Perché Papa Francesco non ha deciso di smentire le dichiarazioni pubblicate dalla stampa a proposito della lobby gay in Vaticano? Se tutto questo fosse stato falso, Jorge Mario Bergoglio non avrebbe dovuto fare altro che chiedere al suo portavoce, padre Federico Lombardi, di sbugiardare il contenuto delle rivelazioni. E tutto questo non è accaduto. Per quale motivo? Perché era già tutto scritto. Nel dossier di Vatileaks.
AFFARI: INDAGINE NON AUTORIZZATA- Affaritaliani.it ha condotto un'indagine non autorizzata interrogando non poche persone Oltretevere. E alla fine, mettendo assieme le tessere del mosaico, un quadro si è disegnato. Attenzione: non stiamo dicendo che è andata proprio così. Ma stiamo dicendo che c'è chi, all'ombra del Cupolone, racconta tutto questo. E lo riferiamo ai lettori per offrire un altro punto di vista. Ecco allora che tanti piccoli grandi fatti, apparentemente senza senso e legame se letti singolarmente, insieme possono raccontare una storia. Quella che vi offriamo.
2005: IL PIANTO DI BERGOGLIO- Prima di tutto dobbiamo dire che c'è un legame profondo, quasi intimo, tra Francesco e Benedetto XVI. È da questo punto che parte la nostra storia, dalla mattina del 19 aprile del 2005. Il Conclave che sta cercando il successore di Karol Wojtyla, morto il 2 aprile, è ad un punto di stallo. Di votazione in votazione si sta assistendo ad un testa a testa tra due candidati: da un lato l'Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, dall'altro il roccioso prefetto uscente della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. Siamo alla quarta votazione, quella mattina: le schede stanno bruciando nella stufa a segnalare la fumata nera, quando il gesuita erompe in un pianto a dirotto: “Non votatemi, vi prego”, dice ai presenti, precisando che: “Se lo farete e mi eleggerete, io rifiuterò”. I confratelli sbigottiti lo ascoltano, poi fanno la loro scelta: nel pomeriggio di quel 19 l'eletto sarà Ratzinger. Qualche giorno dopo, prendendo congedo dall'allora arciprete di San Pietro, cardinale Francesco Marchisano, è quest'ultima eminenza a profetare: “Mario, se la prossima volta toccherà a te, dovrai accettare”. “È a Francesco che ho pensato quando mi hanno eletto”, dirà poi Bergoglio ai suoi intimi poco dopo l'elezione, la sera del 13 marzo 2013.
I VELENI DI VATILEAKS- Nel mezzo, tra il 19 aprile 2005 e il 13 marzo 2013, c'è il papato ratzingeriano. Un papato difficile, spesso duro, costellato di amarezze e avvelenato due volte da scandali gravi. Il primo, nel 2010, è rappresentato dagli abusi sessuali; ma il 2012 è l'anno di Vatileaks, dei corvi in azione sui tetti del Vaticano. È allora che Benedetto XVI decide un giro di vite: poco dopo l'arresto di Paolo Gabriele, il maggiordomo colpevole di aver spifferato documenti riservati alla stampa ed al giornalista Gianluigi Nuzzi, che Ratzinger decide di capirci più a fondo. È da questo che nasce il monumentale rapporto Vatileaks, del quale esistono solo quattro copie, e tutte custodite in appositi caveau. Una copia è quella che viene consegnata a pochi giorni dalle dimissioni di Ratzinger da parte della commissione inquirente composta da tre eminenze di provata fiducia del Papa quasi emerito: sono lo spagnolo Julian Herranz, lo slovacco Jozef Tomko e l'italiano Salvatore De Giorgi. Hanno lavorato bene, i commissari: hanno prodotto un corposo volume e interrogato confratelli e personale vaticano. Anche la Gendarmeria ha condotto le sue indagini in materia. E anche se il dossier non è stato usato nel corso del processo a Gabriele, Affaritaliani può chiarire il perché.
CHE COSA DICONO LE CARTE DI RATZI- La monumentale indagine voluta da Ratzinger ed ereditata da Bergoglio ha essenzialmente evidenziato tre cose: 1. Corruzione (anche morale) in alcuni settori della Curia; 2. Carrierismo esagerato da parte di alcuni soggetti, che non avrebbero esitato a usare la minaccia e il ricatto anche a sfondo sessuale pur di ottenere un posto di rilievo; 3. L'esistenza di una lobby gay attiva e operativa, col metodo del ricatto, in Vaticano. È il cardinale De Giorgi, insieme ai suoi colleghi tenuti al segreto pontificio (che comporta la scomunica automatica in caso di violazione, da cui può assolvere solo il Papa in persona), che accenna ai risultati dell'indagine Vatileaks. Si tratta di un lavoro condotto come si vede a 360° e non solo a proposito dell'individuazione dei leaks dall'Appartamento papale. De Giorgi parla nel corso delle Congregazioni generali prima del Conclave che deve trovare un successore a Ratzinger, dimissionario dal 28 febbraio 2013. E allude in qualche modo all'indagine che ha compiuto per conto di Benedetto XVI: l'impressione che ne riportano i cardinali è enorme e sconcerta non pochi. Bergoglio, dicono ad Affari, resta molto turbato. E appena eletto riceve il monumentale rapporto, che adesso starebbe da tre mesi compulsando e analizzando insieme a monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato e uomo della sua massima fiducia. Attualmente il Papa starebbe leggendo e meditando gli interrogatori che De Giorgi, Tomko ed Herranz, con celerità ma anche con accortezza, hanno raccolto nel corso della loro indagine.
(Segue: ecco come il Papa emerito e il suo successore collaborano insieme. Si vedono almeno due volte alla settimana o nei Giardini Vaticani. Ma anche la profezia di Fatima toccherebbe Vatileaks. Ecco quali documenti ha consegnato Ratzinger a Bergoglio...)
CHE COSA SA FRANCESCO- È sulla base di queste carte che Bergoglio, arrivato in Vaticano da poco dopo una visita lampo nel 2009, con appena 90 giorni di papato sulle spalle compiuti oggi, 13 giugno, ha potuto dire il 6 giugno scorso ai religiosi cileni del CLAR in visita da lui, che Oltretevere esiste una lobby gay. Quello che non ha potuto dire (o che i cileni non hanno riportato, magari proprio per riguardo al Papa) è che i commissari nominati da Ratzinger avrebbero scoperto qualcosa: la lobby gay si è imposta nel tempo grazie al ricatto, ed è arrivata dove è arrivata. E quando il Papa dice ai religiosi cileni suoi ospiti che adesso “bisogna vedere che cosa fare”, non sono pochi quelli che in Vaticano interpretano tutto questo come l'inizio di un grande repulisti chirurgico che sarà compiuto gradualmente. Per adesso qualche avvisaglia ci sarebbe stata: prelati arrivati in alto negli ultimi due papati e fortemente accentratori sarebbero stati gradualmente neutralizzati e messi da parte. E qualche pezzo grosso è stato trasferito senza fare molto rumore. Ma è solo l'inizio. E Francesco, oltre al fido Becciu, ha un potente alleato in casa: Ratzinger.
“DIARCHIA” DELLA CHIESA- Già. Secondo quanto risulta adAffaritaliani, i due Papi si incontrerebbero almeno due volte la settimana al Mater Ecclesiae, il monastero dove il Papa emerito si è ritirato dopo il rientro da Castel Gandolfo ai primi di maggio. Non solo: spesso e volentieri un altro punto d'incontro informale sarebbe rappresentato dalla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, dove i Papi arrivano accompagnati dai rispettivi segretari e scortati dalla Gendarmeria per scambiare qualche pensiero e pregare insieme. Insomma, al momento in Vaticano c'è un Papa nella pienezza dei suoi poteri, ed un altro con un peso spirituale non indifferente. E i due, peraltro, si trovano molto bene insieme. Come se non bastasse, Francesco dispone della cassa di documenti ricevuta nel marzo scorso a Castel Gandolfo quando ha incontrato Benedetto dopo il Conclave. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani, la cassa conterrebbe: 1. L'enciclica incompiuta del Papa emerito sulla fede; 2. Atti che il Papa emerito aveva preparato in previsione del repulisti di Vatileaks, con promozioni e rimozioni. Naturalmente Bergoglio non è affatto tenuto ad applicare le decisioni prese dal predecessore. Ma Ratzinger gli ha consegnato tutto l'asset – per dirla con un termine caro agli economisti – del Vaticano. E Francesco sta leggendo i documenti, ma ha iniziato a comportarsi di conseguenza. Ecco allora spiegato perché Bergoglio ha scelto di essere “più libero” risiedendo a Santa Marta e non nei Sacri Palazzi; e perché tra i suoi collaboratori più intimi e fidati ci siano entrambi i segretari del Papa emerito, ossia Georg Gaenswein e Alfred Xuereb. Che lavorano in piena armonia col Pontefice argentino e dei quali Bergoglio si fida non poco.
VATILEAKS E FATIMA- Come se non bastasse, dicono Oltretevere che poco dopo l'elezione Bergoglio avrebbe ricevuto, assieme al dossier Vatileaks, anche il Segreto di Fatima. I lettori sanno che il Segreto è stato rivelato nel 2000: ma mancherebbe un'ultima parte, sulla quale ha anche scritto il giornalista e scrittore cattolico Antonio Socci nel decennio appena trascorso, che sarebbe una sorta di “commento teologico” al Segreto. Non si sa se sia stato scritto per iniziativa di Suor Lucia Dos Santos, la veggente di Fatima morta nel 2005, o se sia stato suggerito dalla Madonna alla veggente nel corso di un'apparizione successiva al 1917 (il Segreto venne steso per iscritto negli anni '40 ed è accertato che Lucia ebbe altre apparizioni della Madre di Dio nel corso della sua vita). Bene: il commento conterrebbe un riferimento all'apostasia di massa dalla fede (di cui parla Socci nel suo “Il quarto segreto di Fatima”), ma anche una frase sibillina che suonerebbe più o meno così: il Papa non sarà sicuro neanche nella sua casa e sarà tradito da persone a lui vicine. Vatileaks? Chissà: ma nel maggio 2010, in volo per Fatima, Benedetto XVI dice ai giornalisti: “Quanto alle novità che possiamo scoprire oggi in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”. Nella Chiesa.
LA LOBBY E LE CORRENTI- Che cosa accadrà lo vedremo in futuro. Al momento Affaritaliani è in grado di rivelare che la lobby gay di cui ha parlato il Papa, in realtà sarebbe composta da due correnti: una, che potremmo definire “politica”, tesa a fare carriera ad ogni costo anche col mezzo del ricatto sessuale come abbiamo appena visto (e di cui si occuperebbe ampiamente il dossier Vatileaks); un'altra, minoritaria, di carattere “sociale”, che invece vorrebbe una revisione dell'attuale atteggiamento del rapporto che la Chiesa ha nei confronti dell'omosessualità. Le due correnti, quindi, non avrebbero motivi d'attrito. Che pure, si dice, ci sarebbero stati nel passato. Con la sconfitta dei “sociali” contro i “politici”. Che però adesso sarebbero alle battute finali. Ci penseranno Ratzinger e Bergoglio.
Mercoledì, 12 giugno 2013 - 23:55:00
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