ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 2 luglio 2013

Il prossimo santosubìto..

Cristiani e ebrei pregano insieme. Il miracolo di Carlo Maria Martini
israele gallery strilloIl viaggio-evento svoltosi tra il 9 e il 18 giugno del corrente anno nella terra di Israele ha qualcosa di epocale. Una serie di coincidenze temporali, sincronie direbbe Jung, condensano memorie e ricorrenze, per cristiani ed ebrei. L’occasione, essere presenti all’inaugurazione di una foresta di alberi in memoria del Cardinale Carlo Maria Martini, un progetto del Rabbino Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano fino al 2005 e presidente emerito dell’Assemblea Rabbinica Italiana;
ne abbiamo piantati una decina, i primi, sulla collina di Giv’at Avni, vicina al lago di Tiberiade. Tutti sanno della passione del Cardinale per gli studi biblici, e in particolare per l’ebraismo, dell’infaticabile energia indirizzata al dialogo reciproco, delle sue amicizie mi verrebbe da dire, spontanee e gratuite –con il Rabbino Laras, ad esempio - ma soprattutto per il suo sogno, per altro quello di tutti i profeti, di essere sepolto a Gerusalemme. In quei giorni correva anche il 50° anno dell’apertura del Concilio Vaticano II, e il 65° dello Stato di Israele. Le sincronicità sono molto propizie a momenti di passaggio, a fasi di trasformazione, decisive per l’animo umano.
La scala all'ingresso del Beth ha Mishpàt ha -Eliòn, la Corte SupremaGuarda la gallery
E per la Storia intera. Ebbene, credo che per la prima volta nella storia, dal Concilio di Nicea in poi (318 d.c.), sacerdoti, tra cui anche il Cardinale Coccopalmerio, protestanti ( Gioacchino Pistone della libreria Claudiana) e rabbini, tra cui il nostro adorabile compagno di viaggio, Rav Richetti, pregano insieme( per la prima volta ufficialmente). Al Muro Occidentale, in autobus, all’aperto, in Sinagoga per l’apertura dello Shabbat. E mangiano insieme, rigorosamente kosher. E poi ci siamo noi, un popolo di curiosi, appassionati alla ricerca delle nostre radici (Cristo era ebreo, già, ed aveva anche detto che era venuto per le pecore di Israele; credo sia ormai abbastanza assodato che sia impossibile comprendere i vangeli prescindendo dalla cultura ebraica, e dal giudaismo del suo tempo), intenzionati a riallacciare legami che erano stati ingiustamente recisi nei primi secoli dell’era cristiana; un popolo di ogni genere di professione, cultura, e preparazione, gusti e personalità. Ma uniti da tale Desiderio, conscio o inconscio che fosse.
Eravamo tanti, una ottantina. Mai liti, sgradevoli incidenti, come di solito avviene in viaggi turistici, ma anche non. Un viaggio epocale, ripeto, che segna una svolta decisiva. Purtroppo solo pochi giornalisti, “di buona volontà”, hanno segnalato l’evento. La stampa delle grandi testate avrebbe dovuto dare un rilievo ben maggiore. Ma si sa, i media post-moderni sono ben lontani dallo spirito profetico dei tempi che furono, dalla capacità di leggere e interpretare gli eventi, da quell’idealità che alcuni filosofi definivano tensione utopica, senza la quale, come diceva Walter Benjamin nell’Angelus Novus, la storia si riduce al “bordello dello storicismo”, il male si ripete, il potente schiaccia il debole, le ingiustizie si perpetrano all’infinito. Molti anni fa sentii dire dal Rabbino Laras:” la nostra è una religione utopica”. Già. Era presente anche il Cardinale Coccopalmerio, nel giorno in cui la Sinagoga di Milano apre le porte al pubblico. Al di là della fede o meno, della laicità o della appartenenza a una confessione, penso che dai tempi di Isaia – certo, potremmo anche dire fin dai tempi di Noé- non possiamo fare a meno di riflettere e nutrirci di un modo di pensare le relazioni umane nei termini in cui già ben prima dei vangeli si è espresso quello che per i cristiani è chiamato Antico Testamento, e la Torà orale dopo la distruzione del Tempio.
Pena, se posso parlare in modo un po’ profetico, il rischio di estinzione della specie umana, estinzione economica, politica, ecologica. Occupati delle vedove e degli orfani, soccorri il debole, il povero; “non disprezzerai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco…Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; il salario del bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo…Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente …” (Levitico, 19). Ci potremmo augurare che proprio ai nostri tempi di debiti di stato e quant’altro gli esperti di finanza ed economia potessero aver accesso a questi testi. In queste parole stanno le radici della nostra cultura dei diritti umani, la cultura europea così minacciata di recente. Una cultura che già nel secolo scorso alcuni perversi personaggi hanno tentato di distruggere, seguiti da una popolazione impazzita. Con molta efficacia Stefan Zweig in Memorie di un europeo (1941), descrive questa catastrofe, iniziata con il crollo della illuminata cultura austrungarica, cosmopolita e civile. Purtroppo il celebre scrittore ebreo viennese non ha sperato nella possibilità che il nazismo potesse soccombere e si è suicidato in Brasile tre anni prima della disfatta. Ma quel modo tossico di pensare non è affatto scomparso. E continua ad alimentare miti di onnipotenza, di invulnerabilità, di disprezzo per le regole e le leggi, “umane troppo umane”, direbbe Nietzsche. No, noi siamo convinti che al contrario, solo salvando la nostra umanità, “troppo umana” possiamo contribuire a evitare future catastrofi. Salvando, anche e soprattutto, proprio questa cultura dell’umanità,” Luce delle nazioni” (Isaia, 42) che apparteneva pure a Cristo.

Enrichetta Buchli

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