Quanta lontananza tra papa Francesco e il card. Martini!
Estremisti del Fatto Quotidiano, come Gianni Barbacetto e Salvatore Cannavò, hanno tristemente esultato per la mancata elezione al soglio pontificio del card. Angelo Scola, di area ciellina, e per la vittoria di un cardinale vicino all’ex arcivescovo di Milano, Martini. Non vorremmo interrompere i festeggiamenti di questi improvvisati intellettuali, ma la verità è che Papa Francesco è lontano anni luce dal card. Martini, personalità convintamente cattolica diventata sua malgrado un riferimento per i nemici della Chiesa e che ha a sua volta generato figli spirituali, comeVito Mancuso e Ignazio Marino, osannati come riferimenti dal laicismo.
Martini è oggi una luce per tutti coloro che desiderano protestantizzare la fede cattolica, rendendola personalizzata, sentimentale e fai-da-te, ovvero secolarizzata. Una fede debole e facile da perdere e questo spiega l’interessamento interessato del laicismo a divulgare nei cattolici (portandoli, così, ad essere “cattolici adulti”) l’apprezzamento per Martini e per i teologi martiniani.
Le differenze più notevoli tra Papa Francesco e il card. Carlo Maria Martini sono sulle tematiche bioetiche, sulla visione delle tematiche interne alla Chiesa, e sulla vicinanza ai movimenti ecclesiali, in particolare quello di Comunione e Liberazione.
Rispetto alla libertà d’educazione, il card. Bergoglio ha detto: «lo Stato e le autorità pubbliche devono sostenere le scuole cattoliche, la cui identità culturale si radica in Gesù Cristo, e favorire la loro profetica opzione educativa». Lo stesso fece il card. Martini, in un discorso davvero intelligente e utile del 2001, difendendo la parità scolastica e la sussidiarietà, contrastando la statalismo comunista. La stessa uguaglianza di vedute non la si ha sul celibato dei sacerdoti: il card. Bergoglio ha dettochiaramente che «sono a favore del mantenimento del celibato, con tutti i pro e i contro che comporta, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori». Il card. Martini, invece, proponeva disottoporre a «ripensamento l’obbligo di celibato dei sacerdoti come forma di vita» a causa dello scandalo pedofilia, una posizione errata, come abbiamo già avuto modo di mostrare, ripresa di recente dall’anticlericale Dario Fo.
Nel caso del sacerdozio femminile, papa Francesco ha spiegato che «la donna ha un’altra funzione, che si riflette nella figura di Maria». Ha anche criticato il femminismo, il quale «pone le donne su un piano di lotta rivendicativa, mentre la donna è molto più di questo». Martini commentò il “no” definitivo di Wojtyla al sacerdozio femminile dicendo: «nella storia della Chiesa primitiva però ci sono state le diaconesse: possiamo valutare a questa possibilità». Più recentemente ha invece cambiato idea:«Riconosco che le suore sono utilissime nell’ambito parrocchiale e meritano un maggior riconoscimento, ma ciò non vuol dire che esse possano sostituire in tutto i presbiteri».
Papa Francesco ha una visione netta e contraria alla cultura della morte, che predica un concezione utilitaristica della vita, per la quale «l’esistenza umana interessa solo nella misura in cui sia sfruttabile o possa apparire utile», Martini si opponeva anch’egli all’eutanasia definendola «un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte. Come tale è inaccettabile», tuttavia si è sempre mostrato abbastanza glaciale e disinteressato rispetto ai volontari che difendono la vita (d’altra parte ha scritto un libro assieme ad Ignazio Marino!). Rispetto all’aborto Martini invitava la donna a seguire «la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare», mentre Bergoglio ha preso posizione in modo più netto: «dobbiamo ascoltare, accompagnare e capire dal posto dove ci troviamo, per salvare le due vite: rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare misure che possano preservare la sua vita, permettere la sua nascita ed essere creativi nella ricerca dei sentieri che portino al suo pieno sviluppo».
Forti differenze di posizione anche sulle unioni, adozioni e matrimoni omosessuali, Martini aprì alle unioni civili ma chiuse al matrimonio omosessuale, spiegando in modo abbastanza tiepido che «la coppia omosessuale, in quanto tale, non potrà mai essere equiparata in tutto al matrimonio e d’altra parte non credo che la coppia eterosessuale e il matrimonio debbano essere difesi o puntellati con mezzi straordinari». Il card. Bergoglio, quand’era arcivescovo argentino, contrastò duramente la legge sulle nozze gay scrivendo: «Il popolo argentino dovrà affrontare, nelle prossime settimane, una situazione il cui esito può ferire gravemente la famiglia. Si tratta del disegno di legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. [...] È in gioco l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di tanti bambini che saranno discriminati in anticipo, privandoli della maturazione umana che Dio ha voluto che si desse con un padre e una madre. È in gioco un rigetto frontale della legge di Dio, per di più incisa nei nostri cuori. [...] Non siamo ingenui: non si tratta di una semplice lotta politica; [...] bensì di una mossa del Padre della Menzogna che pretende di confondere e ingannare i figli di Dio».
Altre notevoli lontananze di vedute, come dicevamo, riguardano uno dei principali movimenti ecclesiali, ovvero Comunione e Liberazione (CL), nato nella diocesi guidata anche da Martini. Un movimento di cui abbiamo stima, come per tante altre realtà cattoliche, per la vivacità e la capacità di presenza intelligente nel dibattito pubblico. Nonostante quel che si dice, anche il card. Martini ebbe sempre un giudizio positivo su CL: don Gerolamo Castiglioni, assistente ecclesiastico di Comunione e Liberazione in diocesi di Milano dal 1985 al 2000 e collaboratore per vent’anni di Martini, ha affermato: «Ricordo quando disse a un raduno di suore che don Giussani era un santo. O quando contro il rischio della solitudine dei preti citava realtà come lo Studium Christi, un gruppo di sacerdoti del movimento di CL a cui lui fece anche visita. Stimava l’esperienza dei Memores Domini. Insomma, non lo sentii mai criticare don Giussani, anche se non capiva certe opere o le comunità d’ambiente». Un opinione diversa è quella dello scrittore Antonio Socci, vicino all’esperienza di CL, il quale ha spiegato che, con il card. Martini vi fu un «tentativo di omologazione e di emarginazione dell’esperienza di CL». Tuttavia Julián Carrón, successore di Giussani alla guida del movimento, alla morte di Martini lo ha ringraziato «per aver accettato con vera paternità di pastore che il movimento vivesse nella diocesi di Milano, segno per don Giussani di carità suprema».
Maggiore e pubblicamente dichiarata, invece, la vicinanza di Papa Francesco a Comunione e Liberazione, in particolare grazie alla forte amicizia dell’allora arcivescovo di Buenos Aires con don Giacomo Tantardini, guida spirituale di Comunione e Liberazione a Roma. Tanto che, l’unico scritto del futuro pontefice apparso in Italia venne pubblicato su una rivista vicina a CL, “30 giorni”, in memoria della morte del “suo amico” don Tantardini. Inoltre, si è anche saputo che poche ore dopo la sua elezione al soglio pontificio, Papa Francesco ha chiamato Gianni Valente e Stefania Falasca, marito e moglie, due ex-giornalisti di 30Giorni, ciellini entrambi. Su Italia Oggi sono stati presi in giro i vaticanisti anti-cielle (che tristezza queste divisioni ideologiche nel mondo cattolico!), come Marco Politi: «gli improvvisati soloni che si ritengono ormai perfetti conoscitori del ministero petrino, essendo attentissimi a discernere correnti, cordate, sensibilità, in modo molto più sofisticato che nelle vecchie categorie di progressisti e conservatori, si sono affrettati a osservare che Papa Francesco è pure un gesuita, ergo martiniano di ferro (nel senso di cardinal Carlo Maria Martini), ergo anticiellino per definizione».
La vicinanza del Papa a CL è spiegata anche dal grande sviluppo che il movimento di don Giussani sta conoscendo in Sud America, particolarmente in Brasile, dove cresce a ritmi impressionanti facendo argine al dilagare delle sette protestanti. Il 27 aprile 2001 Bergoglio volle presentare pubblicamente a Bueons Aires un libro di don Giussani, “L’attrattiva Gesù”. Lo aveva già fatto nel 1999 con un altro suo libro, “Il senso religioso”. In quest’occasione disse: «Ho accettato di presentare questo libro di don Giussani per due ragioni. La prima, più personale, è il bene che negli ultimi dieci anni quest’uomo ha fatto a me, alla mia vita di sacerdote, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli. La seconda ragione è che sono convinto che il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell’anelito dell’uomo». Don Giussani volle ringraziarlo con un messaggio, in cui scrisse: «Ci sia maestro e padre, Eminenza, come sento raccontare dai miei amici di Buenos Aires, grati alla Sua persona e obbedienti come a Gesù».
Insomma, smettiamo di etichettare Papa Francesco, anche perché sono etichette sempre sbagliate. Men che meno continuare a definirlo progressista, di destra, di sinistra, martiniano o mancusiano. Avviciniamoci noi a lui, senza voler tirare lui vicino a noi!
http://www.uccronline.it/2013/04/07/quanta-lontananza-tra-papa-francesco-e-il-card-martini/
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