Alla fine della sua prima via Crucis del Venerdì santo, papa Bergoglio.si è cimentato in un'affermazione sconcertante. Egli ha detto: "Dio non condanna nessuno", aggiungendo, per attenuare il concetto, che "siamo noi a scegliere". Nonostante l'attenuazione, la frase contraddice il Vangelo, - dove più volte si parla di condanne che il Figlio dell'Uomo infliggerà, di "maledetti dal padre mio" e di "fuoco della Genna" (Mt 13, 41-43 e 49-51; Mt 25, 41-46; Mc 16, 15-16, ecc.) - , nonchè l'Apocalisse di San Giovanni, l'Antico Testamento (nel quale le punizioni divine sono all'ordine del giorno), e naturalmente la Tradizione della Chiesa dalla patristica in poi. Se il papa avesse detto che Dio non condanna nessun peccatore "se si pente sinceramente", la sua affermazione sarebbe stata più aderente alla verità evangelica ed anche molto più umana.
Naturalmente i mass media, così attenti nel narrare il minimo particolare sulla lavanda dei piedi del Giovedì santo, o sull'incontro tra i due papi ( quello "emerito" e quello nuovo), non si sono concentrati su questa affermazione a mio parere molto significativa e, credo, rivelatrice. Ma sappiamo che seguire il circo mediatico significa condannarsi a non capire nulla. Invece comprendere il senso di quelle parole del papa è molto importante. E' un'affermazione a mio parere rivelatrice, nel suo "buonismo". Rivela, a mio parere, il solito atteggiamento cattolico degli ultimi decenni, che sottovaluta la realtà del Male, del peccato e delle tendenze anticristiche, esterne ed interne alla Chiesa stessa.
Certo, negli ultimi decenni non è stata la prima volta che un papa abbia sostenuto, in discorsi o interviste, tesi teologicamente molto azzardate. Solo per rimanere in tema e non toccare altri argomenti molto delicati (come ad esempio il rapporto del Dio cristiano con quello di altre altre religioni), potremmo ricordare la nota affermazione di papa Giovanni Paolo II sull'inferno: "L'inferno esiste, ma potrebbe essere vuoto" (discorso del 28 luglio 1999). Anche qui potremmo citare diverse affermazioni scritturali che smentiscono chiaramente questa ipotesi. A meno che qualcuno non ritenga che le affermazioni scritturali siamo una specie di mito platonico, cioè un racconto fantastico, utile al solo fine di estrapolarvi una verità razionale. Ma questo la Chiesa non l'ha mai sostenuto.
.La verità è che in nome di una pseudocarità presunta , buonista e mielosa, melensa e ruffiana, si vuole dimenticare la realtà profonda del Male e delle forze anticristiche presenti fuori e dentro la Chiesa. Da ciò nasce questo atteggiamento ottimista alla papa Giovanni XXIII, i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti coloro che davvero vogliono vedere. Dietro questa mentalità c'è Pelagio, e magari pure Jan Jaques Rousseau: l'uomo non è colpito dal peccato originale, il suo libero arbitrio non è è stato scalfito dalla Caduta, la sua natura è sì imperfetta, ma tende al bene.
Inoltre, vorrei capire quale carità e quale giustizia vi sia in un Dio che non condanna nessuno (nemmeno gli sterminatori di massa, i narcotrafficanti o i boss mafiosi che non si pentono, sembrerebbe). In una Chiesa della città Roma vi è stata recentemente, nell'omelia di un un certo don Bartolucci, l'esaltazione di un defunto boss della pornografia, alla quale sono seguiti i discorsi di porno-attori sul pulpito, che prima di accedere alla Comunione si sono sbizzarriti in apologie del defunto e della loro edificante professione. A quando dovremmo attenderci omelie esaltanti i defunti mafiosi o narcotrafficanti?
Oggi la gran parte del clero, dall'ultimo pretino ai più alti gradi, è malata di buonismo, di "medicina della misericordia" giovannea. Siamo quindi, dicevo, nell'ambito della minimizzazione della dimensione tragica del cristianesimo, per la quale la Città di Dio è perennemente in lotta con la Città dellUomo, che è ispirata dal Principe di questo mondo. Questo rifiuto della dimensione antagonistica del cristianesimo, questo rifiuto di riconoscere le forze anticristiche e condannarle, rivela naturalmente il sottofondo pelagiano che è tipico, come diceva Del Noce, di qualsiasi modernismo teologico.
Certamente, per non fare torto storico a Pelagio, bisogna ricodare che il monaco irlandese contemporaneo di Agostino era un ferreo rigorista, anche se la sua dottrina rischiava di rendere inessenziale la fede in Cristo. Oggi invece abbiamo un pelagianesimo di serie B: cè Pelagio, ma è un Pelagio lassista, accondiscendente, "buonista", appunto. Un Pelagio alla moda. Un Pelagio perfetto per la società edonista.
Così nei continui e ripetuti "mea culpa" di Giovanni Paolo II, a qualche anno di distanza possiamo cogliere non solo l'accettazione almeno parziale dell'interpretazione illuminista e protestante della storia della Chiesa ( vista come una storia di crimini e nefandezze) ma anche l'incomprensione totale della dimensione tragica del cristianesimo storico. Se infatti, come sosteneva il grande Agostino, la storia è il teatro dell'eterna antitesi tra la Città di Dio e quella dell'Uomo, e se la Città dell'Uomo è presente -con le sue forze anticristiche - anche nella Città di Dio in terra (la Chiesa), quest'ultima deve combatterla. Deve combattere l'Anticristo che è in Lei. E crediamo davvero sia possibile combattere senza dimensione coercitiva? Crediamo che la Chiesa avrebbe potuto combattere, detto fuori dai denti, senza Inquisizione o senza Sant' Uffizio? Il rifiuto della dimensione tragica del cristinesimo, della consapevolezza del Male e delle forze anticristiche presenti nella storia, conduce a interpretare insensatamente la storia della Chiesa come una storia terribile di cui vergognarsi e scusarsi continuamente. E' il famoso "pentitismo", che iniziò con il bacio della pantofola del patriarca ortodosso Atenagora da parte di Paolo VI, e che poi ha raggiunto vette ineguagliate con Giovanni Paolo II, che avrebbe voluto riabilitare più o meno tutti, da Maometto a Lutero.
Infine un sospetto o una malignità : che papa Bergoglio dica che Dio non condanna nessuno perchè così, da suo Vicario in terra, si risparmierà la fatica di condannare e rimuovere molta gente? Egli infatti ha avuto un chiaro mandato, da parte dell'elite internazionale mondialista che veramente comanda, e da parte del circo mediatico ed essa legato, di colpire duramente i pedofili e gli artefici di scandali finanziari che fanno parte del clero. Benissimo, si dirà. Ma per quanto riguarda tutti gli "eterodossi" che rendono la Chiesa cattolica più simile ad un grande circolo liberale di discussione che ad una comunità religiosa coesa intorno alla fede e al dogma, il divieto di punizione - non scritto, ma evidente - permane intatto. La Chiesa non può più condannare o scomunicare nessuno ("scomunica" è divenuta parola maledetta e impronuncialibile da parte di un papa). Altrimenti i lupi feroci del giornalismo laicista si scatenerebbero, e questo non sarebbe gradito da parte di un clero che ormai si è lasciato fortemente intimidire, quando addirittura non condivida esso stesso l'idea di Chiesa come grande società liberale dove persino l'eretico più estremo gode di non precisati "diritti", che impediscono che possa essere messo alla porta.
Quindi, per concludere, da un papa che dice che "Dio non condanna nessuno", non attendiamoci il superamento del pelagianesimo e la condanna delle forze anticristiche. In nome della buonistica e pelagiana "medicina della misericordia", il Vicario di Cristo non condannerà nessuno. Da don Gallo a don Giorgio de Capitani, dal priore di Bose ai nuovi Martini, l'eresia potrà convivere tranquillamente con l'ortodossia. Il vescovo di Vienna potrà continuare ad ospitare nel museo diocesano mostre blasfeme su nostro Signore, e l'ultimo pretino coglione potrà esaltare i pornografi dal pulpito senza che nessuno lo riprenda/condanni. Se Dio non condanna, anche il suo Vicario è dispensato dal condannare.
E' forse ancor presto per dirlo con certezza, ma non credo che questo papa possa risolvere la crisi della Chiesa. Naturalmente, sarei felice di sbagliarmi.
di Martino Mora - 10/04/2013
Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45352
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