Che cosa succederebbe se un giorno un sacerdote cattolico celebrasse Messa utilizzando un crocifisso capovolto? Sicuramente molti (non tutti) griderebbero allo scandalo, ci si indignerebbe, ci si dissocerebbe e si evocherebbe un culto satanico. Perché questo? Per un semplicissimo motivo: il crocifisso capovolto è simbolo dei culti satanici. Quell’immagine rimanda a quella realtà. Questo dimostra che non tutti i simboli sono uguali. Questo dovrebbe essere sufficiente e a rispondere a coloro che sostengono che qualsiasi simbolo va bene. Ma è evidente che non è così. Anche perché si potrebbe banalmente dire “ma è pur sempre un crocifisso!” Allo stesso modo bisogna riflettere su quale realtà si deve testimoniare e quale simbolo o segno (o serie, insieme di essi) meglio la testimoni. Se, per rimanere in ambito liturgico, devo manifestare che si sta celebrando un sacrificio utilizzerò determinati segni, se devo manifestare che si sta celebrando una cena ne utilizzerò altri. I saccenti, inorriditi, risponderebbero che la Messa è sì sacrificio, ma è anche cena. Innanzitutto non spiegano perché, però, i simboli e i segni del Sacrificio li rifiutano in toto. E poi si potrebbe e dovrebbe semplicemente far notar loro che l’uomo è sì un essere umano, ma è anche animale. Con questo vorremmo legittimare che egli vada in giro a urinare negli angoli delle città per delimitare il suo spazio? Forse ancora siamo capaci di rispondere di no. Ma non ne sarei troppo sicuro. Allo stesso modo mi domando: la Messa si celebra per chi? Per Dio o per l’uomo? Perché se è per Dio è un conto, se è per l’uomo è un altro. La dottrina cattolica insegna che tra i primi fini della Messa c’è che si celebra la Messa per rendere culto a Dio. E infatti a Dio era rivolta. In questo senso stava l’orientamento del sacerdote. Non era un dare le spalle al popolo, ma rivolgersi tutti insieme, preti e fedeli, all’unico Dio. Oggi non è così. Il prete si rivolge ai fedeli. Che la Messa si celebri per essi? Probabile. Ma se così fosse si tratterebbe di un’eresia, perché si moncherebbe un elemento fondamentale, non opzionale, della dottrina sulla Messa. I liturgisti di oggi, con un misto di arroganza e superiorità, risponderebbero che Dio è ovunque, non da una parte. Ma qui torniamo all’esempio principale. E se il loro metro di giudizio fosse vero, allora si potrebbe celebrare anche con un crocifisso capovolto, tanto Dio dovrebbe essere anche lì.
La liturgia è una cosa talmente seria che non può essere ignorata. Può non essere la priorità (come i vaticanisti ci ripetono, tentando – invano - di tranquillizzarci) per Papa Francesco I, ma Egli non può ignorarla o trascurarla, tanto più che il suo Predecessore ha fatto uno sforzo immane per cercare di restituirgli sacralità. Se Benedetto XVI (che per quanto ha lasciato il Trono, non può essere ignorato e trattato come se non fosse mai esistito) si è tanto speso per la liturgia un motivo ci sarà. La liturgia è l’espressione di ciò che si crede. Per questo tante differenze liturgiche non sempre sono utili, ma solo sintomo di una grandissima frammentazione della fede. Chi si inginocchia per ricevere l’Eucarestia e chi la riceve in mano, magari anche seduto, ha la stessa fede, la stessa consapevolezza di cosa sta ricevendo? Banalmente si risponde di sì, perché quel che conta è lo spirito. Ma poi torniamo allo stesso punto: spirito per spirito celebriamo con i crocifissi capovolti.
La liturgia è una cosa talmente seria che i suoi denigratori lo sanno bene. Ed è quello che hanno fatto e stanno facendo contro i Francescani dell’Immacolata, puniti (per motivi ancora non troppo chiari) proprio impedendogli di celebrare con il rito che da Gesù fino al 1970 la Chiesa ha sempre usato. Non entro nei meriti del commissariamento dei Francescani perché non ne conosco le cause e i motivi, ma è agghiacciante che l’unica e immediata proibizione loro fatta (a prescindere da quali siano le eventuali colpe e i mali) sia proprio quello di non celebrare la Messa di sempre. Questo è un fatto di una gravità inaudita che smaschera perfettamente le insofferenze che il clero cattolico (la stragrande maggioranza) ha nei confronti di questa liturgia e di coloro che ad essa si rifanno. Perché è assurdo che, come i Francescani dell’Immacolata, chi celebra, come auspicato da Benedetto XVI, usando entrambe le forme del Messale romano (Vetus e Novus Ordo) venga punito imponendogli di celebrare solo con il nuovo Messale. E a chi non ha mai attuato la volontà di Benedetto XVI e dei fedeli cattolici che Egli ha cercato di tutelare, non sia mai giunta nessuna obbligazione. Si possono inventare liturgie (come fanno chi inventa segni e riti di propria volontà), ma non si può celebrare la Messa voluta da Gesù. Questa è una realtà che non si può nascondere. Certo il problema non nasce con Francesco I, ma con Paolo Vi, ma oggi si ripresenta in tutta la sua gravità e, soprattutto, ipocrisia e falsità. Perché i problemi possono essere tanti, ma è piuttosto assurdo che per curarli si imponga di non usare il Messale antico. Perché se si sceglie questa cura le cose sono due: o il problema è proprio il Messale (e allora mentite) o la limitazione del Messale è un pretesto (e allora siete ipocriti).
Non so come andrà a finire questa vicenda. Il problema, aldilà del singolo caso, è più ampio. Si può dire quello che si vuole, per rendere più indolore la pillola, ma la decisione firmata da Francesco I è gravissima. Lui è il Papa e il governo della Chiesa è in mano sua (così come la potestà di riformare il Messale), non di noi laici (nonostante ci illudano ereticamente che contiamo quanto loro). Ma questa decisione aggrava una frattura già presente nella Chiesa. Frattura che, siamo onesti, è stata inflitta alla Chiesa da chi ha inventato il nuovo Messale (o riformato, fate voi). Non essendo riusciti del tutto (grazie a Dio!) a farlo digerire al popolo cattolico, si sta tentando in tutti i modi (anche con mezzi subdoli e ipocriti) di fargli credere che questo sia l’unico Messale esistente. Infatti, tra le altre cose, sul sito del Vaticano, il Motu Proprio Summorum Pontificum è presente solo in lingua latina e ungherese. Non so quali meriti o santi in paradiso abbiano gli ungheresi, comunque l’Autorità della Chiesa (o chi lavora per Essa) non vuole che il popolo cattolico conosca questo atto supremo del magistero di Benedetto XVI che liberalizza la Messa antica e che oggi, usando come pretesto i Francescani dell’Immacolata, Francesco I rinnega. Forse perché sanno che esso salverebbe la Chiesa. E loro non la vogliono salvare.
Stando a contatto con dei giovani cattolici che si spendono per l’educazione dei giovani, so perfettamente che la liturgia è considerata come uno spettacolo da animare. E costoro sono ignoranti, non per causa loro, degli elementi base di quella che è la liturgia cattolica. E come loro lo sono la maggioranza, perché i loro pastori li hanno così educati e, comprensibilmente, a loro hanno creduto. È una campagna, quella portata avanti dal clero cattolico, odiosa e fastidiosa. Da una parte sono certo che il Dogma, la Verità, tornerà a brillare e a spazzare tutte le miserie di costoro. Non avverrà oggi né domani. Probabilmente non sarò in vita per godere di quel momento, ma avverrà, perché Cristo non abbandona la sua Chiesa. Magari si tratterà di soffrire in un piccolo gregge, dove i nostri pastori ballerini ci hanno relegato, ma la sofferenza accettata non ha mai fatto male a nessuno, anzi, è stata sempre generatrice di grandi grazie. E allora il compito di coloro che da questa grazia sono stati toccati, di conoscere che la Chiesa è Una, Santa, Cattolica, Apostolica e che il culto che Essa celebra è quello nato sul Calvario e istituito da Gesù Cristo, sarà quello di far conoscere a più fedeli possibili che la Chiesa non è nata nel 1970 o nel 1962, che la storia della Chiesa non conosce parentesi e che il culto più santo che Essa possa rendere a Dio, è quello che Egli da duemila anni, non ha mai impedito che si celebrasse.
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