ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 28 giugno 2013

"Primavera” della Chiesa?

 Una riflessione a cinquant’anni dal Vaticano II
L’elogio funebre di don Andrea Gallo da parte del presidente della CEI, mons. A. Bagnasco, e il silenzio della gerarchia ecclesiastica dinanzi l’atto sacrilego compiuto il 1° maggio davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano, durante il noto concertone, rivelano l’insapore di una gerarchia ecclesiastica che non ha più niente da dire: né difendere la Verità né condannare il peccato.

Il silenzio della gerarchia ecclesiastica dinanzi alla secolarizzazione del mondo e dello stesso popolo di Dio è assordante. A questo punto, però, credo che, per onestà intellettuale, sia necessaria una breve riflessione autocritica che ci permetta di sentire il polso di questa Chiesa febbricitante dopo l’ebbrezza ottimistica del lungo sabato sera Post-Conciliare. Come si sa, la sera leoni, ma la mattina…
Dinanzi all’oggettivo disfacimento del tessuto ecclesiale, vengono sventolati i “movimenti” ecclesiali (Rinnovamento dello Spirito, Focolarini, Cammino Neocatecumenale ecc…) come gli ottimi frutti del Concilio. Diversità di carismi, fantasia dello Spirito, pluralità di forme e di linguaggi per tutti i gusti: questo è il futuro della Chiesa! In molti, tuttavia, si accorgono che, per quanto ci siano alcuni risultati oggettivamente positivi in questi raggruppamenti di fedeli, la frammentarietà che tali gruppi ingenerano all’interno del popolo di Dio è essa stessa oggettiva. Sembra che neanche i temi centrali della bioetica (aborto, eutanasia, fecondazione) servano da collante fra queste realtà, come ha dimostrato la grande assenza della maggior parte di questi al grande evento della “Marcia Nazionale della Vita” svoltasi  il 12 maggio scorso a Roma. Non c’è sinergia. Sembra che ognuno tiri l’acqua al suo piccolo mulino, e che non si pensa e si agisce come un’unica “Chiesa”, bensì come tante frazioni di essa. In questa coabitano correnti di pensiero e concezioni ecclesiologiche molto spesso agli antipodi. Dov’è finita la Cattolicità? Si preferisce parlare più genericamente di “cristianità” per non discriminare nessuno. Una sorta di calderone in cui sta dentro tutto e il contrario di tutto.
In definitiva il criterio per giudicare la bontà di un movimento, di un gruppo o semplicemente di un carisma non può essere il suo successo in termini di seguaci (i numeri!). Il proselitismo e la crescita di aderenti non è necessariamente sintomo della bontà di un mezzo: anche il cancro si diffonde rapidamente. Ne è un esempio paradigmatico il proliferare di eresie e il successo da queste riscosso nello strappare milioni di anime alla verità cattolica (arianesimo, catarismo, luteranesimo, calvinismo, modernismo ecc…). Cautela nell’impugnare i “frutti del concilio”.

Parallelamente, ad una diffusione di aggregazioni di fedeli laici si affianca la drastica diminuzione di religiosi e ministri ordinati. Seminari svuotati, migliaia di monasteri chiusi o convertiti in agriturismi per la gioia dei turisti tedeschi. Laici che giocano a fare i preti (donne comprese), preti che si vestono da laici, frati francescani che vanno in vacanza nelle isole greche dove neanche un padre di famiglia di media estrazione oggi potrebbe portare la moglie e i figli per fuggire dalle torride estati italiane. Dove sono finiti i frati penitenti? Congregazioni ed ordini religiosi pressoché scomparsi o ridotti ai minimi termini (passionisti, trappisti, certosini, redentoristi, agostiniani, barnabiti, serviti, teatini, i minimi, gli scolopi ecc...).
Scriveva Giovanni Paolo II nel lontano 1985, incontrando i partecipanti al VI Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee :"Una analisi della situazione oggi in Europa, mostra […] una persistente crisi di vocazioni e il doloroso fenomeno delle defezioni. Le cause di questo doloroso fenomeno sono molteplici, ed occorrerà affrontarle con vigore, soprattutto quelle riconducibili all'inaridimento spirituale o ad un atteggiamento di dissenso corrosivo. Da questi ambienti non nascono vocazioni"[1]. Si riferisce alla disobbedienza, diffusa, dilagante a tutti i livelli dai più alti ai più bassi. Si riferisce al soggettivismo religioso, al relativismo morale.
Continua la Pontificia Opera per le vocazioni :“Mai forse si è lavorato per le vocazioni come nel nostro tempo. Tuttavia permane viva l'impressione, un po' dovunque, che tra l'impegno di pastorale vocazionale profuso nelle Chiese particolari e i risultati concreti ci sia un grande scarto”. Ma come? Ci si da tanto da fare e poi ci ritroviamo con meno vocazioni rispetto a prima del Concilio.  Dov’è che stiamo sbagliando?
Dal 1965, anno di chiusura del Concilio Vaticano II, i preti che hanno abbandonato l’abito ammontano a 110.000. Una strage di sacerdoti falciati lungo la via, con lo strascico di scandali tra i fedeli e la dispersione del gregge. Dall’80% di fedeli cattolici che popolavano le chiese negli anni 50, siamo passati oggi al solo 10%. Nel 1994 il numero di consacrati “ammontava a 218 mila, di cui 152 mila diocesani e 66 mila religiosi con una decrescita progressiva rispetto al 1978, anno in cui il numero complessivo dei sacerdoti era di 251 mila (175 mila diocesani e 76 mila religiosi). La decrescita risultava essere del 13%, sostanzialmente uguale per i sacerdoti religiosi e per quelli diocesani”[2].

In questa primavera spirituale (dallo “spirito” del Concilio allo “spirito” di Assisi), pare proprio che quello Santo, che guida alla Verità tutta intera (cfr. Gv 16,13), sia stato declassato. Dov’è la tanto sbandierata “Primavera della Chiesa” e i numerosi “frutti del Concilio”?
Paolo VI nel giugno del ’72 asserì: «Riferendoci alla situazione della Chiesa di oggi, abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio (...). Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza (...). Crediamo che qualcosa di preter-naturale sia venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico».
Ѐ un fatto che la rivoluzione sessantottina ha investito pure la Chiesa con l’ondata di contestazione e rivolta contro l’autorità e la Tradizione. Si è voluto “dialogare” con il mondo e si è finiti per esserne sedotti. La stalla è stata aperta e i buoi son scappati. Non a caso il Principe di questo mondo, colui che lo governa e lo tiene in pugno “è la più astuta di tutte le bestie”(Gn 3,1). Non si dialoga con il Maligno, gli si oppone la Verità. Invece “apriamo tavoli” di dialogo, sterili conversazioni che non scomodano nessuno. Tuonava Santa Caterina da Siena ai pastori e ai predicatori con quella carità ardente tipica dei santi “Avete taciuto abbastanza. E’ ora di finirla di stare zitti! Gridate con centomila lingue. Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito”.
di Giorgio Mariano


[1] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al VI Simposio del Consiglio delle Conferenza Episcopali D’Europa, Venerdì, 11 ottobre 1985, n. 15.
[2] Dati riferiti dalla Pontificia Opera per le vocazioni ecclesiastiche “Pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari d'Europa”.

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