ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 maggio 2013

De Marinis semper satis


Se Valeria Marini si sposa "in Vaticano"

Come avrete capito, su questo blog non è di casa l’untuoso clericalismo tanto in voga in molte autorevoli, diffuse e paludate testate di orientamento “cattolico”. Qui preferiamo essere franchi e anche un po’ guastafeste perché, come ci insegna San Pietro, bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, siano essi perfino prelati illustri e potenti.

Così, quando abbiamo letto la notizia che le nozze di Valeria Marini saranno celebrate il prossimo 5 maggio nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli da mons. Francesco Gioia, delegato pontificio per la Basilica di Sant’Antonio da Padova e presidente della Peregrinatio ad Petri sedem, hanno cominciato a pruderci le mani. E abbiamo deciso di sfogarci non con inopportuni atti di violenza, ma cominciando a scrivere sulla tastiera.
Non è che da parte nostra si nutra una particolare antipatia nei confronti della giunonica biondona: il fatto è che Valeria Marini ha affrontato, nel corso della sua vita, ben tre aborti. D’accordo, il secondo - almeno a quanto lei stessa racconta – è stato spontaneo e il primo risale all’età di 14 anni, ma il terzo non lascia assolutamente nessun dubbio: è stata la stessa showgirl a rivelare che la preoccupazione alla base dell’interruzione della gravidanza era relativa alle difficoltà che lei e Vittorio Cecchi Gori avrebbero dovuto sostenere per “andare in barca”. Quindi, per salvare la passione nautica, la coppia decise di sacrificare la creatura che cresceva nel grembo di lei.
Ora, se non andiamo errati, il codice di diritto canonico (canone 1398) prevede la scomunica latae sententiae (cioè automatica) per coloro che si macchino del crimine dell’aborto. Non spetta a noi, ovviamente, giudicare il percorso spirituale della Marini, né sappiamo dire quale sia attualmente la sua condizione: speriamo vivamente che in questo momento non sia soggetta a quella grave sanzione, che renderebbe le nozze sacrileghe e illecite. Noi non ci permettiamo, ma mons. Gioia si sarà posto almeno il problema? Avrà pensato allo scandalo che le nozze in pompa magna di una donna che non ha mai rinnegato pubblicamente il grave crimine commesso, anzi continua a parlarne con una certa nonchalance, potrebbero generare tra tanti fedeli? Forse che le amicizie influenti contano più del bonum Ecclesiae e degli stessi Sacramenti? Il tutto diventa ancora più grottesco se si pensa che, in origine, il matrimonio avrebbe dovuto essere celebrato addirittura in Vaticano: solo in un secondo momento la cerimonia è stata spostata con la motivazione ufficiale della ristrutturazione della facciata di Sant’Anna, ma nonostante questo su numerose fonti di informazione (es. qui) continua a campeggiare l’indicazione della sede originaria. Non parliamo neanche della scelta dei testimoni, tra i quali figurano almeno due divorziati (Ivana Trump si è sposata addirittura quattro volte): tutto lecito, per carità, ma di tutto si può parlare fuorché di buon esempio.
E dire che mons. Francesco Gioia di scandali se ne intende. Cappuccino, fu nominato vescovo di Camerino-San Severino Marche nel 1990, salvo essere richiamato a Roma a seguito di un’oscura condanna penale, su cui avrebbe fatto un po’ di luce qualche anno più tardi il libello Via col vento in Vaticano. Successivamente è stato, tra l’altro, delegato pontificio per la basilica di Sant’Antonio da Padova e presidente della Peregrinatio ad Petri sedem. Quest’ultima nel 2008 era stata soppressa e accorpata nell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (ASPA) per decisione di Benedetto XVI, salvo poi essere stranamente ricostituita nel gennaio di quest’anno, per essere di nuovo affidata allo stesso mons. Gioia. Anche in Veneto, infatti, il Nostro ha avuto modo di far parlare di sé: la sua gestione accentratrice degli affari della basilica ha creato forte malcontento negli ambienti patavini, sino al presunto abuso edilizio commesso per ricavare 5 mini-appartamenti da affittare in un edificio parte del complesso.
Ancora una volta, insomma, assistiamo a una spiacevole vicenda in cui un discusso e discutibile monsignore non solo continua a ricoprire ruoli all’interno della Curia vaticana, ma si concede addirittura il lusso di concedere impropria visibilità a un evento suscettibile di creare disorientamento tra i fedeli. Non si contano, ormai, i casi di alti prelati, sia in Curia che nelle diocesi, che si lasciano andare a dichiarazioni o ad atti controversi, quando non di dubbia ortodossia, spesso con lo scopo di ottenere un quarto d’ora di celebrità o di concedersi agli applausi del mondo: da mons. Paglia all’ex cerimoniere Piero Marini, ci siamo trovati a commentare numerosi scivoloni. Una situazione del genere comincia ad essere difficilmente tollerabile e si può affermare con chiarezza che sia giunta l’ora di darci un taglio: la credibilità dei propositi di riforma della Chiesa da parte di Papa Francesco dipende innanzitutto da questo. 
di Marco Mancini

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