ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 29 giugno 2013

Disse Pietro "non possiedo né oro né argento, ma ti do quello che ho..

Scarano, assegni da 20 mila euro al mese

Ior, bonifici da D'Amico «per beneficenza».

La passione per le banche e gli affari, con un lavoro presso lo sportello della Banca d'America d'Italia. Poi, nel 1983, a 35 anni, la chiamata divina, che lo spinse a prendere i voti. E l'impiego all'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, l'organismo che gestisce i beni della Santa Sede. Questa l'evoluzione di Nunzio Scarano, l'alto prelato arrestato con l'accusa di corruzione e truffa. In manette anche uno 007 e una broker.
GRANDE DIMESTICHEZZA CON I SOLDI. Un affarista in piena regola,
come riporta il Corriere della sera, caratterizzato dalla dimestichezza di maneggiare grandi somme di denaro, tanto da esseresi guadagnato il soprannome di Mister 500, perché era solito pagare con banconote di grosso taglio. Tra le sue prorpietà figurano abitazioni, box e partecipazioni societarie. Quel che stupisce, però, è l'accesso del monsignore a numerosi conti correnti aperti presso lo Ior e altre banche; le movimentazioni di centinaia di migliaia di euro attraverso operazioni immobiliari e finanziarie; la gestione di fondi provenienti dalla beneficenza facendoli confluire nelle proprie disponibilità. Una ramificata girandola di entrate e uscite fuori bilancio su cui stanno indagando gli specialisti del Nucleo valutario della guardia di finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo.
POSSIBILI EPISODI DI RICICLAGGIO. Ma non si esclude che si possano aggiungere altri filoni di inchiesta, svelando episodi di riciclaggio in cui potrebbero comparire ulteriori figure religiose che avrebbero percepito denaro proprio attraverso i flussi gestiti da Scarano, come quel «fra Elia», nominato svariate volte nelle conversazioni tra gli indagati intercettate negli ultimi mesi. E proprio i colloqui captati dagli investigatori hanno mostrato quanto stretto fosse il legame di Scarano con il vicepresidente dello Ior Massimo Tulli e i contatti frequenti con il direttore Paolo Cipriani, indagato in un altro capitolo dell'inchiesta sulla gestione dell'Istituto per le Opere Religiose. Tra loro sono spesso intercorsi scambi di battute in merito al trasferimento di soldi. «Te li faccio partire dal Vaticano», disse, riferendosi alla necessità di far rientrare dalla Svizzera una parte del patrimonio che secondo l'accusa è riconducibile agli armatori napoletani Paolo, Maurizio e Cesare D'Amico (anche loro coinvolti nell'inchiesta).
SCARANO GARANTE DI OPERAZIONI FINANZIARIE. «Scarano», scrive il giudice, «intrattiene frequenti e stretti rapporti con i D'Amico e dalle conversazioni sembra desumersi la cointestazione di un conto corrente con Cesare. È lui a garantire le operazioni finanziarie come sicure grazie ai suoi rapporti con lo Ior». «Particolarmente significativa», aggiunge, «appare la conversazione del 17 maggio 2012 con Giovanni Carenzio, nella quale Scarano descrive lo Ior come l'unico strumento sicuro e rapido per effettuare operazioni finanziarie e bancarie in elusione - quando non in violazione - della normativa antiriciclaggio e fiscale».

Assegni mensili da 20 mila euro a Scarano

Nonostante Scarano abbia abbandonato la sua mansione dalla Banca d'America d'Italia, ogni mese riceve comunque un bonifico da 20 mila euro da Cesare D'Amico con la causale «beneficenza», che finisce sui suoi conti personali.
La procedura è anomala, e le indagini cercano di far luce sulla vera ragione di queste elargizioni costanti. È titolare di alcuni depositi presso lo Ior e ha un conto presso la filiale Unicredit di via della Conciliazione, con un saldo che al 2 settembre 2011 ammonta a circa 456 mila euro. Scarano possiede inoltre «un cospicuo patrimonio immobiliare» e per acquisirlo ha impiegato 1 milione e 155 mila euro soltanto nel periodo che va da novembre 2009 a marzo 2010.
OPERAZIONI DI MUTUO SOSPETTE. I sospetti dei pubblici ministeri si concentrano soprattutto su due operazioni di mutuo da 600 mila euro l'una, effettuate sul conto Unicredit e su un altro deposito aperto presso una filiale Mps. Nel dicembre 2009 il monsignore decise infatti di estinguere il primo contratto con 61 assegni circolari di importi che oscillano tra i 2 mila e i 20 mila euro emessi da 17 banche diverse. Sono tutti intestati ad amici e parenti e hanno come causale una «donazione». Ma da dove provengono realmente? Secondo una testimone interrogata nella parallela inchiesta avviata a Salerno sarebbe stato proprio il monsignore a incaricarla di compilare quegli assegni fornendole la lista degli intestatari. «Mi disse», racconta la donna, «che i soldi arrivavano dallo Ior». Le indagini proseguono, anche se la documentazione relativa allo Ior continua a risultare inaccessibile. Le intercettazioni telefoniche dimostrano, poi, i trucchi che il monsignore utilizzava per eludere i controlli quando parlava di soldi. Generalmente i milioni erano 'i libri della Treccani'.

Scarano: case e conti all'estero 

«Così il prelato usava lo Ior»

Il retroscena dal clamoroso arresto del monsignore che il Vaticano aveva rimosso un mese fa dai vertici della banca

L'arresto di monsignor Scarano in un fermo immagine dal video della Guardia di Finanza L'arresto di monsignor Scarano in un fermo immagine dal video della Guardia di Finanza
ROMA - Possiede case, box per auto, partecipazioni societarie. Ma monsignor Nunzio Scarano ha soprattutto accesso a svariati conti correnti aperti presso lo Ior e altre banche. Muove centinaia di migliaia di euro attraverso operazioni immobiliari e finanziarie, gestisce i fondi provenienti dalla beneficenza facendoli confluire nelle proprie disponibilità.
E adesso è in questa girandola di entrate e uscite «fuori bilancio» che si stanno districando gli specialisti del Nucleo valutario della Guardia di Finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo. Perché altri filoni di inchiesta potrebbero aprirsi, svelando episodi di riciclaggio. E facendo emergere le figure di alcuni religiosi che avrebbero percepito denaro proprio attraverso i flussi gestiti da Scarano, come quel «fra Elia» che viene nominato spesso nelle conversazioni tra gli indagati intercettate negli ultimi mesi.
Con i soldi l'alto prelato ha sempre mostrato dimestichezza, pagava generalmente con banconote di grosso taglio, tanto da essere soprannominato «mister 500». Sono proprio i colloqui captati dagli investigatori a mostrare quanto stretto fosse il suo legame con il vicepresidente dello Ior Massimo Tulli e i contatti frequenti con il direttore Paolo Cipriani, indagato in un altro capitolo dell'inchiesta sulla gestione dell'Istituto per le Opere Religiose. Proprio con loro discute spesso del trasferimento di soldi.
La notizia dell' arresto di monsignor Scarano sul sito dell'IndependentLa notizia dell' arresto di monsignor Scarano sul sito dell'Independent
«Te li faccio partire dal Vaticano». Quando si tratta di far rientrare dalla Svizzera una parte del patrimonio che secondo l'accusa è riconducibile agli armatori napoletani Paolo, Maurizio e Cesare D'Amico (anche loro coinvolti nell'inchiesta), il monsignore si attiva immediatamente. Scrive il giudice: «Scarano intrattiene frequenti e stretti rapporti con i D'Amico e dalle conversazioni sembra desumersi la cointestazione di un conto corrente con Cesare. È lui a garantire le operazioni finanziarie come "sicure" grazie ai suoi rapporti con lo Ior.
Particolarmente significativa appare la conversazione del 17 maggio 2012 con Giovanni Carenzio nella quale Scarano descrive lo Ior come l'unico strumento sicuro e rapido per effettuare operazioni finanziarie e bancarie in elusione - quando non in violazione - della normativa antiriciclaggio e fiscale».
Annotano i finanzieri: «Carenzio dice di aver avuto un aiuto economico ma non è sicuro di riuscire ad avere subito tale cifra e chiede a Scarano se gli può anticipare il denaro. Scarano dice che domattina gli farà un bonifico di 20, 30 mila euro».
Scarano: Stasera mi mandi le coordinate, l'Iban. Ti faccio il swift. Sarà intorno ai 20-30, una cosa del genere perché riguarda la mia firma
Carenzio: Scusami, ma da dove?
Scarano: Te li faccio partire dal Vaticano, perché è l'unico modo celere che ho. Faccio la firma, dal direttore generale, mi porta questa persona che gentilmente si presta, e basta.
I 61 assegni circolari. Fino al 1983 Scarano è dipendente della Banca d'America d'Italia e tre anni dopo decide di prendere i voti. Ogni mese riceve un bonifico da 20 mila euro da Cesare D'Amico con la causale «beneficenza», che finisce sui suoi conti personali. La procedura è «anomala», adesso si sta cercando di scoprire la vera ragione di queste elargizioni fisse. È titolare di svariati depositi presso lo Ior e ha un conto presso la filiale Unicredit di via della Conciliazione con un saldo che al 2 settembre 2011 ammonta a circa 456 mila euro. Non solo. Scarano possiede «un cospicuo patrimonio immobiliare» e per acquisirlo ha impiegato molti soldi: un milione e 155 mila euro soltanto nel periodo che va da novembre 2009 a marzo 2010.
I sospetti dei pubblici ministeri si concentrano in particolare su due operazioni di mutuo da 600 mila euro l'una, effettuate sul conto Unicredit e su un altro deposito aperto presso una filiale Mps. Nel dicembre 2009 il monsignore decide infatti di estinguere il primo contratto e lo fa con 61 assegni circolari di importi che oscillano tra i 2.000 e i 20.000 euro emessi da 17 banche diverse. Sono tutti intestati ad amici e parenti e hanno come causale una «donazione».
Da dove provengono realmente? Secondo una testimone interrogata nella parallela inchiesta avviata a Salerno sarebbe stato proprio il monsignore a incaricarla di compilare quegli assegni fornendole la lista degli intestatari. «Mi disse - aggiunge la donna - che i soldi arrivavano dallo Ior».
E i milioni diventano «libri». Nel 2006 l'alto prelato acquista alcuni box auto a Salerno pagandoli con sei assegni da 10 mila euro l'uno emessi dal conto Unicredit e addebitati allo Ior. Poi c'è un deposito presso la banca del Fucino, un'altra movimentazione che porta a Francoforte. E le società «Prima Luce srl» e «Effegi Gnm srl» finanziate con almeno 500 mila euro. Su tutto questo si sta cercando di fare luce, anche se la documentazione relativa allo Ior continua a risultare inaccessibile.
Le intercettazioni telefoniche dimostrano i trucchi che il monsignore utilizzava per eludere i controlli quando parlava di soldi. Generalmente i milioni erano «i libri della Treccani». Il 15 luglio 2012, alla vigilia del trasferimento dei venti milioni dalla Svizzera all'Italia affidato allo 007 Giovanni Maria Zito, lo contatta per gli ultimi dettagli.
Scarano: Io credo che più libri porti e meglio è
Zito: Se riesco raddoppio
Scarano: Riesci a portare 20/25 libri?
Zito: Quelli sicuri
Scarano: Già quello è un buon traguardo, hai capito? Perché ci consente di fare un sacco di cose per noi
Zito: Quello mi ha chiesto di portarne il doppio, 40!

Dallo sportello alla tonaca. Vita e opere di “don 500”

Monsignor Scarano
MONSIGNOR SCARANO

Monsignor Scarano, l’ex impiegato di banca diventato prete La Procura di Salerno lo ha indagato anche per riciclaggio



Passo veloce, modi garbati, sorriso rassicurante. Il monsignore con la ventiquattr’ore era di casa in Curia ma lo si ricorda soprattutto per il soprannome «don 500» per la consuetudine con le banconote di grosso taglio.

 In fondo monsignor Nunzio Scarano non aveva mai perso di vista la sua prima passione, quella per le banche e gli affari, passando dallo sportello della Banca d’America e d’Italia, dove fu impiegato fino al 1983, al mondo ovattato dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, l’organismo che gestisce i beni della Santa Sede, complice la vocazione che lo portò a farsi prete nel 1987 a 35 anni. Una vocazione tardiva, come quella di un altro «prelato di denari», monsignor Renato Dardozzi, ingegnere e uomo di fiducia per la finanza del segretario di Stato Agostino Casaroli.


È singolare la parabola di Scarano, 61 anni, originario di Salerno, appartenente al clero della diocesi campana. Nel 1986 l’allora impiegato di banca prese i voti e l’anno dopo fu ordinato sacerdote. Addetto tecnico di prima categoria il suo esordio all’Apsa, di cui diventerà quel che si suol dire «un pezzo grosso» conosciuto ben oltre i confini del Vaticano, grazie anche alla partecipazione a diversi incontri pubblici sul ruolo dei cattolici nella società.


Il nome di Scarano finisce sotto i riflettori dell’opinione pubblica nei primi giorni di giugno di quest’anno, quando il responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Apsa viene iscritto nel registro degli indagati della Procura di Salerno con l’accusa di riciclaggio in un’inchiesta su presunte donazioni, ritenute fittizie dall’accusa.

Secondo l’ipotesi investigativa, in realtà le donazioni sarebbero servite a mascherare un maxi riciclaggio di denaro, che ruotava proprio intorno alla figura di Scarano. Il prelato avrebbe contattato alcune decine di persone (56 gli indagati tra Salerno e provincia) e avrebbe chiesto a ognuno di loro di compilare un assegno circolare da 10mila euro, spiegando di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare di alcune case nel centro di Salerno. Quegli assegni, però, sarebbero stati solo una partita di giro, perché al momento della consegna i «donatori» avrebbero trovato sul tavolo l’equivalente in contanti, per risarcirli in toto dell’esborso.

Scarano, sospeso cautelativamente dal Vaticano nei giorni scorsi, ha sempre negato ogni addebito. Ma proprio sull’origine delle sue ingenti disponibilità finanziarie e immobiliari (è titolare di due conti correnti allo Ior) la Procura di Roma vuole veder chiaro.

Ieri la nuova accusa che lo ha portato in carcere perché ritenuto responsabile di un’attività di illecita importazione in Italia, poi fallita, di 20 milioni di euro in contanti dalla Svizzera per conto degli armatori Paolo, Cesare e Maurizio D’Amico, nell’ambito di un filone dell’inchiesta romana sullo Ior. Accuse gravi, tanto più per un prelato, da cui ora «don 500», recluso nel carcere di Regina Coeli, dovrà difendersi.


Vite parallele con don Evaristo Biasini, soprannominato «don Bancomat»: comparve nelle indagini avviate a Perugia sulla cosiddetta «cricca» degli appalti per i grandi eventi. Il sospetto era che il sacerdote, ex economo della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo sangue e amico di Diego Anemone, costruttore romano al centro dell’indagine, custodisse fondi neri. In varie operazioni da lui annotate ricorre l’Istituto opere religione. Ma ora le vie dello Ior non sembrano più infinite.

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