri”.
Il cronista riporta l’impressione di un tassista secondo cui, con quell’apparato di folla, di autorità, di giornalisti, di televisioni e di auto blu, sembrava d’essere a un gran premio automobilistico. Naturalmente, il fatto che nel novero dei dodici ci fossero anche due giovani donne(4), e un islamico, ha dilatato l’evento per farne quasi il manifesto del nuovo pontificato. 
Noi vogliamo ancora sottolineare, con tono perplesso e inquieto, l’ulteriore occasione in cui Sua Santità ha preferito definirsi “vescovo” piuttosto che Vicario di Cristo: “Lo faccio di cuore, perché è il mio dovere come prete e come vescovo...”.
 
(4) Un buon prete (e a fortiori un buon Papa) le donne, soprattutto se giovani, non le tocca assolutamente: prima, quando la Chiesa era Chiesa, un fatto del genere avrebbe comportato sanzioni e pene gravissime, oggi invece i papi le donne le ammirano, le abbracciano e le... baciano (GPII insegna!).
E che c'entra poi l'islamico in un rito cattolico? Lavare e baciare i piedi a chi con il suo credere offende e oltraggia il nostro Dio Gesù!!! e per di più senza provare a convertirlo!Questa non è umiltà, è profanazione del sacro! La religione cattolica appartiene a Dio e tratta con Dio e di Dio, non è un oggetto personale di Francesco, che quindi, anche se Papa, non può e non deve umiliarla e profanarla. Sia più serio, più composto, più accorto!
     Ci domandiamo: ma che cosa glielo vieta? Non sarà che in questo santo e augusto titolo egli ci intraveda un che
di monarchico  –Cristo Re–, 
di fastoso  –Cristo Bellezza divina–,  
di imponente  –Cristo Pantocratore–,
di preminente  –Cristo Giudice finale–, 
un che di magisteriale  –Cristo Unico Maestro–, 
un che di santo/santo/santo  –Cristo Sommo sacerdote–, 
termini afferenti al polo della magnificenza ecclesiale che egli ripudia, esibendo l'alibi della povertà, così come ripudiò i paramenti pontificali da lui definiti “carnevalata”? Noi vorremmo, umilmente, fargli presente che, sì, Vicario di Cristovuol dire tutto ciò perché il suo è il potere più alto che si possa esercitare in terra  –il potere spirituale–  a lui concesso, appunto, dall’Alto e di cui non c’è ragione di vergognarsene ma solo di temerne la responsabilità.
Prof. Luciano Pranzetti
29 Marzo 2013
 


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