FRANCESCO SOSPENDE L'ONORIFICENZA DOPO LE
INDAGINI SU BALDUCCI E LA MOTTA
Mai
più quei Gentiluomini del Papa
Non ne nominerà. Il club esclusivo «arcaico e inutile»
Basta con i Gentiluomini di Sua Santità. Basta con questa onorificenza che, senza un iter prestabilito, e in modo totalmente discrezionale, dà l’onore di servire il Papa quando riceve i capi di Stato e di governo, in frac, con il particolare panciotto nero, e il collare d’oro con le croci di San Pietro. Negli anni, infatti, agli eredi delle storiche famiglie nobili romane, si è aggiunto di tutto in quello che viene considerato «il club più esclusivo del mondo». Papa Francesco è stato chiaro, non ne vuole sapere. Francesco considera queste onorificenze «arcaiche, inutili» e peggio «dannose ». Perché in alcuni recenti scandali sono stati coinvolti Gentiluomini, che poi inevitabilmente trascinano nelle cronache anche il Pontefice. Quello che sulla carta è il più grande onore concesso attualmente dalla Santa Sede a un laico cattolico dà infatti anche il privilegio di avere un conto allo Ior, l’Istituto per le opere di religione. E sono sempre storie complicate di soldi che in un modo o nell’altro finiscono e ripartono dal Torrione di Niccolò V, la sede della cosiddetta banca vaticana, quelle che hanno coinvolto di recente i Gentiluomini.
Chi non ricorda le indagini sulla «Cricca» e
Angelo Balducci, ex provveditore alle Opere pubbliche? Ebbene Balducci era un Gentiluomo del Papa. Fino
all’ultimo caso—che ha fatto traboccare il vaso — l’arresto, una settimana fa,
il 14 giugno, del prefetto Francesco La Motta , ex (fino a qualche mese fa) numero due
dell’Aisi, il servizio segreto «interno» italiano, il cui nome è stato è stato
appena ristampato alla pagina 2115 del nuovo Annuario pontificio 2013, quello
pubblicato a maggio, con la nomina di Francesco e la dizione di Sommo Pontefice
emerito, per Benedetto XVI. Vi si legge: «La Motta Francesco ,
gentiluomo di Sua Santità, dal 29 giugno 2007». Qui l’accusa della magistratura
parla di 10 milioni di euro del Fondo del culto del ministero dell’Interno,
«spariti» e finiti chissà dove e chissà attraverso quale giro di conti. Negli
anni passati tra i Gentiluomini c’è stato Umberto Ortolani, condannato per la
bancarotta dell’Ambrosiano di Calvi o l’architetto Adolfo Salabé, famoso per lo
scandalo del Sisde. Ha mantenuto l’onorificenza Herbert Batliner, finanziere
del Liechtenstein, coinvolto e poi prosciolto in una maxi inchiesta tedesca per
evasione fiscale, considerato un super esperto di società fiduciarie (nel 2006 a Ratisbona regalò a
Ratzinger un organo dal valore di 750 mila euro). Lo Ior è di nuovo sotto la
lente d’ingrandimento anche per le indagini per l’accusa di riciclaggio da
parte della Procura di Salerno nei confronti di monsignor Nunzio Scarano,
responsabile del servizio contabilità analitica della sezione straordinaria
dell’Apsa (notizia sempre del 14 giugno). Presieduta dal cardinale Domenico
Calcagno, l’Apsa funziona da banca centrale. La sezione straordinaria (si
occupa di titoli, azioni e in genere beni mobili) è affidata a Paolo Mennini,
figlio di Luigi (amministratore dello Ior ai tempi di Marcinkus), capufficio di
Scarano. Nei giorni scorsi l’Uif (l’Unità di intelligence finanziaria) della
Banca d’Italia ha chiesto dettagliate informazioni all’Aif vaticana, diretta da
René Bruhelart sui movimenti del conto posseduto da monsignor Scarano allo Ior,
e sulla sua attività all’Apsa (dal cui incarico è stato sospeso). Nessuna
anomalia era stata infatti segnalata dal sistema Aml/Fct (antiriciclaggio)
vaticano.
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