Polonia, lo scontro tra un prete e il vescovo diventa caso nazionale
VARSAVIA |
Don Lemański sarebbe considerato da monsignor Hoser troppo filosemita
Neanche la Polonia sembra essere un paese «normale». La storia che stiamo per raccontare dovrebbe rientrare nella categoria dei conflitti fra un prete relativamente giovane, pieno di sacro entusiasmo e a volte sordo alle parole del proprio vescovo, e questi, più in là negli anni e dunque facilmente catalogabile come conservatore se non addirittura antiquato.Invece la vicenda che vede protagonisti don Wojciech Lemański, 52 anni, parroco di Jasienica nei pressi di Varsavia e l'ordinario dell'arcidiocesi di Varsavia-Praga (quartiere della capitale polacca sulla riva destra del fiume Vistola) Henryk Hoser, 70 anni, tiene col fiato sospeso tutto il paese, che come vogliamo credere altrimenti si starebbe preparando all'ormai imminente canonizzazione di Giovanni Paolo II.
In realtà il conflitto fra don Lemański e il suo vescovo non è di carattere generazionale, bensì riguarda questioni essenziali. Prima di tutte la fecondazione artificiale (chiamata in Polonia per pudore, «in vitro»). Un giorno il parroco di Jasienica se ne era uscito chiedendo pubblicamente scusa a tutti i nati grazie a questo metodo, condannato senza appello dai vescovi polacchi, e espresse il proprio rammarico quando una di queste persone, una giovane donna, ruppe con la Chiesa cattolica, sentendosene rifiutata.
Fatto sta che uno dei principali nemici del metodo «in vitro» era proprio il vescovo del parroco ribelle, che lo ammonì severamente per avere difeso la sua posizione in tv. Inoltre don Lemański reclamava la linea dura coi preti pedofili e dal pulpito criticava tutte le chiusure dei propri parrocchiani, in primis la xenofobia e soprattutto l'antisemitismo.
Don Wojciec è infatti uno dei più attivi religiosi polacchi nella lotta contro l'antisemitismo e per il dialogo con gli ebrei. Per questo è stato insignito con un'alta onorificenza dal defunto presidente Lech Kaczyński. Ma non per questo è rimasto immune dalle critiche di monsignor Hoser, che prima lo ha allontanato dall'insegnamento nelle scuole pubblice (l'ora di religione vige anche in Polonia), e alla fine, precisamente il 7 luglio scorso, gli ha intimato di lasciare la parrocchia e trasferirsi nella casa dei preti pensionati, nonostante l'eta di soli 52 anni. Don Lemański ha replicato di aver fatto il ricorso alla Santa Sede, incoraggiato dalla propria esperienza in materia: nel 2010 aveva vinto un analogo braccio di ferro sempre con il suo vescovo. Sentendosi per questo in una botte di ferro, ha accusato lo stesso vescovo di averlo offeso pesantemente in passato. In un modo poco chiaro, ha rievocato un incidente che sarebbe accaduto nel gennaio del 2010, sempre nel palazzo arcivescovile, dove monsignor Hoser ebbe, a dire del sacerdote, «un comportamento profondamente sconveniente, come il cardinale O'Brien».
Lo choc suscitato da queste parole ha riportato don Lemański alla ragione, dato che è venuto spontaneo il sospetto che si trattasse di atteggiamenti sconvenienti a sfondo sessuale. Il sacerdote, dopo aver chiesto scusa al vescovo per l'equivoco, ha dichiarato che la loro conversazione riguardava il suo impegno nel dialogo con il mondo ebraico. «Mi dica, padre, lei e stato circonciso, appartiene forse a quel popolo?», avrebbe chiesto monsignor Hoser. «Ma cosa mi chiede, come si permette, eccellenza!», avrebbe reagito il prete. Il giorno dopo la divulgazione della notizia, la curia vescovile rigettava quest'accusa, mettendo nero su bianco che la domanda del vescovo «sarebbe stata assurda alla luce dei dati personali di don Lemański in possesso della curia vescovile», vale a dire i certificati di battesimo, cresima e il curriculum vitae.
L'interesse dell'opinione pubblica per questa triste vicenda in Polobia è molto grande, e questo soprattutto perche alcuni vedono in essa la lotta fra «il vecchio» e «il nuovo». Fra la Chiesa prima del 13 marzo, il giorno dell'elezione del nuovo Papa, e la Chiesa di Francesco, della quale, come si dice e si scrive, i vescovi polacchi non sarebbero grandi ammiratori. A Varsavia c'e anche chi ritiene che questa sia «la prima battaglia fra la visione della Chiesa collegiale di papa Francesco e la Chiesa del vecchio tipo, basata solo sull'indiscutibile autorità dei vescovi». Mostrandosi nello stesso tempo pessimista, perché pochi credono che possa vincerla il parroco di Jasienica, sulla riva destra della Vistola.
MAREK LEHNERTROMADon Wojciec è infatti uno dei più attivi religiosi polacchi nella lotta contro l'antisemitismo e per il dialogo con gli ebrei. Per questo è stato insignito con un'alta onorificenza dal defunto presidente Lech Kaczyński. Ma non per questo è rimasto immune dalle critiche di monsignor Hoser, che prima lo ha allontanato dall'insegnamento nelle scuole pubblice (l'ora di religione vige anche in Polonia), e alla fine, precisamente il 7 luglio scorso, gli ha intimato di lasciare la parrocchia e trasferirsi nella casa dei preti pensionati, nonostante l'eta di soli 52 anni. Don Lemański ha replicato di aver fatto il ricorso alla Santa Sede, incoraggiato dalla propria esperienza in materia: nel 2010 aveva vinto un analogo braccio di ferro sempre con il suo vescovo. Sentendosi per questo in una botte di ferro, ha accusato lo stesso vescovo di averlo offeso pesantemente in passato. In un modo poco chiaro, ha rievocato un incidente che sarebbe accaduto nel gennaio del 2010, sempre nel palazzo arcivescovile, dove monsignor Hoser ebbe, a dire del sacerdote, «un comportamento profondamente sconveniente, come il cardinale O'Brien».
Lo choc suscitato da queste parole ha riportato don Lemański alla ragione, dato che è venuto spontaneo il sospetto che si trattasse di atteggiamenti sconvenienti a sfondo sessuale. Il sacerdote, dopo aver chiesto scusa al vescovo per l'equivoco, ha dichiarato che la loro conversazione riguardava il suo impegno nel dialogo con il mondo ebraico. «Mi dica, padre, lei e stato circonciso, appartiene forse a quel popolo?», avrebbe chiesto monsignor Hoser. «Ma cosa mi chiede, come si permette, eccellenza!», avrebbe reagito il prete. Il giorno dopo la divulgazione della notizia, la curia vescovile rigettava quest'accusa, mettendo nero su bianco che la domanda del vescovo «sarebbe stata assurda alla luce dei dati personali di don Lemański in possesso della curia vescovile», vale a dire i certificati di battesimo, cresima e il curriculum vitae.
L'interesse dell'opinione pubblica per questa triste vicenda in Polobia è molto grande, e questo soprattutto perche alcuni vedono in essa la lotta fra «il vecchio» e «il nuovo». Fra la Chiesa prima del 13 marzo, il giorno dell'elezione del nuovo Papa, e la Chiesa di Francesco, della quale, come si dice e si scrive, i vescovi polacchi non sarebbero grandi ammiratori. A Varsavia c'e anche chi ritiene che questa sia «la prima battaglia fra la visione della Chiesa collegiale di papa Francesco e la Chiesa del vecchio tipo, basata solo sull'indiscutibile autorità dei vescovi». Mostrandosi nello stesso tempo pessimista, perché pochi credono che possa vincerla il parroco di Jasienica, sulla riva destra della Vistola.
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