ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 25 maggio 2013

Ecumenismo spinto

nella diocesi suburbicaria di Porto Santa Rufina


Immagine contenuta nella locandina che pubblicizza l'evento.
Si sceglie il “Rotolo della Legge”, quasi a riprova che ci si vergogna del Vangelo.
(si veda la pagina sul sito della diocesi)
Era sentito, urgente ed impellente  bisogno che il cattolico conoscesse, finalmente, il pensiero biblico del protestante/scismatico.
E, difatti, nel clima euforico del nuovo indirizzo “di- missionario” ecumenistico in cui ci si avvìa a una sintesi hegeliana – tanto cara all’emerito ex pontefice Joseph Ratzinger (cfr. Mons. B. Tissier de Mallerais, La strana teologia di Benedetto XVI  – ed. Ichthys) – una sintesi, dicevamo, del molteplice  sentimento religioso interconfessionale  coagulato in una giulebbosa e peciosa melassa fatta con  ingredienti cattolici/massonici/induisti/islamici/ebraici/buddisti – tritume e sfridi di false fedi – in siffatto clima si svolgerà, il prossimo 25 maggio 2013, presso il Centro Nazareth  di Roma, a cura della Diocesi Suburbicaria di Porto-Santa Rufina, una “Giornata della Parola”, nell’orbita dell’Anno della Fede, con la fraterna partecipazione di esponenti protestanti.

Nel sottotitolo si precisa: “una Parola che unisce” e, in virtù di questo  sillogismo: “La parola è comunicazione – gli uomini comunicano – quindi con la parola gli uomini si uniscono” anche le interpretazioni bibliche di Calvino, Lutero, Russell, Cramner diventeranno unificanti.

A simile annuncio parrebbe che gli interventi siano stabiliti  su un piano di equa distribuzione “democratica” - come ben si addice al nuovo indirizzo politico disegnato dalla CEI del cardinal Bagnasco e sanciti dal comportamento di papa Francesco I - ma poi, a leggere la locandina, ci si accorge che la Curia organizzatrice lascia tribuna e  spazio unico  agli ospiti protestanti nello spirito di quella carità conciliare che sdilinquisce di fronte al nemico di Dio ma digrigna i denti al tradizionista : vecchio vezzo per cui già Dante poteva scrivere:

L’oltracotata schiatta che s’indraca/
dietro a chi fugge, e a chi mostra ‘l dente/
o ver la borsa, com’agnel si placa 
(Par. XVI, 115/117) 

con ciò dimostrando come la severità curiale maggiormente si applica sul povero di spirito, sull’umile credente che sul superbo contestatore. Il quale sa che a lui sarà riservata o una “Cattedra dei non credenti” o un primo posto nel “Cortile dei Gentili”.

Ne fa fede l’acredine persecutoria con cui il Magistero, ovvero i Papi postconciliari, si accaniscono più sul cristiano che desidera una messa in latino o esige la Santa Comunione sulla lingua, che su patentati eversori quali il defunto cardinale Martini, o il dannato prete brasiliano che concelebra con i massoni, o il pornoprete genovese don Gallo.

Seguiamo il programma indicato in locandina.
Svolta l’accoglienza – termine untuoso e carezzevole che sostituisce l’antico “ingresso” - recitate le Lodi mattutine che quel giorno, ironìa della  sorte, si annunciano con il brano tratto dalla Sapienza 1, 6 – 9/11 “ dammi  la sapienza che siede accanto a Te in trono” -  davvero  necessaria -  si procede con una “introduzione alla Giornata” ( maiuscolo!) che, naturalmente, esplicherà i termini , le dinamiche e l’ordine del programma.

Ed, infatti, si incomincia con una “Testimonianza di Parola pregata e vissuta”(!) che, in detto contesto, non si sa cosa voglia dire e significare visto che la testimonianza del cattolico è quella di predicare Cristo e il Suo Santo vangelo e non mescolarsi, per mero desiderio di “confrontarsi”, nella babele di un coacervo incoerente di conglomerate coscienze e confessioni.

Dopo di che, trascorso un momento di distensione con un “coffee break” – e ti pareva che mancasse un pizzico di internazionalismo anglomane!! -  è prevista la Celebrazione Eucaristica “presieduta” –  non officiata, per carità - dall’ordinario diocesano.

Consumato un pranzo e dato agio ai partecipanti per un “tempo libero di conoscenza” ovviamente culturale e anagrafica, si apre il dialogo e si dà il via al primo incontro ecumenistico definito, con inconscio senso dell’umorismo “Lectio divina ecumenica”.
Con maligna ironia vien da pensare alla caratura culturale di chi ha disposto il programma visto che, alla dicitura latina del titolo conveniva l’aggettivo “oecumenica”.

Ma questo è un ulteriore frutto della riforma liturgica che ha voluto, in pieno accordo con la massoneria – vero mons. Bugnini ? - eliminare la lingua latina dalla Messa e dai seminarii.
M’è doveroso, perché indiziario e a tal proposito assai probante, rammentarte ai lettori di UNAVOX che, tempo fa, stando a mensa col vescovo della mia diocesi ed essendomi prodotto in una citazione di San Tommaso Aquinate, il  doctor angelicus,  monsignore, amabilmente, osservò che non valeva la fatica di colloquiare in latino perché il suo aiutante non lo capiva.
Il latino no, ma l’inglese, vuoi mettere?
Ma non ci meravigliamo visto che anche il cardinale Bergoglio, a suo tempo, vietò nella sua diocesi, l’applicazione del “Summorum Pontificum” probabilmente per l’ignoranza che, di questa santa ed augusta lingua, i suoi preti erano affetti.

Abbiam detto dell’umorismo sotteso a questo titolo perché la relazione verrà tenuta da un pastore valdese, tale prof. Paolo Ricca già noto per altre incursioni in campo cattolico.
Una lezione biblica a fedeli cattolici, tenuta da un valdese, uno scismatico! Un nemico della Chiesa cattolica che fa del Libro libera interpretazione nel puntello di personali convinzioni storiche ; un nemico della Chiesa la cui cultura teologica – si fa per dire – consiste e si esplica  nell’attacco alla Chiesa in nome di un pauperismo originario – oggi tornato in auge nel populismo qualunquistico di Francesco I – e più in generale di un’etica che stigmatizza le “ricchezze della Chiesa”, che ha abolito il Purgatorio, che ha in orrore il culto della Santa Croce, che disprezza la devozione ai santi e alle loro reliquie nello spirito di un’iconoclastìa ancor vigente, che si accredita e si attribuisce la dignità di un “sacerdozio universale”, che si fa interprete della sacra Scrittura secondo  moduli personalistici.

Che cosa potrà insegnare costui ? 
Che cosa, il cattolico, potrà ottenerne, in termini di arricchimento spirituale? 
Non vi pare che,  simile docente, potrà e vorrà annunciare la teologìa del dubbio nelle coscienze dei tanti cattolici che beotamente pensosi lo staranno ad ascoltare, prendendo addirittura appunti preziosi? 

Ecco, allora, che nel successivo gradino del programma, si annuncia un momento di “risonanza comunitaria di gruppo” – becera tautologia dacché comunitaria ammette già il gruppo – espressione di pomposa foneticità ma di nullo contenuto.
E’ il vocabolario che il ’68 ha costruito in nome di un sentimento comunista e che la Chiesa ha fatto suo dimenticando la dimensione individuale della preghiera e della meditazione.

Adesso ogni atto vien programmato nell’Insieme, la stessa Adorazione al Santissimo Sacramento deve scorrere in un susseguirsi di “comunitarie” espressioni e testimonianze con l’ossessivo cadenzar di chitarre.
Sicché questa “risonanza” comunitaria darà modo e occasione a scambi di opinione con cui , non è difficile immaginarlo, taluno dei presenti così detti cattolici, debole nella fede ed ignorante di cose sacre, farà suo il verbo valdese trovandovi chissà quali ricchezza spirituale!
E sarà dubbio! il dubbio illuminato e cartesiano che, quale verme interiore, scava la coscienza del cristiano col dargli l’illusione di esercitare un legittimo officio.

Ma è bene che si sappia che il vero cattolico non dubita della parola di Lui, semmai trova difficoltà a capire. Forse una “risonanza” di tipo clinico, però, sarebbe opportuna indagine per scoprire che cosa si annida nel cervello di taluni prelati, sacerdoti e fedeli.

A coronamento del tutto, col tocco d’una sapiente regìa che  porterà l’ultimo ed incisivo affondo demolitorio, sarà la pomposa “Celebrazione dell’unità dei cristiani” gestita da un pope ortodosso, padre Lucien Burzu di Ladispoli.
Ma unità di che cosa? 
Quando mai un insieme di entità incoerenti ed avverse si costituisce unità? 
Al massimo si potrebbe parlare di unione, cosa che Gesù non ha mai comandato avendo, Egli, parlato soltanto di unità: ut unum sint

Come e perché uno scismatico, erede di quel Michele Cerulario protervo apostata, potrà parlare di unità dei cristiani se si ostina a negare la Processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio – ex Patre Filioque - , se misconosce il Primato petrino del Papa, se vieta la devozione mediata dalle statue dei santi, è cosa difficile a capire.

Stiamo, cioè, assistendo ad una missione  a rovescio con l’autorità cattolica – la diocesi – che fornisce all’avversario spazio, tempo e persone per  fare ciò che dovrebbe, invece, operare Mons. Fisichella, preposto alla “Nuova evangelizzazione”.

E’ questo il cloroformio conciliare – Gaudium et Spes, Dignitatis humanae, Nostra Aetate - con cui, addormentato il senso dell’Unicità della Chiesa, oggi si tende verso la falsa mèta  dell’unità nella molteplicità, quel narcotico che impedirà ai presenti, o a qualcuno di essi, di alzarsi e denunciare l’ennesimo tradimento dei chierici così come l’annunciò profeticamente la Vergine Maria a La Salette. 

Giornata della Parola durante la quale l’incenso dell’ortodossìa si mescolerà al liquame dell’eresia, durante la quale saranno obliterati i fondamenti teologici della nostra fede a vantaggio di un “volemose bene”, patente  di viltà e di ipocrisìa, nel solco d’una convivenza di fede adulterata e velenosa.

Oscurare l’insegnamento della  Chiesa con la pia e sciocca  intenzione di “confrontarlo” con quello dei “fratelli separati” protestanti è operazione delittuosa  che  sembra  non essere motivo di timore per gli organizzatori. 

Eppure San Pietro aveva ammonito a non considerare “nessuna profezia della scrittura frutto d’interpretazione privata”( Pt. II, 1, 21); eppure i Santi Padri non si stancarono di ripetere le parole di Cristo “ Chi ascolta voi ascolta me” (S. Cipriano ep. 66, 4); eppure il Concilio di Trento, mai abrogato, aveva sancito solennemente, sotto l’assistenza dello Spirito Santo, il divieto di interpretare a titolo personale la Santa Scrittura.( Conc. Tr. Sess. IV 8/4/1546 – decreto 2,30).

La sera del 25 maggio, i fedeli, di ritorno dal convegno, porteranno seco, nella mente e nel cuore, qualche seme della mala pianta dell’eresìa, sparso dal nemico nel campo del Signore con la complicità di chi, quel campo, doveva custodire.
Quel seme diventerà dubbio e, per evoluzione, relativismo etico, sincretismo e, infine, apostasìa.

Dominus misereatur nostri et preservet Ecclesiam Suam a peccatis pastorum ejus.


di Prandianus

2 commenti:

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.