IL PAPA DURANTE LA MESSA DI PENTECOSTE |
Parla il portavoce del “Summorum Pontificum”: “Lo stile è diverso da Benedetto, ma ci piace il suo insistere su Messa, Diavolo, confessione e devozioni popolari”
ALESSANDRO SPECIALECITTÀ DEL VATICANO
Quando è stato eletto al soglio pontificio papa Bergoglio, alcuni ambienti tradizionalisti, legati all'antico rito della messa in latino, non hanno nascosto la loro preoccupazione e il loro disappunto, mentre i lefebvriani della la Fraternità San Pio X, con cui Benedetto XVI aveva ostinatamente cercato una riconciliazione, ufficialmente mantengono un atteggiamento cauto ma parlano apertamente di “grandi paure” per il pontificato di Francesco.
Ma questo atteggiamento non è condiviso dall'intera galassia tradizionalista. Il “popolo del Summorum Pontificum” – che prende il nome del Motu Proprio di papa Ratzinger che ha liberalizzato la celebrazione della messa in latino nel 2007 – si prepara infatti a organizzare, sotto Francesco, un secondo pellegrinaggio a Roma dopo il primo esperimento dell'anno scorso.
E lo fa convinto che, pur con uno stile molto diverso da quello del suo predecessore, l'attenzione del papa argentino per le devozioni popolari, il suo insistere sul Diavolo e la confessione, il suo celebrare ogni giorno la messa sono elementi che i cattolici che si considerano tradizionalisti sentono come propri. Per il loro portavoce, Guillaume Ferluc, la messa in latino, lungi dall'essere qualcosa di snob e intellettualistico, è molto più vicino ai “poveri” che stanno a cuore a papa Francesco.
Il pellegrinaggio si terrà dal 24 al 27 ottobre e prevederà una messa con monsignor Augustine Di Noia, vicepresidente della Commissione vaticana “Ecclesia Dei” che tiene i rapporti con le comunità tradizionaliste, una conferenza per il clero e una tavola rotonda per i laici, e una via crucis per le strade di Roma. Vatican Insider ha intervistato il presidente del comitato organizzatore, Giuseppe Capoccia.
Come vede il popolo del Summorum Pontificum l'elezione di Papa Francesco e i suoi primi mesi?
“Come tanti cattolici, abbiamo vissuto con sconcerto la rinuncia del nostro amatissimo Papa Benedetto. Ed anche per noi è stata una sorpresa l'elezione di papa Francesco che pochissimi sino a quel momento conoscevano. Siamo stati, dunque, molto attenti ai suoi gesti ed alle sue parole. E le sue parole ci hanno subito rassicurati e confortati: ha parlato del diavolo che opera contro di noi ma che non può nulla contro la misericordia di Dio, ci ha invitati a non perdere la fiducia nell'amore di Dio, ci ha chiamati a 'uscire' dalla nostra routine per andare incontro alle periferie dell'umanità; a non diventare una sorta di collezionisti di antichità, o di novità'”.
Cosa pensate del suo stile liturgico? Il suo pontificato andrà in direzione opposta a quello di Benedetto XVI?
“Sarebbe ipocrita nascondere che se per un verso le parole di papa Francesco ci danno coraggio, alcuni suoi gesti ci lasciano spiazzati e comprendiamo anche coloro che esprimono disagio. Tuttavia, da persone sensibili alla tradizione, dunque al tempo lungo, non ci facciamo ingannare dal tempo breve: Papa Francesco viene da una cultura liturgica e pastorale diversa da quella romana, ed occorre del tempo perché possa introdursi nel clima della tradizione liturgica pontificale. D’altra parte, non bisogna pensare che la liturgia si possa ridurre ad una questione di stili celebrativi, oltre i quali debbono sempre prevalere la solidità e la consistenza teologica del rito”.
Quindi per ora sospendete il giudizio...
“Ogni Pontificato esprime proprie specificità; e se Papa Benedetto considerava il crollo della liturgia come causa e segno del crollo della Fede, non ci sembra che Papa Francesco si muova in direzioni differenti: basti considerare che l’ampio risalto dato, col permesso del Papa stesso, alla sua Messa quotidiana in Santa Marta risulta efficace monito per tutti i cattolici, presbiteri e laici, a prendere piena coscienza che solo l’Eucaristia è fonte dell’evangelizzazione”.
Altre espressioni del mondo tradizionalista sono state molto critiche con Papa Francesco, a cominciare dai lefebvriani. Cosa rispondete?
“Abbiamo letto e ascoltato incomprensioni e inquietudini provenienti da alcuni settori del mondo tradizionale. Spesso, dobbiamo dirlo, si è trattato di reazioni fondate su false informazioni. Quanto ai lefebvriani, le dichiarazioni ufficiali ci sono sembrate piuttosto riservate e prudenti. Non ci stupisce poi che qualcuno si sia lasciato andare a commenti più duri, ma forse occorre ricercarne le motivazioni nelle dinamiche interne alla Fraternità, piuttosto che in una reale diffidenza nei confronti del Santo Padre.
Quante persone vi aspettate al pellegrinaggio di quest'anno?
“Speriamo di accogliere 3000 persone per il sabato, giorno della processione e della Messa in San Pietro e di far giungere oltre 500 pellegrini da fuori Italia per i tre giorni del pellegrinaggio. Avremo un'idea più precisa a fine giugno quando presenteremo il programma ufficiale”.
Cosa volete comunicare al mondo cattolico in generale con la vostra iniziativa?
“Per anni, i fedeli e i sacerdoti legati alla tradizione liturgica della Chiesa sono stati ghettizzati e trattati con disprezzo se non con astio: sono stati confinati nelle periferie della Chiesa dalle quali occorreva tenersi alla larga. Desideriamo contribuire alla guarigione definitiva delle ferite provocate durante questi anni di persecuzione e di ingiustizia e ci sembra opportuno farlo senza rivendicazioni, ma inserendoci nella dinamica nuova alla quale ci chiama la Chiesa. Intendiamo essere testimoni, nella gioia e in spirito di servizio, dell’unità della Chiesa”.
“Nel contesto particolare del nuovo Pontificato, desideriamo pure illustrare quanto la forma straordinaria del rito romano sia uno strumento adattissimo alla riscoperta della povertà alla quale ci richiama Papa Francesco: inginocchiarsi, supplicare, tacere, confessare sono quattro attitudini caratteristiche sia della Messa tradizionale sia della povertà di spirito. Non solo: la riscoperta di ciò che san Francesco diceva della liturgia – non dimentichiamo che fu proprio lui a portare il Messale romano fuori dalla corte pontificia – potrebbe far comprendere ancor meglio la povertà cristiana, l’essere poveri in spirito, quasi mendicanti di Cristo che ci viene incontro nella liturgia e non ci priva del Suo splendore, aprendoci le porte del Cielo, dov’è la vera ricchezza: non è un caso se l’ultimo Santo a celebrare la Messa tradizionale per tutta la sua vita è stato proprio Padre Pio, specchio fedele di san Francesco”.
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